News - Editoriali

Milano, 28 marzo 2014

Terra dei fuochi, uno degli inganni che ha sottratto storia e regalato solo destino

Rifiuti

(Paola Ficco)

 

Presentiamo l'editoriale a firma di Paola Ficco pubblicato sul numero di aprile della Rivista Rifiuti – Bollettino di informazione normativa.

 

Il Codice penale si accinge ad arricchire le sue previsioni con quelle in materia di delitti contro l’ambiente. Infatti, lo scorso 26 febbraio la Camera dei Deputati ha approvato uno specifico Ddl che aggiunge il Titolo VI-bis al libro II del Codice penale. Ora il testo è all’esame del Senato. I delitti in discussione sono quattro e precisamente: inquinamento ambientale (articolo 452-bis, C.p., punito con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10mila a 100mila euro); disastro ambientale (articolo 452-ter C.p., punito con la reclusione da 5 a 15 anni); traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (articolo 452-quinquies C.p., punito con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro); impedimento al controllo ambientale (articolo 452-sexies C.p., punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni). Circostanze attenuanti e aggravanti trovano sede in previsioni specifiche. Il ravvedimento operoso di chi collabora con le Autorità prima della definizione del giudizio consente che le pene previste siano diminuite dalla metà a due terzi. La pena però non è fine a sé stessa perché in caso di condanna il Giudice disporrà sempre non solo la confisca dei beni oggetto della condotta delittuosa o del relativo profitto ma obbligherà anche il condannato al recupero e al ripristino dello stato dei luoghi (se possibile). Il condannato non potrà contrattare con la P.a. né partecipare a gare.

Il reato di inquinamento ambientale è previsto anche a carico di chi compromette la biodiversità agraria. Un primo passo verso un'agricoltura tradizionale, biologica, di qualità e priva di contaminazioni genetiche.

Questi nuovi reati si aggiungeranno anche ai reati presupposto di cui al sistema 231 per la responsabilità amministrativa dell'impresa in dipendenza del reato ambientale. Un nuovo apparato sanzionatorio degli illeciti amministrativi e penale aggiunge una Parte VII al “Codice ambientale”. Una nuova era, dunque, o meglio un nuovo corso che arriva dopo che troppo territorio è stato umiliato e che ancora invoca a gran voce una spiegazione e una giustificazione. È strano, però, che tutto questo stia per avvenire solo ora e che percorsi iniziati tanto tempo fa si siano silentemente interrotti (era il 24 aprile 2007 quando il Consiglio dei Ministri approvava un apposito Ddl in materia, naufragato come altre iniziative analoghe). Scempio del territorio, aggressione brutale alle popolazioni, nessun aiuto (basterebbero controlli uniformi e leggi chiare) alle aziende che provano a rispettare le regole, assenza dello Stato; il tutto visto attraverso il cristallino dello scandalo che diventa norma. È così che si è costruito il solido muro fatto di coscienze appiattite e abbagliate dall’ultimo smartphone “made in China”, mentre i programmi ministeriali fanno sì che a scuola la filosofia (materia che producendo conoscenza forma i cittadini di domani) si studi sempre di meno. Un destino, quello dell’Italia, giocato sempre ai limiti, sempre in bilico tra fortuna e caso. L’Italia che con la terra dei fuochi ha fatto della tutela della vita umana e della ricerca della verità una delle molte bugie che spesso accendono la sua realtà, dove il realismo è (al contrario della tecnica letteraria) un inganno per far credere falso ciò che esiste. Ed è grazie a questo e ad altri inganni che ormai più di due generazioni non hanno più una storia ma solo un destino.

Così abbiamo brandelli di verità, pezzetti di cronache, stralci di deposizioni che restituiscono il grande teatro di una realtà svelata a sorpresa. Un qualcosa che va oltre il fatto, un intreccio di eventi e di incontri, una commistione delle idee, delle leggi e delle emozioni. Tutto arruffato in una infinita bolgia di malaffare e incapacità di gestione della cosa pubblica.

 

Una realtà che il Benedetto Croce dell’ultimo periodo aveva quasi prefigurato quando parlava dell’“Anticristo che è in noi” e che restituiva l’impressionante immagine della civiltà umana “come il fiore che nasce sulle dure rocce e che un nembo avverso strappa e fa morire”.

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