Terre da scavo, legittimo Dm 161/2012 su riutilizzo
Rifiuti
Il Tar Lazio ha respinto il ricorso per l'annullamento del Dm 161/2012 presentato da alcune imprese edili e Associazioni di categoria, confermando la sua esclusiva applicazione alle “grandi opere” e al materiale usato in siti diversi da quello di escavazione.
Il Tar laziale (sentenza n. 6187 depositata il 10 giugno 2014) ha respinto tutti e i 12 i motivi di ricorso, molti resi improcedibili a seguito dell'entrata in vigore del “Dl Fare” (Dl 69/2013), che da un lato ha escluso i piccoli cantieri dal campo di applicazione del regolamento sul riutilizzo, e dall'altro ha “profondamente inciso” la disciplina sui materiali da riporto.
Poiché il Dm 161/2012 “trova applicazione unicamente al materiale da scavo utilizzato in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati” (fatta eccezione per i siti inquinati “naturalmente”), è stato dichiarato inammissibile il motivo di ricorso secondo il quale il regolamento avrebbe inteso disciplinare i materiali da riporto che rimangono in sito.
Sono invece pienamente giustificate nel merito, secondo il Tar, le prescrizioni regolamentari su tempistica di presentazione del Pdu (Piano di utilizzo), verifica dei materiali provenienti da siti sottoposti a bonifica e documentazione di trasporto.
Materiali da scavo - Riutilizzo - Sottoprodotti - Articolo 184-bis, Dlgs 152/2006 - Dm 161/2012 su riutilizzo - Nullità e annullabilità decreto ministeriale - Esclusa - Materiali da riporto e piccoli cantieri - Disciplina sopravvenuta - Dl 69/2013 ("Decreto Fare") - Materiali utilizzati in siti diversi da quelli di escavazione - Esclusa
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