News - Editoriali

Roma, 26 aprile 2012

Terre, rocce e inerti: il paradigma della complessità che favorisce l'autoinganno gestionale

Rifiuti

(Paola Ficco)

Si presenta l'editoriale a firma di Paola Ficco pubblicato sul numero di maggio della Rivista Rifiuti – Bollettino di informazione normativa.

 

 

 

La gestione delle terre e rocce da scavo e dei rifiuti inerti da costruzione demolizione è uno tra i temi più delicati presenti nello scenario normativo nazionale. Da sempre a cavallo tra “rifiuti” e “non rifiuti” e oggetto di norme particolari, di interpretazioni (molto spesso) più che fantasiose, (soprattutto) terre e rocce rappresentano il paradigma della complessità per eccellenza che impronta il settore della gestione dei rifiuti in Italia.

Una complessità che non risiede nella disciplina comunitaria sui rifiuti ma esclusivamente nel sistema nazionale che l’ha recepita. Lo ha ricordato la Corte di Giustizia Ue quando, con sentenza 18 dicembre 2007 (C-194/05), ha condannato l’Italia per aver escluso, con la “legge Lunardi” (443/2001), dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti terre e rocce destinate all'effettivo riutilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati (con esclusione di quelle provenienti da siti inquinati e da bonifiche). Tra le varie argomentazioni a sostegno della sua posizione, il Governo italiano evidenziava il problema dei costi perché “l'applicazione del regime dei rifiuti significherebbe che le imprese che garantiscono lo smaltimento dei rifiuti o quelle autorizzate a trasportarli o a raccoglierli dovrebbero partecipare alle attività in questione, il che potrebbe incrementarne notevolmente i costi”. Una strategia perdente, alla quale la Corte di Giustizia replicava seccamente asserendo che “l'origine di tale situazione è da ricercare nella normativa italiana e non nella direttiva” (punto 56). Un’affermazione pesantissima e, purtroppo, molto vera. Nel paese del (finto) garantismo, del proliferare delle Authority, dell’ipertrofia normativa, delle infinite Autorità pubbliche a tutela dell’ambiente, si è fatto (e si fa) di tutto per rendere labirintica e quasi lunare una disciplina così importante e che, di base, non sarebbe neanche difficile. Ma l’infinità delle derive interpretative ed applicative conduce, ormai quasi sempre, dinanzi ad un Giudice. Quasi come se il sistema avesse smarrito la normale capacità di condursi autonomamente, nel rispetto delle regole. Il problema, però, è proprio questo. Quali regole? Le troppe regole dietro alle quali si nasconde una imperfetta capacità compilativa dove, per non assumersi responsabilità, si lascia spesso tutto nel vago, rinviando all’ultimo anello della catena (l’impresa) l’onere di districarsi nel coacervo infinito di leggi, decreti, norme regionali, sentenze, circolari, note, risposte telefoniche. La legislazione sui rifiuti è (ancora) relativamente giovane, eppure sembra soffrire di un malessere costante: la confusione. Un malessere che induce nei suoi destinatari (pubblici e privati) la difficoltà di organizzare il pensiero in percezioni coerenti.

Nel tentativo di colpire i “cattivi” e di consentire ai “buoni” di operare, nel consueto ripetersi del gioco di guardie e ladri che si faceva da bambini, il sistema di gestione di terre e rocce da scavo e degli inerti con le sue disarmonie, le incognite e le contraddizioni, appare una specie di frattale (la forma geometrica che ripete la sua struttura sempre uguale, ma su scale diverse; si pensi al cavolfiore) che, con altre combinazioni di geometrie variabili, invade la gestione di altre tipologie di rifiuti in un accumulo di combinazioni. Insomma, la gestione dei rifiuti in Italia è difficile, e le norme sono pletoriche, capaci di curare il neo ma non il tumore. Questo è grave, perché soprattutto in un clima di debolezza economica, la poca chiarezza dell’apparato normativo e la confusione che ne deriva offrono facilmente il destro all’elusione.

La Provincia di Milano ha voluto, sul tema delle terre e rocce da scavo e degli inerti da demolizione, fare chiarezza con un apposito Convegno che si svolgerà il prossimo 14 giugno a Milano. Questo numero della Rivista ne rappresenta la documentazione legislativa e dottrinaria di riferimento. Una documentazione che fa il punto con due obiettivi precisi:

— il primo, rendere evidente al legislatore centrale e periferico la complessità di una situazione che deve essere razionalizzata. Si è a conoscenza dell’emanando Dm su terre e rocce e della loro possibile qualifica di sottoprodotti. Uscirà, ma il livello di dettaglio che reca gioverà a pochi;

— il secondo, aiutare le imprese a uscire dall’autoinganno gestionale, cioè da quel sistema immunitario della condotta che le induce a tranquillizzarsi in ordine a quanto fanno, magari manipolando fatti e nozioni, inibendosi così il pensiero razionale. A tutto svantaggio del proprio futuro.

Il successo di “Rifiuti-Bollettino di informazione normativa” è proprio questo: restituire una forma di sapere che, sul fronte dei rifiuti, disinnesca il meccanismo dell’autoinganno gestionale, cioè di quel dispositivo mentale che colpisce i sistemi della conoscenza, alimentando i fraintendimenti, i quali aumentano con l’aumentare del contenuto economico e sociale di una qualsiasi disciplina.

 

 

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