Ippc/Aia

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Roma, 13 giugno 2005

Le novità del Dlgs 59/2005 di "Attuazione integrale della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento"

(Mannino Bordet - Esperto presso la Segreteria tecnica della Direzione generale energia del Ministero delle attività produttive)

Introduzione

Il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 "Attuazione integrale della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento" ha finalmente posto termine ad una situazione del tutto anomala venutasi a creare nella nostra legislazione a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 "Attuazione della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento" (Gazzetta ufficiale 26 ottobre 1999 n. 252). Tale ultimo decreto recepiva infatti anch'esso la direttiva 96/61, ma si applicava solo agli impianti esistenti: quelli nuovi (e le modifiche sostanziali di quelli esistenti) restavano soggetti alla normativa autorizzatoria preesistente.

Questa contraddizione è spiegata dalle vicende parlamentari che nella precedente legislatura portarono al decreto legislativo 372/1999: in sintesi l'allora maggioranza parlamentare decise di recepire la nuova direttiva Via (la 97/11/Ce) con un disegno di legge ordinario che coordinasse la Via e l'Ippc per i nuovi impianti (in modo da coordinare le due procedure e rendere più veloci i tempi di rilascio delle relative autorizzazioni), mentre si diede delega al governo per il recepimento della direttiva Ippc relativamente ai soli impianti esistenti (che avevano già effettuato la Via e quindi non necessitavano di coordinamento delle due procedure).

Oggi, dopo ben sei anni e al di là delle nobili intenzioni iniziali, si deve prendere atto che la "spaccatura" della direttiva Ippc in due diversi iter di recepimento non si è dimostrata un'idea felice: le Regioni (alcune pare con ottimi risultati!) sono dovute andare avanti in ordine sparso per gli impianti di loro competenza mentre nel frattempo ci siamo mangiati un po' di anni per fare un quadro normativo nazionale chiaro e coerente e soprattutto un calendario di adeguamento degli impianti che aiutasse le imprese a programmare le modifiche necessarie con la dovuta flessibilità — posto che entro il 2007 tutti gli impianti soggetti alla direttiva Ippc devono essere in possesso dell'Aia (autorizzazione integrata ambientale).

Circa il merito si deve tenere presente che l'articolo 22 della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Comunitaria 2004), nel dettare i criteri di delega al Governo per "l'integrale attuazione" della direttiva 96/61 prescriveva che ciò fosse fatto "mediante modifiche al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372": coerentemente il decreto legislativo 59/2005 riprende, modifica, allarga e infine, all'articolo 19, comma 1, abroga il decreto legislativo 372/1999.

Nel seguito di questo articolo, rinunciando per brevità ad una lettura "coordinata" dei due decreti legislativi — utile per enucleare sistematicamente tutte le novità — ci si concentrerà sulle innovazioni giudicate di maggiore rilevanza del decreto legislativo 59/2005.

 

Autorità competente per l'Aia e campo di applicazione

Il decreto prevede finalmente una chiara ripartizione di competenze fra Stato e Regioni (o Province autonome); "autorità competente" al rilascio dell'Aia è:

  • il Ministero dell'ambiente per tutti gli impianti esistenti e nuovi indicati in un apposito allegato (Allegato V — Categorie di impianti soggetti ad Aia statale);
  • "l'autorità individuata (…) dalla Regione o dalla Provincia autonoma" per gli impianti non indicati in tale allegato V.

Quindi, da un lato il Ministero dell'ambiente, dall'altro le Regioni (e Province autonome) che sono libere di indicare l'autorità competente Aia, regionale o provinciale, che preferiscono.

Se gli impianti soggetti ad Aia statale sono elencati all'Allegato V, quelli soggetti ad Aia regionale sono altrettanto facilmente desumibili dal confronto fra l'allegato V (Aia statale) e l'allegato I (tutti gli impianti soggetti ad Aia) del decreto: per tutti gli impianti presenti nell'allegato I, ma non anche nell'allegato V, l'Aia è di competenza regionale.

 

Sul punto dell'autorità competente si deve ricordare che il decreto legislativo 59/2005 ha dovuto confrontarsi con la previsione dell'articolo 77 della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), che in pratica assegnava alla competenza del Ministero dell'ambiente (quindi statale) il rilascio dell'Aia per tutti gli impianti per i quali anche la Via è statale: veniva richiamato infatti il Dpcm 10 agosto 1988, n. 377 sulle pronunce di compatibilità ambientale.

Molto opportunamente il Dlgs 59/2005 ha abolito le parti relative della Finanziaria 2003 (i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 77), sostituendo il richiamo al Dpcm 377/1988 col richiamo ad un elenco positivo (l'allegato V appunto) degli impianti soggetti ad Aia statale.

 

Il motivo di questa sostituzione appare chiaramente la volontà di non assoggettare ad Aia statale alcune categorie di impianti, che risultano infatti presenti nel Dpcm 377/1988 e assenti nell'allegato V: si tratta degli "impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi mediante incenerimento, trattamento chimico o stoccaggio a terra" e degli "impianti termoelettrici con potenza elettrica complessiva superiore a 50 MW". Per queste due tipologie d'impianto si registra quindi al momento un disallineamento fra normativa Via e normativa Ippc nel senso che mentre ai fini della prima essi sono di competenza statale, ai fini della seconda sono di competenza regionale. Si spera che in uno dei prossimi interventi normativi (magari nei nuovi Testi unici ambientali) la situazione possa essere sanata poiché il disallineamento appare del tutto illogico (un po' più illogico, per non dire peggio, appare la sopravvivenza nel nostro ordinamento positivo di una nozione quale "rifiuti tossici e nocivi" che le direttive europee hanno abolito da… 15 anni!).

Un ulteriore aspetto positivo è la previsione dell'articolo 18, comma 3, del decreto, il quale stabilisce che eventuali modifiche all'Allegato V possono essere fatte con decreto ministeriale (Ambiente di concerto con Salute e Attività produttive e d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni).

 

Procedimento unico e Conferenza di servizi

Sia per quella di competenza statale sia per quella di competenza regionale, il decreto prevede un procedimento unico per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale:

  • per la competenza statale, l'articolo 5 richiama specificatamente le norme sulla semplificazione delle procedure della legge 241/1990;
  • per la competenza regionale il decreto si limita all'obbligo di "definire un unico procedimento".

Anche se a molti è apparso superfluo, tale richiamo all'obbligatorietà di utilizzo dello strumento "procedimento unico" appare quanto mai opportuno, sia per assicurare l'applicazione uniforme del decreto a livello settoriale e territoriale, sia per garantire efficienza ai procedimenti.

Nella medesima prospettiva, di assicurare un'applicazione coerente a tutti i livelli della normativa, si muove l'articolo 6 del decreto, il quale prevede la possibilità di emanazione di uno o più decreti (anche qui: Ambiente di concerto con Salute e Attività produttive e d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni) "per garantire l'uniforme applicazione delle disposizioni del presente decreto legislativo da parte delle autorità competenti".

 

Le autorizzazioni sostituite dall'Aia

L'articolo 5, comma 14 del decreto stabilisce che l'Aia sostituisce "ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione" con le sole eccezioni delle normative "Seveso" ed "emission trading". In più c'è un apposito allegato — l'Allegato II — che elenca chiaramente quali sono le specifiche autorizzazioni sostituite: emissioni, acque, rifiuti, smaltimento Pcb, oli usati, comunicazioni ex articolo 33 del decreto legislativo 22/1997 (cd. "decreto Ronchi").1

Anche per l'Allegato II è prevista la regola dell'aggiornamento con Dm.

 

Nuovi organismi

Il decreto, all'articolo 5, comma 9, istituisce presso il Ministero dell'ambiente una "commissione istruttoria Ippc" composta da 27 esperti di elevata qualificazione, incaricati di svolgere le attività istruttorie e di consulenza tecnica connesse al rilascio dell'Aia di competenza statale. In particolare la commissione Ippc ha il compito di fornire un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, relativamente a ciascuna domanda di autorizzazione. Un aspetto innovativo è rappresentato dal fatto che per le attività relative a ciascuna domanda la commissione Ippc è integrata da tre esperti, designati rispettivamente da Regione, Provincia e Comune in cui ha sede l'impianto.

Un altro nuovo organismo è previsto dall'articolo 13 del decreto: si tratta di un "Osservatorio sull'applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva 96/61/Ce e del presente decreto a servizio delle autorità competenti". Le finalità dell'osservatorio sono delineate nell'allegato VI del decreto.

Mentre quindi la commissione Ippc si occupa solo di Aia statale, l'osservatorio dovrebbe fungere da organo di raccolta, informazione e trasmissione dati su tutta la materia Ippc. Si spera che nella pratica tale organismo possa funzionare efficacemente, dato che ad una prima lettura i suoi compiti non sono ben delineati e soprattutto ben coordinati con quelli delle autorità competenti e del sistema delle agenzie ambientali.

 

Linee guida

La previsione dell'articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 372/1999, di "Linee guida" nazionali per l'adozione delle Bat2 , è confermata dall'articolo 4 del nuovo decreto, così come il meccanismo di adozione di esse (decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con Ministero attività produttive e Ministero della salute, su indicazione di un'apposita commissione). La novità stavolta è che la loro emanazione non sempre rappresenta una precondizione essenziale ai fini del rilascio dell'Aia: l'articolo 7, comma 5 stabilisce infatti che "In mancanza delle linee guida (…) per gli impianti nuovi l'autorità competente rilascia comunque l'Aia tenendo conto di quanto previsto nell'allegato IV del presente decreto".

 

Aia e centrali termoelettriche

Fra gli impianti con Aia di competenza statale le centrali termoelettriche (di potenza superiore ai 300 MW termici) sono l'unica tipologia di impianto per la quale, oltre che alla Via e all'Aia è prescritta un'autorizzazione generale alla costruzione e all'esercizio, autorizzazione rilasciata dal Ministero delle attività produttive secondo le previsioni della legge 55/2002 (sulla sicurezza del sistema elettrico nazionale).

Tale peculiarità — non di poco conto se si pensa che, ad esempio, è solo sulla base dell'autorizzazione ex legge 55/2002 che può darsi inizio alle procedure di esproprio per pubblica utilità per le linee elettriche e gli eventuali gasdotti, quali "opere connesse" per l'esercizio della futura centrale — ha determinato una regolamentazione dell'Aia per le centrali particolarmente complessa e problematica.

Ci si riferisce, per l'aspetto della problematicità, alla previsione dell'articolo 1, comma 3, del decreto. Il comma è scritto in modo criptico ma in sostanza vuole dire che d'ora in avanti per le centrali elettriche di potenza superiore a 300 MW termici l'Aia si configura come autorizzazione autonoma, non inclusa nel procedimento unico previsto dalla legge 55/2002, in cui pure risulta inclusa (endoprocedimento) la Via.

Dall'applicazione del comma seguirà purtroppo un allungamento notevole dei tempi del procedimento autorizzativo complessivo, posto che l'Aia deve attendere le conclusioni della Via (v. articolo 5, comma 12) e quindi i suoi tempi si sommeranno ai tempi di quest'ultima.

Circa i tempi massimi dell'Aia il decreto al comma 12 dell'articolo 5 stabilisce che essi sono di 150 giorni, ai quali però bisogna senz'altro aggiungere trenta giorni per ogni richiesta di documentazione integrativa da parte dell'autorità competente (la legge prescrive che la richiesta possa essere fatta una sola volta ma è invalsa la cattiva abitudine di reiterarla spesso). Come minimo dunque i tempi si allungheranno di 180 giorni: anche per la Via i tempi massimi dovrebbero essere di 180 giorni ma l'esperienza delle autorizzazioni rilasciate al 31 dicembre 2004 secondo il procedimento ex legge 55/2002 (14 centrali per circa 8.500 MW di potenza) mostra che la tempistica media della procedura di Via è stata di 402 giorni.

 

L'articolo 1, comma 3, del decreto ha suscitato molte polemiche e proteste; esso appare evidentemente illogico potendo benissimo l'Aia essere accostata alla Via come endoprocedimento dell'autorizzazione unica ex legge 55/2002, tanto più che la competenza per Via e Aia è sempre del Ministero dell'ambiente. In tal modo quest'ultimo avrebbe potuto coordinare i due procedimenti minimizzando i tempi complessivi e diminuendo i costi di istruttoria per gli operatori. Il coordinamento fra Aia e Via già realizzato (con ottimi risultati) da alcune Regioni per gli impianti di loro competenza potrebbe essere preso a modello per il coordinamento Via-Aia degli impianti di competenza statale.

Per concludere sul punto, una parte dei problemi potrebbe essere superata grazie alle previsioni dell'articolo 18, comma 9, il quale stabilisce che "d'intesa tra il Ministero dell'ambiente e il Ministero delle attività produttive sono stabilite le modalità di coordinamento delle fasi procedurali connesse" tra il procedimento unico di cui alla legge 55/2002 e il procedimento Aia.

 

Regolamentazione specifica delle centrali

La previsione del comma 3, articolo 1 del decreto legislativo 59/2005 si applica alle centrali la cui richiesta di autorizzazione al Ministero delle attività produttive, ai sensi della legge 55/2002, è presentata successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo 59/2005 (7 maggio 2005).

Per le centrali per le quali alla data di entrata in vigore del decreto legislativo è già stata presentata domanda di autorizzazione al Ministero delle attività produttive ai sensi della legge 55/02, l'articolo 17, comma 2, stabilisce che il Ministero dell'ambiente adotta "le determinazioni relative all'Aia (…) entro il termine perentorio di 60 giorni decorrenti dal rilascio della Via". In caso di inutile decorrenza dei 60 giorni o di pronuncia negativa del Ministero dell'ambiente, la decisione definitiva in ordine all'Aia è rimessa al Consiglio dei Ministri.

Per le centrali autorizzate dal Ministero delle attività produttive successivamente al 10 novembre 1999 — si è scelto tale data in quanto è quella entro la quale la direttiva Ippc doveva essere recepita dagli Stati membri — l'articolo 17, comma 4 stabilisce in pratica che esse non devono fare l'Aia, a meno che l'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione (il Ministero delle attività produttive) non richieda all'autorità competente in materia di Aia (il Ministero dell'ambiente) di procedere al rilascio dell'Aia.

Per le centrali autorizzate dal Ministero delle attività produttive prima del 10 novembre 1999 si procede come per gli altri impianti soggetti ad Aia statale, con la pubblicazione del calendario delle scadenze per la presentazione della domanda di autorizzazione da parte degli operatori, ai sensi del comma 3 dell'articolo 5.

 

Note redazionali

1. Si faccia riferimento, ora all'analoga norma recata dal Dlgs 152/2006, cd. "Codice ambientale".
2. Il Dm 31 gennaio 2005 "Emanazione di linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372" è stato pubblicato sul Supplemento ordinario n. 107 alla Gazzetta ufficiale 13 giugno 2005 n. 135 ed è consultabile sul sito www.reteambiente.it, "Ippc", "Normativa vigente".
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