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Sentenza Corte di Cassazione 25 febbraio 2004, n. 8147

Acque - Tutela dall'inquinamento - Scarico da insediamento produttivo - Superamento dei limiti tabellari - Sostanze non incluse nella Tabella 5 - Potere cancerogeno - Criterio di individuazione

Corte di Cassazione

Corte di Cassazione, Sezione terza 

Corte di Cassazione, Sezione terza  penale — Sentenza 25 febbraio 2004, n. 8147

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

La Corte Suprema di Cassazione

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

(omissis)

ha pronunciato la seguente:

 

Sentenza

sul ricorso proposto da:

(...) n. 3.3.1943;

(...) n. 3.10.1936;

(...) n. 3.12.1952;

(...) n. 14.8.1944;

avverso l'ordinanza 11.4.2003 del Tribunale di Verbania;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Squassoni;

udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Iacoviello Francesco Mauro che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi i difensori Avv. Baldini Giorgio, Avv. Zaccone Cesare, Avv. Merli Surico.

 

Motivi della decisione

Con ordinanza 5.11.2002, il Tribunale di Verbania ha respinto la istanza di riesame di un sequestro preventivo che grava sugli scarichi industriali della Ditta Acetati evidenziando la configurabilità del reato previsto dall'articolo 59 comma 5 Dlgs 152/1999; a sostegno di tale conclusione, i Giudici hanno rilevato che i reflui superavano i limiti di tolleranza relativamente al parametro formaldeide sostanza cancerogena a sensi della tabella 5 punto 18 legge citata.

L'ordinanza è stata annullata dalla Corte di Cassazione che, con sentenza 4.2.2003, ha disposto che il Giudice del rinvio tenesse conto, al fine della configurabilità del reato in esame, esclusivamente delle indicazione della Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc) nonché degli aggiornamenti scientifici ad essa apportati fino alla data di adozione della misura cautelare con riferimento alle sostanze di cui è provato il potere cancerogeno secondo la classificazione operata dal ricordato organo di ricerca. Decidendo in sede di rinvio, il Tribunale di Verbania ha respinto la richiesta di riesame, con la ordinanza in epigrafe precisata, per l'annullamento della quale gli indagati ricorrono in Cassazione deducendo violazione di legge.

In sunto rilevano che lo Iarc, dopo studi effettuati su animali non trasferibili alla nostra specie, ha classificato la formaldeide tra le sostanze solo probabilmente cancerogene per l'uomo; la norma e la sentenza di annullamento della Cassazione richiedono che l'effetto morboso sia accertato in termini di sicurezza sull'uomo per cui i Giudici hanno arbitrariamente esteso la portata del precetto penale. Il Collegio ritiene che le, pur elaborate, deduzioni dei ricorrenti non siano meritevoli di accoglimento.

Deve, innanzi tutto, puntualizzasi come l'indagine sul potere cancerogeno della formaldeide sia di focale importanza nel caso in esame in quanto, in carenza di tale effetto pregiudizievole per la salute, la condotta degli imputati non sarebbe sussumibile nella contestata ipotesi di reato di cui all'articolo 59 comma 5 Dlgs 152/1992 bensì classificabile quale illecito amministrativo, a sensi dell'articolo 54 Dlgs citato, con la conseguenza che la misura cautelare non sarebbe legittima.

Per la valutazione dell'effetto de quo di una sostanza, si deve avere come referente esclusivamente le indicazioni della Iarc secondo la riformulazione dell'allegato 5 punto 18 effettuata dal Dlgs 258/2000 che, con tale indicazione, ha superato una indeterminatezza della norma che faceva sorgere dubbi sulla sua costituzionalità. Ora la Iarc ha rilevato che la formaldeide rientra tra le sostanze di cui è provato il potere cancerogeno sugli animali mentre non esistono studi che forniscano sufficiente certezza di tale potere sugli uomini per i quali l'effetto temuto è solo probabile. Sul punto, i ricorrenti sostengono che non siano trasportabili i dati della sperimentazione animale sull'uomo e, in tale modo, censurano il metodo con il quale l'Agenzia è pervenuta alla sua conclusione; questa critica è inconferente in quanto la legge ha individuato come parametro di riferimento i dati della Iarc e non è questa la sede per valutarne la attendibilità scientifica.

Come correttamente rilevato dai ricorrenti, per il chiaro disposto normativo della tabella 5 punto 18 (che deve intendersi elemento integrante la struttura della fattispecie in oggetto) è richiesto, per il perfezionamento del reato, che l'effetto cancerogeno di una sostanza sia "provato" e non accertato solo in termini di possibilità o di probabilità; in caso contrario, si dilaterebbe l'ambito di punibilità della condotta oltre la ipotesi prevista dal Legislatore con una interpretazione estensiva (pur motivata dalla importanza del bene giuridico protetto) che si pone in palese violazione con il principio di legalità.

Tanto premesso, deve rilevarsi come il testo legislativo si riferisca alle sostanze di cui è provato il potere cancerogeno senza circoscrivere questo effetto all'uomo né una limitazione in tale senso si rinviene nella sentenza della Cassazione 4.2.2003; in questo contesto, non è consentito all'interprete, vietandolo il principio di tipicità, introdurre un elemento di integrazione della fattispecie non normativamente previsto.

Di conseguenza, al fine che rileva, devono ritenersi sostanze di cui è provato il potere cancerogeno quelle per le quali l'effetto è accertato sia per l'uomo sia per l'animale. La conclusione, oltre ad essere giustificata da una interpretazione letterale della legge, è in coerenza con la sua ratio e con l'oggetto giuridico della normativa la quale è posta a salvaguardia dell'ambiente ed a tutela della salute di ogni essere vivente come risulta chiaro dalle finalità del Dlgs 152/1999 elencate all'articolo 1.

 

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2004.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2004.

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