Cassazione, i residui che esulano dal ciclo estrattivo sono rifiuti
Rifiuti
Quando si dà luogo ad una successiva, nuova e diversa attività di lavorazione sui prodotti della cava, i residui e gli inerti di questa nuova attività – sganciata da quella di cava – devono considerarsi rifiuti secondo la disciplina generale.
A dirlo è la Cassazione (sentenza 26405/2013) che ricorda come l'esclusione dalle regole generali in materia di rifiuti (Parte IV del Dlgs 152/2006) prevista dall'articolo 185 dello stesso “Codice ambientale” per i “rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave”, si applica solo ai materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave che, rimanendo all'interno del ciclo produttivo dell'estrazione e connessa pulitura, sono regolati dalle norme speciali contenute nel Dlgs 117/2008 (“Attuazione della direttiva 2006/21/Ce relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive”).
Quando i fanghi di cava derivano invece da una successiva e differente attività di lavorazione dei materiali, ontologicamente estranea al ciclo produttivo dello sfruttamento della cava, torna ad applicarsi la disciplina generale sui rifiuti contenuta nella Parte IV del Dlgs 152/2006.
Attuazione della direttiva 2006/21/Ce relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/Ce
Rifiuti da estrazione - Normativa speciale (Dlgs 117/2008) - Esclusione dal campo di applicazione del Codice ambientale - Articolo 185, comma 2, lett. b, Dlgs 152/2006 - Successiva e diversa attività di lavorazione - Non rientra
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