Il depuratore che “colora” il mare viola il Codice penale
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L’intrinseco turbamento suscitato nella comunità dalla mutevole colorazione del tratto di mare, causato dallo scarico di reflui non trattati da parte del depuratore, giustifica la condanna per “getto pericoloso di cose”.
Il reato sanzionato dall’articolo 674 del Codice penale con l’arresto fino a un mese e l’ammenda fino a 206 euro, ricorda la Cassazione nella sentenza 10034 depositata il 3 marzo 2014, è ritenuto per giurisprudenza assolutamente costante un reato di pericolo.
La “molestia alle persone” sanzionata dalla norma, in altre parole, comprende “tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità”, e non richiede la prova di un effettivo nocumento.
Hanno agito quindi correttamente i Giudici di merito che hanno applicato l'articolo 674 C.p., considerando il turbamento derivato alla comunità dalla mutevole colorazione del mare, e non l’articolo 734 del Codice penale (“Distruzione o deturpamento di bellezze naturali”) che invece presuppone la dimostrazione di un "danno".
Acque - Scarico in mare di acque non depurate - Colorazione - Turbamento della comunità - Getto pericoloso di cose - Articolo 674, C.p. - Rientra - Articolo 734, C.p. - Deturpamento di belle naturali - Danno - Richiesto
Codice penale - Stralcio - Norme attinenti agli illeciti ambientali e alla sicurezza sul lavoro
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