Rifiuti sanitari, non sono tali le deiezioni da canili
Rifiuti (Giurisprudenza)
Secondo la Corte di Cassazione, i fanghi derivanti dalla conduzione di un canile, in assenza di altre specificazioni, non possono essere considerati rifiuti sanitari e vanno qualificati come rifiuti non pericolosi.
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte (sentenza 19900/2019) ha accolto il ricorso presentato dal gestore di un canile contro la sentenza con cui il Tribunale di Catania lo aveva condannato, ai sensi dell'articolo 256, commi 1 e 6, Dlgs 152/2006, per l'illecito smaltimento dei rifiuti sanitari e dei fanghi provenienti dalla struttura (causato nel caso specifico dalla tracimazione delle vasche di raccolta dei reflui provenienti dall'attività).
L'attribuzione ai rifiuti in questione della qualifica di rifiuti sanitari (da qui la condanna inflitta in primo grado anche ai sensi del comma 6 dell’articolo 256), dal quale il Tribunale catanese ha fatto discendere la natura pericolosa degli stessi, secondo la Cassazione è stato il "frutto di una autentica petizione di principio" della sentenza, in quanto priva sul punto di qualsiasi riscontro dimostrativo.
Tale attribuzione di pericolosità, inoltre, non può ricavarsi neanche in funzione della natura accertata dei rifiuti in questione (fanghi derivanti dalla raccolta delle deiezioni canine), considerato il principio già stabilito da precedenti sentenze, secondo il quale, "in assenza di ulteriori specificazioni", le deiezioni animali vanno considerate rifiuti non pericolosi.
Rifiuti – Fanghi derivanti dalla raccolta delle deiezioni canine – Assenza di ulteriori specificazioni - Natura di rifiuto sanitario – Esclusione – Reato di effettuazione di deposito temporaneo in violazione del Dpr 254/2003 – Insussistenza - Natura di rifiuto pericoloso – Esclusione – Natura di rifiuto non pericoloso - Sussistenza
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
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