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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Emilia Romagna 26 novembre 2007, n. 3365

Via - Autorizzazione integrata ambientale - Concetto e natura dell Aia - Differenza rispetto alla Via - Autonoma impugnabilità - Fondamento

Tar Emilia-Romagna

Sentenza 26 novembre 2007, n. 3365

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo per l'Emilia Romagna, Bologna, Sezione Prima

(...)

 

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 

sul ricorso n. 491/2007 proposto da:

— Wwf — Onlus in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., arch. Fulco Pratesi;

— Italia Nostra — Onlus in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., dott. Giovanni Losavio;

— Comitato Modena salute ambiente in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., sig. Silvano Guerzoni;

— (...)

 

contro

Provincia di Modena, (...)

Comune di Modena, (...)

 

e nei confronti di

(...) Spa, (...)

Azienda Usl di Modena n.c.

Arpa — Agenzia regionale prevenzione ambiente Emilia Romagna n.c.

 

per l'annullamento, previa sospensione,

della determinazione n. 74 del 2/2/2007, con avviso pubblicato sul Burer del 28/2/2007, con cui il Dirigente del Servizio gestione integrata sistemi ambientali della Provincia di Modena ha rilasciato ad (...) Spa l'autorizzazione integrata ambientale per l'impianto di termovalorizzazione di rifiuti urbani, speciali non pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e pericolosi a solo rischio infettivo con capacità superiore a 3 tonnellate all'ora sito in Comune di Modena Via Cavazza n. 45; nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato, ivi compresi: il parere favorevole al rilascio dell'Aia espresso dal Sindaco di Modena e, ove occorrer possa, le determinazioni assunte dalla conferenza di servizi, le richieste di integrazioni istruttorie, nonché i pareri favorevoli espressi da Arpa ed Ausl.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Modena, del Comune di Modena e di (...) Spa;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

(...)

Uditi alla pubblica udienza del 25 ottobre 2007 i difensori delle parti, presenti come da verbale;

Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

 

Fatto

(...) Spa gestisce in Comune di Modena, Via Cavazza n. 45, un impianto di termovalorizzazione di rifiuti urbani, speciali non pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e pericolosi a solo rischio infettivo con capacità superiore a 3 tonnellate all'ora, originariamente costituito da tre linee e autorizzato allo smaltimento di 140.000 t/anno di rifiuti. Con deliberazione n. 429 del 26/10/2004 la Giunta provinciale di Modena ha positivamente concluso la procedura di Via relativa ad un progetto di adeguamento funzionale dell'impianto in questione che ne prevedeva la configurazione su quattro linee (una nuova e tre ristrutturate) per una potenzialità di trattamento massima autorizzabile di 240.000 t/anno di rifiuti. In data 30/5/2006 (...) Spa ha presentato allo Sportello unico del Comune di Modena domanda intesa ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la gestione del predetto impianto secondo la nuova configurazione prevista; la Provincia di Modena, quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione richiesta, ha avviato la procedura d'esame, convocando apposita conferenza di servizi; a conclusione dell'iter procedimentale il Dirigente del Servizio gestione integrata sistemi ambientali ha adottato la determinazione n. 74 del 2/2/2007 con cui ha rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale richiesta da (...) Spa, dettando specifiche prescrizioni e articolando le fasi di realizzazione ed attivazione dell'impianto nella nuova configurazione sulla base di un dettagliato cronoprogramma che, in conclusione, prevede dal 30/11/2009 il funzionamento a regime delle sole linee 3 (già esistente e ristrutturata) e 4 (nuova).

Tale determinazione è stata impugnata davanti a questo Tribunale dalle associazioni Wwf e Italia Nostra, dal Comitato Modena salute ambiente e da 31 cittadini qualificatisi come residenti e proprietari di immobili nelle immediate vicinanze dell'impianto in questione e nelle aree di ricaduta degli inquinanti emessi, che hanno presentato il ricorso in epigrafe prospettando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Modena, il Comune di Modena ed (...) Spa che hanno formulato eccezioni in ordine, soprattutto, alla legittimazione ad agire dei ricorrenti ed hanno, comunque, chiesto la reiezione del gravame perché infondato.

Per la trattazione della causa nel merito è stata fissata la pubblica udienza del 25 ottobre 2007, in vista della quale hanno depositato memorie e documenti le parti ricorrenti ed (...) Spa; la causa è quindi passata in decisione.

 

Diritto

1) Vanno innanzitutto esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate, in particolare, da (...) Spa con riferimento innanzitutto alla le-gittimazione ad agire dei ricorrenti, rispetto ai quali vanno tenute distinte le posizioni di: a) Wwf — Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature — Onlus e Italia Nostra — Onlus; b) Comitato Modena salute ambiente; c) i 31 cittadini firmatari del ricorso. In proposito si osserva quanto segue:

a) la legittimazione ad agire di Wwf e Italia Nostra va riconosciuta perché tali associazioni sono state individuate dall'articolo 1 del Dm Ambiente 20/2/1987, in attuazione dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, tra quelle di protezione ambientale che, a norma dell'articolo 18 comma 5 della me-desima legge "possono……ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi"; tale disposizione ha trovato poi con-ferma nell'articolo 17 comma 46 della legge 15 maggio 1997 n. 127, che recita: "Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale, individuate dal decreto del ministro dell'Ambiente 20 febbraio 1987, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 48 del 27 febbraio 1987, come modificato dal decreto del ministro dell'Ambiente 17 febbraio 1995, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 98 del 28 aprile 1995, possono, nei casi previsti dall'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti di competenza delle regioni, delle province e dei comuni"; va infine sottolineato che detta speciale legittimazione riguarda, secondo la prevalente giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 14 aprile 2006 n. 2151; Tar Bologna, Sezione I, 6 luglio 2007 n. 1618) le associazioni ambientalistiche nazionali formalmente riconosciute e non le loro strutture territoriali: e in questo caso il ricorso è stato correttamente proposto dalle due associazioni nazionali, in persona dei rispettivi presidenti e legali rappresentanti;

b) quanto alla legittimazione ad agire del Comitato Modena salute ambiente è particolarmente utile il richiamo alla recente sentenza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato 23 aprile 2007 n. 1830 che, nell'affrontare il tema della legittimazione di associazioni ambientaliste costituite a livello locale, ha puntualizzato:

  • che la "giurisprudenza tradizionale formatasi in materia ha, invero, in modo pressoché uniforme, riconosciuto che possono essere considerati legittimati ad impugnare i provvedimenti amministrativi eventualmente lesivi dell'ambiente le sole associazioni protezionistiche espressamente individuate con Dm, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 18 della legge n. 349 del 1986…";
  • che la "giurisprudenza più avanzata…, invece, afferma che il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad im-pugnare atti amministrativi a tutela dell'ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purchè a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c) un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell'elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell'Ambiente ai sensi dell'articolo 13 della legge 8.7.1986, n. 349, poiché tale norma ha creato un ulteriore criterio di legittimazione che si è aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l'azionabilità dei cd "interessi diffusi" in materia ambientale";
  • che in ogni caso "Non basta…il mero scopo associativo a rendere diffe-renziato un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale l'interesse alla salvaguardia dell'ambiente, specie quando tale scopo associativo si risolva,…, senza mediazione al-cuna di altre finalità, nell'utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di proporre l'azione giurisdizionale"; e che la "giurisprudenza di merito ha, al riguardo, più volte chiarito che un semplice Comitato di cittadini caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non ha legittimazione a ricorrere avverso gli atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, essendo privo — oltre che del riconoscimento ministeriale di cui all'articolo 13 legge n. 349 del 1986 — del carattere di ente esponenziale in Via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul territorio".

È documentato in giudizio che il Comitato Modena salute ambiente è stato costituito in Modena il 5/9/2005 con lo scopo di promuovere (articolo 2 punto 3 dello Statuto) "la partecipazione dei propri associati alla vita della comunità locale, con particolare riferimento agli aspetti di tutela e di rispetto dell'ambiente, alla salvaguardia della salute pubblica, alle politiche di smaltimento dei rifiuti", facendo anche ricorso (articolo 2 cit. punto 6) a "provvedimenti giudiziari a tutela dei cittadini, singoli o associati, a tutela del loro diritto alla salute e a tutela dell'ambiente". È altresì documentato che il predetto Comitato è iscritto nel registro provinciale delle associazioni di promozione sociale di cui alle leggi regionali n. 34/2002 e n. 3/1999 ed è, tra l'altro, intervenuto nell'iter procedimentale conclusosi con il rilascio dell'autorizzazione impugnata. Quanto sopra porta il Collegio a ritenere che il Comitato in questione presenta le caratteristiche (precedentemente richiamate sub a), b) c), a cui la giurisprudenza "più avanzata" (secondo la definizione della citata sentenza del Consiglio di Stato) subordina il riconoscimento della legittimazione ad agire nella materia di cui si tratta; ed i medesimi elementi inducono, per converso, ad escludere che il Comitato Modena salute ambiente sia stato costituito al precipuo scopo di contrastare la realizzazione del progetto di potenziamento dell'impianto di cui si controverte nel presente giudizio, caratterizzandosi, in sostanza, come una aggregazione temporanea, volta alla protezione degli specifici interessi dei soggetti che ne fanno parte. Su tali basi va dunque riconosciuta la legittimazione ad agire anche del Comitato predetto;

c) restano i 31 privati cittadini che hanno agito in giudizio qualificandosi come "residenti e proprietari di immobili nelle immediate vicinanze dell'impianto di incenerimento di rifiuti in esame e nelle aree di ricaduta degli inquinanti emessi", i quali deriverebbero la loro legittimazione dal paventato "degrado ambientale ed igienico-sanitario del territorio conseguente al potenziamento dell'impianto e all'esercizio del medesimo ed il conseguente deprezzamento del valore dei propri immobili". Anche a questo proposito è puntuale il riferimento alla citata decisione n. 1830/2007 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, in cui si richiama l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "la mera vicinanza di un'abitazione ad una discarica non legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di approvazione dell'opera (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 16 aprile 2003, n. 1948), essendo al riguardo necessaria la prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell'impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall'autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell'impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze"; nel caso in esame si rileva:

  • che a conforto della prospettata incidenza negativa del potenziamento dell'impianto nei termini autorizzati con il provvedimento impugnato è stata allegata al ricorso una relazione asseverata concernente le distanze delle proprietà e residenze dei ricorrenti dall'impianto e la stimata riduzione del valore di mercato degli immobili in questione;
  • che tale relazione risulta, ad avviso del Collegio, idonea ad evidenziare un profilo di concreto pregiudizio che i soggetti interessati po-trebbero subire per effetto dell'esecuzione del provvedimento impu-gnato;
  • che detto documento, peraltro, riguarda solo 16 dei 31 privati ricorrenti, tutti residenti in Modena: si tratta dei sigg. (...);
  • che per i restanti 15 ricorrenti, alcuni dei quali neppure residenti in Comune di Modena, la documentazione (anagrafica, catastale e cartografica) prodotta non è sufficiente a dar conto dell'esistenza di una posizione differenziata e qualificata idonea a legittimarli ad agire nel presente giudizio; ne consegue la parziale inammissibilità del ricorso, nella sola parte relativa all'azione proposta dai sigg. (...).

2) Sotto un diverso profilo (...) Spa ha sostenuto che il ricorso è inammissibile perché non è stata tempestivamente impugnata la deliberazione n. 429 del 26/10/2004 con cui la Giunta provinciale di Modena ha positivamente concluso la procedura di Via relativa al progetto di adeguamento funzionale dell'impianto di Via Cavazza. La tesi non può essere condivisa; l'autorizza-zione integrata ambientale è, secondo la definizione di cui all'articolo 2 lettera l) del Dlgs 18 febbraio 2005 n. 59 (recante "Attuazione integrale della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento") "il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti del presente decreto"; detto provvedimento si inquadra tra le "misure intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni (delle attività industriali inquinanti normativamente individuate) nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso" (cfr. articolo1 comma 1 del citato Dlgs n. 59/2005, nonché articolo 1 comma 2 Lr Emilia Romagna 11 ottobre 2004 n. 21, intitolata "Disciplina della prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"). Si tratta, dunque, di un provvedimento che (sostituendosi, tra l'altro, a tutte le preesistenti auto-rizzazioni ambientali di cui all'allegato 2 al citato decreto legislativo) incide specificamente sugli aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di Via investe più propriamente i profili localizzativi e strutturali. Perciò, se anche nel caso di specie l'esito positivo della valutazione di impatto ambien-tale costituisce presupposto dell'Aia impugnata, quest'ultima non può essere configurata come atto strettamente conseguenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata (a prescindere dall'impugnazione della Via) da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione. Ciò è quanto si verifica nel presente giudizio: di qui l'ammissibilità del ricorso in esame.

3) Le numerose censure formulate dalle parti ricorrenti possono essere schematicamente distinte in due gruppi: da un lato quelle relative a pretesi vizi procedimentali, dall'altro quelle che attengono a profili più strettamente tecnici; appartengono al primo gruppo le censure rubricate ai nn. 1-8, tra le quali il Collegio ritiene fondata e decisiva quella (n. 8) con cui, testualmente, si deduce la "violazione dell'articolo 2 del Dlgs 133/2005 e dell'articolo 2 del Dlgs 59/2005 in relazione all'omessa considerazione dell'impianto di incenerimento in termini di sito". In sintesi con detto motivo di ricorso si sostiene:

  • che la procedura di Aia relativa all'impianto di cui si controverte doveva essere estesa a tutte le attività comunque connesse o accessorie all'impianto medesimo e dunque doveva coinvolgere altresì:

o un impianto di trattamento chimico fisico rifiuti liquidi (gestito da (...) Spa) e un impianto di depurazione biologica rifiuti liquidi e reflui civili (gestito da (...) Modena Srl), entrambi oggetto di distinte domande di autorizzazione integrata ambientale, ubicati nel medesimo sito di Via Cavazza;

o ulteriori attività tecnicamente connesse all'incenerimento (stoccaggio di rifiuti in fossa; demineralizzazione acque, recupero e-nergetico, utilities) svolte sempre nello stesso sito;

o un impianto di inertizzazione delle ceneri e delle polveri dell'inceneritore posto nell'area impiantistica di Via Caruso, nonché la discarica esercitata nella medesima località e l'impianto per il recupero parziale delle scorie pesanti (entrata in esercizio prevista entro settembre 2007);

  • che la esclusione di tali impianti ed attività dalla procedura di Aia conclusasi con il provvedimento impugnato determina l'illegittimità dell'iter procedimentale seguito e dell'Aia infine rilasciata.

L'articolo 2 del Dlgs 11 maggio 2005 n. 133 (recante "Attuazione della direttiva 2000/76/Ce, in materia di incenerimento dei rifiuti") fornisce la seguente definizione:

"d) impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. Sono compresi in questa definizione l'incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. La definizione include il sito e l'intero impianto di incenerimento, compresi le linee di incenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell'aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di incenerimento, le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e moni-toraggio delle condizioni di incenerimento".

L'articolo 2 lettera c) del Dlgs n. 59/2005 fornisce la seguente definizione di "impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento".

Per valutare la fondatezza o meno della censura occorre, altresì, richiamare il già citato articolo 2 lettera l) del Dlgs n. 59/2005 che, nel fornire la definizione di autorizzazione integrata ambientale (riportata al precedente punto 2), precisa: "Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore".

Premessi i dati normativi appena citati, si deve puntualizzare quanto segue:

  • non è in discussione che l'impianto di Via Cavazza oggetto dell'Aia impugnata sia qualificabile come impianto di incenerimento ai sensi dell'articolo 2 del Dlgs n. 133/2005; in tale nozione vanno considerati unitariamente il sito e l'insieme delle attrezzature destinate allo svolgimento delle attività funzionali allo smaltimento dei rifiuti;
  • ai fini del rilascio dell'Aia un impianto di tal genere va valutato anche tenendo conto delle attività che si configurino come accessorie (secondo quanto precisato dall'articolo 2 lettera l) del Dlgs n. 59/2005), in quanto "siano tecnicamente connesse…… e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento";
  • l'autorizzazione integrata ambientale al potenziamento dell'impianto di cui si discute doveva dunque "coprire" l'impianto medesimo nella sua complessità e unitarietà — in conformità con le nozioni precedentemente richiamate -, nel rispetto peraltro dei limiti dettati dall'articolo 2 lettera l) del Dlgs n. 59/2005 relativamente all'identità di sito e di gestore.

Per applicare correttamente la disciplina vigente alla fattispecie in esame è particolarmente utile il richiamo (peraltro operato anche dalle parti) alla circolare del Ministero dell'Ambiente 13 luglio 2004, interpretativa in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento. Detta circolare è stata emanata in vigenza del Dlgs 4 agosto 1999 n. 372 (recante "Attuazione della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"), abrogato dal Dlgs n. 59/2005 (articolo 19), ma conserva tuttora attualità, atteso che la normativa sopravvenuta non ha introdotto novità nella disciplina della materia con riferimento ai profili che interessano nel presente giudizio. In particolare, si ritiene opportuno richiamare due definizioni contenute nella circolare in questione, che riguardano:

  • il concetto di "attività connessa", da intendersi come attività:

"a) svolta dallo stesso gestore;

b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attività principale per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attività principale;

c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell'attività principale";

  • il concetto di "sito", da intendersi (con riferimento alla normativa ambientale e, in particolare, alla definizione di cui all'articolo 2 punto t) del re-golamento (Ce) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 761/2001 del 19 marzo 2001) come "tutto il terreno, in una zona geografica precisa, sotto il controllo gestionale di un'organizzazione che comprenda attività, prodotti e servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali".

Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene di formulare le seguenti conclusioni:

a) la procedura concernente la domanda di Aia presentata da (...) Spa per l'impianto di Via Cavazza non poteva riguardare anche la distinta area impiantistica di Via Caruso, mancando il requisito della localizzazione "sullo stesso sito" a cui fa riferimento l'articolo 2 lettera l) del Dlgs n. 59/2005; accogliendo il concetto di "sito" come definito nella citata circolare ministeriale 13/7/2004, non può ravvisarsi identità di sito in relazione ad aree geograficamente diverse ed anzi (secondo quanto affermato nella memoria di costi-tuzione della Provincia di Modena a pag. 26 e non contestato) distanti tra loro alcuni chilometri;

b) quanto agli impianti presenti in Via Cavazza, la procedura di cui si discute non doveva necessariamente interessare anche quello di depurazione biologica rifiuti liquidi e reflui civili gestito da (...) Modena Srl, perché in que-sto caso all'identità del sito non si accompagna l'identità del gestore; infatti, anche se si riconosce che (...) Modena Srl fa parte del gruppo (...) al pari di (...) Spa, risulta però indubbio che si tratta di due società diverse e dunque di due soggetti giuridici distinti, a cui fanno capo distinte attività e responsabilità gestionali; per superare tale profilo occorrerebbe riferire la no-zione di "gestore" all'intero gruppo a cui appartenga il soggetto titolare di un impianto in cui si svolgono attività connesse a quella (principale) soggetta ad autorizzazione integrata ambientale, ma tale conclusione appare eccessiva e dunque non applicabile, nel caso di specie, ad (...) Modena Srl (che è, oltretutto, soggetto estraneo al presente giudizio);

c) diverso è il caso dell'impianto di trattamento chimico fisico rifiuti liquidi, anche esso presente in Via Cavazza: all'identità del sito si accompagna l'identità del gestore ((...) Spa) rispetto all'impianto principale; la Provincia di Modena afferma però che non sussiste un rapporto di stretta connessione tra i due impianti, posto che quello di trattamento chimico fisico rifiuti liquidi "svolge anche un'autonoma attività di depurazione di rifiuti liquidi, conferiti da terzi, tramite autobotte"; analoghe argomentazioni svolge (...) Spa, escludendo altresì che l'attività dell'impianto in questione presenti le caratteristiche di attività connessa, secondo la definizione contenuta nella circolare ministeriale 13/7/2004; le difese delle controparti non sono però convincenti perché smentite da una pluralità di elementi; in particolare:

  • nella definizione di "impianto di incenerimento" fornita dall'articolo 2 lettera d) del Dlgs n. 133/2005 sono espressamente comprese anche "le appa-recchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di incenerimento";
  • tra la documentazione depositata dalle parti ricorrenti in data 3/10/2007 figura una nota di Arpa — Sezione provinciale di Modena in data 31/8/2007, relativa a esalazioni provenienti dall'area di Via Cavazza, in cui si legge: "L'impianto di trattamento chimico fisico risulta prevalen-temente a servizio dell'inceneritore dei rifiuti solidi urbani, del quale tratta le acque di spegnimento delle scorie e le acque di lavaggio dei fumi…";
  • nella memoria depositata dalle parti ricorrenti 12/10/2007 si richiamano puntualmente gli scritti difensivi di (...) (memoria depositata il 23/5/2007 pag. 35) e della Provincia di Modena (memoria depositata il 22/5/2007 pag. 33) che, nel controdedurre al motivo di ricorso rubricato al n. 11, così si esprimono, rispettivamente, in merito ai reflui in uscita dell'impianto di termovalorizzazione:

— "Essi passano da un impianto all'altro di un medesimo gestore in un medesimo sito, alla stregua di un residuo liquido che, prodotto nel corso di una lavorazione sia inviato ad un impianto di trattamento prima dello scarico";

— "tali reflui… vengono direttamente convogliati, senza soluzione di continuità, mediante "tubazione dedicata"… non in un corpo ricettore ma nell'impianto chimico fisico…".

Quanto sopra è, ad avviso del Collegio, sufficiente per affermare che l'impianto di trattamento chimico fisico in questione, da un lato, svolge attività connessa a quella principale del termovalorizzatore di Via Cavazza (ex C.M. 13/7/2004), dall'altro si configura come parte integrante dell'impianto di incenerimento (ex articolo 2 lettera d) Dlgs n. 133/2005), risultando irrilevante lo svolgimento di attività di depurazione di rifiuti conferiti da terzi, a fronte del prevalente rapporto di servizio in favore dell'impianto (...) di cui si controverte in questa sede. In tale quadro è fondata la censura secondo cui la procedura di Aia avrebbe dovuto interessare, oltre all'impianto di termovalorizzazione strettamente inteso, anche l'impianto di trattamento chimico fisico presente nel medesimo sito e direttamente connesso al primo; la diversa (e riduttiva) scelta operata dall'Amministrazione competente contrasta dunque con la disciplina vigente in tema di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, invocata dalle parti ricorrenti, né a tale carenza si può efficacemente opporre che, ai fini della valutazione degli effetti cumulativi degli impianti in questione, è stato predisposto un piano di monitoraggio complessivo, perché — come evidenziato dalle parti ricorrenti — ciò si traduce (contraddittoriamente) in una considerazione unitaria del sito operata ex post (in fase di monitoraggio) e non ex ante ( in fase istruttoria), come doveva essere; ciò determina l'illegittimità del procedimento in questione e, conseguentemente, del provvedimento finale di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale.

4) Per le ragioni illustrate il ricorso merita accoglimento, restando assorbite le ulteriori censure dedotte, che peraltro attengono a profili destinati ad essere rimessi in gioco in una prospettiva di corretto rifacimento della procedura; il provvedimento impugnato va conseguentemente annullato.

La complessità della vicenda e la particolarità delle questioni trattate giustificano l'integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna — Bologna, Sezione Prima:

a) dichiara la parziale inammissibilità del ricorso, nella sola parte relativa all'azione proposta dai sigg. (...);

b) accoglie l'azione impugnatoria proposta dalle altre parti ricorrenti e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato;

c) compensa tra le parti le spese del giudizio.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 25 ottobre 2007.

(...)

 

Depositata in Segreteria in data 26 novembre 2007

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