Rifiuti

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Milano, 19 luglio 2004

La materia dei sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano secondo la Cassazione

(Paola Ficco)

Tra rifiuti e scarti di macellazione continua la "bagarre" circa il campo di applicazione della disciplina normativa. La III Sezione penale della Corte di Cassazione contraddice se stessa, o meglio si spacca sulla linea interpretativa di un grave problema.

 

È quanto si evince dal tenore della sentenza 5 giugno 2004, n. 587 con la quale la III Sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso avverso una ordinanza del Tribunale di Bari (in funzione di giudice del riesame) che aveva confermato il decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal Pm presso il medesimo Tribunale in relazione al reato di cui all'articolo 51, comma 1, Dlgs 22/1997 con riguardo al trasporto di scarti di macellazione di animali destinati ad essere trasformati in fertilizzanti,

 

Secondo i ricorrenti gli scarti di macellazione dovevano considerarsi non assoggettati alle disposizioni del Dlgs 22/1997 (cd. "decreto Ronchi") ma solo a quelle del Provvedimento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome del 22 maggio 2003 che ha dettato le linee guida per l'applicazione del regolamento Ce 1774/2003 che ha abrogato tacitamente il Dlgs 508/1992. Infatti, tale Provvedimento evidenzia che, secondo il citato provvedimento, il regolamento Ce non considera mai la gestione dei sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, come gestione di rifiuti, li menziona come rifiuti solo relativamente all'eliminazione finale.

 

Peraltro, i ricorrenti hanno citato nel loro atto difensivo anche la precedente sentenza 2003/29236 della stessa III Sezione penale secondo la quale "La materia dei rifiuti di origine animale trova una propria particolare disciplina nel Dlgs 14 dicembre 1992, n. 508 (attuativo della direttiva 90/667/Cee — ora abrogata espressamente dal Regolamento Ce 1774/2003 — N.d.A.), così che le attività di smaltimento e trasporto dei cd. scarti da macellazione sono sottratte alla disciplina di cui al Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 in virtù del principio di specialità rispetto alla disciplina generale in tema di rifiuti."

 

Secondo la Corte, invece, va applicato il principio interpretativo espresso (ancora dalla medesima III Sezione penale della medesima Corte di Cassazione) nella sentenza 2002/08520, giusta il quale "In tema di gestione dei rifiuti, configura l'ipotesi di reato di cui agli articoli 30 e 51 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 lo svolgimento dell'attività di raccolta, trasporto e stoccaggio di scarti animali non trattati in assenza della iscrizione all'albo nazionale delle imprese esercenti la gestione dei rifiuti, atteso che la esclusione del regime generale dei rifiuti prevista dall'articolo 8, comma 1, del citato decreto n. 22 per le carogne ed altri rifiuti agricoli specificamente indicati, non può estendersi agli scarti animali in quanto le esclusioni dall'ambito di una normativa devono essere oggetto di interpretazione restrittiva.".

 

La Corte fonda il suo assunto sul fatto che la disciplina del Dlgs 508/1992 (ora abrogato tacitamente dal Regolamento Ce 1774/2003) "regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria della fase di trasformazione dei rifiuti di origine animale con esclusione, quindi, dei profili di gestione per i quali rimane la operatività del Decreto n. 22 del 1997".

Pertanto, prosegue la Corte, la disciplina dettata dal regolamento Ce n. 1774/2002, concorre con quella di cui al Dlgs n. 22/1997 per quanto riguarda i profili della gestione dei sottoprodotti di origine animale riferentesi alla loro natura di rifiuti, in quanto debbono essere considerati tali, ….per quanto interessa ai fini del presente procedimento cautelare, in ogni caso in cui risultino destinati alla eliminazione".

 

La questione solleva importanti problemi di politica legislativa e, perché no, giudiziaria sui quali si avrà modo di soffermarsi in altra sede.

 

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