Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 6 luglio 2000, n. 1503

Tariffa igiene ambientale - Copertura dei costi sostenuti per il pubblico servizio di gestione dei rifiuti - Modulazione del prelievo sulla base della superficie utilizzata - Competenze del Comune - Rientra

Tar Veneto

Sentenza 6 luglio 2000, n. 1503

 

(omissis)

Diritto

Col ricorso all'esame un nutrito numero di titolari di esercizi commerciali, negozi ed attività imprenditoriali varie impugna tutti i provvedimenti con cui il Comune di Venezia ha istituito — in via sperimentale — la tariffa per il servizio di smaltimento di R.S.U. (Tia) a partire dall'1/ 1/1999, utilizzando il "metodo normalizzato" di cui al Dpr 27 aprile 2000, n. 158 e affidandone la completa gestione all'A.M.A.V.

Il ricorso deve essere respinto.

La sola descrizione delle disposizioni di legge che disciplinano la materia (per quanto qui rileva) è sufficiente a evidenziare l'infondatezza di tutti i motivi dedotti.

L'articolo 22 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 prevede la soppressione, a far tempo dall'1/1/1999, dell'allora vigente Tassa per lo Smaltimento dei Rifiuti (Tarsu) e la sua sostituzione con la Tariffa Igiene Ambientale (Tia), che deve coprire i costi sostenuti dai Comuni per il pubblico servizio di gestione dei rifiuti.

L'articolo 49 stabilisce che la Tariffa si applica a "chiunque occupi o conduca locali o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle aree del territorio comunale". Essa si compone di una quota fissa "determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio riferite in particolare agli investimenti per le opere e i relativi ammortamenti", e da una quota variabile "rapportata alle quantità dei rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione" in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

Il comma 5 precisa che sarà il Ministro dell'Ambiente, di concerto con le altre autorità ivi indicate, a elaborare "un metodo normalizzato" per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento "articolata per fasce di utenza o territoriali".

Quanto alle concrete modalità applicative, l'articolo 49 prevede ancora che "la tariffa è determinata dagli enti locali", anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio, e "applicata dai soggetti gestori" nel rispetto della Convenzione e del relativo Disciplinare che regoleranno i rapporti degli stessi coi Comuni.

Il comma 16, che è quello che — nella presente controversia — maggiormente rileva, consente che "in via sperimentale" i Comuni possano attivare il sistema tariffario anche prima del termine di cui al comma 1, cioè l'1/1/1999 (termine successivamente prorogato all'1/1/2000 dalla legge 9 febbraio 1998, n. 426; la quale, all'articolo 1, comma 27, ha anche rimesso al decreto di adozione del "metodo normalizzato", la previsione di disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione sia del metodo stesso che delle tariffe fino al raggiungimento dell'integrale copertura dei costi del servizio).

A sua volta, l'articolo 31, comma 7, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha previsto che, per l'anno 1999 "continuano ad esser applicabili i criteri di commisurazione della tassa per lo smaltimento dei R.S.U. adottati per le tariffe vigenti nell'anno 1998". I Comuni, tuttavia, hanno la facoltà "di adottare sperimentalmente il pagamento del servizio con la tariffa" sin dal 1999; e ciò possono fare con Regolamento "non soggetto al controllo del Ministero delle Finanze" (si veda, sul punto, anche la circolare del Min. Fin. n. 111/E del 21 maggio 1999).

Da ultimo, va segnalato che il "Regolamento recante norme per l'elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani" è stato formalmente approvato con il Dpr 27 aprile 1999, n. 158 (ancorché adottato con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 6 agosto 1998).

Tale Regolamento, per quanto concerne la tariffa per le utenze non domestiche, prevede che, a regime, la quota variabile sia determinata in relazione alla quantità di rifiuti effettivamente conferita dalla singola utenza, consentendo tuttavia agli "enti locali non ancora organizzati" (cfr. articoli 4 e 6) di continuare ad utilizzare il sistema presuntivo che si applicava nel precedente sistema, prendendo a riferimento per ogni singola tipologia di attività la produzione annua per mq ritenuta congrua, "nell'ambito degli interventi indicati nel punto 4.4 dell'allegato 1", che reca la relativa formula matematica.

Nelle disposizioni transitorie di cui all'articolo 11, si prevedono i tempi massimi per il raggiungimento della piena copertura dei costi del servizio attraverso la tariffa, in particolare disponendo che i Comuni che già nell'anno 1999 hanno raggiunto un tasso di copertura del costo del servizio di gestione del R.S.U. pari almeno al 90%, devono dare immediata applicazione al metodo normalizzato, nel mentre gli altri Comuni (tra cui vi è anche quello di Venezia) che "per i primi due anni a partire dalla data di entrata in vigore del Decreto, sono esonerati dalla suddivisione della tariffa in parte fissa e parte variabile, ripartiscono l'importo totale da coprire attraverso la tariffa tra utenze domestiche e non domestiche sulla base del rapporto riscontrabile dalle iscrizioni a ruolo del 1999" articolando la tariffa — per quanto concerne le utenze non domestiche — "sulla base di parametri relativi al coefficiente potenziale di produzione delle singole categorie di cui alla tabella 3 (che indica i coefficienti per singola attività) e dell'allegato 1, nonché in base alla superficie occupata o condotta espressa in metri quadrati".

Il Comune di Venezia, che con deliberazione consiliare 27 febbraio 1998, n. 35 aveva provveduto ad affidare all'A.M.A.V. tutte le incombenze e le attività connesse alla gestione della Tarsu, con atto n. 2429 del 29 dicembre 1998 ha trasferito all'Azienda anche le competenze relative alla Tia, prevedendo altresì che la stessa predisponga un progetto tecnico-finanziario finalizzato alla concreta determinazione della Tariffa, sulla scorta del quale, con la deliberazione 22 marzo 1999, n. 43 (oggetto del ricorso) essa è stata effettivamente istituita, a decorrere dall'1/1/1999.

Nell'allegato 2 della deliberazione viene indicata, per ciascuna categoria produttiva prevista — come consentito dalle disposizioni cui si è fatto cenno — l'entità della quota fissa e di quella variabile rapportata a metro quadrato di superficie occupata o condotta.

Alla stregua del quadro normativo o provvedimentale indicato, l'infondatezza dei motivi di ricorso risulta evidente.

Dapprima i ricorrenti lamentano che il Comune abbia utilizzato, per l'elaborazione della tariffa, il solo metodo della superficie dei locali, (non più in vigore), senza neppure escludere dal computo quelli destinati ad accessori o pertinenze. Inoltre non è stata posta in essere l'organizzazione del servizio cui la legge subordina l'applicazione della tariffa, ad esempio: i sistemi di raccolta senza cassonetto, la raccolta differenziata, le isole ecologiche; né le conseguenti riduzioni tariffarie.

La prospettazione è errata in fatto, oltre che infondata in diritto.

Invero, come si è visto, pur se la regola posta dal Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, è quella di porre a carico del singolo il pagamento di una quota dei costi del servizio nonché dello smaltimento dei rifiuti effettivamente (e non presuntivamente) prodotti, tuttavia le disposizioni successivamente emesse hanno consentito che, nella fase di transizione tra il vecchio e il nuovo sistema (della durata prevista di alcuni anni), i Comuni possano anticipare l'istituzione della Tariffa, pur senza aver posto in essere tutte le condizioni cui la stessa è — a regime — subordinata, e utilizzando i medesimi criteri di calcolo cui veniva, in precedenza, commisurata la Tarsu In altre parole, il legislatore ha previsto che, nella fase sperimentale e transitoria, la tariffa sia rapportata (come avveniva in precedenza) solo alla superficie utilizzata.

Per le utenze non domestiche, infatti, vengono applicati i punti 4.3 e 4.4 dell'Allegato al Dpr 27 aprile 1999, n. 158, che sia per quanto concerne la determinazione della quota fissa che variabile fa riferimento unicamente al parametro della superficie utilizzata (come fanno anche gli articoli 4, comma 2, e 11, già ricordati).

I ricorrenti errano in fatto anche per quanto concerne la disciplina dei locali accessori e pertinenziali, che — a tenore dell'articolo 12 del Disciplinare — contrariamente a quanto sostenuto, non sono soggetti a tariffa laddove "non possono produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente adibiti".

Gli istanti lamentano ancora il difetto di motivazione del provvedimento opposto, che non darebbe contezza dei criteri utilizzati per la quantificazione della tariffa, avendo per di più applicato regole poste da una fonte normativa secondaria non ancora in vigore. Eccepiscono inoltre che non sarebbe consentito rimettere all'A.M.A.V. l'individuazione dei parametri.

Anche questi motivi sono destituiti di fondamento.

Come correttamente osservano le parti resistenti, è il Comune che ha determinato e adottato la tariffa, pur sulla scorta del progetto tecnico e finanziario elaborato dall'A.M.A.V. che fornisce i necessari dati economici (come peraltro espressamente prevede l'articolo 9, comma 1, del Disciplinare), applicando con puntualità il metodo normalizzato.

Quanto a quest'ultimo, va osservato che è certamente vero che il Comune di Venezia, nel determinare la Tariffa, ha utilizzato i parametri del metodo normalizzato, prima che il Regolamento che lo prevede entrasse in vigore; tuttavia deve anche rilevarsi, da un lato che sia l'articolo 49, comma 16, del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 che l'articolo 31, comma 7, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 si limitavano a consentire ai Comuni di attivare il sistema tariffario anche prima del termine prescritto, e segnatamente per l'anno 1999, senza imporre particolari vincoli, con la conseguenza che gli stessi ben potevano provvedere anche prima dell'entrata in vigore del Regolamento e del metodo normalizzato; con facoltà, quindi, di prescinderne e di determinarsi solo alla stregua dei "criteri di commisurazione della tassa per lo smaltimento dei R.S.U. adottati per le tariffe dell'anno 1998" (articolo 31, comma 7, della legge 23 dicembre 1998, n. 448).

La circostanza, quindi, che il Comune di Venezia abbia, di fatto, applicato (pedissequamente (il metodo normalizzato prima della sua effettiva entrata in vigore (ma quando lo stesso era già stato approvato nella sua versione definitiva dal Consiglio dei Ministri), in assenza di uno specifico obbligo di adeguarvisi e con la facoltà di darsi comunque autonomamente delle regole (come previsto dall'articolo 31, comma 7, della legge 23 dicembre 1998, n. 448), non può costituire motivo di illegittimità del provvedimento impugnato.

Da ultimo, i ricorrenti si dolgono perché il Comune di Venezia non ha applicato i correttivi relativi alle differenti condizioni in cui si effettua il servizio nella terraferma, rispetto al centro storico e alle isole; né le agevolazioni previste per la raccolta differenziata della frazione umida; e neppure ha adeguatamente valutato il diverso afflusso turistico.

Anche queste doglianze sono errate in fatto e non tengono conto del contenuto del Disciplinare.

All'articolo 20, comma 4, infatti si prevede espressamente che, per l'anno 1999, "la componente dei costi derivanti dall'incidenza del fenomeno di specificità del territorio veneziano (condizioni geomorfologiche-ambientali e vincoli normativi dettati dalla legislazione speciale per Venezia) ... non entra nella determinazione della composizione dei costi per la Tariffa. Tale costo viene coperto con specifico trasferimento ad A.M.A.V. dal Comune, con risorse dal Bilancio Comunale".

Lo stesso vale, a tenore del comma 3 del medesimo articolo 20, per quanto riguarda la componente di costi derivanti dal fenomeno turistico.

Parimenti errata è la doglianza di non aver previsto agevolazioni per la raccolta differenziata, che — come stabilito dall'articolo 7 del Dpr 27 aprile 1999, n. 158 — consente l'abbattimento di una parte della quota variabile per un importo "proporzionale ai risultati singoli e collettivi raggiunti dalle utenze in materia di conferimento a raccolta differenziata"; tali agevolazioni pertanto non sono applicabili alla fase sperimentale attuata prima della realizzazione di tutte le condizioni sostanziali di cui al Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22.

Inoltre, è lo stesso Dpr 27 aprile, 1999, n. 158 che — all'articolo 9 — rinvia l'attivazione dei servizi di raccolta differenziata (e, quindi, anche della valutazione dei relativi risultati, ai fini del computo delle agevolazioni previste dall'articolo 49 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22) all'1/1/2000.

Alla stregua delle osservazioni che precedono, il ricorso va dunque respinto.

(omissis)

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