Pet-coke combustibile, se “inquina” l’aria è rifiuto
Rifiuti
Quando il coke da petrolio destinato alla combustione non soddisfa le condizioni stabilite dalle norme sull’inquinamento atmosferico per tale utilizzo, la disciplina sui rifiuti era – ed è tuttora – pienamente operante ed applicabile.
A dirlo è la Cassazione (sentenza 1985/2015), secondo la quale l’esclusione del pet-coke dalla nozione di rifiuto deve essere letta alla luce del principio di precauzione e, quindi, in stretta connessione con la disciplina che detta le regole per il suo utilizzo come combustibile (articolo 293 del Dlgs 152/2006 contenuto nella Parte V sull’inquinamento atmosferico).
Il superamento dei limiti al contenuto in zolfo stabiliti dall’allegato X (richiamato dall’articolo 293) comporta quindi che il pet-coke, anche se bruciato, debba essere considerato rifiuto.
A cascata, è quindi legittima la confisca del pet-coke, ai sensi del Codice penale, anche quando il reato di gestione non autorizzata di rifiuti risulta prescritto. I rifiuti, sottolinea infatti la Corte, ove gestiti senza autorizzazione, rientrano tra le cose “la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato”, confiscabili ai sensi dell’articolo 240, comma 2, C.p.
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte V - Norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
Coke da petrolio - Utilizzo come combustibile - Violazione limiti legge - Articolo 293, Dlgs 152/2006 - Nozione di rifiuto - Rientra - Confisca "cose" del reato - Articolo 240, C.p. - Rifiuti gestiti senza autorizzazione - Rientrano
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