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Direttiva Presidenza del onsiglio dei Ministri 27 febbraio 2004

Gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile

Si presenta il testo della direttiva come modificato dalla direttiva Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 2005.

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Direttiva 27 febbraio 2004

(So n.39 alla Gu 11 marzo 2004 n. 59)

Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale , statale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile

 

Il Presidente del Consiglio dei Ministri

Visto l'articolo 5, comma 2, del decreto 7 settembre 2001, n. 343, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, in cui è previsto che il Presidente del Consiglio dei Ministri predisponga gli indirizzi operativi dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso ed i piani per l'attuazione delle conseguenti misure di emergenza, d'intesa con le Regioni e gli Enti locali;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 dicembre 1998, recante l'approvazione del programma di potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idropluviometrico mirato alla realizzazione di una copertura omogenea sul territorio nazionale;

Visto il progetto per la realizzazione dei centri funzionali approvato nella seduta del 15 gennaio 2002 dal Comitato tecnico di cui alla legge 1998, n. 267 e al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sopra richiamato, nonché quanto stabilito in merito dall'ordinanza di protezione civile n. 3134 del 10 maggio 2001, così come modificata dall'ordinanza di protezione civile n. 3260 del 27 dicembre 2002;

Vista la circolare 7 agosto 2003 del Dipartimento della protezione civile indirizzata alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, alle Province ed agli Uffici territoriali di Governo, che evidenzia la necessità di una cura continua ed adeguata dei corsi d'acqua, al fine di garantirne il regolare scorrimento per il migliore deflusso delle acque, soprattutto in occasione del verificarsi di eventi meteorologici intensi e che, inoltre, indica come fondamentali la sorveglianza e la manutenzione ordinaria degli argini e delle infrastrutture che potrebbero influire sul deflusso delle acque durante un evento di piena;

Vista la nota del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 settembre 2003, indirizzata ai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, all'Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), all'Upi (Unione Province d'Italia), all'Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), contenente gli "Indirizzi operativi per fronteggiare eventuali situazioni di emergenza connesse a fenomeni idrogeologici", in cui vengono evidenziate le problematiche urgenti da affrontare ed individuate le iniziative da porre in essere per ridurre il rischio per la popolazione legato agli eventi idrogeologici;

Considerata l'urgenza di individuare le autorità competenti ed i soggetti responsabili, a livello statale e regionale, dell'allertamento nelle diverse fasi del sistema di protezione civile in previsione oppure in caso di eventi della medesima natura che determinino situazioni di rischio per la popolazione ed i beni;

Considerata, inoltre, la necessità di identificare i soggetti istituzionali e gli organi territoriali che devono essere coinvolti nelle attività di previsione e prevenzione del rischio e di gestione dell'emergenza, nonché i legami funzionali tra i citati soggetti per affiancare le autorità di protezione civile;

Considerata, altresì, l'urgenza e la necessità di chiarire e disciplinare, nell'ambito del quadro legislativo vigente, i rapporti tra i soggetti e le attività in materia di difesa del suolo e di protezione civile;

Ritenuto di dover disciplinare i rapporti funzionali e di collaborazione tra il sistema di protezione civile statale e regionale e gli altri soggetti istituzionali preposti;

Ritenuto, inoltre, di dover definire gli strumenti e le modalità per regolare il flusso delle informazioni relative al manifestarsi ed all'evolversi dei rischi idrogeologici ed idraulici conseguenti ad eventi meteoidrogeologici particolarmente intensi che possono costituire elemento di pericolosità per la popolazione ed i beni;

Acquisita l'intesa con le Regioni e le Province Autonome nella riunione dell'8 gennaio 2004;

 

Adotta

i seguenti indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale distribuito, statale e regionale, per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile.

 

1. Finalità e compiti generali

Il presente atto ha lo scopo di:

— individuare le autorità a cui compete la decisione e la responsabilità di allertare il sistema della protezione civile ai diversi livelli, statale e regionale, e nelle diverse fasi dell'eventuale manifestarsi, nonché del manifestarsi, di calamità, catastrofi e altri eventi che possano determinare o che determinino situazioni di rischio;

— definire i soggetti istituzionali e gli organi territoriali coinvolti nelle attività di previsione e prevenzione del rischio e di gestione dell'emergenza, nonché i loro legami funzionali ed organizzativi al fine di sostenere le autorità di protezione civile, sia in tale decisione ed assunzione di responsabilità che nella organizzazione ed attuazione di adeguate azioni di contrasto del rischio stesso;

— stabilire gli strumenti e le modalità con cui le informazioni relative all'insorgenza ed evoluzione del rischio idrogeologico ed idraulico, legate al manifestarsi di eventi meteoidrologici particolarmente intensi tali da generare nelle diverse aree del Paese situazioni di dissesto per il territorio, nonché di pericolosità per la popolazione, devono essere raccolte, analizzate e rese disponibili alle autorità, ai soggetti istituzionali ed agli organi territoriali individuati e coinvolti nel sistema e nelle attività di protezione civile;

— sancire i rapporti funzionali e le relazioni di leale collaborazione tra il sistema della protezione civile, sia nazionale che regionale, e le altre autorità, i soggetti istituzionali ed gli organi territoriali, preposti, ancorché con altre finalità e strumenti, ma comunque ordinariamente, alla valutazione e mitigazione del rischio in materia;

— organizzare il sistema di allerta nazionale distribuito, ferme restando le prerogative in materia di legislazione concorrente e nel rispetto delle competenze delle Regioni a statuto ordinario e quelle autonome a statuto speciale. Al governo del sistema di allerta nazionale distribuito concorrono responsabilmente:

— la Presidenza del Consiglio, attraverso il Dipartimento della protezione civile;

— le Presidenze delle Giunte regionali, attraverso soggetti e strutture a tal fine individuati e/o delegati, in attuazione di quanto specificato dalla circolare del 30 settembre 2002, n. DPC/CG/0035114 e di quanto previsto dalla legge 183/1989 e successive modificazioni, dalla legge n. 225/1992, dal decreto legislativo n. 112/1998 e dalla legge n. 401/2001 e dalle normative regionali di riferimento.

La gestione del sistema di allerta nazionale è assicurata dal Dipartimento della protezione civile, dalle Regioni attraverso la rete dei Centri Funzionali, nonché le strutture regionali ed i Centri di Competenza chiamati a concorrere funzionalmente ed operativamente a tale rete, così come stabilito dall'ordinanza n. 3134 del 10 maggio 2001, e così come modificata dall'ordinanza n. 3260 del 27 dicembre 2002, e realizzata secondo il progetto approvato, nella seduta del 15 gennaio 2002, dal Comitato tecnico di cui alla legge n. 267/1998 e al Dpcm 15/12/1998.

Le Province autonome aderiscono alla gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale distribuito per il rischio idrogeologico e idraulico ai fini di protezione civile, tramite apposita convenzione da stipulare con il Dipartimento della protezione civile ferme restando le competenze riconosciute alle stesse dallo Statuto di cui al Dpr del 31 agosto 1971, n. 670.

L'architettura istituzionale, il quadro dei compiti e delle funzioni, nonché le modalità di gestione, interscambio e condivisione delle informazioni previste nell'ambito del progetto citato in precedenza e tese al governo non solo della rete dei Centri Funzionali ma del sistema della protezione civile nazionale, statale e regionale, da parte delle Autorità competenti, sono da intendersi modificate ed integrate ai sensi del presente atto; il che vale anche per i contenuti del programma richiamato dal Dpcm 15/12/1998.

Ciascuna Regione avrà quindi cura di indirizzare e/o stabilire le procedure e le modalità di allertamento del proprio sistema di protezione civile ai diversi livelli, regionale, provinciale e comunale ai sensi del decreto legislativo n. 112/1998, della legge n. 401/2001 e della normativa regionale in materia di protezione civile, nonché secondo le indicazioni del presente atto ed i criteri di massima per la pianificazione d'emergenza già emanati dal Dipartimento della protezione civile.

A tal fine il sistema di allerta nazionale prevede: una fase previsionale costituita dalla valutazione, sostenuta da una adeguata modellistica numerica, della situazione meteorologica, nivologica, idrologica, idraulica e geomorfologica attesa, nonché degli effetti che tale situazione può determinare sull'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente;

una fase di monitoraggio e sorveglianza, articolata in:

i) osservazione qualitativa e quantitativa, diretta e strumentale, dell'evento meteoidrologico ed idrogeologico in atto,

ii) previsione a breve dei relativi effetti attraverso il now casting meteorologico e/o modelli afflussi-deflussi inizializzati da misure raccolte in tempo reale.

Le precedenti fasi attivano:

la fase di prevenzione del rischio, attraverso sia azioni, anche di contrasto dell'evento, incluse nei Programmi regionali di previsione e prevenzione, che interventi urgenti anche di natura tecnica, così come previsto dall'articolo 108 del decreto legislativo n. 112/1998;

le diverse fasi della gestione dell'emergenza, in attuazione dei Piani d'emergenza regionali, provinciali e comunali, redatti sulla base di indirizzi regionali, relativi anche all'organizzazione funzionale degli stessi interventi urgenti.

I Programmi regionali di previsione e prevenzione, oltre a recepire le funzioni, i compiti e l'organizzazione delle fasi di previsione, monitoraggio e sorveglianza, devono altresì promuovere l'organizzazione funzionale ed operativa del servizio di piena e di pronto intervento idraulico, di cui al Rd n. 523/1904 e al Rd n. 2669/1937 e successive modifiche ed integrazioni, nell'ambito dei presidi territoriali, così come stabilito dal presente atto.

Tuttavia, qualora tale organizzazione sia stata già in tal senso predisposta ed adottata dalle Regioni, essa dovrà essere recepita nei Programmi regionali di previsione e prevenzione e adeguatamente armonizzata con l'organizzazione dei presidi territoriali stessi.

I Piani d'emergenza devono quindi collegarsi organicamente e funzionalmente ai Programmi di previsione e prevenzione, individuando, tra l'altro e se del caso, le procedure per l'azione dei presidi territoriali anche a scala comunale.

Altresì i Piani d'emergenza regionali e/o provinciali devono contemplare o recepire i Piani di emergenza relativi alle dighe, predisposti anche ai sensi della legge 3 agosto 1998, n. 267. Ai fini di assicurare il compiuto ed efficace svolgimento dei compiti e delle funzioni indirizzati e coordinati dal presente atto, l'attività tecnico-operativa del Dipartimento, i Programmi regionali di previsione e prevenzione, nonché i Piani provinciali e comunali di emergenza devono garantire l'unitaria considerazione delle problematiche, degli interventi e delle attività afferenti a ciascun bacino idrografico, così come definito anche ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 183/1989.

Assunto che le Regioni, in quanto titolari, in forma singola o associata, dei poteri di Autorità di bacino agiscano ai sensi del comma 2 dell'articolo 3 della predetta legge, cioè "secondo criteri, metodi e standards, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici, comunque competenti, al fine di garantire omogeneità di condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni", dovrà altresì essere garantito un efficace e proficuo coordinamento tra le attività di protezione civile nel tempo reale e quelle di pianificazione e prevenzione nel tempo differito.

A tal fine si può definire:

— il tempo reale come quel periodo misurabile ancora in mesi, in cui deve svilupparsi e determinarsi l'efficacia dell'azione urgente e generalmente non permanente di protezione civile. Tale periodo comprende: i) la previsione del manifestarsi di un evento, ancorché complesso, sia esso di origine naturale e/o antropica, ii) il contrasto ed il contenimento dei conseguenti effetti soprattutto sulla popolazione ed i suoi beni, iii) la gestione, quando del caso, dello stato di emergenza, iv) il ripristino delle condizioni di vita preesistenti all'evento stesso, perseguendo anche, ove possibile e attraverso opportuni interventi, la riduzione della pericolosità;

— il tempo differito come quel periodo misurabile non più in mesi, ma in anni, decenni e secoli, in cui le azioni di studio e previsione, nonché di pianificazione, programmazione e realizzazione di interventi, sono volte a garantire condizioni permanenti ed omogenee sia di salvaguardia della vita umana e dei beni, che di tutela ed uso sostenibile delle risorse ambientali.

 

2. Zone d'allerta, soglie, livelli di criticità e livelli d'allerta.

Ai fini delle attività di previsione e prevenzione, le Regioni, anche cooperando tra loro e d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, suddividono e/o aggregano i bacini idrografici di propria competenza, o parti di essi, in ambiti territoriali significativamente omogenei per l'atteso manifestarsi nel tempo reale della tipologia e della severità degli eventi meteoidrologici intensi e dei relativi effetti.

Tali ambiti territoriali sono denominati Zone di allerta. Le zone di allerta sono quindi identificate e delimitate tenendo in considerazione:

— le possibili tipologie di rischio presenti;

— il naturale evolversi nello spazio e nel tempo degli eventi e dei relativi effetti;

— le relazioni ed i vincoli geologici, idrologici, idraulici, infrastrutturali, amministrativi e socio-ambientali tra i diversi ambiti territoriali e tra i diversi bacini;

— le indicazioni e risultanze presenti nei piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 180/1998;

— la più generale pianificazione nazionale, regionale e provinciale in materia.

In ogni zona e per ciascuna tipologia di rischio le Regioni devono identificare adeguate grandezze e relativi valori, quali precursori ed indicatori del probabile manifestarsi di prefigurati scenari d'evento, nonché dei conseguenti effetti sull'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente, qualora non intervenga nessuna azione di contrasto e contenimento, ancorché temporanea e provvisoria, dell'evento stesso.

Tale identificazione deve essere ottenuta sulla base, sia della conoscenza storica del manifestarsi e dell'evolversi nel tempo e sul territorio di eventi significativi e dei relativi effetti, sia di modellazioni, anche speditive, degli eventi e degli effetti ritenuti più probabili.

In generale, la valutazione degli effetti, oltre alla loro estensione e consistenza quantitativa, deve riguardare con crescente priorità ed importanza quelli relativi:

— all'ambiente;

— alle attività;

— agli insediamenti ed ai beni dislocabili e non dislocabili;

— alle infrastrutture ed agli impianti per i trasporti, per i servizi pubblici locali e collettivi, per i servizi sanitari;

— alla salute ed alla vita degli esseri viventi in generale ed umani in particolare;

definendo così una gerarchia degli elementi esposti alla pericolosità dell'evento stesso.

Si definisce rischio, in una data zona, la probabilità che un evento prefigurato, atteso e/o in atto, nonostante le azioni di contrasto, determini un certo grado di effetti gerarchicamente e quantitativamente stimati, sugli elementi esposti in tale zona alla pericolosità dell'evento stesso.

Si definisce scenario di rischio, l'evoluzione nello spazio e nel tempo dell'evento e dei suoi effetti, cioè della distribuzione degli esposti stimati e della loro vulnerabilità anche a seguito di azioni di contrasto.

Si definisce quindi scenario d'evento, l'evoluzione nello spazio e nel tempo del solo evento prefigurato, atteso e/o in atto, pur nella sua completezza e complessità.

Le Regioni, anche cooperando tra loro e d'intesa con il Dipartimento, stabiliscono un insieme di valori degli indicatori che, singolarmente o concorrendo tra loro, definiscono, per ogni tipologia di rischio, un sistema di soglie articolato almeno sui due livelli di moderata ed elevata criticità, oltre che un livello base di situazione ordinaria, in cui le criticità possibili sono ritenute comunemente ed usualmente accettabili dalle popolazioni.

Poiché lo scenario d'evento previsto, monitorato e sorvegliato nel tempo reale potrebbe manifestarsi in modo ben differente da quanto descritto dal relativo prefigurato scenario d'evento, i valori assunti nel sistema di soglie, nonché i relativi livelli di criticità, devono precauzionalmente ed adeguatamente includere una quota di "non conoscenza", cioè di incertezza nella valutazione dei prefigurati scenari di rischio, da associare alle stime fatte in tale ambito valutativo.

Sarà cura delle Regioni far sì che al raggiungimento e/o superamento di tali soglie, ancorché semplicemente previsto, siano pianificati e fatti corrispondere i livelli di allerta del sistema della protezione civile preposti:

— prima del manifestarsi dell'evento temuto, alle fasi di attivazione dei sistemi di contrasto preventivo degli eventi e dei conseguenti effetti, nonché di preparazione all'emergenza;

— durante e dopo il manifestarsi dell'evento, alla fase di governo e superamento dell'emergenza.

La relazione tra i livelli di criticità e i livelli di allerta, le azioni di protezione civile da attivare progressivamente nell'ambito di tali livelli di allerta al crescere della criticità, le funzioni di supporto ed i soggetti responsabili di tali funzioni, devono essere dalle Regioni univocamente stabiliti, funzionalmente rappresentati e comunicati al Dipartimento della protezione civile.

L'adozione e la dichiarazione dei diversi livelli di allerta del sistema della protezione civile da parte delle Regioni sulla base dei raggiunti livelli di criticità, e quindi di attivazione delle diverse fasi dei Piani provinciali e comunali di emergenza, compete al Presidente della Giunta regionale o a soggetto da lui a tal fine delegato sulla base della legislazione regionale in materia.

La valutazione dei livelli di criticità, attesi o in atto, in rapporto ai predefiniti scenari di evento compete al Centro Funzionale.

A tali fini è definito un Avviso di criticità, in cui è esposta una generale valutazione della criticità degli effetti. Tale valutazione è fondata, sia sul raggiungimento da parte dei valori assunti nel tempo reale dagli indicatori dello scenario d'evento atteso delle soglie relative al livello di criticità minimo, sia sulla percentuale di avvicinamento tendenziale di tali indicatori alle soglie definite per il livello di criticità successivo.

L' adozione dell' Avviso è di competenza del Presidente della Giunta regionale o dal soggetto da lui a tal fine delegato sulla base della legislazione regionale in materia.

L'evoluzione nello spazio e nel tempo della criticità, cioè dello scenario di criticità, è valutata in successivi aggiornamenti esposti in un Avviso, oppure in bollettini, secondo quanto a tal fine e preventivamente stabilito dalle Regioni.

Gli scenari di moderata ed elevata criticità, nonché quello di ordinaria criticità, a cui può corrispondere uno stato di generica attenzione da parte dei Centri Funzionali interessati, devono essere riferiti almeno alle 24 ore successive all'emissione dell'Avviso di criticità.

A prescindere dalla definizione sia dei livelli di criticità che della relazione tra questi ed i livelli d'allerta e permanendo comunque nella responsabilità del Presidente della Giunta regionale o del soggetto da questi delegato, la dichiarazione dei livelli di allerta e l'attivazione dei piani di emergenza, qualora richiesto e concordato con la Regione, oppure imposto da giustificati motivi, la responsabilità relativa alla valutazione e dichiarazione dei livelli di criticità raggiungibili e/o raggiunti sul territorio regionale può essere assunta dal Dipartimento della protezione civile.

 

3. Compiti, funzioni ed organizzazione della rete dei Centri Funzionali per le finalità di protezione civile e dei Centri di Competenza.

L'architettura di base del sistema dei Centri Funzionali Compito della rete dei Centri Funzionali è quello di far confluire, concentrare ed integrare tra loro:

— i dati qualitativi e quantitativi rilevati dalle reti meteoidro-pluviometriche, dalla rete radarmeteorologica nazionale, dalle diverse piattaforme satellitari disponibili per l'osservazione della terra;

— i dati territoriali idrologici, geologici, geomorfologici e quelli derivanti dai sistemi di monitoraggio delle frane;

— le modellazioni meteorologiche, idrologiche, idrogeologiche ed idrauliche.

La finalità di tale compito è di fornire un servizio continuativo per tutti i giorni dell'anno e, se del caso, su tutto l'arco delle 24 ore giornaliere che sia di supporto alle decisioni delle autorità competenti per le allerte e per la gestione dell'emergenza, nonché assolva alle necessità operative dei sistemi di protezione civile.

La Regione garantirà il raccordo tra il Centro Funzionale e le sale operative regionali e/o provinciali, nonché con ogni altra struttura preposta alla sintesi di tutte le informazioni necessarie all'attività decisionale ed operativa ai fini di protezione civile, dandone successiva informazione al Dipartimento.

Ai fini delle funzioni e dei compiti valutativi e decisionali, nonché delle conseguenti assunzioni di responsabilità, la rete dei Centri Funzionali è costituita dai Centri Funzionali regionali, o decentrati, e da un Centro Funzionale statale, o centrale, presso il Dipartimento della protezione civile.

La rete dei Centri Funzionali opera secondo criteri, metodi, standard e procedure comuni ed è componente del Servizio nazionale della protezione civile.

Il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento della protezione civile è organizzato come i Centri Funzionali decentrati ed assolve, tra l'altro, ai compiti ed alle funzioni di:

— indirizzo e coordinamento generale della rete dei Centri Funzionali; su esplicita richiesta delle Regioni stesse e/o per giustificati motivi, il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento potrà sostituire nei compiti e nelle funzioni uno o più Centri Funzionali decentrati;

— generale sorveglianza idropluviometrica e radarmeteorologica, anche di singoli territori regionali, provinciali e comunali, affiancando i Centri Funzionali decentrati o se del caso in loro sostituzione;

— predisposizione per tutta la rete dei Centri Funzionali della mosaicatura delle informazioni prodotte dagli impianti radar meteorologici esistenti sul territorio nazionale;

— mantenimento di rapporti operativi con il Registro italiano dighe e con il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare, oltre che con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, nonché con gli organi internazionali competenti in materia;

— promozione di studi e ricerche, nonché dello sviluppo di prodotti per l'ottimale funzionamento della rete dei Centri Funzionali e per far progredire complessivamente le capacità di previsione e prevenzione del sistema della protezione civile nel tempo reale.

Ciascun Centro Funzionale decentrato è un sistema generalmente organizzato in tre grandi aree, a cui possono concorrere per lo svolgimento delle diverse funzioni, unitariamente dirette e coordinate a tal fine, altre strutture regionali e/o Centri di Competenza.

La prima area è dedicata alla raccolta, concentrazione, elaborazione, archiviazione e validazione dei dati rilevati nel territorio di competenza che dovranno quindi essere trasmessi al Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento, nonché, qualora ciò sia previsto da intese o accordi tra Amministrazioni diverse, alla raccolta di dati provenienti da altre reti di rilevamento e sorveglianza dei parametri meteo-pluvio-idrometrici.

La seconda area è dedicata all'interpretazione nonché all'utilizzo integrato dei dati rilevati e delle informazioni prodotte dai modelli previsionali relativi al dominio territoriale di competenza di ciascun Centro Funzionale decentrato, nonché a fornire pieno supporto alle decisioni delle Autorità di protezione civile competenti per gli allertamenti.

La terza area è dedicata alla gestione del sistema di scambio informativo che garantisce il funzionamento dei sistemi di comunicazione, cura l'interscambio dei dati, anche in forma grafica e della messaggistica tra i Centri Funzionali anche ai fini dell'esercizio dei compiti nazionali, di cui all'articolo 2 della legge n. 183/1989 ed all'articolo 88 del decreto legislativo n. 112/1998 ed è la sede di connessione tra i Centri Funzionali ed i Centri di Competenza laddove esistenti.

Il servizio svolto dalla rete dei Centri Funzionali nel tempo reale assume in sé, sia la fase di previsione che la fase di monitoraggio e sorveglianza.

La fase di previsione è articolata in tre funzioni. La prima è relativa alla assimilazione dei dati osservati e/o all'elaborazione della previsione circa la natura e l'intensità degli eventi meteorologici attesi.

La seconda è relativa alla previsione degli effetti che il manifestarsi di tali eventi dovrebbe determinare sul dominio territoriale attribuito a ciascun Centro Funzionale.

La terza è relativa alla valutazione del livello di criticità complessivamente atteso nelle zone d'allerta, ottenuto anche confrontando le previsioni elaborate con i valori delle soglie adottate.

Mentre la prima funzione può essere assolta anche con il concorso di Centri di Competenza, la seconda e la terza funzione devono essere assolte in via prioritaria da ogni Centro Funzionale, presso cui devono comunque risiedere le necessarie competenze e le specifiche attività tecniche di supporto alle decisioni.

La fase di monitoraggio e sorveglianza ha lo scopo, tramite la trasmissione, la raccolta e la concentrazione nei Centri Funzionali dei dati rilevati per le diverse finalità dalle diverse tipologie di sensori, nonché tramite le notizie non strumentali reperite localmente, di rendere disponibili informazioni che consentano sia di formulare e/o di confermare gli scenari previsti che di aggiornarli a seguito dell'evoluzione dell'evento in atto.

Tale attività di reperimento locale di informazioni anche non strumentali dovrà essere contemplata tra i compiti principali da attribuire ai presidi territoriali di cui ai punti successivi.

Tale fase è articolata in quattro funzioni:

la prima è relativa alla composizione e rappresentazione di dati meteo-climatici rilevati sia da piattaforme satellitari, radiosonde e sonde aerostatiche, che da stazioni strumentali e reti a terra;

la seconda è relativa alla composizione e rappresentazione di dati idropluviometrici;

la terza è relativa alla previsione a brevissimo termine sia dell'evoluzione dell'evento che dei relativi effetti attraverso il now casting meteorologico, cioè l'uso di modelli meteorologici ad area limitata inizializzati sulla base delle informazioni radar meteorologiche e pluvioidrometriche raccolte in tempo reale, e quindi di modelli idrologici-idraulici-idrogeologici, oppure attraverso il solo uso dei modelli idrologici— idraulici-idrogeologici inizializzati dalle misure pluvioidrometriche raccolte in tempo reale;

la quarta è relativa alla verifica del livello di criticità in essere e previsto, attraverso il confronto delle misure rilevate con le soglie adottate e/o con eventuali notizie fornite da osservatori locali debitamente istruiti.

Mentre la prima, la seconda e la terza funzione possono essere assolte anche con il concorso di Centri di Competenza, la quarta funzione deve essere assolta esclusivamente da ciascun Centro Funzionale, presso cui devono risiedere le necessarie competenze e le specifiche attività tecniche di supporto alle decisioni, nonché tutte le altre informazioni provenienti dal territorio.

Il servizio svolto dalla rete dei Centri Funzionali comprende, altresì, sia la gestione della rete stessa e il continuo controllo della sua corretta operatività tanto nel tempo reale quanto nel tempo differito che una attività di progettazione e realizzazione degli adeguamenti e degli ampliamenti necessari, nonché la permanente attività di studio, definizione ed aggiornamento delle zone, delle soglie di allerta e dei relativi scenari.

Il Dipartimento della protezione civile e le Regioni garantiscono, anche attraverso soggetti esterni e secondo programmi comuni e concordati, la formazione continua e permanente del personale tecnico ed amministrativo coinvolto nel sistema di allertamento, necessaria a garantire l'efficacia e l'efficienza del servizio prestato.

Disposizioni operative

Il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento è operativo per tutti i giorni dell'anno su un arco delle 12 ore e garantisce sussidiarietà operativa e funzionale nel caso in cui uno o più Centri Funzionali siano nella giustificata impossibilità di effettuare il servizio.

I Centri Funzionali devono essere operativi, in caso di necessità, su tutto l'arco delle 24 ore, secondo le proprie procedure. Nel caso di eventuale mancanza, ritardo o temporanea sospensione nella fornitura del servizio determinata da cause tecniche di forza maggiore o dalle necessità di assolvere prioritariamente ad esigenze, anche riconnesse a compiti d'Istituto, la Regione ne darà immediata e laddove possibile preventiva comunicazione al Dipartimento della protezione civile, il cui Centro Funzionale sostituirà il Centro Funzionale decentrato, per quanto possibile e d'intesa con la Regione stessa.

Ogni Centro Funzionale decentrato è altresì impegnato a comunicare al Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento, ogni sistematico mal funzionamento di parti del servizio e/o del sistema, ovvero eventuali modifiche ad essi apportate.

Le Regioni accentrano presso il proprio Centro Funzionale i dati rilevati dalle reti di monitoraggio ricadenti nel proprio territorio, comprese quelle ad esse trasferite ai sensi del Dpcm 24 luglio 2002 o gestite da altri soggetti.

I Centri Funzionali decentrati trasferiscono al Centro di Competenza nazionale, sito presso l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, i dati meteoidro— pluviometrici della rete nazionale integrata di cui all'articolo 9, comma 1 lettera b), del Dpcm 24 luglio 2002.

I Centri Funzionali decentrati trasferiscono "in prima istanza" al Centro Funzionale sito presso il Dipartimento della protezione civile, almeno i dati meteo-idro-pluviometrici della rete nazionale integrata di cui all'articolo 9, comma 1, lettera b), del Dpcm 24 luglio 2002. In seguito il Dipartimento concerterà con le Regioni le ulteriori modifiche, potenziamenti ed ampliamenti che si rendessero necessari affinché, sulla base di tale rete nazionale integrata, si definisca una rete fiduciaria nazionale per le finalità di protezione civile che tenga conto, operando con criteri di efficacia ed efficienza, delle specifiche necessità anche di monitoraggio e sorveglianza in tempo reale delle aree a rischio.

Il Dipartimento della protezione civile e le Regioni stabiliscono d'intesa criteri, metodi e standard di raccolta, acquisizione, elaborazione e consultazione dei dati d'interesse per la fase di monitoraggio e sorveglianza svolta dai Centri Funzionali per le finalità di protezione civile.

Tali standard devono essere tali da garantire al Dipartimento della protezione civile le funzionalità minime necessarie per svolgere, se richiesto, le funzioni di supporto e sussidiarietà.

A tal fine devono essere posti in essere tutti i provvedimenti necessari per assicurare la funzionalità del sistema, soprattutto in condizioni ambientali avverse, prevedendo sistemi di ridondanza dei vettori trasmissivi e degli elementi nodali delle reti di telemisura, nonché la continuità operativa degli impianti anche in caso di interruzione dell'alimentazione elettrica di rete per un periodo di almeno 12 ore.

Tale sistema deve altresì essere in grado di consentire al Dipartimento l'acquisizione dei dati meteo-pluvioidrometrici misurati per le finalità del tempo reale con un ritardo massimo definito dal Dipartimento d'intesa con le Regioni.

Per garantire la continuità e funzionalità del sistema ai fini di protezione civile, le Regioni ed il Dipartimento della protezione civile individuano le apparecchiature e le parti delle reti di rilevamento, esistenti o in corso di realizzazione o di trasferimento, di interesse per la fase di monitoraggio e sorveglianza svolta dai Centri Funzionali e concorrono alla loro manutenzione, al loro ampliamento ed adeguamento nel tempo, facendo ricorso al fondo nazionale di protezione civile nelle modalità da stabilirsi caso per caso e comunque con criteri di uniformità.

Il Dipartimento e le Regioni garantiscono reciprocamente la continua disponibilità:

— del flusso dei dati meteo-pluvioidrometrici, satellitari e radarmeteorologici, nonché di previsione degli eventi e dei relativi effetti, attraverso il sistema di scambio informativo dei Centri Funzionali;

— delle informazioni e segnalazioni di natura non strumentale, né modellistica, provenienti direttamente dal territorio e/o comunicate, attraverso i diversi Centri Operativi, anche dai presidi territoriali.

Ciascuna Amministrazione coinvolta nel sistema di scambio informativo dei Centri Funzionali non può utilizzare i dati resi disponibili da altri per finalità diverse da quelle istituzionali e non può diffonderli a terzi senza preventiva autorizzazione da parte dell'Amministrazione proprietaria.

Nel caso in cui tali finalità non siano riconducibili ai compiti ed alle funzioni proprie del sistema della protezione civile, dovranno comunque essere rese note e preventivamente concordate con il Dipartimento stesso.

Centri di Competenza

Sono definiti Centri di Competenza, quei soggetti che forniscono servizi, informazioni, dati, elaborazioni e contributi tecnico-scientifici in ambiti specifici. Essi possono coincidere con i Centri Funzionali stessi, oppure essere rappresentati da soggetti, pubblici e privati, esterni alla rete dei Centri Funzionali, ma ad essa connessi, organizzativamente ed amministrativamente, attraverso la stipula di convenzioni.

Qualora si tratti di soggetti fornitori di servizi la convenzione di affidamento deve essere accompagnata da uno specifico disciplinare tecnico.

Sono Centri di Competenza nazionale:

— l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici;

— il Servizio Meteorologico dell' Aeronautica Militare per il tramite del proprio CNMCA di Pratica di Mare.

Con provvedimento del Capo Dipartimento verranno individuati altri Centri di Competenza, anche su proposta delle Regioni.

Il Centro di Competenza nazionale presso l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, avrà la stessa architettura di un Centro Funzionale ed assolverà, in stretto rapporto con il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento della protezione civile, ai compiti ed alle funzioni convenute con il Dipartimento come dettato dal comma 2 dell'articolo 4 dell'OPCM n. 3260/02 ai sensi del comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 343/01, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 401/01.

Tra tali compiti e funzioni, prioritariamente riguardanti il rischio idrogeologico ed idraulico nell'ambito del tempo differito, ai fini della protezione civile è contemplato lo svolgimento:

— di analisi degli eventi idrogeologici, idraulici e costieri utili per la definizione e l'aggiornamento sia delle Zone di allerta e delle relative soglie di criticità che del rischio residuo persistente, in particolare nell'ambito di fenomeni gravitativi di versante;

— di analisi e ricostruzione delle serie storiche pluvioidrometriche, se non altrimenti provveduto dai Centri Funzionali decentrati, utili per la definizione e l'aggiornamento delle Zone di allerta e le relative soglie di criticità;

— del monitoraggio e dell'analisi, anche nel breve periodo, di eventi e/o evoluzioni di grandezze climatologiche ed ambientali, nonché dello stato del mare, utili anche alla modellistica previsionale nel tempo reale di eventi marittimi e costieri a scala locale;

— della sorveglianza del buon funzionamento delle reti fiduciarie pluvioidrometriche, ondametriche e mareali, anche per il tempo reale, secondo gli indirizzi e gli standard stabiliti dal Dipartimento della protezione civile d'intesa con le Regioni.

Sarà cura dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici informare, per quanto di competenza, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sull'evolversi degli eventi in atto.

Il Centro di Competenza nazionale presso il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare garantirà i rapporti con i diversi centri europei in materia e sarà responsabile, in particolare:

— della disponibilità e della distribuzione, anche nell'ambito della rete dei Centri Funzionali, dei prodotti del Centro europeo di previsioni meteorologiche a medio termine e di EUMETSAT;

— di promuovere, favorire e sostenere, di concerto con il Dipartimento della protezione civile e le Regioni interessate, anche attraverso i Centri di Competenza, lo sviluppo di nuovi metodi di analisi meteorologica e meteoclimatica, nonché di applicazioni nell'ambito della modellistica ad area limitata, nell'assimilazione dei dati, anche satellitari, e nella mosaicatura meteoradaristica di interesse per le attività di protezione civile.

I rapporti tra la rete dei Centri Funzionali ed il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare, saranno regolati e garantiti dalle convenzioni stipulate dal Dipartimento della protezione civile con il Servizio stesso.

Nell'ambito di tali convenzioni, tra l'altro, il Dipartimento dovrà, d'intesa con le Regioni, promuovere la definizione e stabilire le modalità di:

— erogazione al Dipartimento ed alle singole Regioni dei risultati di modellazione degli eventi meteorologici a scala sinottica e, se del caso, a scala locale per fini istituzionali, sia in forma numerica che grafica, nonché delle informazioni e dei dati ottenuti attraverso il Global Telecomunication System, il World Weather Watch ed i servizi satellitari;

— partecipazione ai costi sostenuti dal Servizio Meteorologico dell' Aeronautica Militare e/o da altro Centro di competenza per nome e per conto del Servizio stesso nello svolgimento delle attività di interesse istituzionale del Dipartimento della protezione civile e delle Regioni;

— accesso del Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare ai dati pluvioidrometrici rilevati dalle reti fiduciarie delle Regioni;

— partecipazione alle attività per la mosaicatura nazionale delle informazioni ottenute sia dagli impianti radar meteorologici già operativi che da quelli che saranno predisposti nell'ambito del progetto della copertura radarmeteorologica del territorio nazionale e/o adeguati a tal fine;

— condivisione ed interscambio, attraverso il Dipartimento, delle informazioni anche non trattate ottenute dai singoli impianti sia militari che civili, anche ai fini dello sviluppo di prodotti innovativi;

— partecipazione del Dipartimento della protezione civile, di Centri Funzionali e di Centri di Competenza alle attività promosse e/o sostenute dal Servizio presso l'Unione Europea quale rappresentante nazionale in materia ed, in particolare, la condivisione dei risultati di tali attività nell'ambito della rete dei Centri Funzionali.

 

4. Previsioni meteorologiche, Avvisi e Bollettini

Considerato che:

— la modellazione a scala sinottica degli eventi meteorologici interessa contemporaneamente ed unitariamente tutta la rete dei Centri Funzionali e rappresenta condizione irrinunciabile per la modellazione ad area limitata, in particolare a scala regionale e provinciale, di tali eventi;

— le previsioni meteorologiche numeriche e gli Avvisi meteo rappresentano, rispettivamente, il primo passo verso la predisposizione della previsione deterministica degli effetti al suolo ed una prima manifesta affermazione della loro possibile criticità;

— la funzione relativa alla previsione della natura e dell'intensità degli eventi meteorologici ai fini della protezione civile, può essere assicurata alla rete dei Centri Funzionali anche da Centri di Competenza quali, tra gli altri:

a) le aree di previsione meteorologica dei Centri Funzionali, i servizi meteorologici ed agrometeorologici regionali con qualificate competenze, nonché dimostrata esperienza ed adeguate capacità operative;

b) la Veglia Meteo del Dipartimento della protezione civile;

c) il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare;

— sono mantenute allo Stato ai sensi dell'articolo 107 del decreto legislativo n. 112/98, sia le funzioni e i compiti di rilievo nazionale relativi i) agli indirizzi per la predisposizione e l'attuazione dei Programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie ipotesi di rischio, la cui realizzazione comunque compete alle Regioni, ii) all'indirizzo, promozione e coordinamento delle attività delle Amministrazioni statali, centrali e periferiche, delle Regioni, delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale in materia di protezione civile; è costituito presso il Dipartimento della protezione civile, Ufficio pianificazione, valutazione e prevenzione dei rischi, che ne assume il coordinamento, un Gruppo Tecnico composto da un rappresentante della Veglia Meteo del Dipartimento della protezione civile, da un rappresentante del Servizio Meteorologico dell' Aeronautica Militare e da un rappresentante per ciascuna delle Regioni i cui servizi meteorologici, o aree di previsione meteorologica dei rispettivi Centri Funzionali, siano stati selezionati dal Dipartimento della protezione civile, anche in base a criteri predisposti di concerto con il Servizio Meteorologico dell' Aeronautica Militare, in ragione dei livelli di competenza, esperienza, capacità operative e strumentali espresse.

Le previsioni meteorologiche a scala sinottica ai fini della protezione civile

Il Gruppo Tecnico predispone e comunica formalmente al Capo Dipartimento delle protezione civile entro le ore 12:00 di ogni giorno, effettuate le necessarie verifiche con i rispettivi servizi e sentiti, se del caso, i Centri Funzionali ai quali sia stata riconosciuta la possibilità di emettere Avvisi, come meglio specificato al punto successivo, le previsioni meteorologiche a scala sinottica ai fini della protezione civile per le successive 24, 48 e 72 ore.

A tal fine, il Gruppo Tecnico adotta ogni strumento utile alla valutazione e collaborazione in tempo reale con i propri servizi, comprese la teleconferenza e la firma elettronica.

Il Dipartimento della protezione civile renderà disponibili gli spazi ed i mezzi a tal fine necessari.

Tali previsioni, rappresentate in forma numerica da modelli adeguatamente commentati almeno a scala regionale o in forma descrittiva e grafica, sono predisposte al fine di consentire:

— ai singoli servizi meteorologici o alle aree di previsione meteorologica dei Centri Funzionali decentrati di produrre ed interpretare efficacemente le proprie previsioni ad area limitata e quindi ai Centri Funzionali decentrati di procedere alla modellazione dei diversi effetti al suolo;

— al Dipartimento di emettere, quotidianamente, successivamente o contestualmente alla adozione delle previsioni meteorologiche a scala sinottica, un Bollettino di vigilanza meteorologica giornaliera nazionale ai fini di protezione civile, di seguito Bollettino di vigilanza meteo;

— al Dipartimento, per le Regioni dove non sia operativo il Centro Funzionale, nonché alle restanti Regioni, di emettere, successivamente, se del caso e secondo proprie procedure, Avvisi di avverse condizioni meteorologiche sempre ai fini della sola protezione civile, di seguito Avvisi meteo.

Il Dipartimento della protezione civile rende disponibili, a partire dalle ore 12:00 di ogni giorno, le previsioni meteorologiche a scala sinottica adottate dal Capo Dipartimento, che ne assume la responsabilità, alle Regioni ed ai diversi Uffici del Dipartimento stesso per l'espletamento dei conseguenti compiti e funzioni di previsione e prevenzione.

Gli Avvisi meteo nazionali e regionali

Le Regioni presso le quali, oltre ad essere stata preventivamente riconosciuta e concordata dal Dipartimento della protezione civile l'esistenza delle necessarie competenze, esperienze, capacità operative e strumentali nell'ambito delle previsioni meteorologiche, sia operativo anche il Centro Funzionale decentrato, sulla base delle previsioni meteorologiche a scala sinottica predisposte dal Gruppo Tecnico ed adottate dal Dipartimento, emetteranno Avvisi meteo regionali.

Tali Avvisi meteo avranno efficacia, a meno di specifici accordi tra le Regioni limitrofe, solo sul territorio regionale in cui ha sede il Centro Funzionale decentrato e verranno trasmessi dalle Regioni agli Uffici territoriali di Governo, alle Province ed ai Comuni interessati secondo proprie procedure, nonché al Dipartimento della protezione civile.

Nel caso di più Avvisi meteo regionali e/o di eventi stimati dal Dipartimento della protezione civile di riconosciuta rilevanza a scala sovra regionale, il Dipartimento stesso provvederà ad emettere un Avviso meteo nazionale, costituito dall'integrazione degli Avvisi meteo regionali pervenuti e dalle valutazioni effettuate dal Dipartimento stesso relativamente alle Regioni presso le quali il Centro Funzionale decentrato non sia ancora stato attivato, oppure sia di fatto o sia stato dichiarato dal Presidente della Giunta regionale non operativo.

L'Avviso meteo nazionale è predisposto nell'ambito dell'Ufficio pianificazione valutazione e prevenzione dei rischi dalla Veglia Meteo di concerto con il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento che, a tal fine, procederà ad una ricognizione e, se del caso, ad un'analisi speditiva su tutto il territorio nazionale della possibile criticità degli effetti indotti dall'intensità e dalla persistenza degli eventi meteorologici, idrogeologici ed idraulici attesi anche a scala regionale.

L'Avviso meteo nazionale contiene indicazioni circa il suo periodo di validità e le Regioni interessate. Tali indicazioni saranno, altresì, accompagnate da una breve sintesi della situazione meteorologica in atto e prevista dal Gruppo Tecnico, da una descrizione sintetica del tipo di evento atteso, da una valutazione del suo tempo di avvento e della durata della sua evoluzione spazio-temporale, nonché da una valutazione solo verbale delle grandezze meteoidrologiche attese.

Il Dipartimento della protezione civile renderà tempestivamente disponibile l'Avviso meteo nazionale adottato dal Capo Dipartimento, che ne assume la responsabilità per le Regioni in cui non sia operativo il Centro Funzionale decentrato, notificandolo:

— alle Regioni;

— agli Uffici territoriali di Governo interessati dalle probabili criticità affinché, se richiesto e se del caso, si rendano tempestivamente disponibili, anche alle sole azioni di informazione e prevenzione, decise e poste in essere dalle Regioni stesse e/o dal Dipartimento;

— al Ministero dell'interno, al Ministero per le politiche agricole e forestali, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

Le Regioni interessate dall'Avviso nazionale, alle quali non sia stata preventivamente riconosciuta la capacità di emettere Avvisi meteo regionali, oppure nelle quali il Centro funzionale decentrato non sia operativo, provvederanno, nei modi ritenuti più opportuni ed adeguati, a trasmettere tale Avviso alle Province ed ai Comuni, nonché a prendere contatto con gli Uffici territoriali di Governo interessati, ai fini di indirizzare e predisporre le attività di coordinamento e le iniziative ritenute necessarie.

L'effetto di un Avviso meteo nazionale è quello di far conoscere e condividere con tutte le Regioni una prima speditiva valutazione previsionale del possibile manifestarsi di criticità almeno a scala regionale, nonché di suggerire a ciascuna delle Regioni interessate da tali criticità ed il cui Centro Funzionale decentrato non sia operativo:

— di richiedere il supporto del Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento, sia per valutare i livelli di criticità nelle zone di allertamento che per svolgere, se del caso, le attività di monitoraggio e sorveglianza degli eventi e dei conseguenti effetti sul territorio regionale;

— di attivare il Centro Funzionale decentrato e, se del caso, gli uffici e le strutture regionali di protezione civile secondo le procedure adottate autonomamente dalla Regione stessa.

L'effetto di un Avviso meteo regionale, è quello di attivare presso il Centro Funzionale decentrato le attività di presidio e sorveglianza, secondo le procedure adottate autonomamente dalla Regione stessa.

I Centri Funzionali interessati dall'Avviso meteo si attiveranno per estendere, secondo i propri disciplinari, il servizio a tutto l'arco delle 24 ore e, per le 48 ore successive o, comunque, sino a quando i) autonomamente non valutino cessate le condizioni di rischio, oppure ii) non sia stato dichiarato dall'Autorità di protezione civile competente il superamento della fase emergenziale in atto.

L'effetto di tali Avvisi meteo sia regionali che nazionali è comunque quello di attivare il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento della protezione civile e di avviarne le attività di presidio e sorveglianza.

Gli Avvisi di criticità nazionali e regionali

Nelle Regioni in cui sia operativo il Centro Funzionale decentrato, all'emissione di un Avviso meteo regionale, lo stesso Centro Funzionale:

— valuta gli scenari di rischio probabili e, anche sulla base della classificazione del territorio regionale in zone di allerta e delle relative soglie, si esprime sui livelli di criticità raggiungibili in ciascuna di esse, rispetto alle diverse tipologie di rischio;

— dichiara le proprie valutazioni in un Avviso di criticità idrogeologica ed idraulica regionale, in seguito Avviso di criticità regionale, in cui riporta per ciascuna zona d'allerta il tipo di rischio, il livello di criticità, nonché, se possibile, le previsioni sintetiche relative ad alcuni indicatori di criticità e lo scenario d'evento atteso per le successive 24 ore;

— assunto lo stato di attenzione, ancorché relativo ad uno scenario di criticità ordinaria, trasmette l'Avviso di criticità regionale alla Presidenza della Giunta regionale o al soggetto da questi delegato che, dopo averlo adottato, lo dirama agli Uffici territoriali di Governo ed ai soggetti interessati, nonché ai Centri Funzionali decentrati o, in loro assenza, alle Presidenze delle giunte delle Regioni dei bacini idrografici interregionali con cui sono in vigore accordi per la gestione integrata dei bacini idrografici ai sensi dell'Accordo del 24 maggio 2001 ed al Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento, secondo le procedure stabilite dalla Regione stessa.

Tali procedure autonomamente adottate devono altresì contemplare le azioni da porre in atto quando il livello di criticità atteso e/o riconosciuto dal Centro Funzionale stesso sia stimato moderato o elevato. In tal caso dovrà essere:

— rafforzato il servizio secondo adeguati disciplinari;

— predisposta una informativa di maggior dettaglio relativa a ciascuna delle zone a cui è attribuito tale livello di criticità, in cui, se possibile, sarà riportato per ciascuno dei bacini idrografici coinvolti dall'evento, almeno le soglie relative ai livelli di moderata ed elevata criticità ed i livelli attuali raggiunti dagli indicatori.

Nelle Regioni presso le quali non è operativo un Centro Funzionale decentrato, il Dipartimento, acquisita una intesa formale con la Regione, opera in regime di sussidiarietà attraverso il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento e più dettagliatamente secondo quanto di seguito indicato.

In questi casi il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento, d'intesa con la Regione stessa:

— valuta, per quanto è possibile sulla base delle proprie strutture e conoscenze, nonché delle informazioni ottenute anche attraverso altre strutture del Dipartimento stesso, gli scenari d'evento attesi e/o in atto e si esprime sui livelli di criticità relativamente ai diversi tipi di rischio, anche sulla base della suddivisione del territorio regionale in zone di allerta e delle relative soglie stabilite, qualora disponibili;

— dichiara le proprie valutazioni in un Avviso di criticità regionale per la Regione interessata, in cui riporta, se possibile per ciascuna zona di allerta, altrimenti per tutto il territorio regionale, il tipo di rischio, il livello di criticità, nonché, se possibile, le previsioni sintetiche e relative ad alcuni indicatori e lo scenario d'evento atteso per le successive 24 ore;

— trasmette l'Avviso di criticità regionale così predisposto al Presidente della Giunta per l'adozione e l'ufficializzazione dello stesso, nonché al responsabile del Centro Funzionale decentrato;

— il responsabile del Centro Funzionale decentrato dà comunicazione al Dipartimento, se e quando l'Avviso è adottato dal Presidente della Giunta regionale e, se del caso, lo dirama ai soggetti interessati, nonché ai Centri Funzionali decentrati o, in loro assenza, alle Presidenze delle Giunte delle Regioni dei bacini idrografici interregionali con cui sono in vigore accordi per la gestione integrata dei bacini idrografici ai sensi dell' Accordo del 24 maggio 2001, ed al Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento, secondo le procedure stabilite dalla Regione stessa.

Quotidianamente il Dipartimento della protezione civile emetterà entro le ore 16:00 un Avviso di criticità idrogeologica ed idraulica nazionale, in seguito Avviso di criticità nazionale, in cui raccoglierà in forma sintetica:

— il bollettino di vigilanza meteorologica giornaliera nazionale, contenente una sintesi delle previsioni a scala sinottica predisposte dal Gruppo Tecnico ed adottate dal Dipartimento;

— gli Avvisi meteo emessi sia a livello nazionale che regionale;

— gli Avvisi di criticità emessi dalle Regioni in cui è attivo il Centro Funzionale decentrato pervenuti, nonché quelli predisposti dal Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento per le Regioni in cui il Centro Funzionale decentrato non è ancora attivo.

Il Dipartimento della protezione civile renderà tempestivamente disponibile l'Avviso di criticità nazionale:

— alle Regioni;

— al Ministero dell'interno, al Ministero per le politiche agricole e forestali, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

 

5. Misure di previsione e prevenzione non strutturale finalizzate alla riduzione del rischio idrogeologico ed idraulico elevato e molto elevato ai sensi del decreto legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto1998, n. 267, ed al governo delle piene.

Ai fini di una pratica attuazione si delineano le azioni e le procedure di intervento da promuovere nelle aree a rischio elevato (R3) e rischio molto elevato (R4), originato sia da movimenti gravitativi di versante (rischio idrogeologico) che da eventi alluvionali (rischio idraulico) presenti nelle zone di allerta.

Nelle aree a rischio idrogeologico ed idraulico elevato e molto elevato, le Regioni, le Province ed i Comuni, qualora non ancora provveduto in tal senso, dovranno individuare e dettagliare i punti critici del territorio, la popolazione, le infrastrutture e gli insediamenti esposti a tali rischi, nonché promuovere ed organizzare:

— un adeguato sistema di osservazione e di monitoraggio dei movimenti franosi e delle piene, attesi e/o in atto in tali aree ed in particolare nei punti critici già identificati;

— i necessari servizi di contrasto nel tempo reale, cioè di pronto intervento e prevenzione non strutturale. Quanto sopra dovrà essere fatto sulla base:

— delle linee guida e dei programmi regionali di previsione e prevenzione di cui alla legge n. 225/92;

— dei piani di bacino e/o dei piani di bacino stralcio di cui alla legge n. 183/89;

— dei piani di tutela delle acque di cui al decreto legislativo n. 152/99;

— dei piani per l'assetto idrogeologico di cui alla legge n. 267/98; — dei piani territoriali di coordinamento provinciale.

Ai fini di una migliore individuazione, conoscenza e conseguente previsione dei possibili effetti, gli Enti pubblici, le Province ed i Comuni potranno, secondo le direttive e di concerto con la Regione stessa, potenziare il sistema di monitoraggio meteo-pluvioidrometrico afferente al Centro Funzionale decentrato per l'osservazione di eventi localizzati e particolarmente intensi e la migliore definizione delle potenzialità previsionali a breve termine rese disponibili dalla rete radarmeteorologica nazionale.

I livelli di criticità

Per il rischio idrogeologico, i livelli di moderata ed elevata criticità dovranno essere stabiliti, speditivamente, almeno in base al superamento da parte delle precipitazioni, previste e/o strumentalmente osservate, delle corrispondenti soglie pluviometriche, differenziate nelle diverse zone di allerta sulla base di criteri che tengono conto, tra l'altro, del numero di aree a rischio elevato o molto elevato per unità di superficie presenti in ciascuna zona di allerta e dell'estensione di territorio da queste coinvolto relativamente all'estensione della zona d'allerta stessa.

Per quanto riguarda il rischio idraulico, i livelli di moderata e di elevata criticità dovranno essere stabiliti, speditivamente, almeno in base al superamento delle soglie idrometriche relative, rispettivamente, alla piena ordinaria ed alla piena straordinaria da parte dal livello idrico del corso d'acqua, previsto e/o osservato.

Tuttavia la definizione dei livelli di moderata ed elevata criticità per le aree esposte a rischio elevato e molto elevato, è stabilita sulla base degli scenari d'evento che nel tempo reale dovessero manifestarsi a scala locale, anche a seguito di cause diverse, così come descritto e differenziato per il rischio idrogeologico ed il rischio idraulico ai punti successivi.

Scenari d'evento e di criticità idrogeologiche

La difficoltosa prevedibilità dei fenomeni franosi, anche a causa di una non necessariamente immediata consequenzialità temporale tra l'evento meteoidrologico intenso e l'innescarsi del movimento gravitativo di versante, impone di dedicare la massima attenzione sia alle fasi che precedono e accompagnano l'evento, tra le quali è da intendersi la previsione delle situazioni locali oltre a quelle generali di area vasta, sia a quelle che è necessario protrarre anche dopo la fine dell'evento stesso.

Gli scenari di rischio e la loro evoluzione nel tempo reale dovranno quindi, e per quanto possibile, essere formulati anche sulla base di specifiche e dettagliate osservazioni effettuate sul campo, le quali potranno essere opportunamente affidate ed organizzate anche nell'ambito dei piani comunali d'emergenza.

Gli scenari di moderata ed elevata criticità, stabiliti per le zone d'allerta interessate, devono essere localmente confermati o modificati sulla base dell'osservazione anche speditiva di:

— sintomi quali fessure, lesioni, variazioni della superficie topografica connessi a piccoli movimenti franosi diffusi e/o ai maggiori corpi di frane attive e quiescenti;

— evidenze connesse a movimenti franosi già diffusamente innescati e/o in atto.

Tali scenari possono essere determinati, altresì, da altri eventi non dominati dalla piovosità, quali, in presenza d'innevamento consistente e diffuso, dall'innalzamento repentino delle temperature medie anche in presenza di forti venti, con il conseguente e rapido scioglimento degli accumuli nevosi, oppure, da eventi sismici, primari e/o secondari, superiori ad una individuata soglia di magnitudo e tali da manifestare risentimenti anche nelle aree ad elevato e molto elevato rischio idrogeologico.

Il presidio territoriale idrogeologico

Attivata una fase di attenzione e quindi una generale sorveglianza dell'evento da parte del Centro Funzionale decentrato, nel caso in cui la criticità cresca rapidamente verso livelli moderati e/o sia stata dichiarata aperta una fase almeno di pre-allarme da parte dell'Autorità a tal fine competente, si devono avviare le attività di ricognizione e di sopralluogo delle aree esposte a rischio soprattutto molto elevato, attivando il presidio a vista dei potenziali e/o manifesti movimenti franosi.

Nel caso di criticità rapidamente crescente verso livelli elevati e/o sia stata dichiarata aperta una fase di allarme da parte dell'Autorità a tal fine competente, tali attività di presidio territoriale idrogeologico dovranno essere:

i. intensificate, specializzate ed estese anche alle aree esposte e rischio elevato;

ii. mantenute in essere, anche in forma ridotta e nelle sole aree ritenute potenzialmente esposte a maggiore rischio, per le 24 ore successive al dichiarato esaurimento dell'evento meteoidrologico stesso.

A tali attività possono partecipare i Corpi dello Stato ed il Volontariato, organizzati anche su base regionale, provinciale e comunale, gli enti pubblici e privati preposti alla bonifica, alla difesa del suolo e del territorio, nonché alla gestione della viabilità stradale e ferroviaria e, se del caso, dell'energia.

Le Regioni provvederanno ad organizzare un efficace ed efficiente servizio di presidio territoriale idrogeologico individuando i soggetti responsabili del coordinamento e della gestione del servizio stesso.

Scenari d'evento e di criticità idraulica

La prevedibilità dei fenomeni alluvionali è generalmente possibile quando essi siano legati ad eventi di piena che interessano le aste dei principali corsi d'acqua.

Per i corsi d'acqua secondari, quali quelli che sottendono bacini idrografici di dimensioni inferiori ai 400 Kmq, la prevedibilità può al più avvenire in senso statistico e, comunque, la disponibilità di misure idrometriche in tempo reale consente soltanto la validazione dei modelli previsionali ed il monitoraggio e la sorveglianza degli eventi in atto.

Quando gli eventi di piena interessano corsi d'acqua a carattere torrentizio, non arginati, facenti parte del reticolo idrografico secondario e, in particolare, di sub-bacini montani e collinari caratterizzati da tempi di corrivazione molto brevi, da fenomeni di sovralluvionamento che possono significativamente modificare l'evoluzione dell'evento e da più limitata densità delle reti di monitoraggio, la previsione del fenomeno alluvionale è difficoltosa e meno affidabile.

Analogamente, allo stato attuale, non sono prevedibili con sufficiente accuratezza ai fini dell'allertamento, gli eventi pluviometrici intensi di breve durata, che riguardano porzioni di territorio limitate a poche decine di chilometri quadrati e che risultano critici per il reticolo idrografico minore e per le reti fognarie.

In tali casi l'attività del Centro Funzionale si esplica nella fase di monitoraggio e sorveglianza che, con l'ausilio dei radar meteorologici e delle reti pluvioidrometriche e mediante procedure di "now casting" per la previsione dell'evoluzione dell'evento a brevissimo termine, deve cercare di condurre all'immediata localizzazione territoriale e circoscrizione dell'evento in atto.

Ai fini della pianificazione d'emergenza, tra le aree da considerarsi esposte a un rischio idraulico elevato e molto elevato, oltre a quelle perimetrate ai sensi della legge n. 267/1998 e successive modificazioni e suscettibili di inondazione in caso di eventi alluvionali, sono da considerarsi quelle derivabili dal calcolo dell'onda di sommersione conseguente all'ipotetico collasso delle opere di ritenuta o ad una errata manovra delle opere di scarico delle stesse ai sensi delle circolari del Ministero dei Lavori Pubblici, n. 352 del 4 dicembre 1987 e n. 1125 del 28 agosto 1986.

Governo delle piene

Al fine di predisporre, con maggior cura e dettagliatamente, le attività necessarie alla prevenzione ed alla riduzione del rischio idraulico nel caso di eventi di piena, anche in presenza di opere trasversali e di invasi di ritenuta in alveo e di criticità significative lungo i corsi d'acqua, le Regioni, con il concorso, se del caso, del Dipartimento della protezione civile, devono assolvere ad un adeguato governo delle piene, a cui devono concorrere le attività di:

— previsione, monitoraggio e sorveglianza poste in essere attraverso la rete dei Centri Funzionali;

— presidio territoriale idraulico posto in essere attraverso adeguate strutture e/o soggetti regionali e/o provinciali che, se non altrimenti già regolato e predisposto dalle Regioni stesse, inglobano le attività degli attuali servizi di piena e di pronto intervento idraulico e ne estendono l'efficacia a tutti i corsi d'acqua di qualsiasi categoria che presentino criticità tali da originare aree a rischio elevato o molto elevato;

— regolazione dei deflussi, oggi affidate al solo documento di protezione civile di cui alla Circolare DSTN/2/7019 del 19 marzo 1996 e prive di un reale governo organizzato alla luce del nuovo quadro legislativo vigente.

Le Regioni, in forma singola oppure d'intesa tra loro, esercitano le funzioni ed i compiti di Autorità di protezione civile per la gestione delle piene nel caso di eventi che coinvolgano bacini idrografici di interesse rispettivamente regionale, oppure, interregionale e nazionale e che per loro natura ed estensione comportino l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria.

Nel caso di eventi di piena che, per l'intensità e l'estensione anche degli effetti, presentino la possibile necessità di dover essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, alle funzioni ed ai compiti di tale Autorità concorre anche il Dipartimento della protezione civile.

Nel caso di eventi di piena che coinvolgano bacini di interesse interregionale e/o nazionale, il Dipartimento della protezione civile promuove ed indirizza comunque, anche attraverso la rete dei Centri Funzionali, l'interscambio e la condivisione delle informazioni tra tutti i soggetti interessati al governo della piena.

Anche a tal fine, le Regioni interessate, d'intesa tra loro e sentito il Dipartimento della protezione civile, dovranno stabilire tra i Centri Funzionali interessati e per ciascun bacino idrografico, un accordo per la gestione e la condivisione delle informazioni e dei dati, della previsione e della sorveglianza nel tempo reale sia a scala di bacino che a scala regionale e provinciale.

Altresì alle attività dell'Autorità di protezione civile per il governo delle piene concorrono, se del caso, e quale affiancamento tecnico — scientifico, oltre al Centro Funzionale di riferimento:

— l'Autorità di bacino interessata sia per la pianificazione che per la caratterizzazione delle criticità idrauliche e del rischio residuo persistente a scala di bacino;

— il Registro italiano dighe per la sicurezza e la funzionalità delle dighe.

Il presidio territoriale idraulico

Il servizio di piena e di pronto intervento idraulico, disciplinati dal Rd n. 523/1904 e dal Rd n. 2669/1937, per i tronchi fluviali classificati di prima e seconda categoria, è una attività prevalentemente di monitoraggio osservativo e non strumentale nel tempo reale, nonché di contrasto della pericolosità e degli effetti conseguenti al manifestarsi di un evento di piena che potrebbe dare origine ad un evento alluvionale.

Per l'evidente consequenzialità degli effetti che, generandosi a monte si ripercuotono nelle zone vallive, ne consegue che il servizio di piena e di pronto intervento idraulico non può essere limitato ai soli tronchi ove siano presenti opere idrauliche classificate di I e II categoria, ma deve essere esteso a tutte le situazioni di acclarata criticità e possibile pericolosità idraulica presenti nell'ambito dell'intero reticolo idrografico del bacino.

Qualora il servizio di piena e di pronto intervento idraulico, trasferito alle Regioni dal decreto legislativo n. 112/98, non sia stato ancora definito nell'ambito di piani e programmi dalle Autorità di bacino territorialmente competenti, né altrimenti regolato ed organizzato dalle Regioni, dovrà venire predisposto all'interno di una più generale attività di presidio territoriale idraulico, secondo la normativa regionale in materia, sia di protezione civile che di difesa ed uso del suolo e delle acque, nonché secondo le indicazioni del presente atto ed i criteri di massima per la pianificazione d'emergenza già emanati dal Dipartimento della protezione civile.

Complessivamente, il presidio territoriale idraulico, esteso alle aree classificate ad elevato e molto elevato rischio idrogeologico ed idraulico pertinenti il reticolo idrografico, consiste in attività di:

— rilevamento, a scadenze prestabilite, dei livelli idrici del corso d'acqua agli idrometri regolatori, se non altrimenti e funzionalmente organizzato da parte del Centro Funzionale decentrato, al fine di rilevare il livello di criticità dell'evento di piena in atto;

— osservazione e controllo dello stato delle arginature, se presenti, e ricognizione delle aree potenzialmente inondabili, soprattutto nei punti definiti preventivamente "idraulicamente critici", anche al fine di rilevare situazioni di impedimento al libero deflusso delle acque;

— pronto intervento idraulico ai sensi del Rd n. 523/1904 e primi interventi urgenti ai sensi della legge n. 225/1992, tra cui la rimozione degli ostacoli, anche causati da movimenti franosi, smottamenti spondali, accumuli detritici, che possono impedire il rapido defluire delle acque, la salvaguardia delle arginature e la messa in sicurezza delle opere idrauliche danneggiate.

A tali attività è auspicabile partecipino i Corpi dello Stato ed il Volontariato, organizzati anche su base regionale, provinciale e comunale, gli enti pubblici e privati preposti alla bonifica, alla difesa del suolo e del territorio, alla gestione di opere idrauliche e per l'irrigazione e la regolazione delle acque, nonché alla gestione della viabilità.

Il presidio territoriale idraulico è auspicabile sia affidato dalle Regioni interessate a soggetti responsabili del coordinamento e della gestione del servizio stesso in ambiti territoriali provinciali.

Le Regioni, in forma singola o associate tra loro, garantiranno l'organizzazione e lo svolgimento funzionale del presidio territoriale idraulico nel rispetto del criterio di conservazione dell'unitarietà del bacino idrografico.

Attivata una fase di attenzione e quindi una generale sorveglianza dell'evento da parte del Centro Funzionale decentrato, nel caso di criticità rapidamente crescente verso livelli moderati e/o sia stata dichiarata aperta una fase di pre-allarme del sistema della protezione civile da parte dell'Autorità a tal fine competente, il gestore del presidio territoriale idraulico, informato dal Centro Funzionale e definitivamente allertato dall'Autorità a tal fine responsabile, si predispone ad avviare le attività del servizio ed in particolare avvia il rilevamento a scadenze prestabilite dei livelli idrici dei corsi d'acqua già interessati da criticità moderate.

Nel caso lo scenario d'evento evolva verso una elevata criticità e/o sia stata dichiarata aperta una fase di allarme del sistema della protezione civile da parte dell'Autorità a tal fine competente, il soggetto responsabile del presidio territoriale idraulico, informato tempestivamente in tal senso dal Centro Funzionale dovrà:

— intensificare e rafforzare il controllo dell'evolversi dei livelli idrici lungo il corso d'acqua per assicurarsi che un evento intenso nelle zone montane e/o collinari non abbia conseguenze pericolose sui tratti vallivi, sia per sormonto e/o rottura arginale o di infrastrutture trasversali, sia per ostruzione delle luci di ponti a causa dell'eccessivo materiale trasportato;

— attivare il pronto intervento idraulico ed i primi interventi urgenti, qualora, si manifestino dei danneggiamenti delle opere idrauliche di difesa, oppure degli elementi significativi di disturbo della corrente di piena quali frane in alveo ed ostruzioni temporanee.

Qualora gli scenari di criticità siano stabiliti sulla base dei livelli di guardia indicati dagli idrometri regolatori, e, conseguentemente, la sequenza delle specifiche procedure per il servizio di piena e pronto intervento idraulico si attivino al loro raggiungimento, tali "guardie" devono essere preventivamente rese note ai Centri Funzionali e alle Autorità preposte alla formazione dei piani di emergenza provinciali e comunali potenzialmente interessati dall'evento di piena da monte verso valle e, quindi, adeguatamente ed univocamente relazionati sia alle soglie ed ai livelli di criticità utilizzati dai Centri Funzionali che ai livelli d'allerta dei piani d'emergenza stessi.

Ulteriori procedure operative e linee guida per i presidi territoriali

Sia nel caso di presidio territoriale idrogeologico che idraulico, valgono le seguenti procedure operative e linee guida.

I soggetti responsabili del presidio territoriale saranno tempestivamente allertati dalla Regione secondo proprie procedure, che auspicabilmente coinvolgeranno almeno le Autorità responsabili dei piani d'emergenza provinciali e/o comunali.

A tal fine e per le più generali finalità del presidio territoriale, le Regioni predispongono delle linee guida, definendo anche le procedure, le modalità e i contenuti delle comunicazioni tra i soggetti responsabili e coinvolti nell'attivazione dei piani d'emergenza comunali e provinciali ed i soggetti responsabili del presidio territoriale.

Sulla base di tali linee guida il soggetto responsabile del presidio territoriale:

— predispone il servizio, la cui organizzazione funzionale ed operativa dovrà essere resa nota, oltre che alla Regione ed al Centro Funzionale decentrato, al Dipartimento della protezione civile ed all'Autorità di bacino territorialmente competente, nonché essere recepita per quanto di interesse nei piani d'emergenza provinciali e comunali;

— gestisce in piena autonomia tutte le attività del presidio, informandone tuttavia con continuità la stessa Autorità responsabile del suo allertamento ed il Centro Funzionale decentrato;

— garantisce che tutte le osservazioni strumentali e non, provenienti da personale specializzato dei Corpi dello Stato, delle Regioni, degli Enti locali e dal Volontariato, siano trasmesse anche alla Regione ed in particolare al Centro Funzionale decentrato.

Il gestore del presidio territoriale può, per l'espletamento delle proprie attività, richiedere personale ai Comuni ed al Volontariato, rispettivamente, ai sensi dell'articolo 108 del decreto legislativo n. 112/1998 e del decreto del Presidente della Repubblica n. 613/1995.

La regolazione dei deflussi

Al fine di individuare le misure per contrastare gli effetti delle piene in un bacino idrografico nel quale sono presenti invasi artificiali, ancorché destinati alla produzione di energia e/o all'approvvigionamento primario di risorsa idrica, nonché al fine di rendere quanto più compatibili possibile i legittimi interessi dei gestori con le finalità di protezione civile, deve essere organizzata una adeguata attività di regolazione dei deflussi.

L'Autorità responsabile del governo delle piene dovrà assicurare, con il concorso dei Centri Funzionali, delle Autorità di Bacino, del Registro italiano dighe, degli Uffici territoriali di Governo, delle Autorità responsabili dei piani d'emergenza provinciali, dei soggetti responsabili del presidio territoriale ed attraverso i gestori di opere idrauliche, sia di ritenuta che di regolazione, presenti nel bacino idrografico, se possibile, la massima laminazione dell'evento di piena, atteso o in atto, e lo sversamento in alveo di portate non pericolose per i tratti del corso d'acqua a valle delle opere stesse e/o compatibili con i piani d'emergenza delle Province coinvolte dall'evento stesso.

A tal fine deve essere primariamente valutata, attraverso studi specifici, l'influenza che possono esercitare i volumi accumulabili nei suddetti invasi sulla formazione e propagazione dell'onda di piena a valle; in base ai risultati di tali valutazioni ed alle condizioni di esercizio delle singole dighe, devono essere individuati quegli invasi che potrebbero essere effettivamente utili alla laminazione delle piene e quindi ad una riduzione del rischio idraulico a valle degli invasi stessi.

Piano di laminazione

Per tali invasi le Regioni, con il concorso tecnico dei Centri Funzionali decentrati, dell'Autorità di bacino e del Registro italiano dighe, d'intesa con i gestori, sotto il coordinamento del Dipartimento della protezione civile, predisporranno ed adotteranno un piano di laminazione preventivo.

Per diversi e possibili prefigurati scenari d'evento e per ciascuna diga, il piano di laminazione deve prevedere le misure e le procedure da adottare che, pur definite tenendo in buon conto sia la mitigazione degli effetti a valle dell'invaso, sia la sicurezza delle opere, sia l'esigenza di utilizzazione dei volumi invasati, non possono comunque non essere finalizzate alla salvaguardia della incolumità della vita umana, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente territorialmente interessati dall'evento.

Vista la circolare DSTN/2/22806 del 13 dicembre 1995 che stabilisce a carico dei concessionari o proprietari delle opere di sbarramento l'obbligo di valutare la massima portata di piena transitabile in alveo a valle dello sbarramento e contenuta nella fascia di pertinenza fluviale come delimitata dalla competente Autorità di bacino, possono essere individuate due diverse procedure, definite per brevità programma statico e programma dinamico, che consentano di rendere disponibile con un adeguato anticipo i volumi preventivamente definiti o comunque utili ai fini della laminazione della piena.

Il programma statico, di breve periodo, prevede il mantenimento, con continuità e durante i periodi dell'anno valutati critici per il verificarsi di eventi di piena, di una quota di invaso minore della quota d'esercizio autorizzata.

Il programma dinamico, cioè nel tempo reale, prevede l'esecuzione di manovre preventive e/o nel corso dell'evento in atto da attivare sulla base di previsioni quantitative delle precipitazioni sul bacino a monte e dei conseguenti deflussi attesi all'invaso, nonché sulla base dello stato dell'invaso e della portata territorialmente sostenibile a valle dello stesso.

Tali manovre, come già ricordato, potrebbero rendere necessaria comunque l'attivazione del piano di emergenza a valle della diga stessa.

I documenti di protezione civile già redatti ai sensi della circolare DSTN/2/7019 del 19 marzo 1996 devono intendersi modificati ed integrati con le disposizioni del presente atto.

L'Unità di comando e controllo

Tenuto conto che nei bacini dichiarati di interesse interregionale e nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183, in cui siano presenti opere di ritenuta iscritte nel Registro italiano dighe, il governo e la gestione dei deflussi durante un evento di piena comporta il concorso di molte amministrazioni statali, regionali e locali afferenti al bacino, e che tale evento, per i possibili e conseguenti effetti, è altresì da ritenersi di livello nazionale, il Dipartimento, le Regioni interessate costituiranno una Unità di comando e controllo che si rappresenterà come l'Autorità di protezione civile per il governo delle piene.

Le Regioni interessate, d'intesa tra loro, sentito il Dipartimento della protezione civile, dovranno decidere la sede e la procedura di costituzione, convocazione e funzionamento dell'Unità di comando e controllo, presso la quale potranno altresì delegare unitariamente ad un unico soggetto la propria rappresentanza.

Quindi, tra l'altro, tale Unità potrà anche concretizzarsi in specifici accordi tra le parti che individuino i soggetti e i recapiti di volta in volta competenti, stabilendo il flusso delle informazioni e le modalità di formazione della decisione.

Alle attività di tale Unità concorreranno, secondo quanto stabilito dalle Regioni d'intesa tra loro, sentito il Dipartimento:

— il Centro Funzionale di riferimento per la condivisione delle informazioni e dei dati, la previsione e la sorveglianza nel tempo reale sia a scala di bacino che a scala regionale e provinciale;

— l'Autorità di bacino interessata sia per la pianificazione che per la caratterizzazione delle criticità idrauliche e del rischio residuo persistenti a scala di bacino;

— il Registro italiano dighe per la sicurezza e la funzionalità delle dighe.

Nel caso in cui emergano in seno all'Unità pareri tra loro discordanti, il Dipartimento, espletato ogni possibile tentativo per individuare in tempo reale con l'evolversi dell'evento una condivisa sintesi operativa, eserciterà le funzioni di sussidiarietà e/o i poteri sostitutivi dello Stato.

Al fine di garantirne l'operatività, attraverso il Centro Funzionale di riferimento, all'Unità di comando e controllo dovranno pervenire tutte le informazioni in possesso dei Centri Funzionali, dei gestori del presidio territoriale idraulico e degli invasi e degli Uffici territoriali di Governo di riferimento, cioè quelli nel cui territorio ricadono le dighe interessate dalle misure adottate per contrastare l'evento di piena atteso e/o in atto.

I gestori degli invasi sono tenuti a trasmettere in tempo reale i dati di monitoraggio dell'invaso e delle manovre effettuate sugli organi di scarico, non già trasmessi alle Regioni competenti. Il Dipartimento li renderà tempestivamente disponibili al Registro italiano dighe, al Centro Funzionale di riferimento secondo procedure concordate e stabilite d'intesa tra il Dipartimento stesso, il Registro italiano dighe e le Regioni interessate.

Le manovre previste dal documento di protezione civile e/o dal programma statico e dal piano di laminazione potranno essere direttamente eseguite dal gestore dopo averne dato comunicazione all'Ufficio compartimentale del Registro italiano dighe e all'Ufficio territoriale del Governo di riferimento, che, presone atto, dovrà comunque autorizzare amministrativamente la manovra stessa, dandone comunicazione al Dipartimento ed alla Regione.

Le manovre attuate dal gestore, ancorché contemplate dal piano di laminazione o dal documento di protezione civile, che prevedano lo svuotamento preventivo di volumi idrici al fine di migliorare la capacità di laminazione degli invasi, dovranno comunque essere autorizzate amministrativamente dall'Ufficio territoriale di Governo di riferimento.

Nel caso di criticità moderata o elevata, l'Ufficio territoriale del Governo di riferimento:

i. darà comunicazione della manovra e dell'autorizzazione all'Unità di comando e controllo che prenderà atto della sua attuazione;

ii. coordinerà le azioni ed i flussi informativi previsti dal documento di protezione civile e/o indicati dalla stessa Unità, interagendo attivamente, quando del caso, con l'Autorità preposta al governo del Piano d'emergenza provinciale.

Nel caso in cui il gestore, anche ai fini di salvaguardare l'opera, le popolazioni ed i beni a valle della diga, proponga di operare sia una manovra preventiva contemplata dal programma dinamico che una manovra in difformità a quanto rappresentato nel documento di protezione civile e/o nel piano di laminazione, dovrà darne comunicazione all'Unità di comando e controllo attraverso l'Ufficio territoriale del Governo di riferimento.

L'Unità di comando e controllo, valutata in tempo reale la legittimità e/o la sostenibilità della proposta con il concorso tecnico del Centro Funzionale di riferimento, dell'Autorità di bacino e del Registro italiano dighe, trasmetterà il suo consenso all'Ufficio territoriale del Governo di riferimento, che, presone atto, autorizzerà anche amministrativamente il gestore dell'invaso a procedere.

Nel caso l'Unità di comando e controllo dissenta dalla proposta fatta, attraverso il Centro Funzionale di riferimento e con il concorso tecnico dell'Autorità di bacino e del Registro italiano dighe, concerterà con il gestore una nuova proposta, sino a quando, pervenuta ad un giudizio favorevole, trasmetterà il suo consenso all'Ufficio territoriale di Governo di riferimento.

I gestori degli invasi informeranno, tempestivamente e direttamente, i gestori del presidio territoriale idraulico della manovra autorizzata e da attuarsi.

L'Ufficio territoriale del Governo di riferimento informerà della manovra autorizzata e da attuarsi, gli Uffici territoriali del Governo interessati a valle.

Per i bacini di interesse regionale l'Autorità regionale di protezione civile per il governo delle piene, se del caso, potrà chiedere il concorso del Dipartimento per la costituzione dell'Unità di comando e controllo.

 

6. Indicazioni transitorie e temporanee

Quando un Centro Funzionale decentrato non sia stato ancora attivato, la Regione interessata stabilisce ed indica al Dipartimento della protezione civile, alle Province ed agli Uffici territoriali di Governo, i soggetti e/o le strutture regionali preposte comunque allo svolgimento, anche parziale, dei compiti e delle funzioni che competerebbero al Centro Funzionale stesso.

Altresì, il Presidente della Giunta regionale, d'intesa con il Capo del Dipartimento della protezione civile, può dichiarare attivo il proprio Centro Funzionale decentrato qualora presso le strutture indicate al Dipartimento siano presenti e stabilmente operativi:

— la prima area funzionale dedicata i) alla raccolta, concentrazione, elaborazione, archiviazione e validazione dei dati rilevati nel territorio di competenza e la parte della seconda area funzionale dedicata ii) all'interpretazione nonché all'utilizzo integrato dei dati rilevati;

— la suddivisione in zone di allertamento del territorio regionale e il relativo sistema di soglie, predisposte anche sulla base delle analisi e dei prodotti resi disponibili dal Dipartimento della protezione civile per la rete dei Centri Funzionali;

— un organigramma funzionale del personale assegnato a tali attività, professionalmente adeguato ai compiti di sorveglianza e monitoraggio, e sufficiente a garantire le attività h 24 conseguenti ad un possibile allertamento nazionale, sia esso regionale o statale.

Il Dipartimento della protezione civile informerà di tali indicazioni e/o attivazioni le altre Regioni, nonché provvederà ad assistere la Regione nei compiti e nelle funzioni mancanti secondo quanto stabilito d'intesa, oppure recepito in un più generale accordo di programma, con la Regione stessa.

Sino a quando non sarà formalmente attivato il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento della protezione civile, il Servizio rischio idrogeologico ed idrico del Dipartimento sarà comunque responsabile dei relativi compiti e funzioni.

Il Dipartimento, nonché le Regioni il cui Centro Funzionale sia stato dichiarato attivo, dovranno dare avvio immediato e progressiva attuazione alle direttive di cui al presente atto.

Tale attuazione comunque non potrà protrarsi per un periodo di oltre 12 mesi dall'entrata in vigore dell'atto stesso.

Per le rimanenti Regioni il termine di cui sopra è fissato non oltre la data del trasferimento definitivo nella proprietà della Regione del Centro Funzionale previsto e realizzato secondo il progetto approvato nella seduta del 15 gennaio 2002, dal Comitato tecnico di cui alla legge n. 267/1998 e al Dpcm 15/12/1998, così come stabilito dall'Ordinanza n. 3134 del 10 maggio 2001.

Nel caso della rete radarmeteorologica nazionale, il Dipartimento della protezione civile assolverà il compito di Centro primario per il recepimento e la rappresentazione dei dati rilevati e la loro trasmissione ai Centri Funzionali e ai Centri di competenza sino a quando non altrimenti deciso e concordato tra le Amministrazioni interessate ed il Dipartimento stesso.

Tale compito è svolto con il concorso dei Centri di competenza e secondo criteri, metodi e standard che, oltre a recepire quanto già rappresentato nelle convenzioni relative all'adeguamento ed alle modalità di trasmissione degli impianti esistenti ed alla realizzazione dei Centri Funzionali, di cui all'ordinanza n. 3134/01, potranno considerare le ulteriori ineludibili esigenze che dovessero presentarsi.

Sino a quando non sia costituito il Gruppo Tecnico di cui al punto "Previsioni meteorologiche, Avvisi e Bollettini", la Veglia Meteo, sotto il coordinamento dell'Ufficio pianificazione, valutazione e prevenzione dei rischi del Dipartimento, i) entro le ore 12:00, predispone, utilizzando prioritariamente il modello del Centro europeo e concertando con il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare, le Regioni indicate direttamente dal Dipartimento, una previsione a scala sinottica per le successive 24, 48 e 72 ore; ii) entro le ore 15:00 diffonde un bollettino di vigilanza meteorologica giornaliera, come precedentemente illustrato al punto "Previsioni meteorologiche, Avvisi e Bollettini".

Sulla base i) dei risultati numerici a 24, 48 e 72 ore del modello del Centro europeo e dei risultati numerici a 24 e 48 ore del modello ad area limitata Lami, sviluppato e reso disponibile congiuntamente dal Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare e dalle Arpa delle Regioni Piemonte ed Emilia — Romagna e ii) delle previsioni meteorologiche predisposte dalla Veglia Meteo per il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento sotto il coordinamento dell'Ufficio pianificazione, valutazione e prevenzione dei rischi, valuterà gli effetti conseguenti e le criticità relative alle zone di allertamento ed ai sistemi di soglie predisposti secondo le metodologie sviluppate nell'ambito della convenzione con l'Arpa Piemonte n. 391 del 19/12/2001 almeno per le successive 24 ore, utilizzando prioritariamente modelli speditivi.

Tali prodotti saranno via via approfonditi e migliorati nell'ambito della leale cooperazione tra Stato e Regioni.

Il Dipartimento della protezione civile provvederà ad avviare tempestivamente i rapporti con le Regioni ritenute, anche sulla base di precedenti intese, nella disponibilità dei requisiti di cui ai punti "Gli Avvisi meteo nazionali e regionali" e "Gli Avvisi di criticità nazionali e regionali", verificando la loro volontà a predisporre, adottare ed emettere autonomamente e sotto la loro diretta responsabilità l'Avviso meteo e/o di criticità regionale.

Quindi la Veglia meteo ed il Centro Funzionale centrale presso il Dipartimento della protezione civile emetteranno, se del caso, rispettivamente l'Avviso di avverse condizioni meteo e/o l'Avviso di criticità nazionale secondo le procedure di cui al punto "Previsioni meteorologiche, Avvisi e Bollettini".

 

Roma 27 febbraio 2004

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