Rifiuti

Giurisprudenza

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Sentenza Corte di Cassazione 8 aprile 2004, n. 16698

Reato di gestione illecita di rifiuti e non abbandono occasionale - Ex articolo 51, comma 2 del Dlgs 22/1997- Condotta di chi provoca in conseguenza di altro mestiere l'immissione di residui nelle acque - Rientra

Corte di Cassazione

Corte di Cassazione penale - Sentenza 8 aprile 2004, n. 16698

Corte di Cassazione penale — Sentenza 8 aprile 2004, n. 16698

 

(omissis)

Svolgimento del processo

Motivi della decisione

Con sentenza in data 11 marzo 2003, il Gup del Tribunale di Livorno condannava (...) alla pena di euro 1.148 di ammenda per il reato di cui all'articolo 51, comma 2, del Dlgs n. 22 del 1997. L'imputato proponeva ricorso per erronea applicazione di legge, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, mancata assunzione di una prova decisiva, manifesta illogicità della motivazione sostenendo:

1) che anche dopo la richiesta di giudizio abbreviato formulata con l'opposizione a decreto penale è possibile svolgere indagini difensive riversandone, poi, il contenuto nel fascicolo del Pm;

2) che non si era tenuto conto che le caratteristiche dei residui erano tali da non poter determinare un ostacolo al libero corso delle acque;

3) che nel fatto avrebbe dovuto essere ravvisata l'ipotesi prevista dall'articolo 50 del Dlgs n. 22 del 1997 punito con la sola sanzione amministrativa.

Sub 1.

Nel giudizio abbreviato, mancando la fase del dibattimento, vige il principio della decisione "allo stato degli atti" che comporta la facoltà di utilizzare tutti gli atti legittimamente acquisiti al fascicolo del Pm;

in esso, le parti accettano che il procedimento sia definito all'udienza preliminare sulla base degli atti già acquisiti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del dibattimento. Nel caso in esame, dopo la richiesta di giudizio abbreviato (senza condizioni) e dopo la ammissione allo stesso da parte del Giudice, il difensore ha chiesto di poter produrre verbale di indagini difensive e planimetria dei luoghi.

Ed esattamente è stato ritenuto che le produzioni difensive non sono ammissibili in quanto con la richiesta di giudizio abbreviato l'imputato ha chiesto che il procedimento sia definito allo stato degli atti esistenti al momento della richiesta stessa, per cui le produzione appaiono tardive. Per ciò che attiene alle indagini difensive, la norma di cui all'articolo 391 octies C.p.p. consente al difensore di presentare direttamente al Giudice gli elementi di prova a favore del proprio assistito o nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, proprio perché in tali situazioni processuali il materiale probatorio può essere arricchito al fine di acquisire elementi utili per il prosieguo.

Ed il Legislatore non ha previsto la stessa possibilità per il difensore dopo che sia stata formulata la richiesta di giudizio abbreviato, proprio perché tale momento cristallizza il materiale probatorio già esistente in atti.

Solo se la richiesta di giudizio abbreviato è subordinata, ex articolo 438, comma 5, C.p.p. all'acquisizione di ulteriori elementi, ovvero se il Giudice ritenga necessaria una integrazione probatoria, ex articolo 441, comma 5, C.p.p., possono avere ingresso nel procedimento ulteriori elementi di prova (non a caso l'articolo 441 C.p.p. esclude la possibilità di applicare nel corso del giudizio abbreviato le norme di cui agli artt. 422 e 423 C.p.p. dettate in tema di udienza preliminare).

Sub 2.

Il Giudice di merito ha ritenuto, con motivazione incensurabile in questa sede, che vi era stata una moria di pesci nel torrente Torà e che "tale situazione si era creata, oltre che per il gran caldo e la scarsità d'acqua, anche e soprattutto a causa dei lavori di pulitura degli argini che la ditta dell'imputato aveva eseguito nei giorni precedenti, provvedendo con apposito macchinario a frantumare in piccoli pezzi le canne esistenti. I residui della pulitura, però, invece di essere raccolti nell'immediatezza erano stati abbandonati anche sulle acque causando una diga che rendeva difficoltosa la circolazione delle acque".

Sub 3.

Quanto commesso dall'imputato costituisce abbandono di rifiuti o immissione degli stessi nelle acque superficiali in violazione del divieto di cui all'articolo 14, comma 2, del Dlgs n. 22 del 1997, dato che, sia pure frantumati, i residui della pulitura contribuirono in modo consistente ad alterare la circolazione delle acque ed a causare una moria di pesci l'immissione dei rifluiti nelle acque non fu una azione momentanea ma una condotta che si protrasse per qualche giorno come risulta dagli atti di Pg.

Il reato di cui all'articolo 51 del Dlgs n. 22 del 1997 non ha natura di reato proprio la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti, ma costituisce una ipotesi di reato comune che può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione di rifiuti in modo secondario o conseguenziale all'esercizio di un'attività primaria diversa (Cass., Sezione 3a, 14 maggio 2002, n. 21925, Saba). Nel caso di specie, la gestione dei rifiuti era consequenziale all'attività principale di pulitura degli argini effettuata dall'imputato e non può parlarsi di abbandono occasionale di rifiuti (articolo 50, comma 1, del Dlgs n. 22 del 1997) che punisce una condotta generica, posta in essere da "chiunque"; condotta logicamente occasionale ed estemporanea imputabile ad una singola persona fisica e non connessa ad attività di impresa.

 

PQM

 

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2004.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2004.

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