Disposizioni trasversali/Aua

Documentazione Complementare

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Parlamento europeo

Risposta della Commissione Ue alle Interrogazioni parlamentari Ue E-2765/02 e E-2766/02

(Guue 8 maggio 2003 n. C 110 E)

Oggetto: Proposta di direttiva sulla responsabilità ambientale - Interrogazione scritta P-2156/02 - Risposta insufficiente - Violazione dell'articolo 197 del Trattato Ce - Proposta di direttiva sulla responsabilità ambientale - Interrogazione scritta P-2156/02 - Risposta insufficiente - Violazione dell'articolo 197 del Trattato Ce

(2003/C 110 E/103)

Interrogazione scritta E-2765/02di Kathleen Van Brempt (PSE) alla Commissione

(1° ottobre 2002)

 

1. Con l'interrogazione scritta P-2156/02 (1) è stato chiesto alla Commissione di presentare un elenco completo e concreto di casi in cui si applica il regime di responsabilità a norma della proposta di direttiva sulla responsabilità ambientale. Si è affermato giustamente che ciò è assolutamente necessario per determinare l'estensione del campo d'applicazione del regime di responsabilità. Tuttavia, la risposta della Commissione non contiene che affermazioni generiche, insufficienti a determinare tale estensione, e non ottempera di conseguenza all'articolo 197 del trattato Ce, né al principio della necessaria trasparenza e dell'accesso del pubblico alle attività delle Istituzioni europee. La Commissione è invitata pertanto ancora una volta a fornire un elenco completo dei casi in cui si applica un regime di responsabilità a norma della proposta di direttiva e a pronunciarsi sulla seguente domanda: mentre la proposta di direttiva dà l'impressione di istituire un regime di responsabilità eminentemente oggettiva, un suo esame più approfondito dimostra che l'applicazione di tale regime non costituisce la norma, bensì l'eccezione.

2. Può la Commissione indicare i motivi che l'hanno indotta ad introdurre nella sua proposta di direttiva la clausola derogatoria di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) malgrado il fatto che, da un lato, tale clausola è stata confutata dal suo Libro bianco e, dall'altro, non è prevista da altri sistemi internazionali di responsabilità in materia di danni ambientali, fra cui la Convenzione di Lugano del Consiglio d'Europa del 1993?

 

 

(2003/C 110 E/104)

Interrogazione scritta E-2766/02di Kathleen Van Brempt (PSE) alla Commissione

(1° ottobre 2002)

 

Può la Commissione rispondere in modo esaustivo alle seguenti domande:

1. Nella sua risposta la Commissione afferma che non tutte le attività elencate nell'allegato I sono soggette a permessi o autorizzazioni (par. 4) e che la proposta di direttiva non comporta alcuna distinzione o restrizione nei confronti del carattere comunitario o nazionale delle disposizioni dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) (paragrafi 4 e 11). Nel paragrafo 11 della sua risposta, la Commissione sottolinea che non per tutte le sostanze e i preparati pericolosi è richiesto un permesso o un'autorizzazione nazionale.

Ciò solleva le seguenti domande:

— quali sono le situazioni concrete negli Stati membri (ove esistano), in cui un'attività pericolosa o potenzialmente pericolosa elencata nell'allegato I e non soggetta ad un permesso o autorizzazione comunitaria, non è soggetta ad un permesso o autorizzazione nazionale?

— Come giustifica essa che permessi o autorizzazioni nazionali possano costituire un motivo di esenzione dal regime di responsabilità ambientale, tenendo conto della necessità di non perturbare il mercato interno (fenomeno dell'"environmental shopping")?

2. Nella sua risposta la Commissione sostiene che l'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) non si applica al danno provocato dalle emissioni non autorizzate o superiori ai livelli limite prescritti (par. 5). È la Commissione informata del fatto che le emissioni non autorizzate di determinate sostanze configurano una negligenza dell'operatore, relativamente meno difficile da dimostrare, e che, di conseguenza, il regime di responsabilità sembra essere applicato per lo più proprio nelle situazioni in cui è meno utile? Per quanto riguarda l'esecuzione delle responsabilità nei casi di superamento dei valori limite prescritti, la proposta della Commissione non chiarisce affatto quale regime di onere della prova si applichi. Può essa essere più precisa a tale riguardo?

3. Nella sua risposta la Commissione sostiene che l'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) non fa riferimento all'attività in quanto tale, bensì ad un'emissione o evento, e che l'articolo in questione non è di conseguenza applicabile agli incidenti (par. 6). È la Commissione informata del fatto che un incidente è la conseguenza di un caso di forza maggiore (ancora un motivo di esenzione previsto dall'articolo 9, paragrafo 1, altresì applicabile) o la conseguenza di una negligenza dell'operatore? Può la Commissione essere più precisa sul fatto che nel caso di specie, ancora una volta può essere dimostrata la negligenza dell'operatore in modo relativamente meno difficile rispetto ad altri casi, in cui non si applica il regime di responsabilità in conseguenza del suddetto articolo?

 

Risposta comune data dal sig.ra Wallström in nome della Commissione alle interrogazioni scritte E-2765/02 e E-2766/02

(18 novembre 2002)

 

Come già indicato nella risposta all'interrogazione scritta P-2156/02 dell'onorevole parlamentare, l'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) della proposta di direttiva sulla responsabilità ambientale presentata dalla Commissione prevede alcune cause di esonero dalla responsabilità. Tali fattispecie non riguardano i casi in cui il danno sia causato da un incidente o da qualsiasi altra disfunzione dell'attività di cui trattasi né il caso in cui sia stata violata una qualsiasi condizione operativa o valore limite connessi allo svolgimento dell'attività in questione. Non è possibile essere più precisi poiché difficilmente si possono prevedere in anticipo incidenti, disfunzioni o violazioni di qualsiasi norma in vigore.

La proposta mira ad introdurre un regime di prevenzione e riparazione del danno ambientale e a tal fine specifica i casi in cui l'operatore può considerarsi responsabile, oggettivamente o per colpa o negligenza, fatte salve le eccezioni previste in particolare all'articolo 9, paragrafo 1, lettera c). Pertanto, non esistono norme inderogabili di responsabilità oggettiva.

Anche se il Libro bianco sulla responsabilità ambientale 1 non prevedeva l'esenzione di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) e pur se la Convenzione di Lugano 2 non contiene un'analoga esenzione, la proposta della Commissione tiene conto dei suggerimenti formulati durante il periodo di consultazione e, in particolare, dell'opinione secondo cui in mancanza di una deroga la possibilità che il settore assicurativo fornisca l'adeguata copertura assicurativa sarebbe estremamente limitata.

La Commissione non ha ricevuto da tutti gli Stati membri l'elenco esaustivo dei casi in cui le sostanze pericolose e i preparati non sono soggetti ad un permesso o ad un'autorizzazione nazionale. A titolo di esempio, alla Commissione consta che il Belgio non ha un sistema generale di autorizzazioni applicabile a tutte le sostanze e a tutti i preparati pericolosi3 , anche se esiste un regime di autorizzazioni preventive per alcune categorie di prodotti pericolosi o che contengono sostanze pericolose (come biocidi o pesticidi).

Esistono anche norme che consentono in alcuni casi all'autorità competente di vietare l'immissione in commercio di un prodotto o di imporne il ritiro dal mercato, ma si tratta di decisioni adottate in casi individuali e non collegate ad un sistema di autorizzazioni.

I regimi di permesso o di autorizzazione ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) non possono danneggiare un mercato interno che ancora non esiste in quanto attualmente non esiste un'armonizzazione comunitaria complessiva in materia di autorizzazione delle sostanze e dei preparati pericolosi4 . In ogni caso non devono esserci lacune poiché le imprese devono osservare le condizioni e i requisiti prescritti per ottenere il permesso nazionale o, in assenza di permesso nazionale, invocare l'articolo 9, paragrafo 1 lettera c).

Con riferimento all'applicazione della responsabilità oggettiva in senso stretto per il superamento dei valori limite delle emissioni stabiliti in un permesso, è vero che la violazione di una disposizione di legge spesso fa scattare una presunzione di colpa. Tuttavia la Commissione ritiene che la proposta di direttiva apporti un valore aggiunto alle normative nazionali in vigore in quanto, ancorché basate sul regime di responsabilità per colpa, queste ultime non garantiscono la riparazione del danno ambientale, e in particolare del danno alla biodiversità. Per quanto riguarda l'onere della prova, la proposta lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità, in quanto non prescrive specificamente a chi esso incombe. Occorre tuttavia tenere presente che, secondo i principi generalmente condivisi, la parte che eccepisce l'esonero da un obbligo è tenuta a provare le circostanze che lo giustificano. In pratica, l'autorità competente deve provare i tre elementi costitutivi della responsabilità in caso di danno ambientale causato dall'esercizio di una delle attività elencate nell'allegato I, vale a dire: l'esistenza del danno, un'azione o un'omissione imputabile all'operatore e un nesso causale tra questi due elementi; l'onere della prova incombe quindi a qualsiasi operatore che intenda avvalersi di una delle clausole di esonero previste all'articolo 9 della proposta.

La Commissione non è del tutto d'accordo con la tesi secondo la quale è senz'altro più facile stabilire la responsabilità dell'operatore in caso di incidenti. Non esiste nessun principio generale secondo il quale un incidente non dovuto a caso fortuito o a forza maggiore debba presumersi causato da negligenza dell'operatore, in quanto è possibile che un incidente si verifichi anche se l'operatore ha adottato la necessaria diligenza5 . In tale contesto è comunque utile essere esonerati dall'onere di provare la colpa o la negligenza da parte dell'operatore.

Note ufficiali

1. COM(2000) 66 def.
2. Convenzione del Consiglio d'Europa sulla responsabilità civile per i danni provocati da attività pericolose per l'ambiente, firmata nel 1993 (ETS 150).
3. La legge del 21 dicembre 1998 ("Loi relative aux normes de produits ayant pour but la promotion de modes de production et de consommation durables et la protection de l'environnement et de la santé") stabilisce l'adeguato contesto normativo in tal senso, ma non sembra che le autorità pubbliche abbiano adottato una legislazione pertinente che attuasse un sistema di autorizzazione preventiva transfrontaliera.
4. La Commissione attualmente sta preparando una revisione complessiva della sua politica nell'ambito dei prodotti chimici pericolosi; si veda in proposito il Libro bianco sulla strategia futura per le sostanze chimiche (COM(2001) 88 def.).
5. Questo è presumibilmente uno dei motivi per i quali molte leggi nazionali sulla responsabilità integrano la loro normativa generale basata sulla colpa con norme particolari sulla responsabilità per prodotti o impianti difettosi. In tal caso, una volta accertato il difetto, non è necessario provare la colpa o la negligenza da parte del produttore o dell'operatore.
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