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Documentazione Complementare

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Parere motivato Commissione Ce 6 luglio 1998

Trattamento delle acque reflue urbane - Mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia Ue del 12 dicembre 1996

Commissione delle Comunità europee

Parere motivato 6 luglio 1998, C(1998) 1740 def.

Parere motivato indirizzato alla Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 171, paragrafo 2 del trattato Ce, per la mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europeedel 12 dicembre 1996, in causa C-302/95

 

La Commissione ha l'onore di attirare l'attenzione delle autorità italiane sull'esecuzione della sentenza emessa il 12 dicembre 1996 dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in causa C-302/95, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana, nella quale si constata che:

"Non avendo emanato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/Cee, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'articolo 19 della stessa direttiva".

Ai sensi dell'articolo 171, paragrafo 1 del trattato istitutivo della Comunità europea, quando la Corte di giustizia riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del trattato Ce, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta.

Le autorità italiane, in risposta alla lettera di messa in mora inviata dalla Commissione il 4 settembre 1997, contenente la notifica del dispositivo della suindicata sentenza della Corte di giustizia, riferendosi a note precedentemente inviate, hanno comunicato alla Commissione, con lettera della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea del 20 novembre 1997, che le autorità italiane ritengono che, in materia di acque reflue urbane, alcune norme atte a perseguire gli obiettivi della direttiva, la mancata attuazione della quale costituisce l'oggetto dell'accertamento sfavorevole alla Repubblica italiana dichiarato in sentenza, siano già vigenti nell'ordinamento italiano. Tali misure sono individuate nelle seguenti leggi, tutte anteriori alla pronuncia della Corte di giustizia: la n. 319 del 10 maggio 1976 (antecedente alla stessa direttiva), la n. 36 del 5 gennaio 1994 e la n. 172 del 17 maggio 95 (che ha convertito il decreto legge n. 79/95). Con la stessa lettera le autorità italiane hanno inoltre informato la Commissione che alcune Regioni hanno definito gli ambiti territoriali ottimali ai sensi della legge n. 36/94 e, in relazione a ciò, sono stati anche recapitati in allegato i provvedimenti di 5 regioni (per le restanti ha provveduto direttamente lo Stato) e che il Piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione, che dovrebbe consentire l'avvio dell'attuazione della direttiva, è stato adottato.

L'argomento relativo al supposto avvenuto recepimento dovuto alle disposizioni contenute nelle leggi citate nella risposta del governo italiano, la legge n. 319/76, la legge n. 36/94 e la legge n. 172/95, era stato utilizzato anche in sede processuale in occasione del ricorso ex articolo 169 del trattato.

La Commissione aveva ritenuto, già in sede di ricorso ex articolo 169 trattato, e ritiene tuttora, che tali leggi non costituiscano il recepimento della direttiva 91/271/Cee.

Sia la legge n. 319/76 che la legge n. 172/95 dettano la normativa di principio in materia di scarichi lasciando alle Regioni e alle Province il compito di attuare la normativa integrativa: la Repubblica italiana non ha comunicato le normative regionali di attuazione e la Commissione non dispone di alcun elemento per ritenere che queste siano state adottate.

Inoltre lo stesso legislatore italiano dichiara all'articolo 1, comma 4 della legge n. 172/95 (cronologicamente l'ultima delle leggi invocate): "Le disposizioni del presente decreto si applicano in attesa della attuazione della direttiva 91/271/Cee". Una norma di tenore simile, sebbene programmatica, si rinviene altresì all'articolo 7 comma 1 della legge n. 36/94, altra legge di pretesa attuazione della direttiva: "Il Ministro dell'ambiente ... entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto predispone il programma di attuazione della direttiva 91/271/Cee". Nessun decreto è stato fino ad oggi comunicato alla Commissione.

Le autorità italiane sono consapevoli di non aver ancora attuato la direttiva, tanto che nel controricorso relativo al giudizio terminato con la sentenza oggetto del presente parere, il governo italiano aveva indicato che al puntuale ed esatto recepimento della direttiva avrebbe provveduto mediante decreto legislativo da adottare sulla base della legge "comunitaria" 1994. Tale decreto legislativo non è stato comunicato e si deve ritenere non ancora adottato.

Il Piano di completamento e razionalizzazione di cui alla comunicazione delle autorità italiane, è per definizione un piano. Esso si autoqualifica come uno strumento di individuazione ed attuazione delle opere e degli interventi urgenti richiesti dalle esigenze di protezione e risanamento delle acque e dei corpi ricettori, e necessari per raggiungere gli obiettivi ragionevolmente prefissabili nel breve periodo per tale settore della tutela ambientale, anche in vista dell'attuazione della direttiva 91/271/Cee, che indica nuovi e più stringenti interventi per la depurazione degli scarichi e la salvaguardia della qualità dei corpi idrici. Nello stesso si rinviene l'affermazione secondo la quale il Piano anticipa la trasposizione legislativa della direttiva 91/271/Cee, "traducendola" in azioni sul territorio.

La Commissione constata che la trasposizione legislativa è ancora segnalata come provvedimento futuro e che gli interventi descritti, che di fatto si situano nel solco di una corretta applicazione pratica dei principi stabiliti dalla direttiva, si qualificano per la loro contingente urgenza e straordinarietà, nell'attesa di un'organica regolamentazione. Si tratta, infatti, di una serie delimitata di interventi precisamente individuati in base al criterio della maggior valenza ambientale, e, nell'ambito di questi, la selezione è stata ristretta a quelli con i più ravvicinati tempi di attuazione. Pertanto, tali interventi, non rappresentano neanche il programma per l'applicazione della direttiva, di cui all'articolo 17 della stessa.

Questo piano non costituisce in alcun modo la trasposizione della direttiva.

Le altre misure nazionali e regionali notificate si inquadrano a monte del processo di attuazione della disciplina del trattamento delle acque reflue urbane e non costituiscono certamente né la trasposizione né l'attuazione della direttiva 91/271/Cee. Esse infatti mirano all'identificazione degli ambiti territoriali ottimali. Tale operazione è funzionale all'individuazione delle aree che verranno poi definite "sensibili" ai sensi della direttiva. Nessun provvedimento di attuazione dell'articolo 5 della direttiva, che prevede e disciplina l'individuazione delle aree sensibili, è stato comunicato dal governo italiano.

Pertanto, da tutto quanto riportato, la Commissione ritiene che nessuno dei suindicati atti comunicati dalla Repubblica italiana nella risposta alla lettera di messa in mora ex articolo 171 del trattato Ce del 4 settembre 1997 costituisca trasposizione o attuazione della direttiva 91/271/Cee. Conseguentemente la Repubblica italiana si trova a non aver ancora comunicato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 91/271/Cee, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane.In conclusione la Commissione, allo stato attuale della sua informazione, è in grado di constatare che la direttiva 91/271/Cee non è stata ancora recepita nell'ordinamento giuridico della Repubblica italiana, e che la sentenza emessa il 12 dicembre 1996 dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in causa C-302/95, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana, che accerta tale inadempimento, non è stata ancora eseguita.

La Commissione ha posto in grado il governo italiano, con lettera di costituzione in mora n. SG(97)D/7445 del 4 settembre 1997 in conformità a quanto disposto dall'articolo 171 del trattato Ce, di comunicare le sue osservazioni. Le autorità italiane hanno risposto con lettera del 20 novembre 1997 (SG(97)A/19109) con allegati, precisando quanto sopra riportato, non comunicando tuttavia, fino ad oggi, gli elementi richiesti, necessari al fine di mettere la Commissione in grado di verificare l'avvenuta esecuzione della sentenza e l'avvenuta adozione delle misure di trasposizione della direttiva 91/271/Cee.

La Commissione, non avendo ricevuto alcuna comunicazione dell'adozione, da parte della Repubblica italiana, dei provvedimenti atti ad assicurare la completa esecuzione della sentenza emessa il 12 dicembre 1996 dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in causa C-302/95, che ha constatato l'inadempimento della Repubblica italiana agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'articolo 19 della direttiva 91/271/Cee, ritiene che la Repubblica italiana sia venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'articolo 171 comma 1 del trattato Ce.

 

Per questi motivi

 

La Commissione

dopo aver posto il governo italiano in condizione di presentare le sue osservazioni, con lettera SG(97)D/7445 del 4 settembre 1997, e avendo ritenuto non soddisfacente, per i motivi spiegati, la risposta trasmessa dalle autorità italiane con lettera SG(97)A/19109 del 20 novembre 1997,

 

Emette

ai sensi dell'articolo 171, secondo comma, primo alinea, del trattato Ce,

il parere motivato

secondo il quale la Repubblica italiana, non avendo adottato entro il termine stabilito tutte le misure necessarie ad eseguire la sentenza emessa il 12 dicembre 1996 dalla Corte di giustizia delle Comunità europee contro Repubblica italiana, e non avendole comunque comunicate, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'articolo 171, secondo comma, primo alinea del trattato Ce.

In applicazione dell'articolo 171 del detto trattato, la Commissione invita la Repubblica italiana ad adottare le misure necessarie per conformarsi al presente parere motivato entro e non oltre il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.

Inoltre la Commissione attira l'attenzione del governo italiano sul fatto che, in caso di mancata esecuzione di una sua sentenza, la Corte di giustizia può imporre, a carico dello Stato membro interessato, sanzioni pecuniarie, per le quali, in virtù dell'articolo 171 paragrafo 2 del trattato Ce, la Commissione indica, al momento di adire la Corte, l'ammontare che ritiene appropriato alle circostanze.

Fatto a Bruxelles, il 6-7-1998

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