Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Corte dei Conti Puglia 1° marzo 2006, n. 207

Appalto per lo smaltimento dei rifiuti - Ingiustificato aumento costi in corso d'opera - Danno erariale - Sussistenza

Corte dei Conti Puglia

Corte dei Conti, Regione Puglia, Sezione giurisdizionale

Corte dei Conti, Regione Puglia, Sezione giurisdizionale — Sentenza 1° marzo 2006, n. 207

 

(omissis)

Svolgimento del processo

Con atto di citazione depositato in segreteria in data 17.07.2003, la Procura regionale, premesso che, a seguito di un esposto a firma di un cittadino del Comune di Acquaviva delle Fonti (BA), con il quale si denunciavano ipotesi verosimili di danno erariale derivanti da "vari maggiori esborsi subiti da detto civico Ente, per effetto dell'appalto afferente il servizio di igiene urbana", aveva ritenuto di esperire sulla vicenda apposite indagini per il tramite del Nucleo regionale di P.T. della Guardia di Finanza, ha esposto che, dalle indagini esperite, è emerso che, in data 03.11.1997, fra il Comandante dei VV.UU. del predetto Comune, dott. G.C. ed il legale rappresentante della ditta "(...) Srl,", con sede in Triggiano, fu stipulato, a rogito del Segretario generale p.t., dott. D. O., contratto (rep.n° 4083), per l'esecuzione di tale "servizio di igiene urbana e servizi complementari", a decorrere dal 01.01.1998 e per la durata di anni 6, ossia fino al 31.12.2003 (articolo 3, 1° periodo), con il quale, dopo aver previsto, all'articolo 2, che "il prestatore si impegna ad effettuare il servizio alle condizioni contenute nel presente contratto, nella lettera d'invito, nel capitolato speciale d'appalto nonché nel progetto — offerta dallo stesso presentato in sede di gara, allegato al presente contratto sotto la lettera D, dietro pagamento del prezzo annuale complessivo di £.1.930.000.000, Iva esclusa (2° periodo articolo 3), al successivo articolo 10. non solo prevedeva che quest'ultimo sarebbe stato "soggetto a revisione, in caso di variazione dei costi, secondo le modalità appresso indicate, in conformità a quanto previsto dal 4° comma dell'articolo 44 della legge 23.12.1994 n° 724, ma nel richiamare, al riguardo, anche le disposizioni di cui agli articoli 1664 e 1467 del C.c., si soggiungeva pure: "Il canone di appalto sarà revisionato, a richiesta di una delle parti contraenti soltanto ove, in costanza del rapporto contrattuale, si avveri una delle seguenti condizioni: a) aumento o diminuzione del costo unitario della mano d'opera del personale con riferimento alla data dell'offerta; b) aumento o diminuzione dei costi d'esercizio degli automezzi con riferimento alla data dell'offerta; c) aumento o diminuzione dei costi del materiale di consumo con riferimento alla data dell'offerta. Salvo quanto disposto dal 6° comma dell'articolo 44 della legge citata n° 724/1994, in mancanza della pubblicazione dei dati Istat in esso previsti, la revisione del canone per le cause di cui al punto a) dovrà essere riferita alle variazioni subite a causa di rinnovi del Ccnl La revisione di cui al punto b) dovrà risultare dai numeri indici generali dei prezzi Istat alla voce Prezzi al consumo — trasporto e comunicazioni. La revisione di cui al punto c) dovrà essere rilevata dall'indice di costo stabilito dal bollettino Istat alla voce Prezzi al consumo — altri beni e servizi. La revisione del canone sarà in tali casi accordata solo alla fine di ogni anno solare, previa richiesta motivata e documentata, tenendo presente anche le indicazioni di cui al comma precedente, da presentarsi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre di ciascun anno per la percentuale della variazione intervenuta sui costi complessivi di esercizio, indicati nell'offerta, dedotto il 10% quale alea contrattuale. Tale detrazione avverrà solo la prima volta dopo l'aggiudicazione dell'appalto".

Ha allegato l'attore pubblico che "siffatta aggiudicazione (ratificata dalla giunta municipale con deliberazione n° 619 del 17.10.1997) preceduta dalle delibere consiliari n° 87 del 23.12.1994 e n° 23 del 12.04.1996, di rispettiva approvazione del connesso regolamento comunale nonché del relativo capitolato speciale d'appalto (per il ridetto servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani), nonché dall'espletamento, tra novembre 1996 e marzo 1997, di un'apposita gara, con il metodo dell'appalto concorso, dopo che delle sei imprese originariamente partecipanti ne erano rimaste in lizza solo due, aveva visto vincitore, con un ridottissimo scarto di appena lo 0,40%, il progetto presentato dalla (...), per via della maggior convenienza in esso riscontrata, soprattutto a cagione della migliore efficienza ed efficacia del servizio, piuttosto che per la sua economicità, rispetto all'altra offerta presentata dalla ditta concorrente" in quanto "in detto progetto — offerta si prevedeva, fra l'altro, a pag. 58, giusta quanto stabilito nel capitolato speciale d'appalto, ai punti 13, 14 e 15 dell'articolo 2, nonché nel susseguente articolo 30" che "tutti i rifiuti raccolti saranno conferiti entro lo stesso giorno in cui viene espletato il servizio, ad impianto di smaltimento autorizzato ed indicato al servizio del bacino d'utenza BA/03 in ottemperanza alla Lr 17/1993 ovvero a pag. 44 e 45, la raccolta differenziata della carta, vetro, plastica e lattine di alluminio, tant'è che quest'ultima proposta progettuale, corredata da siffatta specifica proposta e quella afferente agli altri servizi previsti nel capitolato, potè ottenere dalla Commissione di gara i maggiori rispettivi punteggi di 6 e 4,50 rispetto a quelli minori di 5 e 4 attribuiti, invece, all'altra concorrente, "anche perché in essa si prospettava ulteriormente "la necessità di disporre di un attrezzato punto di travaso" o c.d. stazione di trasferimento", in quanto "nel paragrafo E del relativo progetto offerta, concernente il costo di trasporto dei Rsu in altro sito diverso da quello di Acquaviva delle Fonti, richiesto dal punto M della lettera d'invito, si precisava che "sino a quanto detta discarica (controllata come il piano regionale di smaltimento in seguito avrebbe previsto) non sarà disponibile, la Ditta metterà a disposizione del Comune la Stazione di trasferimento, che realizzerà nell'area del già descritto Centro di raccolta dei servizi, dotata delle infrastrutture, dei mezzi e delle attrezzature necessarie per operare il travaso dei rifiuti dai veicoli di raccolta a semirimorchi di grande capacità, per mezzo dei quali potrà essere raggiunto qualunque sito di smaltimento finale"", prevedendo, inoltre, che ""attesa la portata utile di tali semirimorchi, è possibile trasferite tutti i rifiuti giornalmente prodotti con un solo viaggio/giorno a discarica"" e che, pertanto, "" a) in caso di presenza di discarica controllata in agro di Acquaviva delle Fonti, il costo di trasporto è ricompreso nell'onere generale dei costi di raccolta valutati, nell'offerta economica, per ogni mezzo che si è previsto di impiegare; b) nel caso di siti di discarica extracomunali, tali da richiedere una distinta fase di trasferimento (dopo quello di raccolta) il costo aggiuntivo di trasporto è indicato in 15.000 £./Km. (diconsi quindicimila lire a Km)oltre alle spese generali e utile d'impresa, come precisate nell'offerta economica "".

Ha dedotto, inoltre, il Procuratore regionale che, del pari, "la Commissione giudicatrice, a proposito delle "proposte inerenti l'utilizzo del personale per i servizi vari", intanto attribuì alla (...) 1 punto (lo 0,50% in più dell'altro concorrente) in quanto questa Società che si aggiudicò poi la gara, aveva proposto oltre ai diciotto dipendenti comunali — 16 salariati e 2 disinfestatori, i primi da utilizzare in via prioritaria, per lo spazzamento manuale — altre sedici unità (otto in più di quelle offerte dall'altra) alle proprie dipendenze", che avrebbero dovuto integrare le quindici già ivi in attività.

La Procura regionale ha riferito che, in data 23.10.1998, fra le medesime parti, intervenne la sottoscrizione di un'altra convenzione (rep.n° 4136) relativa all'ampliamento del servizio di raccolta differenziata, limitatamente alle filiere di vetro alluminio e plastica, in esecuzione del progetto, parzialmente finanziato dalla Regione, approvato nel novembre 1997 dalle Amministrazioni comunali di Acquaviva (capofila), Triggiano, Cellamare e Sammichele di Bari, per la durata di anni due, dall'01.11.1998 al 31.10.1999, seguito da analoga convenzione, stipulata in data 27.10.2000, per la durata di un anno, dall'01.12.2000 al 30.11.2001.

Con riferimento al summenzionato contratto per l'esecuzione dei servizi di igiene urbana e servizi complementari stipulato in data 03.11.1997, la Procura ha evidenziato che nel contempo, presso il Comune di Acquaviva, si sarebbe "assistito, in un crescendo rossiniano, ad un progressivo rincaro del prezzo di questo servizio", in quanto, "già dal 1998, anno iniziale di esecuzione di tale contratto, alla (...) Srl, in disparte la c.d. ecotassa di cui all'articolo 3 legge 549/1995 , oltre al canone base di £.1.745.698.000 (Iva esclusa) al netto del corrispettivo dei cassonetti di £.8.846.664 (Iva esclusa) ed al costo aggiuntivo di trasporto dei Rsu di £.146.000.000 (Iva esclusa), sarebbe stato riconosciuto, mediante le determine nn° 284 e 516 rispettivamente del 28.05 e del 07.09.1998 del responsabile del predetto Settore, nella persona del sunnominato dott. G.C., un primo adeguamento in ragione di £.200.110.020 (Iva esclusa) a mente dell'articolo 19 del capitolato speciale d'appalto, per effetto della sostituzione di quattro dipendenti comunali con sei operai part — time di tale società appaltatrice" e "anche nel corso del 1999, benché il canone sia rimasto in teoria invariato, sono state altrettanto corrisposte, con le determine del responsabile del servizio C. nn° 132 e 133 del 09.03.1999 e nn° 354 e 355 del 24.05.1999, entrambe le suddette somme (al netto di Iva) di £.146.000.000 e £.200.110.020, a cagione dei surriferiti costi aggiunti, rispettivamente per trasporto dei Rsu e sostituzione dei medesimi quattro dipendenti comunali".

Ha allegato, inoltre, l'organo requirente che, "solo a partire dal 01.01.2000, detto canone annuo, giusta delibera commissariale n° 133 del 02.05.2000 (seguita dalla determinazione di relativa esecuzione n° 405, emessa dal suddetto responsabile del servizio il 31.05.2000) è stato elevato dall'importo di £.1.930.000.000 (iva compresa) a quello di £.2.468.581.155 (parimenti comprensivo di Iva) al netto della quota costo cassonetti di £.9.731.330 (sempre al lordo di Iva) per effetto del riconoscimento, in favore dell'appaltatrice, sia della relativa revisione, come contemplato dall'articolo 10 del contratto d'appalto, pari a £.158.636.678 e sia delrispettivo aggiornamento, attribuito ai sensi del su richiamato articolo 19 del Csa in ragione di £.388.791.464, atteso che, nel periodo 01.01.1998 — 31.12.1999, i diciotto dipendenti comunali, in servizio all'atto dell'assunzione dell'appalto, si erano nel frattempo ridotti di sei unità" ciò che ha pure determinato "per via della cessazione fra il 01.04 ed il 01.05.2000 di altre tre unità, l'autorizzazione alla medesima appaltatrice con successiva delibera commissariale n° 14 del 01.06.2000 di sostituirli con sette operai propri (quattro dal 01.06.2000 e tre dal 15.06.2000), comportando il consequenziale adeguamento ulteriore in ragione di £.113.397.510, attribuito dal 01.06.2000, cui è seguita l'altra determinazione n° 567, adottata dal responsabile del servizio il 20.07.2000, onde procedere, per effetto di tali sostituzioni, alla rimodulazione del connesso impegno di spesa, per un verso, ridotto, per quelle operate fino al 30.06.2000, di £.36.686.840 rispetto all'altro di £.73.373.680, precedentemente assunto con determina n° 269 del 07.04.2000 e, per l'altro, confermato, nella misura di £.108.357.700 per quelle in corso di esecuzione fino al 31.12.2000".

Ha esposto la Procura che "nondimeno, di fronte alle richieste avanzate, in relazione al 1999, dalla concessionaria in date 29 e 30.12.1998, nonché al successivo sollecito del 07.11.2000, il responsabile del servizio dott. C. con propria relazione e conforme parere di regolarità tecnica, propose al Commissario straordinario, che vi provvide dopo il concorde parere favorevole espresso dal Direttore di ragioneria dott. F.C., mediante la deliberazione n° 163 del 28.11.2000 — preceduta dall'avviso in p.d. peraltro ultroneo e perciò di scarso significato di due dei tre revisori dei conti e seguita dalla determinazione n° 918 del 22.12.2000 di relativa esecuzione, da parte del medesimo Comandante di P.M.C. — di corrispondere alla concessionaria le somme di £.54.252.000 (Iva inclusa) e di £.21.174.940, concernenti, rispettivamente, una quantità superiore di Rsu smaltita nel '98 (in ragione di 829 tonnellate in più rispetto alle 7.850 preventivate in contratto) e maggiori oneri riconosciuti alla stessa appaltatrice, dopo aver riscontrato i dati Istat relativi agli aumenti che si sarebbero verificati nei vari componenti il costo dell'appalto, al netto della suddetta alea del 10%, ossia nella manodopera, durante il periodo gennaio 1997 / ottobre 1998, con riferimento ai parametri desumibili dal correlato Ccnl del 02.08.1995: ovvero nelle spese di esercizio dell'appalto,nel corso del biennio 96/98, oppure nello smaltimento dei rifiuti nell'altro biennio gennaio 1997 / gennaio 1999" e che "questo secondo importo di £.21.174.940 (sempre al lordo di Iva) è stato, inoltre, accordato a tale società privata anche per il 2000, per le medesime ragioni dianze esposte, tanto da essere dapprima, ricompreso fra i debiti fuori bilancio, riconosciuti dal Consiglio Comunale con deliberazione n° 55 del 21.12.2001 (adottata su conforme relazione del su generalizzato Capo del Settore P.M. AA.PP. e Igiene C. e dopo aver previamente acquisito, in data 18.12.2001, il referto di regolarità contabile del Dirigente del Servizio finanziario, nella persona del dott. F.C. e, in data 20.12.2001, il parere favorevole di due soli dei tre sindaci revisori) e poi erogato, mediante l'altra determinazione del Capo della medesima ripartizione P.M., AA.PP. e Igene, C., n° 1074 del 31.12.2001".

Secondo l'organo requirente siffatto scenario si sarebbe "sostanzialmente riproposto per l'anno 2001, dal momento che il ridetto canone annuo, già aggiornato a £.2.468.581.155 (Iva inclusa) è stato aumentato una seconda volta, con delibera di G.M. n° 120, adottata il 13.12.2001, sempre su conforme relazione del competente capo del Servizio di P.M. C. a £.2.886.965.479 (iva inclusa), dopo aver detratto il ridetto corrispettivo per i cassonetti (al lordo di Iva) di £.9.731.330", in quanto si sarebbe "provveduto a riconoscere in più all'appaltatrice, su sue espresse richieste del 29.12.2000 e del 04.09.2001 (annotate nel registro protocollo del Comune ai nn° 18731/ 2000 e 13076/2001), le ulteriori somme (sempre al lordo di Iva) di £.259.866.464, per aver sostituito, a mente dell'articolo 19 del capitolato speciale, quattro ex dipendenti comunali, e di £.137.342.922 per l'aumento del 5,1% che sarebbe stato riscontrato nella variazione dell'indice Istat dei costi durante il periodo gennaio — dicembre 1999, giusta articolo 10 del contratto, nonché l'altro importo solito di £.21.174.940 (Iva compresa) riconosciuto ancora una volta per maggiori oneri ascrivibili alle variazioni intervenute fino al 1999, disponendo, poi, il predetto responsabile C. dell'attinente Settore, mediante le determinazioni nn. 1052 e 1032 del 31.12.2001, i conseguenti impegno e liquidazione sia del relativo importo totale di £.418.384.325 e sia l'altra somma di £.13.991.822 dovuta per la sostituzione di un altro dipendente comunale, cessato per pensionamento dal 01.04.2001".

Ha esposto l'attore pubblico che "quasi contemporaneamente, con l'altra delibera n° 119 del 13.12.2001, la Giunta Municipale — nel prendere atto, dalla relazione di quest'ultimo funzionario, che lo smaltimento dei Rsu in seguito alla chiusura della discarica (...) di Castellaneta, era stato effettuato, giusta ordinanza n° 1 del 06.03.2001 del Presidente della Regione Puglia, emessa nella sua qualità di Commissario delegato per l'emergenza rifiuti, presso l'altra discarica di proprietà della (...). Srl sita in Altamura — ha deciso, con i concordi pareri di regolarità tecnica, nonché contabile ed amministrativa, forniti, rispettivamente, dal Capo del competente Settore P.M. C. nonchè dal responsabile di ragioneria C. ai sensi degli articoli 49 Dlgs 267/2000 e 2 Dlgs 286/1999, di riconoscere alla (...), al precipuo scopo di compensarla di siffatto costo suppletivo, l'altra somma (al lordo di Iva) di £.173.174.180, pari ad €.89.437, corrispondente cioè alla maggiore differenza di £.25.108 per ogni tonnellata Rsu smaltita delle 6.922 preventivate nel periodo 01.03 — 31.12.2001, rispetto al relativo costo unitario analogo di £.80.256, asseritamene attribuito in precedenza a questa ditta nel canone" e che "anche in tal caso all'impegno ed alla liquidazione di questa spesa ha poi proceduto il responsabile del Settore con propria determinazione n° 1031 del 24.12.2001".

Ha dedotto la Procura regionale che "benché nel corso del 2002 il suddetto canone annuo, già adeguato nell'anno precedente in ragione di £.2.895.812.143, pari ad €.1.495.562, non sia stato in apparenza incrementato, tuttavia sono stati riconosciuti all'impresa appaltatrice, con delibere di giunta del 31.12.2002 nn° 240 e 241 (emanate su conformi relazioni del ridetto Capo Settore P.M. C. e predetti pareri di regolarità tecnica, contabile ed amministrativa espressi da quest'ultimo funzionario e dal responsabile di ragioneria C.) gli ulteriori accrediti pari ad €.25.359,97 per aver surrogato altri due dipendenti comunali" e di €.116.562,62 riveniente "dal totale delle altre spese di €.44.540,12 più €.72.022,50 con la precisazione che la prima (di €.44.540,12) corrisponde alla sommatoria di €.19.639,71 per Rsu smaltiti fino al 07.05.2002 presso la discarica di Altamura, nella misura di 3.264,29 tonnellate, più €.24.900,41 occorsi per uguale conferimento, dall'08.05.2002 al 31.12.2002, al maggior costo unitario di €.5,43 delle 4.585,71 tonnellate rimanenti delle 7.850 previste nel progetto — offerta, presso l'altra discarica di Conversano, a seguito della successiva ordinanza emessa, in data 07.05.2002, dal medesimo Commissario delegato all'emergenza rifiuti, per via del rispettivo nuovo maggior costo unitario per tonnellata di €.53,35 (Iva inclusa) rispetto a quello minore di partenza di €.47,92 (Iva inclusa), mentre la seconda (di €.72.022,50) attiene allo smaltimento della maggior quantità di 1.350 tonnellate di Rsu preventivata, per quello stesso anno 2002, rispetto alla quantità massima fissata nel progetto offerta in 7.850 tonnellate" e che "il funzionario responsabile del Settore P.M. C., pur avendo provveduto, dal proprio canto, ad impegnare in p.d. 31.12.2002 il surriferito importo complessivo di €.141.922,19 (Iva inclusa) mediante le proprie determinazioni n° 1181 (per €.25.359,57), n° 1163 (per €.44.540,12) e n° 1165 (per €.72.022,50) ha tuttavia disposto la liquidazione e poi il contemporaneo pagamento solo delle prime due di queste somme , mentre la terza è stata erogata in prosieguo, in data 01.04.2003, nel minore ammontare di €.57.115,97 giusta corrispondente fattura n° 212/03 del 19.03.2003".

Ha allegato, inoltre, l'organo requirente che "anche nel 2003, nonostante che il canone sia rimasto ancora immutato, rispetto al 2002 ed al 2001, la giunta comunale di Acquaviva, con proprio provvedimento deliberativo n° 284 del 30.12.2003 (adottato sempre su concorde relazione ed attestato di regolarità tecnica del Capo del competente Servizio di P.M. C., nonché su conforme parere di regolarità contabile del responsabile della ragioneria, nella diversa persona del vice ragionere M. P. Z.) ha riconosciuto in favore della (...), tali maggiori oneri, consistenti sia nella somma totale di €.42.656,90 ovverosia la differenza di €.5,434 rapportata al maggior costo di smaltimento delle 7.850 tonnellate di Rsu previste nel progetto offerta, per quello stesso anno 2003, e sia nell'altra su notata spesa complessiva di €.72.002,50, riveniente dal dover smaltire, in quello stesso anno 2003, l'ulteriore quantità suppletiva di 1.350 tonnellate, rispetto a quella ordinariamente preventivata, come testè accennato, di 7.850 tonnellate anno" e che "nel frattempo, il responsabile del pertinente servizio, dott. C., con tre distinti prospetti di liquidazione tecnica dell'08 e 27.10.2003, ha provveduto a saldare altrettante fatture del 30.09.2003 nn° 830, 831 e 881 , rispettivamente di €.6.817,14, €.124.211,36 ed €.8,748,30 spiccate dalla (...) per costo di trasferimento, canone di quello stesso mese ed ecotassa di cui all'articolo 3 legge 549/1995".

Tanto premesso in punto di fatto, la Procura, evidenziato che "da quanto finora esposto emerge un dato irrefutabile" e cioè che "nei sei anni di normale durata del relativo contratto, dal 01.01.1998 al 31.12.2003, insieme al canone annuale base, corrisposto in ragione di £.11.580.000.000 (£.1.930.000.000 x 6) — a prescindere dal costo del trasporto dei Rsu presso le tre diverse discariche allocate fuori dal territorio comunale, di £.874.400.000, pari ad €. 451.589,91, nonché all'ecotassa di £.1.733.095.341 pari ad €.895.069, quest'ultima, peraltro, dagli effetti neutri per le pubbliche finanze, poiché viene riscossa presso il Comune servito dalla concessionaria e poi versata all'Ente territoriale impositore — sono state erogate, per adeguamenti di vario genere, detratto il costo dei cassonetti di £.53.079.984 (£.8.846.664 x 6 anni) , ulteriori somme, ammontanti, nel complesso, al lordo di Iva, a £.4.691.191.271, pari ad €.2.422.798, così suddivise: a) £.1.152.450.124 pari ad €.595.191 per la revisione del canone accordato in base all'articolo 10 del contratto d'appalto; b) £.2.892.431.048 pari ad €.1.493.816 per la sostituzione degli operatori ecologici comunali, via via cessati dal servizio per varie ragioni, disposta nel tempo dall'impresa appaltatrice con proprio personale, giusta articolo 19 capitolato speciale d'appalto; c) £.304.298.945, pari ad €.157.157, per le quantità di Rsu smaltite nelle discariche, in misura asseritamene superiore (ossia 3.529 tonnellate in totale di cui 829 nel '98 e 1350 in ciascuno dei due anni 2002 e 2003) a quella di 7.850 tonnellate per anno, prevista in origine dal progetto — offerta; d) £.342.011.154, pari ad €.176.634 per il maggior costo di smaltimento verificatosi nelle due fasi di passaggio del conferimento dei Rsu dapprima dalla discarica (...) di Castellaneta a quella della (...) di Altamura e, poi, da quest'ultima a quella di proprietà della medesima Società (...), sita in Contrada Martucci di Conversano", ha dedotto che, a suo parere, "quanto meno per il momento, hanno costituito verosimili ipotesi di danno per l'erario del Comune di Acquaviva delle Fonti i maggiori esborsi poc'anzi elencati ai precedenti punti a), c) e d), rispettivamente ammontanti ad €.595.191, €.157.157 ed €.176.634, cui corrispondono le somme, al netto di Iva, di €.541.100, €.142.870 ed €.160.576, per l'importo totale di €.844.546.

Con riferimento alla prima delle suddette poste di danno, l'organo requirente, premesso che "le diverse prescrizioni contenute nel Csa postulavano nitidamente che il suddetto prezzo di £.1.930.000.000 (Iva inclusa) era stato fissato a corpo e non già a misura", in quanto detto disciplinare "nel relativo articolo 2, nel determinare l'oggetto del contratto di appalto in esame, ai punti 13, 14 e 15, vi comprendeva, rispettivamente il "trasporto di tutti i rifiuti urbani e di quelli assimilabili indicati ai numeri 1, 2, 4, 6, 9 (fatta eccezione delle carogne di animali)" ovvero "conferimento per lo smaltimento finale di tutti i rifiuti raccolti e trasportati ad idoneo impianto di smaltimento autorizzato ai sensi del Dpr n° 915/1982 e della Lr Puglia n° 30/1986" oppure "raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali assimilabili agli urbani prodotti dalle utenze agricole, di servizio, commerciali e/o artigianali, con le quali la Impresa concessionaria potrà stipulare apposite convenzioni ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del Dpr 915/1982" di talché, oltre a contemplare al susseguente articolo 30 che "il concessionario ha l'obbligo di trasportare tutti i rifiuti indicati ai punti 1, 2, 4, 11 e 12 (fatta eccezione per le carogne di animali) dell'articolo 2 raccolti fino al punto di smaltimento nello stesso giorno in cui viene effettuato il servizio di raccolta…." e che l'appaltatrice "ha, altresì, l'obbligo di provvedere allo smaltimento finale dei rifiuti…", a pag. 58 del progetto offerta, come dianzi accennato, la (...) poteva proporre che "tutti i rifiuti raccolti saranno conferiti, entro lo stesso giorno in cui viene espletato il servizio, ad impianto di smaltimento autorizzato ed indicato al servizio del bacino di utenza BA/03 in ottemperanza alla Lr 17/93"", ed inoltre, "negli articoli 6, 2° e 3° co., e 14, 1° co. lettere a) e b), si stabiliva che il surriferito canone, da un lato, avrebbe dovuto intendersi "remunerativo di tutti gli oneri ed obblighi assunti contrattualmente, relativamente all'esecuzione dei servizi indicati in capitolato" oltre ad essere comprensivo di "tutte le spese dirette ed indirette per il personale compresi i contributi e gli accantonamenti" e, dall'altro, sarebbe stato "adeguato a richiesta di una delle parti, soltanto ove, in costanza del rapporto contrattuale, si avveri una delle seguenti condizioni: a) aumento o diminuzione oltre il 5% della popolazione residente, fruitrice del servizio di ritiro dei Rsu , tenendo conto del numero degli abitanti assunti come base all'inizio dell'appalto che risulta essere di n° 21513 come da statistica mensile dell'Ufficio Stato Civile; b) ulteriori oneri imprevedibili, derivanti dall'applicazione di nuove normative dello Stato e/o della Regione circa le modalità di espletamento dei servizi di smaltimento di Rsu e/o assimilabili", ha allegato che "ciò nonostante, attraverso l'inserimento nel contratto siglato nel novembre 1997, di quella peculiare formulazione del summenzionato articolo 10, dal tono per vero contraddittorio, perché, oltre ad ivi contemplare, come prima osservato, la revisione del prezzo o canone di contratto "in caso di variazione dei costi, secondo le modalità appresso indicate, in conformità a quanto previsto dal 4° co. dell'articolo 44 della legge 724/1994" susseguentemente s'operava un richiamo, del tutto insolito ed improprio, anche alle "disposizioni di cui agli articoli 1664 e 1467 del C.c."", si sarebbe impresso "all'appalto in parola una sostanziale alterazione, risultata indebita, perché non coerente con le testé ridette norme del Csa" per cui "non a caso in quella clausola contrattuale di soggiungeva pure, difformemente da quanto enunciato in quest'ultimo regolamento approvato dal Consiglio Comunale il 12.04.1996 che "il canone di appalto sarà revisionato a richiesta di una delle parti contraenti soltanto ove, in costanza del rapporto contrattuale, si avveri una delle seguenti condizioni: a) aumento o diminuzione del costo unitario della mano d'opera del personale con riferimento alla data dell'offerta; b) aumento o diminuzione del costo unitario dei costi d'esercizio degli automezzi con riferimento alla data dell'offerta a) aumento o diminuzione dei costi del materiale di consumo con riferimento alla data dell'offerta.Salvo quanto disposto al 6° comma dell'articolo 44 della legge 724/1994 in mancanza della pubblicazione dei dati Istat in esso previsti, la revisione del canone per le cause di cui al punto a) dovrà essere riferita alle variazioni subite a causa dei rinnovi del Ccnl La revisione di cui al punto b) dovrà risultare dagli indici generali dei prezzi Istat alla voce prezzi al consumo — trasporto e comunicazioni.La revisione di cui al punto c) dovrà essere rilevata dall'indice di costo stabilito dal bollettino Istat alla voce prezzi al consumo — altri beni e servizi. La revisione del canone sarà in tali casi accordata solo alla fine di ciascun anno solare, previa richiesta motivata e documentata, tenendo presente anche le indicazioni di cui al comma precedente, da presentarsi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre di ciascun anno per la percentuale della variazione intervenuta sui costi complessivi di esercizio indicati nell'offerta, dedotto il 10% quale alea contrattuale.Tale detrazione avverrà solo la prima volta dopo l'aggiudicazione dell'appalto"".

Né — sempre secondo l'organo requirente — si può "ignorare in proposito che le due leggi quasi gemelle emanate nel '92, a distanza di pochi mesi, in tema di risanamento della finanza pubblica, dettando dapprima misure urgenti con L.359/1992 (di conversione del Dl 333/1992) e poi, a completamento di detta precedente manovra, ulteriori interventi urgenti, mediante la successiva legge 498/1992 — avevano comportato, con i rispettivi articoli 3 , 1° co. e 15 u.c. la parziale abrogazione dell'articolo 33 legge 41/1986 (espunto totalmente e definitivamente in prosieguo con il 2° comma dell'articolo 26 della legge 109/1994) e perciò la rivisitazione radicale del più antico, ma ormai logoro, strumento della revisione prezzi; nato, come noto, con l'articolo 326 dell'antica legge legge 2248/1865 all. F, nell'ambito però dei soli appalti di oo.pp." ma che "a causa della rispettiva valenza specifica nei contratti ad evidenza pubblica, non fu in un primo tempo ritenuto applicabile, dalla giurisprudenza, neppure in via analogica, agli appalti di servizi, quantunque già con l'entrata in vigore del Rd 13.06.1940 n° 901 (convertito nella legge 26.01.1940 n° 1676) fosse stato esteso alle pubbliche forniture", nondimeno siffatto vuoto legislativo sarebbe stato "ricolmato nel frattempo dalla giurisprudenza, attraverso l'estensione, anche a quest'ultima categoria di appalti, del tradizionale meccanismo della revisione prezzi, mutuato però dalla normativa civilistica, anche perché il 1° co. dell'articolo 1664 s'era comunque, rivelato metodo efficace per assicurare, anche in siffatta tipologia di contratti pubblici, allora atipica, un assetto teso a garantire, così come nel settore degli appalti privati, il sinallagma contrattuale, ma solo nel caso di variazioni imprevedibili degli elementi costitutivi del prezzo, specie allorquando gli indici inflattivi s'erano mantenuti su livelli alquanto alti", sennonché — sempre a detta dell'organo requirente — nel tempo e nella prassi burocratica, tale istituto si sarebbe "venuto, però, traducendo man mano, come altrettanto noto, in un fenomeno notevolmente distorsivo per le pubbliche finanze, benché con l'introduzione del c.d. "prezzo chiuso" (ma solo per i contratti infrannuali) attraverso il succitato articolo 33 legge 41/1986, si fosse tentato, in un primo tempo, di porvi in qualche modo rimedio, senza tuttavia conseguire risultati che potessero rivelarsi concretamente apprezzabili" donde la necessità "in momenti eccezionali, come allora, di siffatti interventi legislativi che, seppur traumatici, produssero tuttavia da subito i riverberi sperati sul pubblico erario, soprattutto in favore delle stazioni appaltanti di oo. pp., perché a più rapida ed immediata esecuzione", mentre non altrettanto efficaci si sarebbero rivelati "però, specie per le imprese appaltatrici private, nei contratti di durata" , per cui, "per quest'ultimi, ad esecuzione, cioè, periodica o continuata, è intervenuto subito dopo il 6° co. dell'articolo6 della successiva legge 24.12.1993 n° 537 (finanziaria del '94) che, nell'intento di contemperare le esigenze reciproche delle parti ed evitare giustappunto il pericolo delineato dall'articolo 1467 C.c. di una loro risoluzione per eccessiva onerosità, ha opportunamente soggiunto, in seguito alla più recente modifica ivi apportata dall'articolo 44 dell'altra susseguente legge 23.12.1994 n° 724 (finanziaria del '95), che essi "debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo", da operarsi sulla scorta di "un istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione dei beni e dei servizi" , cui è poi seguita, con il 5° comma dell'articolo 15 della legge 23.12.1998 n° 498" — rectius: della legge 23.12.1992 n° 498 — " l'ulteriore eliminazione della facoltà di ricorrere al predetto "prezzo chiuso"".

Con specifico riferimento al caso di specie, l'organo requirente ha allegato che "l'aver quindi sussunto — i funzionari del Comune di Acquaviva ed in particolare il responsabile del Servizio P.M. AA.PP. ed Igiene, dott. C., come firmatario del contratto d'appalto, in rappresentanza del Comune, nonché il Segretario generale dott. O., quale ufficiale rogante, il metodo di calcolo della revisione di tale canone, non soltanto nel testé citato articolo 44 della l. 724/1994 -il cui richiamo, perché vigente, doveva rimanere esclusivo, ma anche alle disposizioni riportate nel ridetto articolo 1664 C.c. dal significato tutt'affatto dissonate", avrebbe "soprattutto introdotto una palmare contraddizione che, insieme alla su accennata sovversione, inopinatamente recata ai criteri di rispettiva determinazione, adeguamento e corresponsione, avrebbe finito per generare effetti abbastanza devastanti, tali, da provocare poi, nel quotidiano operare, il predetto aggravio di spesa per le pubbliche casse del Comune in argomento", anche perché, come lo stesso Requirente avrebbe appurato, nel corso delle proprie indagini, non sarebbe "mai stata ivi svolta, da parte dell'appena nominato responsabile del competente servizio, alcuna previa istruttoria", in quanto detto canone sarebbe stato "man mano revisionato , applicandovi l'alea del 10%, prevista dal succitato articolo 1664 del C.c., sulla scorta di mere richieste, note e fatture di volta in volta trasmesse dall'appaltatrice, ed accettate, acriticamente ed indiscriminatamente, dai competenti dipendenti comunali, senza mai trovare da frapporre e/o sollevare alcuna obiezione al riguardo e senza neppure impedire, per altro verso, che il rappresentante legale della (...) potesse, in prosieguo, pretendere, come più di recente avvenuto, anche la rifusione delle somme corrispondenti a tale alea, indebitamente, a suo dire, detratte nel tempo".

Sempre secondo l'organo requirente, sarebbe, d'altro canto, fuori dubbio che "già dal 12.07.1992, allorquando entrò in vigore il surrichiamato Dl 333/1992, il cui articolo 3 1° co. già conteneva la triplice cogente prescrizione abrogatrice, in linea principale, del 3° co. del ridetto articolo 33 legge 41/1986 e modificatrice, in via consequenziale, degli altri due commi 2° e 4° — doveva ritenersi del tutto eliminato di diritto, per motivi di ordine pubblico finanziario, giusta articolo 1339 C.c., quel criterio di computo della revisione dei prezzi o canoni dei contratti pubblici, specie quelli a prestazione continuata, sancito nel ridetto susseguente articolo 1664", sicché, allorquando, a fortiori, i due su generalizzati impiegati il 03.11.1997 ebbero a siglare, direttamente, il C. e per rogito l'O., il contratto d'appalto del servizio di igiene urbana in esame, avrebbero dovuto limitarsi "ad includere, nel novero delle redigende pattuizioni, la revisione periodica del canone secondo i nuovi specifici criteri dettati dal già menzionato articolo 44 della legge 724/1994, escludendo, del tutto, qualsiasi richiamo, in tal guisa ultroneo, alle omologhe norme civilistiche, rese oramai del tutto inapplicabili a qualsiasi tipo di contratto delle pubbliche amministrazioni, specie a quelli per servizi, che normalmente sono a prestazione continuata eppertanto a durata pluriennale" considerato, che apparirebbe "molto difficile opinare sull'indubbia funzione innovatrice ed oltremodo imperativa, di quest'ultima norma, in tema di revisione periodica dei canoni" che— sempre a detta dell'organo requirente — avrebbe profondamente rivisitato, in maniera precipua per siffatti tipici contratti di appalto di servizi pubblici, il meccanismo di determinazione del relativo quantum debeatur, fondato soltanto su parametri obiettivi riscontrabili, di volta in volta, dai dirigenti degli uffici competenti, come tuttora contempla il su mentovato 4° co. del medesimo articolo 6 della precedente legge n° 537/1993 (dopo la sostituzione apportatavi da tale articolo 44 della più volte citata legge 724/1994) piuttosto che su vetusti preesistenti meccanismi automatici, basati, invece, giusta 1° co. del già richiamato articolo 1664 C.c. sulla mera richiesta della ditta appaltatrice" anche perché, nella specie difetterebbe, "oltretutto l'altro postulato essenziale, insito anche nel precedente articolo 1467" e cioè "l'imprevedibilità nell'aumento dei costi di esercizio dell'appalto, quanto soprattutto a manodopera e manutenzione mezzi".

In altri termini, secondo l'attore pubblico, "costoro, aggiungendo scientemente al richiamo, per vero doveroso, di tale articolo 44 legge 724/1994 anche quello assolutamente ingiustificato dell'articolo 1664 C.c." avrebbero "inteso deliberatamente introdurre in quel contratto, un evidente ossimoro nel callido intento di annullare, per un verso, la portata riformatrice di detta novella e di perpetuare, per l'altro, l'utilizzo del tradizionale criterio tradizionalmente previgente, ancorché quest'ultimo, per il noto antico principio lex specialis derogat generali, da diversi anni fosse stato ormai soppiantato dal sistema degli appalti ad evidenza pubblica"; né essi — sempre a detta dell'organo requirente — si sarebbero "minimamente preoccupati degli eventuali profili di nullità, per lo meno parziale, che una soluzione negoziale simile, per la sua palmare contraddittorietà, avrebbe potuto in seguito prospettare, ai sensi dell'articolo 1419 C.c., anche perché il nuovo metodo di calcolo della revisione del prezzo o canone nei contratti d'appalto, ad esecuzione periodica o continuata, postula che essa sia influenzata non più, come pattuito nella specie, solo da variazioni degli attinenti costi di mano d'opera, ovvero d'esercizio degli automezzi e/o di acquisto dei materiali di consumo, bensì da una più vasta oscillazione, nell'andamento dei relativi prezzi di mercato, di categorie molto più ampie degli afferenti fattori di costo, di guisa che, pur risultando talvolta incrementati i tre costi unitari, potrebbero tuttavia essersi nel frattempo verificate anche diminuzioni in tutti gli altri, tanto da non dar luogo, nell'assetto generale ed equilibrato delle reciproche prestazioni contrattuali, ad alcuna rivisitazione in aumento del canone, se non addirittura produrne una riduzione, in favore della stazione appaltante, come, peraltro, postula la ratio sottesa a tale novella" e, d'altronde, sarebbe "irrefutabile che le prescrizioni contenute in quel 4° co. del mentovato articolo 6 legge 537/1993 (dopo le modifiche recate dal più volte richiamato articolo 44 legge 724/1994) siano dirette ad instaurare un regime legale tipico e compiuto, totalmente diverso dal tradizionale contemplato dall'articolo 1664 C.c., con oggetto definito e condizioni di applicabilità individuate con estremo rigore dal legislatore di talché al suo interno è molto ben precisata la categoria di contratti in esso sussumibile e sono altrettanto netti i termini esatti per determinare an e quantum debeatur di revisione periodica riconoscibile, ispirata, a differenza del passato, al metodo della determinazione oggettiva del "miglior prezzo contrattuale" per entrambe le parti contraenti, così come sono nitidamente dettati, per gli uffici ed organi della P.A. deputati ad accordarla, criteri e procedimento per calcolarla, senza subire invadenze esterne, pure da parte dell'impresa appaltatrice, ancorché potenziale beneficiaria, interessata, semmai, solo a richiederla ed eventualmente ad ottenerla" e "che tutto ciò, nella specie, non sia affatto avvenuto", troverebbe conferma "oltre che nella circostanza del mancato rinvenimento, da parte della Guardia di Finanza" — incaricata dalla Procura regionale di svolgere apposite indagini in proposito — "presso l'Ufficio di P.M. di Acquaviva, di alcun documento e/o atto comprovante la predetta autonoma istruttoria che il rispettivo responsabile avrebbe dovuto ivi svolgere, a sua esclusiva cura e secondo le nitide prescrizioni legislative, quanto dalla relazione conclusiva redatta dai tre funzionari nominati dal Prefetto di Bari, nell'esercizio del proprio potere ispettivo, di cui al 7° co. dell'articolo 59 del t.u., 18.08.2000 n° 267, al di là del tentativo, pervero maldestro, del C. di scaricare poi ogni responsabilità, per siffatta evidente omissione — come da lui asserito nel corso della propria audizione personale, svoltasi in data 15.06.2004, presso la sede del locale Nucleo regionale di P.T. — su un proprio collaboratore, il maresciallo della P.M. Paradiso" che peraltro, "ha di contro, dichiarato, a propria volta che i compiti affidatigli .con determinazione del proprio superiore gerarchico, ovverosia del C., n° 499 del 19.07.2001 e da lui svolti riguardavano la mera predisposizione di atti afferenti alla sola gestione economica dell'appalto, consistenti in impegni di spesa e connessa liquidazione, mentre l'istruttoria contemplata dall'articolo 44 della L.724/1994, per il riconoscimento alla (...) della revisione di cui all'articolo 10 del contratto, consisteva in buona sostanza nel limitarsi, il C., a recepire la richiesta avanzata dalla detta appaltatrice, con la documentazione contabile allegata da quest'ultima di volta in volta, trasponendola poi nelle proprie relazioni accompagnatorie delle proposte di deliberazione di Giunta o commissariale e/o correlati pareri tecnici" mentre deputato "ad effettuare in base alla determina n° 947 del 30.12.1999 dello stesso C., i controlli previsti dall'articolo 21 del capitolato speciale d'appalto, ivi compresi quelli attinenti al peso effettivo dei Rsu raccolti, trasportati e sversati in discarica", sarebbe stato, invece, il dott. legge , addetto all'Ufficio Ambiente ed Ecologia, "anche dopo che gli era stata accordata la mobilità, con cambiamento di mansioni e del profilo professionale".

Con riferimento alla surriferita seconda posta di danno, l'organo requirente, premesso che "la quantità di Rsu mediamente producibile ogni anno in quella cittadina era stata stabilita nei dati di base contenuti nel progetto offerta (cfr. pag. 5) a suo tempo presentato dalla (...), in ragione di 7.850 tonnellate, quale produzione media di 1 kg. per abitante/giorno di rifiuti urbani" e che "essa, in prosieguo, sarebbe potuta pur risultare incongrua, perché rapportata, a mente dell'articolo 14 del capitolato speciale d'appalto, al numero di 21.513 abitanti, assunto come elemento demografico di partenza dell'appalto, se però negli anni seguenti si fosse riscontrato in tale fattore un incremento più che esponenziale con il contemporaneo ampliamento di utenze in generale e non, per converso, come realmente avveratosi, un aumento abbastanza inconsistente e, perciò, poco influente" in quanto "come asseverato dai militari della Guardia di Finanza presso gli uffici demografici di quel Comune, il numero dei rispettivi abitanti nel 1998, 2002 e 2003 è si accresciuto, ma non in maniera tanto rilevante da giustificare tali ricarichi, atteso che è passato, rispettivamente, a 21.740, 21.612 e 21604" ed "anzi il numero delle utenze attinenti ad attività economiche (artigianali, commerciali e di servizi) che nel suddetto progetto offerta erano state stimate in 746 (ovverosia il 10% delle 7.461 familiari) " benchè in progressivo aumento, sarebbe risultato costantemente inferiore alle stime iniziali, ed evidenziato che "la richiesta avanzata dall'appaltatrice non ha riguardato tutti i sei anni di durata del contratto, bensì, per saltum, solo gli anni 1998, 2002 e 2003, da cui è conseguito il riconoscimento del corrispondente maggior costo per il tonnellaggio superiore", ha dedotto che, a proprio avviso, "siffatto aumento, indipendentemente dai giornalieri c.d. bindelli di spesa, non era affatto dovuto alla concessionaria, proprio perché la popolazioni ivi residente, in ognuno dei sei anni, dal 1998 al 2003, di durata del contratto, giusta lettera a) del summentovato 1° co. articolo 14 del Csa non è mai aumentata più dell'aliquota del 5% ossia di oltre 1076 abitanti, dei 21.513 — assunti come elemento di base all'inizio dell'appalto, cui erano state giustappunto rapportate le 7.850 tonnellate, corrispondenti alla produzione media di rifiuti urbani, per abitante/giorno di 1 kg. predefinita a pag. 5 del ridetto progetto offerta — che avrebbe potuto in qualche modo legittimarlo" allegando, inoltre, che "tenendo perciò conto dell'incremento rilevato della popolazione, per lo meno in quei tre anni (1998, 2002 e 2003) non si possono ritenere, comunque, giustificate le tonnellate asseritamene prodotte in più in ragione di 829 nel 1998 e nella misura di 1.350 tonnellate in ciascuno degli anni 2002 e 2003 atteso che, in quegli stessi anni gli abitanti sono aumentati, rispetto al predetto dato di partenza di 21.513, di appena 227, 99 e 91 unità, sicché al dì là del rilievo di fondo testé contestato, sull'insussistenza totale perché non spettante, di qualsiasi rincaro al riguardo, il maggior tonnellaggio che si sarebbe potuto tutt'al più ammettere, oltre quel limite prestabilito di 7.850 tonnellate, non poteva che essere rispettivamente di 82,8, 36,1 e 33,2 tonnellate" ciò che — sempre a detta dell'organo requirente — dimostrerebbe "ancor più che anche sotto quest'ultimo aspetto il controllo da parte della Polizia Municipale di Acquaviva, come sì è potuto accertare, anche da parte degli Ispettori della Prefettura, o è stato molto labile o è stato addirittura del tutto inesistente, al punto di non peritarsi di esperire alcuna verifica, neppure a campione, sul peso fisico dei Rsu, diuturnamente raccolti in paese, trasportati e poi sversati in discarica, come invece ci si sarebbe dovuto attendere, tenuto conto che, in proposito, proprio l'articolo 21 del Csa ne prevede l'effettuazione, quantunque in contraddittorio con i rappresentanti della ditta appaltatrice".

Ha dedotto l'organo requirente che "alla stregua di simili inequivocabili prescrizioni e, soprattutto di quella riportata nella predetta lettera a) dell'articolo 14 dello stesso Csa , non è parimenti revocabile in dubbio che la responsabilità, anche per questa seconda ipotesi di danno, debba essere ascritta innanzi tutto e soprattutto, al responsabile del servizio, ovverosia al già generalizzato dott. C., per aver egli omesso, con grave colpa, di esperire direttamente ovvero di disporre che i propri collaboratori, da lui incaricati, esplicassero, in sua vece, ogni accertamento effettivo sulle reali risultanze giornaliere del peso di tali quantità di Rsu trasportati e smaltiti in discarica", ciò che risulterebbe dalle dichiarazioni, fornite in tal senso, in data 26.05.2004, dinanzi ai militari della Guardia di Finanza, dai rappresentanti della stessa (...) e della (...). Srl, ma anche, a contrario, da quanto preminentemente asseverato nelle varie relazioni trimestrali redatte dal dott. legge fra il 2001 ed il 2003 e vistate con la propria sottoscrizione dal C., oltre che dalle ammissioni rese da quest'ultimo responsabile alla P.M. durante l'altra rispettiva audizione personale svoltasi, in data 27.05.2004, presso la sede del Nucleo regionale P.T. ed "anzi, a detta del legge (durante la rispettiva audizione presso quegli stessi uffici in data 12.07.2004) alle operazioni di pesatura, cui egli non ha mai partecipato, avrebbe dovuto necessariamente presenziare lo stesso dott. C., nel cui ufficio in alcune circostanze, ed alcune volte sarebbe stato dallo stesso invitato ad apporre la propria sigla su alcune fatture e relative liste bindelli", cosa che il legge avrebbe contestato e fatto mal volentieri in quanto — a sua detta — non rientrava nei controlli di sua competenza dal momento che i suoi compiti sarebbero "limitati a controlli tecnici su tutti gli adempimenti operativi dell'appaltatore e non amministrativi ed economici delegati ad altro personale del settore P.M., dovendo egli provvedere in particolare ai controlli a campione relativi alle attività svolte dagli operatori ecologici, sia di quelli dipendenti dal comune che di quelli dipendenti dalla (...) Srl".

Ha dedotto la Procura regionale che il "tono di simili affermazioni difficilmente può adesso far venir meno le ragioni per non veder accomunato ai suesposti addebiti omissivi, già mossi al su generalizzato Comandante della P.M. C., anche lo stesso dott. legge , al di là dei rispettivi tentativi di sottrarsene, nonché il responsabile del Servizio Finanziario, dott. C., seppur entrambi in via gradata rispetto al primo", in quanto al legge "stando per lo meno al tenore dell'ordine di servizio prot. n° 1666 adottato l'08.04.1999, dal medesimo Capo della III Ripartizione C., spettava, difformemente da quanto da lui sostenuto, di curare in generale "ogni pratica inerente l'ecologia e la tutela dell'ambiente, istituendo ogni relativo procedimento amministrativo, conformemente alle normative vigenti nelle rispettive materie, nell'ambito della propria qualifica funzionale"", con la precisazione che ""tale incarico sarà espletato in autonomia operativa per quanto di competenza di questa ripartizione di P.M., adempiendo ad ogni controllo e riscontro istruttorio che riguardi l'appalto dei servizi ecologici affidati in concessione da questo Comune"" e, ancor più, nella successiva determina sopra citata n° 947 del 30.12.1999, "il che sarebbe, peraltro, comprovato dal riscontro delle numerose relazioni trimestrali da questi sempre redatte e firmate e fatte sottoscrivere dal Comandante della P.M. C., in ordine all'andamento del servizio di nettezza urbana in parola", così come — sempre a detta dell'organo requirente — al C. competeva "prima di fornire il proprio parere di regolarità contabile, sulle adottande deliberazioni sia del Commissario Straordinario n° 163 del 28.11.2000 che della G.M. n° 241 del 30.12.2002 e n° 284 del 30.12.2003, di verificare, giusta articoli 49 e 153 del t.u. delle leggi sull'ordinamento degli ee.ll. approvato con Dlgs 267/2000, non soltanto la copertura finanziaria delle erogande spese, ma anche l'esattezza dei relativi importi e la loro perfetta conformità al contratto ed ai suoi allegati, al Csa ed alla lettera d'invito, nonché al progetto — offerta della concessionaria, atteso che, con tali provvedimenti, tali Autorità politiche s'accingevano a disporre la corresponsione, in favore della ditta appaltatrice, di quanto ad essa spettante a tale titolo per il 1998, 2002 e 2003".

Con riferimento alla terza ipotesi di danno attinente al riconoscimento dei maggiori costi di smaltimento dei rifiuti nelle discariche della (...) Srl di Altamura e della (...) di Conversano, l'organo requirente, premesso che, dalla stessa, "si inferirebbe ancor più la su rilevata trasformazione del metodo di corresponsione del prezzo dell'appalto, che da essere, come già osservato, "a corpo" sarebbe stato via via mutato "a misura" procedendo alla progressiva introduzione, ad iniziativa di alcuni funzionari dell'Amministrazione Comunale appaltante, di tutta una serie di inopinate alterazioni delle pattuizioni originarie dell'appalto, così come risultavano ben delineate nel relativo capitolato speciale, nella lettera d'invito e nel progetto offerta risultato aggiudicatario, dapprima, nel contratto, come sì è innanzi considerato, e poi nella quotidiana pratica di liquidazione delle spettanze della concessionaria", ha dedotto di ritenere responsabile, di quest'ultima posta di danno, ai sensi del secondo periodo del comma 1/ter della legge 20/1994 "sia il Comandante della P.M. C. sia il Capo del servizio finanziario C., per aver essi formulato la conforme proposta — relazione ed il consono parere tecnico, il primo, nonché il concorde parere contabile, il secondo, prima che la Giunta Municipale venisse interessata, quale organo politico, alla approvazione di entrambe le summentovate delibere del 13.12.2001 n° 119 e del 31.12.2002 n° 241" in quanto inizialmente "allorquando lo smaltimento dei rifiuti veniva effettato presso la discarica di Castellaneta di proprietà della (...), nessun costo ulteriore fu corrisposto alla concessionaria, mentre il riconoscimento di tale integrazione è avvenuto, una prima volta, con detta delibera di G.M. n° 119 del 13.12.2001 (giustappunto adottata su conformi proposta — relazione e parere tecnico, forniti dal Comandante della P.M. C. che, a propria volta, emanò, poi, su conforme parere contabile del Direttore di ragioneria, C., la determinazione di relativa attuazione n° 1031 del 21.12.2001) — nella misura di £.25.018 /tonnellata (corretta poi a £.20.505 giusta delibera di G.M. 241 del 31.12.2002), oltre a quella asseritamente corrisposta in precedenza dall'appaltatrice nella misura di £.80.256 /tonnellata — in seguito al rifiuto opposto dal Sindaco del predetto Comune di Castellaneta ad usare la coesistente discarica ed alla conseguente ordinanza n° 1 del 06.03.2001 del Presidente della G.R., Commissario delegato all' emergenza rifiuti, che dovette disporre il conferimento dei rifiuti s.u. del Comune di Acquaviva presso l'altra discarica della (...). di Altamura rientrante, com'è noto, nel bacino di utenza della BA/3, a mente dell'articolo 13 della Lr 17/1993, come modificato dall'articolo 5 della successiva Lr 13/1996, cui seguì, in data 31.12.2002, l'altra analoga delibera di G.M. già citata n° 241 (adottata sempre su conforme proposta — relazione e parere tecnico del responsabile del Servizio P.M. C. che, dal canto suo, emise in p.d. la propria conseguente determinazione attuativa n° 1165, nonché su consonante parere contabile del Responsabile del Servizio finanziario C.) mediante la quale si prese atto della nuova ordinanza del 07.05.2002 del medesimo Commissario delegato all'emergenza rifiuti — che aveva deciso, sino a nuove disposizioni, che il conferimento dei rifiuti s.u. dei Comuni ricadenti nell'area del bacino BA/3 venisse effettuato presso la discarica di Conversano, in contrada Martucci, di proprietà della medesima (...) — e si procedette al riconoscimento di altri €.5,43 a tonnellata oltre al costo già attribuito fino al 07.05.2002 in ragione di £.113.000/tonnellata".

L'organo requirente ascrive tale altro addebito "sempre innanzi tutto e soprattutto al C. e poi, seppur in misura più gradata, al C. per avere il primo proposto scientemente alla giunta comunale, onde riceverne anche l'avallo, di pagare alla ditta appaltatrice siffatto ulteriore compenso, fornendo, nel contempo, con l'attinente relazione, quale responsabile del Servizio P.M. il proprio supporto tecnico giuridico determinante, pur nella consapevolezza che il costo di smaltimento dei rifiuti in discarica rientrava appieno nel suddetto prezzo annuo, complessivo ed omnicomprensivo, di £.1.930.000.000, stando, almeno alle surrichiamate inequivocabili prescrizioni contenute nel capitolato speciale d'appalto ed alle nitide indicazioni fornite nel proprio progetto offerta dalla (...), mentre al C. contesta di avere espresso, su tale argomento, il proprio verdetto, altrettanto decisivo, di regolarità contabile".

Secondo la prospettazione accusatoria, il C., "onde rendere verosimili, e perciò credibili agli occhi degli Amministratori, tali sue proposte — relazioni e connessi pareri tecnici", avrebbe "addotto, dopo averlo arbitrariamente estrapolato da detto prezzo a corpo e pertanto fisso, che il costo unitario per smaltimento Rsu fino ad allora, ossia l marzo 2001, riconosciuto nel canone d'appalto alla (...) ammontava a £.80.265 oltre Iva per tonn.", mentre fino a quel momento nulla sarebbe "stato pagato separatamente a tale titolo, in favore dell'appaltatrice, che per parte sua, eccettuate alcune lettere, in cui si spiegavano i maggiori quantitativi smaltiti nelle ultime due discariche, null'altro aveva preteso, almeno espressamente".

Il C., dal canto suo, in quanto Direttore del Servizio di Ragioneria, prima di esprimere il proprio referto di regolarità contabile su siffatta proposta di ulteriore erogazione di quella specifica spesa, avrebbe dovuto avvertire, secondo l'organo requirente, l'inderogabile esigenza ai sensi dei succitati articoli 49 e 153 t.u. ee.ll. di asseverare, oltre che la copertura finanziaria, l'esattezza degli importi da erogare e la loro perfetta conformità non solo al contratto, quanto, soprattutto, agli allegati, Csa, lettera d'invito e progetto offerta della (...).

Ha esposto l'organo requirente che ai suddetti quattro pubblici funzionari è stato previamente notificato il prescritto invito a dedurre di cui all'articolo 5 Dl 453/1993 conv. in legge 19/1994 e che le rispettive memorie controdeduttive non sarebbero risultate idonee a superare le ragioni degli addebiti.

Quanto alla circostanza, dedotta dal C. e dall'O., che il contratto in parola riproduceva pedissequamente il relativo schema, previamente approvato dalla G.M. il 17.10.1997, con delibera n° 619, l'organo requirente ha dedotto che "quest'ultimo atto fu giustappunto adottato dall'organo di governo del Comune di Acquaviva delle Fonti sulla scorta della proposta — relazione istruttoria nonché del conforme parere rispettivamente eretta e formulato dal medesimo dott. C., giusta l'articolo 53 legge 142/1990, cui fu altresì demandata, quale legale rappresentante del civico ente, la sottoscrizione di quel contratto in base al connesso regolamento comunale" né si potrebbe "trascurare l'ulteriore dato di fatto che a quella seduta di giunta, com'è dato leggere nelle premesse della relativa deliberazione n° 619, il Segretario generale O. ebbe ad essere presente, partecipandovi con funzioni consultive e referenti, nonché di assistenza e verbalizzazione, ai sensi dell'articolo 68 co. articolo 17 legge 127/1997 oltre a procedere, poi, al rogito di quello stesso accordo, nel precipuo interesse dell'amministrazione comunale di rispettiva appartenenza, sicché entrambi, sia nella fase di preparazione e di approvazione di quello schema di contratto e sia di relativa stipulazione, avrebbero ben potuto suggerire l'eliminazione di quella soluzione pattizia, a quel momento indubbiamente ormai contraddittoria, superata e, indi, illegittima, perché in contrasto con la normativa sopravvenuta in subiecta materia", per cui — sempre a detta dell'organo requirente — "risulterebbe oltremodo ardua, alla luce della disposizione contenuta nel 2° periodo del comma 1/ter dell'articolo 1 legge 20/1994, come introdotto dall'articolo 3 della successiva legge 639/1996, l'estensione, ai sette componenti della giunta municipale di Acquaviva, che votarono per l' approvazione della delibera n° 619 del 17.10.1997, di qualsiasi ipotesi di responsabilità in relazione alla predetta prima posta di danno".

Con il suddetto atto introduttivo, il Requirente contabile ha ritenuto di ripartire le summenzionate tre poste di danno come segue:

A) la prima, pari a complessivi €. 541.100 (al netto di Iva), corrispondente alla revisione prezzi indebitamente erogata, sarebbe da ascrivere in ragione di €.400.000 al Comandante della P.M. C. e di €.141.100 al Segretario Generale dott. O.;

B) la seconda, pari al totale di €.142.870 (ancora al netto di Iva), afferente alla maggior quantità di rifiuti solidi urbani asseritamente smaltita in discarica, sarebbe da imputare nella misura di €.70.000 allo stesso C., di €.50.000 al legge e di €.22.870 al C.;

C) la terza, pari nel complesso ad €.160.576 (sempre Iva esclusa), attinente al maggior costo di smaltimento dei Rsu nelle discariche di Altamura e Conversano, sarebbe da addebitare al C. ed al C., nel rispettivo ammontare di €.100.000 e di €.60.576.

Tanto premesso, con il suddetto atto di citazione, il Procuratore regionale ha convenuto, innanzi a questa Sezione giurisdizionale i sigg.ri C. G., O. D. A., legge G.C. e C. F., per sentirli condannare al pagamento, in favore dell'erario del Comune di Acquaviva delle Fonti, della somma complessiva di €.844.546,00 "o quant'altro il Collegio giudicante riterrà di addebitare loro", oltre rivalutazione monetaria, interessi, e spese di giustizia, da ripartirsi nel seguente modo:

1) C. €.570.000,00; 2) O. €.141.100,00; 3) C. €. 83.446,00; 4) legge €. 50.000,00.

Con memoria depositata in segreteria in data 15.09.2005 si è costituito il convenuto dott. G.C., a mezzo dell'avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi, il quale:

— ha eccepito, in limine, la "assenza e/o mancata dimostrazione dell'elemento oggettivo del danno erariale", in quanto il Procuratore regionale non si sarebbe "fatto punto carico di dimostrare l'effettiva "non spettanza" delle somme viceversa riconosciute correttamente al gestore del servizio da parte della stazione appaltante" e non vi sarebbe "percorso logico giuridico dal quale possa dedursi o anche solo presumersi che le somme erogate dal committente non siano contrattualmente dovute ovvero attengano a prestazioni superflue";

— ha contestato, comunque, la quantificazione del danno erariale operata dalla P.R., osservando che "milita in senso contrario alla tesi accusatoria la corretta esecuzione di tutte le prestazioni contemplate dal contratto da parte dell'appaltatore" e rilevando, con riferimento "alle specifiche poste di danno agite in giudizio", che "il Procuratore concorda che il compenso revisionale sia dovuto" mentre "ciò che viene contestato è il metodo di calcolo dello stesso" e, quanto alle altre due poste, che "siamo al cospetto di somme effettivamente sopportate dal concessionario" in quanto "il costo di smaltimento per il committente è una sorta di prezzo amministrato" e "la maggior quantità dei rifiuti risulta attestata dai conteggi effettuati sui bindelli di pesa che il P.R. non contesta ma rispetto ai quali denuncia l'omesso controllo" da parte dello stesso C. e degli altri dipendenti, "senza dare la prova che si tratti di quantità non reali";

— ha eccepito la "carenza dell'elemento soggettivo" ed in particolare, esclusa la fattispecie dolosa, della "colpa grave", allegando che "l'approvazione come la responsabilità del contratto è riferibile ai componenti della giunta municipale che hanno approvato lo schema", mentre nessuna voce in capitolo avrebbe mai avuto (o avrebbe potuto avere) il C., che avrebbe "dato mera esecuzione alle determinazioni dell'organo esecutivo", allegando che rispetto allo schema approvato, che sarebbe stato predisposto da settore diverso da quello di titolarità del C. (Settore P.M. — AA.PP. — Igiene), nessuna modifica sarebbe stata dallo stesso apportata in sede di stipulazione del contratto stesso, per cui "qualora siffatto assetto d'interessi contenesse delle parti oscure e/o equivoche che ne hanno consentito modalità applicative contestate dal P.R. — da contratto "a corpo" a contratto "a misura" — la responsabilità non potrebbe essere ascritta" al C., che avrebbe "sempre condiviso con la G.M. e, talvolta, con il Commissario straordinario, i passaggi fondamentali, come l'aggiornamento del canone, e nei casi dubbi ha chiesto ed ottenuto apposito parere legale sulla scorta del quale ha, poi, agito", ed osservando che "ogni determinazione reca la preventiva approvazione da parte degli organi comunali competenti di una relazione del concludente".

La difesa del C., premesso che "la condotta reprensibile, in sede contabile, deve essere trasgressiva della legittimità amministrativa in modo particolarmente grave con la conseguenza che essa può configurarsi soltanto nell'ambito di una situazione giuridica connotata da una palese violazione di norme la cui interpretazione non può dar luogo a dubbi di ogni sorta", ha dedotto che, "nel caso di specie, l'ipotesi della configurabilità dell'elemento della colpa grave deve ritenersi recessiva: 1) per la peculiarità del caso di specie, che riguarda un rapporto sinallagmatico conseguente ad una procedura di evidenza pubblica nell'ambito della quale sono stati presentati e valutati i c.d. progetti — offerta; 2) per la circostanza, incontestata ed incontestabile, che lo schema di contratto era stato deliberato dalla G.M. ed avrebbe dovuto tener conto del regolamento per la concessione del servizio e, soprattutto, del capitolato speciale d'appalto (anch'esso approvato dal Consiglio comunale) che limitava il meccanismo revisionale foriero del danno erariale; 3) per la deduzione d'ordine giuridico che il legislatore — avvedutosi dell'insopprimibile esigenza sottesa al meccanismo revisionale — ha avvertito l'esigenza (tuttora vigente) di individuare la revisione del prezzo per la tipologia dei contratti pluriennali a prestazioni corrispettive con una norma imperativa e soggetta, secondo l'insegnamento giurisprudenziale consolidato, al regime dell'inserzione automatica di clausole; 4) per la considerazione che il predetto regime revisionale prevede un meccanismo per il calcolo revisionale, ma in assenza dei dati necessari per il suo funzionamento, rimette l'indagine alla stazione appaltante che può fare riferimento anche alla variazione dell'indice Istat; 5) per la possibilità di attenuare il grado della colpa di esso concludente "riconducendola nei limiti della non punibilità per la circostanza, — anch'essa rimasta incontestata — che lo schema di contratto era stato approvato nei modi di legge da parte dell'organo esecutivo del Comune e non è stata apportata alcuna modifica in parte qua".

Il procuratore del C. ha, inoltre, eccepito la "inesistenza del nesso di causalità", allegando che "anche in questo caso l'articolazione dell'atto di citazione in giudizio risulta carente" in quanto il nesso di causalità verrebbe "dato presupposto" e sembrerebbe "annidarsi nell'attività di gestione del contratto" che, peraltro, si sarebbe "sempre svolta nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale".

Con riferimento alla prima posta del presunto danno erariale, relativo alla revisione prezzi, la difesa del C., premesso che "la natura del contratto di per sé non incide sulla quantificazione del canone che, anche al cospetto di un contratto a corpo, può essere calcolato con riguardo alle singole voci di costo e non a forfait, come sembra presumere controparte" e rilevato che "anche il regolamento per la concessione del servizio di igiene urbana, approvato dal Consiglio Comunale di Acquaviva delle Fonti nella seduta del 29.12.1994 (n.67), prevederebbe a sua volta "che il canone di appalto sarà revisionato a richiesta di una delle parti contraenti soltanto ove, in costanza del rapporto contrattuale, si avveri una delle seguenti condizioni: a) aumento o diminuzione del costo unitario della mano d'opera del personale con riferimento alla data dell'offerta; b) aumento o diminuzione dei costi d'esercizio degli automezzi con riferimento alla data dell'offerta; c) aumento o diminuzione dei costi del materiale di consumo con riferimento alla data dell'offerta"" ha evidenziato che non si comprende se la responsabilitàdedotta, sul punto, dal Requirente contabile "derivi (a) dall'articolazione del meccanismo revisionale ovvero (b) dalla sua applicazione concreta (circostanza quest'ultima che involge la questione dell'esercizio concreto dei controlli previsti dal capitolato speciale e, comunque, correlati ai doveri d'ufficio ex T.U. 2000 n. 267 dei dirigenti preposti al Settore cui afferisce il servizio stesso)", pur se l'accusa pubblica lascerebbe intendere — a detta del C. — che "la responsabilità ascritta risieda nella consapevolezza del concludente di introdurre con il rinvio all'articolo 1664 C.c. cit. (v. pag. 25 atto di citazione) una sorta di duplicazione del sistema legale di revisione non meno che un vantaggio per l'impresa", che consisterebbe"nella circostanza che, qualora non vi fossero le modalità indicate in contratto, l'incremento dei fattori previsti in via generale potrebbe risultare temperata, sostanzialmente vanificata, dal decremento di ulteriori fattori produttivi nel loro complesso (in tal senso a pag. 26 della citazione)".

Ha dedotto la difesa del C. che, nel primo caso, la responsabilità del convenuto sarebbe esclusa "dalla normativa vigente al momento della gara e della stipula del consequenziale contratto" e, del resto, lo stesso requirente resosi conto di non poter sostenere che il meccanismo revisionale non doveva essere presente,avrebbe articolato "la propria censura sulla misura del compenso riconosciuto dal Comune di Acquaviva calcolato con modalità pretesamente diverse da quelle imposte dall'articolo 44 cit., ed in particolare con quelle dei maggiori oneri eventualmente dovuti ai sensi dell'articolo 1664 C.c.", osservando che "è evidente che tale limitazione incide inevitabilmente sulla misura del danno che non potrà essere assimilato, sic et simpliciter, alla maggior spesa sopportata dalla stazione appaltante, ma ad una frazione di essa, pari a quella che esorbita dal sistema revisionale speciale per gli appalti di servizi pluriennali ed a prestazioni corrispettive ex articolo 44", ha rilevato che, comunque, "non è il richiamo dell'articolo 1664 C.c., erroneamente ascritto al concludente, che rende operativo il regime revisionale previsto dal contratto, bensì la sua stessa previsione in concomitanza con il richiamo al regime di revisione per così dire legale del canone per i contratti pluriennali a prestazioni corrispettive ex articolo 44 cit" e, invocando, all'uopo, Tar Sardegna 01.02.2002, ha osservato che sul contenuto della clausola la giurisprudenza ha precisato che l'articolo 44, comma 4 legge 724/1994 (che ha sostituito l'articolo 6 legge 537/1993), che prescrive tassativamente che i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono avere una clausola di revisione periodica del prezzo, rimette all'Amministrazione l'obbligo di prevedere e disciplinare detta revisione ed in particolare, di definire i criteri di periodicità ed i limiti dell'alea contrattuale, sicché il riferimento all'articolo 1664 C.c. (laddove si prescrive che l'appaltatore o il committente possa chiedere la revisione del prezzo complessivamente convenuto, laddove si verifichi un aumento dello stesso del 10%) appare in sintonia con il principio dell'obbligatorietà della revisione prezzi nei contratti de quibus.

Ha dedotto, inoltre, il C. che qualora ne derivi danno erariale, "la responsabilità deve essere ascritta ai soggetti che hanno partecipato al procedimento e in particolare, l'organo esecutivo del Comune che approvò lo schema di contratto difforme dal capitolato speciale d'appalto e dal regolamento del servizio in questione", in quanto solo in forza di tale approvazione il C. avrebbe "provveduto a sottoscrivere per ragioni correlate ai suoi doveri d'ufficio", e comunque, che la presenza del rinvio all'articolo 1664 C.c. nulla toglierebbe alla già perfetta efficacia del regime disciplinato dall'articolo 10 del contratto e, argomentando a contrario dalla previsione di cui all'articolo 26 legge 109/1994, ha prospettato la perdurante applicabilità dell'articolo 1664, primo comma, C.c. con riferimento agli appalti di servizi e la ricorrenza dei presupposti (imprevedibilità dell'incremento dei prezzi) per l'applicabilità della suddetta disposizione normativa.

Ha dedotto la difesa del C., che "nell'ipotesi ulteriore consistente nel concreto in una sorta di omissione di controllo da parte degli uffici comunali che hanno gestito il rapporto, è la Procura che avrebbe dovuto farsi carico di dimostrare documentalmente che le somme effettivamente riconosciute non fossero, viceversa, dovute all'appaltatore" per cui "in assenza di questa prova, nulla può addebitarsi al concludente, salvo che non si ritenga di invertire l'onere della prova", non potendosi condividere l'assioma che le somme pretesamente remunerative di prestazioni non controllate "siano da considerarsi in guisa di somme non dovute, perché non controllate" e che, comunque, esso convenuto avrebbe "legittimamente delegato tutte le attività di controllo e riscontro istruttorio che riguardi l'appalto dei servizi ecologici affidati in concessione al Comune" osservando, inoltre, che "ben due pareri sono stati resi da un legale investito della questione sulla scorta della nota del Collegio dei revisori chiamati ad esprimersi in merito al riconoscimento di debiti fuori bilancio dei maggiori oneri da erogarsi all'appaltatore del servizio di igiene urbana: pareri datati 12.04.2003 e 12.02.2004 che, nella loro identità argomentativa, concludono per la legittimità dei riconoscimenti economici attribuiti al concessionario".

In ordine alla seconda posta di danno, derivante dai compensi riconosciuti per maggior quantità di Rsu smaltiti in discarica rispetto a quelli preventivati nel progetto offerta, la difesa del C., premesso che la "quantità dei Rsu smaltita è attestata dall'elenco dei bindelli di pesa allegata ad ogni fattura inoltrata per ottenere il pagamento dell'ecotassa", che la stessa "è, altresì, oggetto di comunicazione al Commissario delegato per l'emergenza rifiuti tramite la compilazione del MUD" e che "i dati sono, altresì, trasmessi e raccolti dall'Osservatorio rifiuti presso la Camera di Commercio; tutti i documenti in questione si trovano agli atti degli uffici (cfr. relazione Capo Settore P.M. — AA.PP. — Igiene prot. n° 5336/PM/21839 del 03.12.2002) e danno contezza delle quantità fino a prova contraria che il sig. Procuratore regionale non ha fornito", ha osservato che "ancora una volta emerge l'esigenza di dedurre che non si comprende la fonte della responsabilità: se essa derivi dal compenso indebitamente riconosciuto per lo smaltimento di una quantità di Rsu superiore a quella preventivata in progetto e, quindi, nella formulazione dell'offerta economica ovvero dall'omissione dei controlli " e che "è tuttavia evidente che in quest'ultimo caso il danno ascritto non potrebbe coprire l'intero importo contestato", rilevando che "il Procuratore regionale si limita a supporre che, in relazione all'aumento effettivo — assai modesto — di residenti negli anni interessati (1998, 2002 e 2003) non sarebbe stato possibile l'aumento di Rsu che è stato registrato: insomma un esercizio accademico nell'elaborazione proporzionale di dati statistici che non trova riscontro in alcun accertamento tecnico e che viene assunto per chiedere, tuttavia, la condanna anche del concludente".

Sotto distinto profilo, la difesa del C., premesso che "il contratto a prestazioni corrispettive, come quello in questione, è caratterizzato dall' equilibrio predeterminato delle prestazioni, che viene individuato come sinallagma", che — sempre a detta del C. — dovrebbe "persistere per l'intera durata del contratto", ha dedotto che "diversamente opinando l'assetto degli interessi raggiunto risente di tale accadimento: la permanenza di tale equilibrio è preoccupazione anche del legislatore che, infatti, ha previsto alcuni strumenti giuridici idonei a ripristinare il sinallagma qualora esso sia stato alterato, come nel caso di specie, v. per esempio articolo 1467 C.c. richiamato, infatti, nel contratto in questione".

In ordine alla terza posta di danno, relativa ai maggiori costi di smaltimento a seguito del cambiamento della discarica di destinazione dei rifiuti , la difesa del C. ha dedotto che "tanto il riconoscimento quanto il pagamento sono stati deliberati dalla Giunta Comunale" rispetto alla quale, esso convenuto, avrebbe compiuto "soltanto la presupposta attività istruttoria, ritualmente approvata" e che "del resto, il maggior costo è di certo dovuto all' appaltatore".

Ha osservato il procuratore del C. che "nessuna operazione di chirurgia giuridica" avrebbe compiuto il convenuto che si sarebbe "limitato, contrariamente a quanto assunto ex adverso, ad estrapolare il costo unitario di smaltimento attraverso l'analisi degli elementi che compongono il canone", in quanto si tratterebbe "di un onere non pretestuosamente articolato dal concludente" ed anzi, a voler tutto concedere, ci si troverebbe "al cospetto dell'unico costo effettivo del servizio che il gestore corrisponde ad un soggetto estraneo al rapporto contrattuale con la stazione appaltante e che, dunque, costituisce un mero costo per l'appaltatore, una partita di giro che egli riceve dal conferente e trasmette al titolare dell'impianto che riceve il conferimento stesso", considerato che "quest'ultimo aveva previsto un costo oggettivo di smaltimento presso la propria discarica della quale, in un secondo momento, non ha più potuto disporre e per intervento del Commissario delegato è stato costretto a riparare prima ad Altamura e, successivamente, a Conversano", impianti che avrebbero "un loro costo oggettivo di smaltimento che, trattandosi di un onere non gestibile, né modificabile da parte dell'appaltatore, è stato da questi addossato all'utente del servizio".

Né -. a detta del convenuto — potrebbe "sostenersi, come fa viceversa la pubblica accusa, che tale costo rientri nel canone", in quanto, per un verso, si confonderebbe"fra le operazioni funzionali e preordinate allo smaltimento ed il costo di smaltimento" che non potrebbe "essere assunto aprioristicamente dal gestore perché egli non lo conosce, salvo che per l'ipotesi che l'impianto sia di proprietà come per la discarica di Castellaneta" e che "viene determinato in via amministrativa sulla scorta di meccanismi legali previsti dall'articolo 10 Lr Puglia n° 17/1993, sulla base del progetto" e "successivamente lo stesso è stato determinato dal Commissario straordinario per l'emergenza", per cui "qualora il Comune non avesse riconosciuto tale maggior costo derivante da una precisa disposizione del Commissario nominato dal competente Ministro, l'appaltatore avrebbe potuto facilmente ottenere siffatte somme in un giudizio volto a riequilibrare il sinallagma contrattuale", mentre, d'altro canto, circa l'imputazione del relativo onere, è l'ultimo comma dell'articolo 10 (del contratto) a prevedere che "il costo di smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilabili e le relative tasse (Iva tasse ecologiche) verranno computate a parte del canone, se note al momento dell'offerta e le relative variazioni avranno effetto dal giorno in cui avverranno, con rimborso entro il mese relativo di competenza".

La difesa del C. ha contestato, inoltre, sub punto E della memoria costitutiva, la quantificazione del danno erariale operata dalla Procura regionale.In proposito, la difesa del C., premesso che il P.R. ritiene doveroso l'inserimento del regime revisionale previsto dall'articolo 44 legge 724/1994, ne ha tratto la conseguenza "sul piano delle condizioni dell'azione, che dal danno ascritto ai soggetti chiamati in giudizio deve essere di certo sottratto il compenso revisionale che sarebbe comunque spettato all'appaltatore in applicazione del sistema previsto dalla medesima disposizione" e che il Procuratore regionale — sempre a detta del C. — "si sarebbe ben guardato dal prendere in considerazione e dal quantificare".

La difesa del C. rilevato, inoltre, che la giurisprudenza ha ritenuto che la mancata entrata in funzione del sistema di cui all'articolo 6, 4° e 6° comma legge 537/1993 come mod. dalla legge 724/1994, non pregiudica il diritto revisionale e che "del resto la quantificazione del compenso revisione è rimessa al dirigente incaricato dell'istruttoria che può basarsi sugli elementi che compongono le voci di costo (come nel caso di specie) sì come può attestarsi sui dati Istat", per cui "ne deriva che, sia pur in via del tutto prudenziale, all'appaltatore spetta un incremento del canone nella misura dell'indice generale Istat, per ciascun anno del quinquennio successivo al primo anno di appalto, per il quale sussiste, com'è noto, la franchigia" , ha dedotto che "applicando tale sistema nel quinquennio all'appaltatore sarebbe spettato un incremento pari al 15% (variazione dell'indice generale al consumo) del canone complessivo calcolato in £.11.580.000.000 (canone annuo £.1.930.000.000 x 6)" per cui, l'incremento stimato in via approssimativa sulla base degli indici Istat, si attesterebbe per il quinquennio intorno a £.2.000.000.000" sicché la somma da riconoscersi sarebbe "superiore all'importo asseritamente agito in citazione".

Con la suddetta memoria, la difesa del C. ha lamentato "la mancata citazione di soggetti responsabili" ed in particolare dei componenti della Giunta Comunale che, nella sessione del 17.10.1997, con deliberazione n° 619 "concorsero (almeno) a formare la volontà dell'ente approvando lo schema di contratto" non per chiedere l'integrazione del contraddittorio nei loro rispettivi confronti ma perché si tenga conto del relativo apporto causale — quantificato dalla stessa difesa in misura non inferiore al 50% — ai fini della quantificazione della quota di danno imputabile ad esso convenuto, ha contestato l'assunto attoreo per cui il presunto danno attingerebbe integralmente l'erario del Comune di Acquaviva delle Fonti osservando che "il costo del servizio di smaltimento dei Rsu viene sostenuto in via diretta dall'ente locale interessato, il quale è chiamato, a sua volta, a condividerlo con gli utenti che usufruiscono del servizio stresso , invocando le previsioni del decreto Ronchi (Dlgs 22/1997) che ha sostituito la tassa (che poteva raggiungere il 70% del costo effettivo del servizio stesso) con la tariffa che, a far data dal 01.01.1999 (termine poi differito) avrebbe dovuto corrispondere in via integrale all'onere finanziario correlato allo smaltimento dei Rsu, cioè senza alcun onere per l'ente locale, traendone la conseguenza che "il danno in questione, pur ammesso (per sola ipotesi) che si sia verificato, non è riferibile almeno nella sua integralità all'erario del Comune di Acquaviva delle Fonti, ma atterrebbe alla posizione del singolo utente del servizio stesso", per cui esso attingerebbe "almeno in gran parte un patrimonio diverso da quello dell'ente pubblico in riferimento al quale soltanto sussisterebbe la giurisdizione di questa Corte e la potestà di agire del Procuratore regionale", ha eccepito la "prescrizione parziale dell'azione per talume somme erogate all'appaltatore e costituenti danno erariale" con riferimento a tutti i pagamenti effettuati nel periodo precedente al quinquennio dalla notifica dell'atto di citazione, cui andrebbe ricondotto l'effetto interruttivo, in quanto l'invito a dedurre non potrebbe essere considerato un atto di costituzione in mora valido ai fini dell'interruzione della prescrizione, ha invocato, in via residuale, l'esercizio del potere riduttivo.

Con la suddetta memoria, la difesa del C. ha, pertanto, concluso, chiedendo che questa Corte:

1) accerti e dichiari l'inammissibilità, per mancanza dei requisiti di proponibilità e/o l'infondatezza nel merito, della domanda proposta;

2) e, per l'effetto, mandi assolto il dott. C. dai profili di responsabilità amministrativo — contabile a lui ascritti;

3) in via gradata, accerti e dichiari che la misura dell'eventuale danno erariale è assai inferiore a quella considerata e richiesta dal P.R. nell'atto introduttivo del presente giudizio sia per le modalità di quantificazione sia "ai sensi del paragrafo E)" della memoria di costituzione, dichiarando — se del caso — l'intervenuta prescrizione parziale del diritto di agire con riferimento ai pagamenti fatti in epoca antecedente al quinquennio a far data dalla notifica dell'atto di citazione;

4) in via ulteriormente gradata, eserciti il potere riduttivo ai fini della condanna di esso convenuto in misura assolutamente simbolica.

Con vittoria di spese e competenze di giudizio.

Con memoria depositata in data 21.09.2005, si è costituito il convenuto dott. D. Antonio O., a mezzo degli avv.ti Angelo Giuseppe O. e Marcella Marino.

Con la suddetta memoria, la difesa dell'O. ha eccepito:

— la "inammissibilità dell'azione", ai sensi dell'articolo 1, primo comma, legge 20/1994, in quanto l'azione di responsabilità proposta dalla P.R. nei confronti del dott. O. con riferimento alla prima posta di danno lamentata con l'atto introduttivo, si appunterebbe "innanzi tutto avverso i criteri di determinazione del compenso revisionale, scelti dall'amministrazione nell'esercizio del potere discrezionale conferitole dalla normativa vigente in materia";.

La difesa dell'O. ha argomentato dal rilievo che la disposizione di cui all'articolo 44 , quarto comma, legge 724/1994 non conterrebbe "una benchè minima indicazione dei fattori produttivi e degli elementi costitutivi del prezzo d'appalto la cui variazione di costo possa consentire l'applicazione dell'istituto della revisione prezzi, ma si limita ad indicare solamente le modalità attraverso cui calcolare le variazioni di prezzo e quindi determinare il compenso revisionale, rinviando (a mai effettuate) determinazioni Istat" che, peraltro, "avrebbero dovuto avere solo carattere orientativo lasciando comunque libere le amministrazioni, nell'esercizio della loro discrezionalità, di provvedere diversamente alla determinazione del miglior prezzo di mercato", sicchè tale "discrezionalità nella scelta dei parametri cui ancorare la concessione della revisione", sarebbe "censurabile in sede di giudizio di responsabilità solamente ove si sia fatto cattivo uso della stessa", il che, sempre a detta del convenuto postulerebbe "la puntuale dimostrazione dell'irrazionalità dei criteri scelti dall'amministrazione e recepiti nell'articolo 10 del contratto di appalto", mentre invece, l'atto di citazione non conterrebbe alcuna argomentazione al riguardo.

L'azione intentata nei confronti del dott. O. sarebbe inammissibile anche sotto altro profilo per la "mancata confutazione delle argomentazioni da questi esposte nell'atto di deduzioni fatto pervenire in risposta all'invito a dedurre", in quanto l'atto di citazione riprenderebbe, parola per parola, il contenuto dell'invito a dedurre senza contenere null'altro che una timida replica solamente alle difese svolte a pagg. 2 — 3 della memoria inviata dall'O., mentre non si farebbe "alcun cenno alle ulteriori ampie difese esplicitate nelle restanti pagine del richiamato atto difensivo";

— la "non imputabilità al dott. O. dell'eventuale danno".

In proposito, la difesa dell'O., premesso che "il contratto stipulato fra la stazione appaltante e l'appaltatrice riproduce pedissequamente lo schema di contratto approvato dalla Giunta con la delibera G.M. n° 619 del 17.10.1997", ha osservato che "il Segretario comunale non aveva (né poteva avere) alcuna facoltà di modificare lo schema contrattuale predisposto dall'organo collegiale" e, "conseguentemente non può essere chiamato a risarcire un danno che si ritiene derivante dall'applicazione di quel contratto, proprio perché non ha contribuito in alcun modo a formare la volontà manifesta nel contratto", né — a detta dell'O. — le suesposte osservazioni potrebbero "essere superata dalla considerazione, svolta a pag. 42 dell'atto di citazione, secondo cui la responsabilità del segretario deriverebbe dalla sua partecipazione, con funzioni consultive e referenti, alla seduta di Giunta durante la quale l'organo collegiale di Acquaviva delle Fonti ha deciso di approvare la deliberazione n° 691/1997 e l'allegato schema di contratto di appalto".

Premesso che, in "occasione dello svolgimento della riunione di Giunta durante la quale è stata approvata la prefata delibera, il dott. O. non avrebbe reso alcun parere ne gli sarebbe stato richiesto di farlo", la difesa del convenuto ha dedotto che, "ai sensi dell'articolo 17, comma 68, legge 127/1997, il parere eventualmente reso non sarebbe stato né vincolante né obbligatorio", per cui, "dalla mancanza di vincolatività deriverebbe la non imputabilità del contenuto della delibera G.M. 619/1997 al dott. O. e quindi, la non attribuibilità degli eventuali danni prodotti da tale atto a chi, come l'O., non ne è stato l'autore" e, in ogni caso, dalla partecipazione con funzioni referenti e consultive all'attività dell'organo collegiale non potrebbe "farsi derivare una responsabilità del Segretario ove, come nel caso di specie, egli — in mancanza di richiesta in tal senso — non abbia reso alcun parere", considerato che, a seguito dell'abrogazione, con la legge 127/1997, dell'articolo 53 comma 1 della legge 142/1990 , nella parte in cui prevedeva che fosse sempre dato un preventivo parere di legittimità del segretario comunale su ogni proposta di deliberazione, si è reso facoltativo il consulto del segretario in ordine alla legittimità dei provvedimenti del consiglio e della giunta, donde l'inconfigurabilità di alcun comportamento antidoveroso nemmeno di tipo omissivo.

Né — a detta della difesa dell'O. — "la sola circostanza che la stipula sia stata rogitata dal segretario può essere idonea a concretare una qualche forma di responsabilità in capo al rogitante", in quanto la disciplina attribuirebbe al Segretario "un ruolo meramente certificativo; deve presiedere alla stipula del contratto (riceverlo) senza poter intervenire sul contenuto dello stesso";

— la "infondatezza della domanda".

Al riguardo, premesso che "non riveste alcuna importanza, in ordine alla determinazione del compenso revisionale, la circostanza che l'appalto sia stato stipulato "a corpo" o "a misura"" in quanto la modifica del canone d'appalto per effetto dell'applicazione della revisione dei prezzi "tende unicamente a riequilibrare il sinallagma contrattuale a seguito di variazione di prezzi di mercato di beni o servizi utilizzati dall'appaltatore nello svolgimento del servizio, che potrebbero rendere non più remunerativo il prezzo d'appalto inizialmente pattuito", ha contestato le argomentazioni svolte dal Requirente in ordine alla pretesa incongruità del metodo di calcolo del compenso revisionale indicato nell'articolo 10 del contratto di appalto, osservando che l'articolo44 l. 724/1994 non conterrebbe "dei criteri compiuti di individuazione del compenso revisionale e come tale norma richieda l'esercizio di un'attività discrezionale da parte della stazione appaltante di integrazione della disciplina dettata ex legre" ed allegando che della suddetta discrezionalità il Comune di Acquaviva delle Fonti avrebbe fatto, nella specie, buon uso e richiamata, all'uopo, pertinente giurisprudenza, nel senso che l'obiettivo perseguito dal legislatore sarebbe stato "essenzialmente quello di mantenere inalterato l'equilibrio economico del contratto, per come definito nelle condizioni di aggiudicazione, rendendolo insensibile ad ogni alterazione degli oneri sopportati dall'appaltatore nel corso del rapporto" ne ha dedotto che non sarebbe "illogico né irrazionale il testo dell'articolo 10 del contratto d'appalto laddove, al terzo comma, vincola la concessione della revisione prezzi alla variazione dei costi della manodopera, dei costi di esercizio degli automezzi e dei costi del materiale di consumo utilizzato dall'appaltatrice nello svolgimento del servizio" atteso che "tutti i beni e servizi sopraelencati incidono sicuramente sugli elementi del prezzo contrattuale la cui variazione è idonea ad influire sull'equilibrio economico del contratto", così come, del pari, non irrazionale (e quindi legittimo) sarebbe — sempre a detta dei procuratori dell'O. — "il richiamo operato nel comma 4 dell'articolo 10 agli indici da cui ricavare l'eventuale variazioni dei costi degli elementi indicati al precedente comma 3" e, comunque non sarebbe illegittimo il richiamo alla normativa codicistica, in quanto, "in disparte ogni altra considerazione sulla minore onerosità del criterio civilistico rispetto a quello pubblicistico", non sarebbe "affatto pacifico che il meccanismo revisionale previsto dall'articolo 1664, comma 1, C.c. non debba applicarsi agli appalti pubblici" in quanto esprimerebbe un principio generale in tema di revisione dei prezzi degli appalti , mentre d'altro canto, se è "pur vero che parte della giurisprudenza si è pronunciata per l'inapplicabilità dell'articolo 1664 C.c., ai contratti pubblici", sarebbe "altrettanto vero che tutta la giurisprudenza in questione è di data successiva a quella di sottoscrizione del contratto" e, comunque, il richiamo all'articolo 1664 C.c. sarebbe "pertinente, anche perché è pacificamente ritenuto applicabile agli appalti pubblici il secondo comma di tale articolo" mentre "quanto all'inserimento nel contratto di appalto dell'articolo 1467 " ha osservato che "il richiamo operato non ha prodotto alcun danno erariale".

Ha dedotto inoltre la difesa dell'O. che "il semplice richiamo alla normativa codicistica, contenuto nel contratto d'appalto, tutt'altro che essere idoneo a cagionare un danno erariale, al contrario è stato posto al fine di consentire un notevole risparmio per l'ente appaltante" in quanto "l'articolo 1664 rendendo ininfluenti le variazioni dei prezzi contenute nei limiti dell'area del decimo del prezzo contrattuale, pone delle condizioni sicuramente più restrittive di quelle previste dall'articolo 44 e quindi è idoneo a generare un risparmio per le casse erariali".

Sempre per la difesa dell'O. non può essere addotta a responsabilità del convenuto "la sola circostanza che, nel concedere la revisione prezzi, non sarebbe stata svolta la necessaria istruttoria", in quanto "in virtù di quanto chiaramente disposto dalla legge", non competerebbe al segretario comunale "procedere al compimento delle verifiche in ordine alla sussistenza dei presupposti normativamente previsti per la concessione della revisione".

I procuratori dell'O. hanno eccepito, inoltre, "l'incertezza del danno sia sotto il profilo dell'an che sotto quello del quantum".

In proposito, premesso che la Procura "ha ritenuto di ascrivere a danno erariale tutta la somma corrisposta alla (...) a titolo di revisione prezzi" nonostante lo stesso P.M. riconosca "che l'articolo 44 costituisce norma cogente che impone al Comune di rivedere il canone di appalto, ove si verifichino determinati presupposti fattuali", ha osservato che "vista la richiamata imperatività dell'articolo 44, al fine di provare la sussistenza di danno erariale non è sufficiente ipotizzare il mancato svolgimento dell'istruttoria da parte del dirigente responsabile del settore, o l'utilizzo di criteri di calcolo che si ritengono non conformi al parametro legislativo, ma è altresì necessario accertare che non vi fossero i presupposti normativi per la corresponsione delle somme viceversa corrisposte", per cui l'organo requirente avrebbe dovuto dimostrare che "mediante l'applicazione del criterio revisionale ritenuto corretto dalla Procura, la (...) non avrebbe dovuto percepire nulla o avrebbe dovuto percepire una somma minore di quella effettivamente percepita" e, pertanto "sarebbe stato necessario innanzitutto indicare i criteri di computo della revisione ritenuti conformi al parametro normativo, applicare tali criteri all'appalto in esame e calcolare la somma ritenuta dovuta alla (...) a titolo di revisione prezzi", cosicché "si sarebbe potuto imputare a danno solamente quanto eventualmente corrisposto in eccedenza rispetto alla somma così calcolata", sennonché, nella specie, l'organo requirente si sarebbe "astenuto sia dall'indicare quali dovrebbero essere i giusti criteri di computo del compenso, sia dal verificare quale somma avrebbe dovuto essere riconosciuta alla ditta appaltatrice facendo applicazione di tali criteri", per cui vi sarebbe "una totale mancanza della prova del danno sotto il profilo dell'an come sotto il profilo del quantum".

Sotto altro profilo, la difesa dell'O. ha osservato che la ascrivibilità al convenuto del presunto danno derivante dall'applicazione di una clausola revisionale contenuta nel contratto d'appalto "avrebbe dovuto postulare una minuziosa attività da parte della Procura volta a provare che, effettivamente, il compenso revisionale è stato riconosciuto facendo corretta applicazione dei criteri contenuti nell'articolo 10 del contratto d'appalto"in quanto se "fosse accaduto che la somma corrisposta a titolo di revisione prezzi, pur calcolata in pretesa applicazione dell'articolo 10, in realtà sia stata computata facendo cattiva applicazione del precetto contenuto in tale articolo o, addirittura, prescindendo del tutto da esso, sicuramente la responsabilità per l'eventuale aggravio causato alle finanze comunali non potrebbe essere fatta ricadere su coloro ai quali si vuole imputare il contenuto del contratto, ma solo su coloro che di tale contratto hanno fatto cattiva applicazione"; sennonché — secondo la difesa dell'O. — l'indicata attività di verifica sarebbe "mancata del tutto nel caso di specie" ciò che imporrebbe il rigetto dell'azione proposta nei confronti del convenuto, giacché del tutto sfornita nei necessari elementi di prova.

La difesa dell'O. ha, inoltre, eccepito la mancanza dell'elemento soggettivo del presunto illecito, osservando che "la giurisprudenza intervenuta sino alla data di stipula del contratto era graniticamente orientata nel dare un interpretazione della norma che si pone in netto contrasto con le tesi sostenute dal P.M. in atto di citazione e che solo dal 2002 si è avuta qualche decisione che ha sostenuto che vi sarebbe incompatibilità fra la disciplina codicistica e quella posta dall'articolo 44 della legge 724/1994", per cui le "difficoltà interpretative della disciplina posta con l'articolo 44" costituirebbero, secondo il convenuto, "giusta causa di esclusione dell'elemento soggettivo dell'illecito" e che, peraltro, la mancata pubblicazione da parte dell'Istat degli elenchi dei prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle PP.AA. avrebbe "reso oltremodo complessa l'applicazione dell'articolo 44, commi 4 e 6, giacché, proprio in difetto di tale elenco, sono sorti ulteriori dubbi sulle corrette modalità applicative della norma sopra richiamata" da considerare "giusta causa di esclusione dell'elemento soggettivo della colpa grave".

In via gradata, la difesa dell'O., ha invocato l'esercizio del potere riduttivo dell'addebito e, all'uopo, ha chiesto che venga valutato il concorso, nella causazione dell'eventuale danno, dei membri della giunta comunale, le difficoltà d'interpretazione dell'articolo 44, l'illegittimità della deduzione dell'alea del 10% (considerato che il richiamato orientamento giurisprudenziale nel senso dell'incompatibilità fra la disciplina posta dall'articolo1664 C.c. e quella contenuta nell'articolo44 legge 724/1994 ha, altresì, riconosciuto il diritto delle ditte appaltatrici ad ottenere per intero il compenso revisionale senza che su di esso potesse essere trattenuta alcuna deduzione, per cui tale detrazione dovrebbe essere compensata con l'eventuale danno che si ritenesse causato dalla formulazione dell'articolo 10 del contratto) e che, comunque, l'addebito sia ridotto in ragione dell'effettivo danno pretesamente causato e, da ultimo, ha eccepito l'intervenuta prescrizione, che si assume decorrerebbe dal 1997, epoca di sottoscrizione del contratto.

Con la suddetta memoria, i procuratori dell'O. hanno concluso chiedendo:

1) dichiararsi estinta per prescrizione l'azione di responsabilità;

2) dichiararsi il difetto di legittimazione passiva del convenuto;

3) rigettarsi la domanda proposta, perché inammissibile ed infondata, prosciogliendo il dott. O. da ogni responsabilità per l'addebito contestatogli;

4) in via gradata, mandarsi assolto il convenuto per mancanza di elemento soggettivo del presunto illecito;

5) in via ulteriormente gradata, farsi uso del potere riduttivo nella sua massima estensione.

Con atto di costituzione in giudizio depositato in data 04.07.2005 si è costituito il convenuto dott. G.C. legge , a mezzo degli avv.ti Gagliardi legge e Michele Carnevale, chiedendo il rigetto della domanda risarcitoria attorea siccome inammissibile ed infondata in fatto ed in diritto,

Con successiva memoria depositata il 26.08.2005, la difesa del legge , premesso che "l'intera azione promossa dalla Procura regionale non concerne il momento genetico del contratto d'appalto del servizio di nettezza urbana bensì la funzione di controllo espletata dal convenuto dott. G.C. legge sulla esecuzione dello stesso", ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità dell'azione nei confronti del convenuto, atteso che la Procura non avrebbe "fatto alcun minimale cenno" alle controdeduzioni ed alla documentazione depositate dal legge in riscontro all'invito a dedurre, e, nel merito, ha dedotto che "l'articolo 21 del capitolato speciale di appalto non prevedeva affatto che il controllo sulle qualità e quantità dei rifiuti smaltiti dovesse avvenire con specifica pesatura" in quanto "vi era un dato oggettivo costituito dalle "certificazioni" rilasciate dal gestore della discarica e concretizzate in specifici documenti denominati "bindelli" .

In proposito la difesa del legge ha dedotto che "il gestore della discarica esercita un servizio pubblico" per cui le sue certificazioni avrebbero "un particolare valore probante" che potrebbe "essere inficiato solo con la querela di falso", mentre d'altro canto, non sarebbe stata promossa né dalla Procura né da altro organo giurisdizionale "alcuna tipologia di azione tesa ad inficiare la veridicità delle pesature", per cui, le pesature effettuate sarebbero, allo stato degli atti, dati oggettivi e reali ed esplicherebbero "una ben precisa valenza".

I procuratori del legge hanno dedotto che la Procura, "solo sulla base di calcoli teorici, presuppone che le quantità smaltite siano diverse ma non offre alcuna minimale prova per dimostrare tale assunto", allegando che al legge non sarebbe "mai giunta una larvata (diretta o indiretta) segnalazione che le quantità smaltite dichiarate ed accertate fossero diverse da quelle effettivamente versate in discarica" ed osservando che la Procura pretenderebbe "l'esercizio di un'attività di verifica (pesatura in contraddittorio) non prevista espressamente dal capitolato né espletata in qualsiasi comune della Puglia nel caso in cui la certificazione provenga da un gestore di pubblico servizio che di volta in volta (detratto il peso del mezzo) ha accertato l'effettivo peso dei rifiuti" evidenziando che "nella fattispecie, il fatto che il capitolato preveda che debba essere redatto rapporto trimestrale sull'efficienza del servizio, sulla qualità e quantità dei rifiuti smaltiti" non comporterebbe "affatto alcun dovere di procedere ad una qualche pesata in contraddittorio"e che "in mancanza di una norma esplicita non può assumersi che sia stata violata una qualche disposizione di servizio e tanto meno che si sia scientemente o con colpa grave generato il presupposto di una ipotesi di danno".

La difesa del legge ha allegato, inoltre, che "la Commissione Medica Ospedaliera, fin dal 17.02.1997, aveva accertato e dichiarato che a causa delle grave evenienze fisiche occorse al dott. legge lo stesso era sì idoneo alle proprie mansioni "ma con esclusione assoluta di quelle svolte all'esterno e/o di O.P."" per cui, oggettivamente, il dott. legge non sarebbe stato "nelle condizioni fisiche di espletare controlli esterni", ed ha dedotto che "entrambi gli atti (ordini di servizio) menzionati dalla Procura e concernenti le mansioni affidate al convenuto, ove rettamente intesi" non comporterebbero "affatto che il dott. legge dovesse espletare un servizio esterno", evidenziando, inoltre, la "sua solerzia e diligenza nel richiedere insistentemente che l'organico della struttura addetta al servizio fosse adeguatamente implementato per sopperire proprio ai diretti controlli esterni che la situazione fisica gli impediva, per cui non sussistendo i presupposti della colpa grave in capo al convenuto, la difesa del legge ha, pertanto, concluso chiedendone il proscioglimento.

Con atto di costituzione in giudizio depositato in data 15.09.2005, si è costituito il convenuto dott. F.C., a mezzo dell'avv. Luigi Paccione, il quale, con successiva memoria depositata in data 24.09.2005 ha eccepito:

— la "violazione dell'articolo1, commi 1 ter e quater, della legge 20/1994" .

In proposito, la difesa del C. premesso che allo stesso viene contestato di "aver espresso parere favorevole di regolarità contabile sui seguenti atti deliberativi di competenza degli organi di nomina politica: a) deliberazione del Commissario straordinario dott. Alfonso Magnatta n° 163 del 28.11.2000, assunta con i poteri del Consiglio Comunale, di riconoscimento qual debito fuori bilancio dei maggiori oneri sopportati dalla concessionaria del servizio pubblico di igiene urbana per variazione costi personale, spese di smaltimento e costi di esercizio (costi tutti documentati); b) deliberazione della Giunta Comunale nn° 119 del 13.12.2001 ad oggetto il riconoscimento del maggior costo di conferimento e smaltimento Rsu presso la discarica di Altamura, per l'anno 2001 (costo documentato); c) deliberazione della Giunta Comunale n° 241 del 31.12.2002 ad oggetto il riconoscimento del maggior costo di conferimento Rsu presso le discariche di Altamura e Conversano per l'anno 2002 (costo documentato); d) deliberazione della Giunta Comunale n° 284 del 30.12.2003 ad oggetto il riconoscimento del maggior costo di conferimento e smaltimento Rsu presso la discarica di Conversano per l'anno 2003 (costo documentato)", ha invocato la succitata disposizione normativa che prevede che "nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole" , osservando che, "nel caso di specie, l'organo requirente, pur affermando la sussistenza del danno erariale in relazione all'adozione delle dette deliberazioni degli organi collegiali (Consiglio comunale e Giunta) non ha neppure richiesto deduzioni difensive alle persone fisiche che ebbero a concorrere all'adozione di detti provvedimenti con voto favorevole (Commissario Straordinario con i poteri del Consiglio e componenti la Giunta comunale) né ha ritenuto di citarli in giudizio per rispondere dei loro atti", avendo, invece, convenuto in giudizio il dirigente del settore finanziario, che si sarebbe "limitato a verificare la regolarità contabile della deliberazione presa dall'organo politico", e tanto integrerebbe — secondo la difesa del C. — "la sussistenza di specifico profilo di nullità della domanda per violazione dell'articolo 1 comma 1/ter, della legge 20/1994".

Né — a detta del difensore del C. — potrebbe "correttamente affermarsi ex adverso che troverebbe applicazione nella specie la seconda parte del citato comma 1/ter in forza del quale "…..nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi, la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione"", in quanto tale norma sarebbe nella specie inapplicabile in quanto:

a) gli atti incriminati (riconoscimento di debito fuori bilancio e riconoscimento di maggiori oneri contrattuali) sarebbero di competenza dell'organo politico che ne serberebbe la totale responsabilità giuridica e non già degli uffici dirigenziali;

b) il C., nella qualità di dirigente del settore finanziario, non avrebbe avuto "alcuna competenza deliberante in materia di approvazione di debiti fuori bilancio e di riconoscimento di maggiori costi contrattuali" ed "il suo ufficio sarebbe stato chiamato, come per legge, a rendere un mero parere di regolarità contabile su atti già istruiti, sotto il profilo della regolarità tecnica, da diverse strutture burocratiche dell'ente";

c) il dirigente del settore finanziario dell'ente non avrebbe "mai avuto, per tutti gli atti sopra indicati, alcun potere discrezionale di merito sull'opportunità della scelta discrezionale presa dagli organi politici e sulla sussistenza dei presupposti di fatto invece acclarati dai diversi uffici a tanto istituzionalmente preposti che avevano curato l'istruttoria";

Con specifico riguardo al danno conseguente ai compensi riconosciuti per maggiori quantità di Rsu smaltiti rispetto a quelli preventivati nel progetto offerta, premesso che "la tesi dell'accusa involge dunque, da un lato, l'apparente ingiustificabilità sul piano statistico (dal punto di vista del P.M.) delle quantità di rifiuti solidi urbani dichiaratamente prodotti nel territorio di Acquaviva delle Fonti negli anni 1998 — 2002 e 2003 e, dall'altro, la presumibile mancanza di controlli da parte degli Uffici comunali a tanto contrattualmente preposti", la difesa del C. ne ha eccepito la manifesta infondatezza, dato che l'organo requirente sorvolerebbe "a piè pari sulle risultanze dei seguenti documenti pubblici" che attesterebbero "la quantità di rifiuti smaltiti in discarica dal Comune di Acquaviva delle Fonti negli anni in esame: 1) registro di carico e scarico dei rifiuti ex articolo 12, co. 3, Dlgs 22/1997; 2) bindelli di pesa; 3) formulario rifiuti; 4) Modello unico di dichiarazione ambientale (M.U.D.) di cui alla legge 25.01.1994 n° 70", osservando che "l'organo requirente avrebbe omesso di esaminare tali atti pubblici, essenziali nell'economia del presente processo, e di argomentare sulla loro valenza probatoria".

La difesa del C. ha dedotto, inoltre, che "erronea appare la tesi d'accusa, con riferimento precipuo alla posizione difensiva" del C. in quanto lo stesso, nella qualità di dirigente del servizio finanziario, sarebbe "totalmente estraneo: a) alla procedura di pesa dei Rsu raccolti sul territorio dalla concessionaria del servizio pubblico; b) ai compiti di controllo su tali attività materiali di pesa, contrattualmente rimessi a distinti uffici comunali; c) alla formazione ed alla tenuta della documentazione (registri di carico e scarico dei rifiuti, bindelli di pesa, formulario rifiuti) da parte della concessionaria del servizio pubblico, da parte del titolare della discarica di destinazione e da parte dello stesso Comune di Acquaviva delle Fonti; d) alla formazione del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (M.U.D.) di cui alla legge 25.01.1994 n° 70, annualmente trasmesso al Ministero dell'Ambiente — Osservatorio nazionale dei rifiuti, per il tramite delle Camere di Commercio territoriali; e) al controllo ed alla vigilanza sul costo dello smaltimento nelle discariche".

Ha dedotto, inoltre, la difesa del C. che "il parere di regolarità contabile, contrariamente a quanto sembra ritenere l'organo requirente, non può intendersi sostitutivo del soppresso parere di legittimità a rilevanza esterna espresso dal segretario dell'ente", per cui esulerebbe "dall'attività del dirigente il Servizio finanziario, in sede di parere di regolarità contabile, qualunque accertamento sulla legittimità della spesa e sulla attinenza o meno ai fini istituzionali dell'ente", profili questi che atterrebbero "all'esclusiva ed inderogabile competenza dell'organo deliberante", venendosi a determinare, altrimenti opinando, "un'antigiuridica sovrapposizione di competenze sulla stessa materia con ovvia confusione di ruoli e, soprattutto, di responsabilità", mentre "contrariamente a quanto sembra credere l'organo requirente", il parere di regolarità contabile presupporrebbe "la verifica dei seguenti rigorosi elementi: a) competenza a deliberare in capo agli organi che richiedono il parere di regolarità contabile e verifica del rispetto dei principi contabili con riferimento anche al parere già acquisito di regolarità tecnica; b) esatta imputazione della spesa sul competente capitolo di bilancio e accertamento della capienza dello stesso; c) regolarità della documentazione a corredo della proposta e valutazione del procedimento di formazione dell'atto sotto l'aspetto finanziario, economico e fiscale" ed ha invocato, a conforto dell'assunto, la Circolare del Ministero dell'Interno del 01.10.1997 n° FL 25/97.

Ha evidenziato, da ultimo, la difesa del C. che:

a) sulla deliberazione G.M. 284 del 30.l2.2003 il parere di regolarità contabile fu espresso dal Vice ragioniere M.R. Z., non evocata in giudizio;

b) sulla deliberazione G.M. n° 119 del 13.12.2001 manca del tutto il parere di regolarità contabile.

Con la suddetta memoria la difesa del C. ha, pertanto, concluso chiedendo:

1) accertarsi e dichiararsi "la nullità dell'atto di citazione per violazione dell'articolo 1, comma 1 ter, della legge 20/1994";

2) in subordine, e nel merito, l'assoluzione del convenuto per non aver commesso alcun fatto illecito ovvero per insussistenza del danno erariale;

3) in ulteriore subordine, l'assoluzione del convenuto per assenza dell'elemento psicologico del dolo o della colpa grave;

4) in via ancor più gradata: ordinarsi "l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei componenti gli organi di estrazione politica che ebbero ad assumere le deliberazioni incriminate";

5) in via estremamente subordinata, ha chiesto applicarsi l'esercizio del potere riduttivo, "tenuto conto dell'assoluta estraneità del C. agli atti deliberativi G.M. n° 284/03 (parere di regolarità contabile a firma Z.) e n° 119/01 (privo di parere contabile) ed alla totale alterità rispetto all'attività istruttoria di proposta degli atti deliberativi incriminati, all'attività preventiva di verifica della regolarità tecnica ed all'attività terminale di assunzione della volontà deliberativa da parte dell'organo politico".

All'udienza del 12 ottobre 2005, l'avv. Luigi Paccione, per il convenuto C. Francesco, ha reiterato l'eccezione di nullità dell'atto di citazione per violazione dell'articolo 1, comma 1 ter, legge 20/1994 ed in subordine ha chiesto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di coloro che approvarono le spese di che trattasi e, nel merito, si è riportato alle memorie, l'avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi per il convenuto C. G. si è riportato alle precedenti difese, depositando "materiale inerente la causa", l'avv. Angelo Giuseppe O., presente, unitamente all'avv. Marcella Marino, per il convenuto O. D. A., e l'avv. Franco GAGLIARDI legge , per il convenuto legge G.C., si sono parimenti, riportati alle rispettive difese, ed il Pubblico Ministero ha dedotto, preliminarmente, come "non sia stata svolta alcuna attività istruttoria allo scopo di verificare l'effettiva lievitazione del prezzo del servizio di smaltimento dei rifiuti" allegando che i convenuti avrebbero "deliberatamente applicato la disciplina prevista dall'articolo 1664 C.c. allo scopo di utilizzare il criterio tradizionalmente previgente, sebbene da diversi anni fosse ormai soppiantato dal sistema degli appalti ad evidenza pubblica" ed ha concluso confermando le conclusioni rassegnate con l'atto introduttivo.

La causa è stata, quindi, riservata per la decisione.

 

Motivi della decisione

1. È appena il caso di premettere, ai fini di una piana esposizione dei termini della controversia, che la Procura regionale, pur avendo fatto menzione, nell'atto introduttivo, della convenzione (rep.n° 4136) relativa all' ampliamento del servizio di raccolta differenziata, limitatamente alle filiere di vetro alluminio e plastica, in esecuzione del progetto, parzialmente finanziato dalla regione, approvato nel novembre 1997 dalle Amministrazioni comunali di Acquaviva (capofila), Triggiano, Cellamare e Sammichele di Bari, per la durata di anni due, dall'01.11.1998 al 31.10.1999 e dell'analoga convenzione, stipulata in data 27.10.2000, per la durata di un anno, dall'01.12.2000 al 30.11.2001, nulla ha dedotto in merito alle stesse convenzioni ed ai loro rapporti con la domanda risarcitoria proposta, sicché deve ritenersene la totale estraneità all'oggetto del presente giudizio, che ha esclusivo riguardo al danno conseguente ai maggiori importi che si assumono indebitamente erogati in relazione al contratto, rep. n° 4083, per l'esecuzione dei servizi di igiene urbana e servizi complementari, stipulato in data 03.11.1997 fra il Comune di Acquaviva delle Fonti e la Srl (...), con particolare riferimento ai compensi menzionati, a pagg. 16 — 17 dell'atto introduttivo, sub lettere a), c) e d), per l'importo, al netto di Iva di €.541.100, €.142.870 ed €.160.576, riconosciuti dall'amministrazione comunale in favore dell'appaltatrice, a titolo, rispettivamente, di compensi revisionali ex articolo 10 del contratto d'appalto, di compensi per maggior quantità smaltite in discarica in misura asseritamente superiore a quella, di 7.850 tonnellate per anno, preventivata nel progetto — offerta, e di rimborsi dei maggiori costi di smaltimento dei rifiuti a seguito del mutamento della discarica di destinazione, che costituiscono gli esborsi propriamente oggetto delle doglianze attoree, mentre, pur rinvenendosene menzione nell'atto di citazione, ne esulano gli ulteriori importi, parimenti riconosciuti in favore della concessionaria del servizio, in relazione al summenzionato contratto del 03.11.1997, a fronte dei costi aggiuntivi sopportati dall'impresa appaltatrice per la sostituzione degli operatori ecologici comunali cessati dal servizio, ai sensi dell'articolo 19 Csa, di cui è cenno a pag. 16, sub lett. b) del libello introduttivo, a titolo di compenso per trasferimento dei Rsu in discarica extraurbana ed a titolo di rimborso dell'ecotassa.

Premesso quanto innanzi, il Collegio deve farsi carico delle eccezioni preliminari proposte dai convenuti, con i rispettivi libelli difensivi, che si passano distintamente ad esaminare.

2. La difesa del C., invocando le previsioni del Dlgs 22/1997 (c.d. decreto Ronchi) che ha previsto la sostituzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti con la tariffa, ha contestato l'assunto attoreo per cui il presunto danno attingerebbe integralmente l'erario del Comune di Acquaviva delle Fonti, assumendo che "il danno in questione, pur ammesso (per sola ipotesi) che si sia verificato", non sarebbe "riferibile, almeno nella sua integralità, all'erario del Comune di Acquaviva delle Fonti, ma atterrebbe alla posizione del singolo utente del servizio stesso", per cui esso attingerebbe "almeno in gran parte un patrimonio diverso da quello dell'ente pubblico in riferimento al quale soltanto sussisterebbe la giurisdizione di questa Corte e la potestà di agire del Procuratore regionale".

È appena il caso di premettere, ai fini di una piana esposizione, che il Dlgs 22/1997 ha previsto, all'articolo 49, la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti di cui alla sezione II del Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale (Rd. 1175/1931), come sostituito dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, e dal capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e la contestuale istituzione della tariffa, con la quale i comuni devono provvedere alla copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani nonchè dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico.

La tariffa, che deve essere determinata dagli enti locali, "anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio", sulla base della "tariffa di riferimento" — a sua volta determinata sulla base di un "metodo normalizzato" elaborato dal Ministro per l'Ambiente di concerto con il Ministro per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato, con la previsione di disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa ed il graduale raggiungimento dell'integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni — deve essere applicata e riscossa, nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare, dai soggetti gestori del servizio nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali o aree scoperte ad uso privato, ed è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

In altri termini, l'articolo 49 Dlgs 22/1997 ha inteso sostituire la "tassa" che, così come applicata (non risultando che i Comuni con popolazione inferiore a 35.000 abitanti si siano ampiamente avvalsi della facoltà, concessa loro dall'art 65 Dlgs 507/1993, di optare per una quantificazione "puntuale" della tassa in relazione alla quantità dei rifiuti effettivamente prodotti ed al loro costo di smaltimento, in alternativa al sistema presuntivo di tariffazione basato sulla produzione media ordinaria di rifiuti in relazione alla tipologia dell'attività o uso per unità di superficie tassabile) si configura come un imposta di tipo patrimoniale, sostanzialmente svincolata dalla quantità di rifiuti prodotta ed il cui gettito,che non può superare il costo di esercizio del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi, non deve necessariamente assicurarne l'integrale copertura, con una tariffa che, ispirandosi al principio di matrice comunitaria del "chi inquina paga", dovrebbe aver riguardo all'effettiva produzione dei rifiuti ed ai costi inerenti alla loro gestione, assicurandone, a regime, l'integrale copertura e premiando nel contempo, incentivandoli, comportamenti individuali che, in conformità alle linee ispiratrici del Decreto Ronchi, siano intesi alla minimizzazione della produzione di rifiuti ed all'incentivazione della raccolta differenziata (cfr. articolo 49, 10° comma, Dlgs 22/1997 cit. che prevede che, nella modulazione della tariffa, siano assicurate agevolazioni per la raccolta differenziata delle frazioni umide e delle altre frazioni).

Premesso quanto innanzi, si osserva che l'eccezione proposta dalla difesa del C. è, ictu oculi, infondata.

In disparte il rilievo che la soppressione della tassa e l'istituzione della tariffa previste, nell'originaria formulazione del decreto Ronchi, a decorrere dal 01.01.1999, dopo essere state differite¸ dapprima, dall'articolo 1, comma 28° L.426/1998, al 01.01.2000, e quindi, dall'articolo 33 legge 488/1999, alla scadenza dei termini "entro i quali i Comuni devono provvedere all'integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2", previsti dal regime transitorio disciplinato dal regolamento di cui all'articolo 49, quinto comma. Dlgs 22/1997 [ e cioè del regolamento recante norme per l'elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, quindi approvato con Dpr 158/1999, che, all'articolo 11, primo comma, prevede, appunto, che i comuni sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione fissata, dalla stessa disposizione normativa, secondo una tempistica articolata, sub lett. a), b) c) e d), in funzione del grado di copertura dei costi di gestione totali del servizio riferiti al 1999 ed al numero degli abitanti] — salva la facoltà (già prevista dall'articolo 49, comma 16, Dlgs 22/1997 ed ulteriormente ribadita dal comma 1 — bis dello stesso articolo, aggiunto dall'articolo 33, secondo comma, L.488/1999 e della quale, comunque, non risulta che il Comune di Acquaviva delle Fonti si sia avvalso) di deliberare l'introduzione sperimentale della tariffa con conseguente disapplicazione anticipata della disciplina tributaria — sono state, più di recente, ulteriormente differite dal comma 21 dell'articolo 31, legge 27 dicembre 2002, n. 289, dal comma 116 dell'articolo 4, legge 24 dicembre 2003, n. 350, dal comma 523 dell'articolo 1, legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dal comma 134 dell'articolo 1, legge 23 dicembre 2005, n. 266, (modificativi delle lett. a) e b) di cui all'articolo 11, primo comma, Dpr 158/1999), a data ben successiva all'epoca cui risalgono i fatti che ne occupano, appare assorbente la considerazione che a nulla rileva che, per effetto dell'imposizione fiscale o tariffaria, il peso economico dei danni subiti dalle finanze di un amministrazione possa, in definitiva, far carico sulla generalità dei contribuenti e/o sugli utenti dei servizi erogati (ciò che, peraltro, attese le fonti di finanziamento delle amministrazioni, sarebbe per lo più predicabile con riferimento ad ogni sorta di nocumento patrimoniale dalle stesse sopportato), considerato che, quel che rileva, è l'imputazione giuridica del danno.

Con riferimento al caso di specie, vertendosi, secondo la prospettazione attorea, in ipotesi di danno sopportato dalle finanze del Comune di Acquaviva delle Fonti in dipendenza di indebite erogazioni pecuniarie in favore dell'Impresa appaltatrice del servizio di igiene urbana ed ascrivibile alla responsabilità di dipendenti dell'amministrazione comunale solvens, non può revocarsi in dubbio, a termini del comb. disp. di cui agli articoli 52 Rd 1214/1934, legge 20/1994, 93 Dlgs 267/2000 e 19 Dpr 3/1957, la legittimazione del Requirente contabile ad agire innanzi a questa Corte per il relativo ristoro e la giurisdizione di questa Corte a conoscere della domanda risarcitoria proposta.

3. Con la memoria di costituzione, la difesa dell'O. ha eccepito l'inammissibilità dell'azione proposta nei propri confronti, per la "mancata confutazione delle argomentazioni esposte nell'atto di deduzioni fatto pervenire in risposta all'invito a dedurre", in quanto l'atto di citazione riprenderebbe, parola per parola, il contenuto dell'invito a dedurre senza contenere null'altro che una timida replica solamente alle difese svolte a pagg. 2 — 3 della memoria inviata dall'O., mentre non si farebbe "alcun cenno alle ulteriori ampie difese esplicitate nelle restanti pagine del richiamato atto difensivo".

Del pari, la difesa del legge . ha preliminarmente eccepito l' inammissibilità dell'azione, atteso che la Procura non avrebbe "fatto alcun minimale cenno" alle controdeduzioni ed alla documentazione depositate dal legge in riscontro all'invito a dedurre.

Reputa la Sezione che debbano essere disattese le eccezioni proposte, sul punto, dall'O. e dal legge , con le rispettive memorie di costituzione.

Le suddette doglianze si palesano, infatti, infondate alla luce del consolidato orientamento di questa Corte — autorevolmente ribadito dalle SS.RR. con sentenza 17.12.1997 — 16.02.1998 n° 7/98/Q.M.— nel senso che, nell'atto di citazione, il P.R. non è obbligato a motivare le ragioni per le quali egli ha, eventualmente anche in toto, disatteso le deduzioni presentate dall'evocando in giudizio, in riscontro all'informativa ante causam di cui all'articolo 5 Dl 453/ 1993 conv. in legge 19/1994, non determinando l'invito a dedurre l'insorgere di un contraddittorio pre-processuale tra P.R. ed invitato atteso che "un ipotetico obbligo (peraltro non legislativamente previsto e non creabile in via giurisprudenziale) di motivazione finirebbe per trasformare la fase istruttoria, di cui il P.R. è il dominus, in un anomalo diretto contenzioso tra il medesimo e l'invitato, imponendo contemporaneamente al primo funzioni, nonché obblighi di motivazione, propri del giudicante, travalicandosi in tal modo quella istituzionale di acquisizione degli elementi probatori da sottoporre poi alla valutazione del giudice", per cui l'esame valutativo delle deduzioni dell'invitato ben può essere espresso dal P.R. in modo sintetico od essere persino implicito nel fatto stesso che viene emesso l'atto di citazione.

4. La difesa del C. ha dedotto "la sussistenza di specifico profilo di nullità della domanda per violazione dell'articolo 1 comma 1/ter, della legge 20/1994".

L'eccezione così come proposta in rito è evidentemente infondata, considerato che l'allegata violazione dell'invocata disposizione normativa che dispone che "nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole", prevedendo, peraltro, che "nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li hanno approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione", non attiene, con ogni evidenza, alla validità degli atti processuali, ma al merito.

5. Sempre in via preliminare, investendo la regolare costituzione del rapporto processuale sotto il profilo della completezza del contraddittorio, occorre esaminare la richiesta, formulata, in via subordinata, dalla difesa del C. di integrazione del contraddittorio nei confronti di coloro che "ebbero ad assumere le deliberazioni incriminate" e cioè, secondo quanto specificato dalla stessa difesa, la deliberazione del Commissario straordinario dott. Alfonso Magnatta n° 163 del 28.11.2000 e le deliberazioni della Giunta Comunale n° 119 del 13.12.2001, n° 241 del 31.12.2002 e n° 284 del 30.12.2003.

In proposito, premesso che la verifica dell'integrità del contraddittorio deve essere effettuata con riferimento alla domanda introduttiva del giudizio e non con riguardo alle tesi difensive dei convenuti, che ben possono valere a contestare la fondatezza, nel merito, della domanda, ma che non comportano la necessaria estensione soggettiva del processo, reputa la Sezione che la richiesta d'integrazione del contraddittorio debba essere disattesa, considerato che il prospettato concorso dei summenzionati terzi nella causazione del danno, non ne impone, comunque, la chiamata in causa, ben potendo il Giudice, ai fini della determinazione della quota di danno imputabile ai convenuti, tener conto e valutare incidentalmente le condotte di altri soggetti, non convenuti in giudizio, per verificarne l'eventuale contributo causale, senza che, ovviamente, tale accertamento faccia stato nei loro confronti (cfr., in tal senso, ex multis, Sezione giur. Puglia, 20.09.2002 n° 670).

6. Devono essere, del pari, disattese le eccezioni di prescrizione proposte dai convenuti C. e O., con i rispettivi libelli difensivi.

Con la memoria di costituzione il procuratore del C. ha eccepito la "prescrizione parziale dell'azione per talune somme erogate all'appaltatore e costituenti danno erariale" con riferimento a tutti i pagamenti effettuati nel periodo precedente al quinquennio dalla notifica dell'atto di citazione, cui andrebbe ricondotto l'effetto interruttivo, in quanto l'invito a dedurre non potrebbe essere considerato — secondo lo stesso difensore — un atto di costituzione in mora valido ai fini dell'interruzione della prescrizione.

Dal canto suo, la difesa dell'O. ha eccepito l'intervenuta prescrizione, che si assume decorrerebbe dal 1997, epoca di sottoscrizione del contratto.

Osserva la Sezione che, poiché l'azione del Procuratore regionale non ha una funzione sanzionatoria di una condotta contra legem (che potrebbe anche non essere produttiva di alcun danno) ma risarcitoria di un danno suscettibile di valutazione economica, l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativa postula che un danno si sia già verificato, per cui, in conformità al principio di cui all'articolo2935 C.c., a termini del quale "la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere", deve ritenersi che "il fatto dannoso", al cui verificarsi l'articolo 1, secondo comma, legge 20/1994 ricollega il decorso del termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, sia costituito dal binomio condotta — danno e si perfezioni solo con il verificarsi di quest'ultimo, che dev'essere, pertanto, assunto quale dies a quo del termine prescrizionale (cfr. SS.RR. 24 maggio 2000 n° 7/2000/Q.M.).

Ne consegue, che evidentemente infondata è l'eccezione di prescrizione proposta dalla difesa dell'O. non potendosi aver riguardo, quale dies a quo del termine di prescrizione dell'azione di responsabilità amministrativa, alla data della stipula del contratto di appalto, non valendo lo stesso a determinare l'esordio della prescrizione.

Il decorso del termine prescrizionale postula, infatti, il depauperamento del bilancio dell'Ente, che si verifica, con carattere di concretezza ed attualità, solo con l'effettivo esborso (cfr. SS.RR. 24 maggio 2000 n° 7/2000/Q.M.).

Parimenti infondata è l'eccezione di prescrizione parziale del credito risarcitorio azionato con l'atto introduttivo, proposta dalla difesa del C., come palesato dal rilievo, che la più risalente delle delibere sulla base delle quali sono stati effettuati, in favore dell'Impresa appaltatrice, i pagamenti (evidentemente successivi alle stesse delibere) dedotti nell'atto introduttivo quale causa dei danni oggetto della domanda risarcitoria proposta, e cioè la delibera del Commissario Straordinario n° 133 del 02.05.2000 (con il quale è stato deliberato l'aggiornamento del canone, in ragione, fra l'altro, della revisione riconosciuta per l'importo di £.158.636.678) è, comunque, non anteriore al quinquennio antecedente alla notifica — effettuata nei confronti del C. in data 21.04.2005 — dell'atto introduttivo che, pertanto, ha interrotto tempestivamente il corso della prescrizione con riferimento a tutti i pagamenti per cui causa.

D'altro canto, la totale infondatezza dell'eccezione di prescrizione proposta è vieppiù palesata all'evidenza dal rilievo che — contrariamente all'assunto difensivo — all' invito a dedurre, nella specie espressamente formulato anche a fini di costituzione in mora, deve, in conformità al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. sentenze SS.RR. 20.12.2000 n° 14/2000/Q.M. e 20.03. 2003 n° 6/2003/Q.M.), annettersi efficacia interruttiva della prescrizione.

7. I procuratori dell'O. hanno eccepito la "inammissibilità dell'azione", ai sensi dell'articolo 1, primo comma, legge 20/1994, in quanto l'azione di responsabilità proposta dalla P.R. nei confronti del dott. O. con riferimento alla prima posta di danno lamentata con l'atto introduttivo, si appunterebbe "innanzi tutto avverso i criteri di determinazione del compenso revisionale, scelti dall'amministrazione nell'esercizio del potere discrezionale conferitole dalla normativa vigente in materia".

L'invocata disposizione normativa dopo aver previsto che "la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave", fa espressamente salva "l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali".

L'eccezione è destituita di fondamento.

Anticipando quanto si verrà esponendo, infra, con riferimento alla suddetta prima posta di danno, occorre, infatti, osservare che le parti vantano un vero e proprio diritto soggettivo alla revisione dei prezzi degli appalti pubblici di servizi e forniture ad esecuzione continuata o periodica, prevista dall'articolo 6, quarto comma, L.537/1993 come mod. dall'articolo44 legge 724/1994, cui deve attribuirsi natura inderogabile, con conseguente inserzione automatica della relativa clausola, anche in sostituzione delle eventuali clausole difformi, a termini del comb. disp.di cui agli articoli 1339 e 1419 C.c.

Vertendosi in ipotesi di norma (imperativa) donde derivano situazioni giuridiche soggettive aventi natura e consistenza di diritto soggettivo perfetto e, pertanto, di norma di relazione, deve escludersi che la stessa possa considerarsi attributiva di poteri discrezionali e cioè di discrezionalità amministrativa — che evidentemente postula che la norma (di azione) sia applicabile alla concreta fattispecie solo per il tramite necessario dell'esercizio del potere (secondo lo schema: norma/potere/fatto) — essendo, tutt'al più, configurabile una mera discrezionalità tecnica, che, non comportando, al contrario della discrezionalità amministrativa, alcuna scelta e ponderazione di interessi, ma comportando meri giudizi e valutazioni di fatti — ancorché suscettibili, in applicazione di discipline tecniche, di diverso apprezzamento — è ben sindacabile dal giudice contabile.

8. Passando all'esame del merito, reputa la Sezione che, avuto riguardo alla prima posta di danno, conseguente all'erogazione, in favore dell'Impresa appaltatrice, a titolo di revisione del canone riconosciutale ai sensi dell'articolo 10 del contratto d'appalto, dell'importo di £.1.152.450.124, pari ad €.595.191, la domanda risarcitoria proposta sia, in parte qua, destituita di fondamento.

Preliminarmente è appena il caso di osservare che totalmente inconferente è l'assunto attoreo per cui "le diverse prescrizioni del Csa postulavano nitidamente che il suddetto prezzo di £.1.930.000.000 (iva esclusa) era stato fissato a corpo e non già a misura" e lo stesso dovesse, pertanto, intendersi, "remunerativo di tutti gli oneri e gli obblighi assunti contrattualmente relativamente ai servizi indicati in capitolato".

La circostanza che il prezzo fosse stato fissato a corpo e non a misura, non esclude evidentemente l'ammissibilità del meccanismo revisionale, siccome ben compatibile sia con l'uno che con l'altro sistema di determinazione del corrispettivo (cfr. Cass. 12.06.1987 n° 5126, Cass.10.07.1984 n° 4049).

Così come, del pari, nessuna illazione nel senso dell'esclusione dell' operatività della revisione prezzi può inferirsi dalla circostanza che, del corrispettivo contrattuale, il capitolato speciale preveda, all'articolo 14, l'adeguamento "soltanto ove, in costanza di rapporto contrattuale, si avveri una delle seguente condizioni a) aumento o diminuzione oltre il 5% della popolazione residente, fruitrice del servizio di ritiro dei rifiuti solidi urbani, tenuto conto del numero degli abitanti assunti come base all'inizio dell'appalto che risulta essere di n° 21513 come da statistica mensile dell'ufficio stato civile b) ulteriori oneri imprevedibili derivanti dall'applicazione di nuove normative dello Stato e/o della Regione Puglia circa le modalità di espletamento dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e/o assimilabili"; trattasi, infatti, di circostanze (variazione demografica oltre la summenzionata soglia di rilevanza, ius superveniens) che, incidendo sull'oggettiva entità del servizio reso, in termini, rispettivamente, di presumibile aumento o decremento della quantità dei rifiuti ovvero dell'imposizione di ulteriori oneri imprevedibili derivanti dall' applicazione di nuove discipline in ordine alle modalità di espletamento del servizio, nel legittimare, in virtù della suddetta previsione del capitolato, il conseguente adeguamento del corrispettivo, in deroga alla sua determinazione "a corpo", si svolgono su un piano evidentemente diverso rispetto all' aggiornamento revisionale che ha, invece, riguardo alle alterazioni del sinallagma contrattuale in dipendenza delle oscillazioni del valore economico di una prestazione rimasta invariata nell'originario oggetto e consistenza.

Sicché evidentemente infondata è la doglianza attorea per cui, "attraverso l'inserimento nel contratto siglato nel novembre 1997 di quella peculiare formulazione del su menzionato articolo10" si sarebbe impresso "all'appalto in parola una sostanziale alterazione, risultata indebita, perché non coerente con le riferire norme del Csa" in quanto si è prevista la revisione del relativo canone "difformemente da quanto però enunciato in quest'ultimo regolamento approvato dal Consiglio Comunale il 12.04.1996".

In disparte il rilievo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Procura, il capitolato speciale d'appalto non è un regolamento, essendo privo dei requisiti per la sua qualificazione quale atto normativo, ma ha natura contrattuale (cfr. C.d.S. Sezione VI, 12.06.1992 n° 481, C.d.S. Sezione V, 18.10.1974 n° 411), è evidente, alle luce delle considerazioni innanzi esposte, come non vi sia alcun contrasto, sul punto, fra le clausole del contratto e quelle del capitolato speciale d'appalto.

La Procura lamenta, inoltre, che il tenore della censurata clausola contrattuale sarebbe contraddittorio "perché oltre ad ivi contemplare come prima osservato la revisione del prezzo in caso di variazione dei costi, secondo le modalità appresso indicate, in conformità a quanto previsto dal 4° co. dell'articolo 44 della legge 23.12.1994 n° 724 susseguentemente si operava un richiamo del tutto insolito ed improprio anche alle disposizioni di cui agli articoli 1667 e 1467 del C.c.".

Non può revocarsi in dubbio che la previsione della revisione prezzi nel contratto di appalto di servizio de quo era non solo ammissibile ma addirittura doverosa, a termini del chiaro disposto di cui all'articolo6 legge 24.12.1993 n° 537 (nel testo sostituito dall'articolo 44 L.724/1994) che, al quarto comma, ha previsto che "tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo".

Alla luce della suddetta disposizione normativa, applicabile ratione temporis al contratto di appalto di servizio de quo, e del suo carattere imperativo ("debbono recare"), evidentemente inconferente si palesa l'excursus di cui all'atto introduttivo inteso a dimostrare il disfavore legislativo nei confronti dell'istituto della revisione prezzi sulla base, peraltro, di norme superate al momento della stipula del contratto de quo e, pertanto, evidentemente inapplicabili nella specie.

È, peraltro, appena il caso di osservare che, il divieto della revisione dei prezzi nei pubblici appalti introdotto dall'articolo 3 Dl 333/1992 conv. in legge 359/1992, superato, con riferimento ai contratti pubblici di forniture e servizi di durata, per effetto del succitato articolo 6, quarto comma, legge 537/1993 , e relegato ai soli appalti di lavori pubblici, ove è ora previsto dall'articolo26, terzo comma, legge 109/1994 ( che recita: "per i lavori pubblici affidati dalle amministrazioni aggiudicatici e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori non è ammesso procedere alla revisione dei prezzi e non si applica il primo comma dell'articolo 1664 del codice civile"), è stato, più di recente, anche in detto residuo ambito applicativo, derogato dalla disposizione di cui all'articolo 1, 550° comma, legge 311/ 2004 (c.d. legge finanziaria 2005), con il quale il legislatore, rispondendo alle esigenze emerse nella pratica in dipendenza del fenomeno del c.d. "caro acciaio", ha modificato il cit. articolo 26 legge 109/1994, aggiungendovi altri sei commi (da 4/bis a 4/septies), con i quali ha previsto, per gli appalti di lavori pubblici, un meccanismo revisionale, "per la percentuale eccedente il 10% e nel limite delle risorse di cui al comma 4 — sexies", in relazione alle variazioni, superiori al 10%, in aumento o diminuzione, dei prezzi dei singoli materiali da costruzione, "per effetto di circostanze eccezionali".

Premesso quanto innanzi, si osserva che la Procura attrice ha censurato, quale presunta causa del lamentato danno erariale, da un lato, il comportamento del C. e dell'O., i quali, nella rispettiva qualità di funzionario delegato alla stipula ed ufficiale rogante del contratto d'appalto di servizi de quo, avrebbero "sussunto" il metodo di calcolo della revisione di tale canone non soltanto nel testé citato articolo 44 della legge 724/1994 — il cui richiamo, perché cogente, avrebbe dovuto rimanere esclusivo — ma anche nelle disposizioni riportate nell'articolo 1664 C.c., nonostante che, per effetto del Dl 333/1992, "doveva ritenersi ormai del tutto eliminato di diritto, per motivi di ordine pubblico finanziario, giusta l'articolo 1339 C.c., quel criterio di computo della revisione prezzi o canoni dei contratti pubblici, specie quelli a prestazione continuata, sancito nel ridetto susseguente articolo 1664" e, dall'altro, la circostanza che non sia stata mai svolta "da parte dell'appena nominato responsabile del competente servizio" — e cioè del C. — "alcuna previa istruttoria", in quanto detto canone sarebbe "stato man man revisionato., applicandovi l'alea del 10% prevista dal succitato articolo 1664 del C.c., sulla scorta di mere richieste, note e fatture di volta in volta trasmesse dall'appaltatrice ed accettate acriticamente ed indiscriminatamente, dai competenti dipendenti comunali".

Le deduzioni della Procura investono, pertanto, sia la clausola di cui all'articolo 10 del contratto, censurandone il richiamo all'articolo 1664 (oltrechè all'articolo 1447) C.c. e le modalità della determinazione della revisione prezzi ivi previste, sia la sua concreta attuazione.

Reputa la Sezione che l'articolo 6 legge 537/1993 (come modificato dall'articolo 44 legge 724/1994) disciplini inderogabilmente e compiutamente la revisione degli appalti pubblici di servizi ad esecuzione continuata e periodica, sicchè, dovendosi considerare nulla, ex articolo 1419 C.c., e sostituita di diritto, ex articolo 1339 C.c., ogni contrastante previsione contrattuale, deve ritenersi che l'operatività del meccanismo revisionale di cui all'articolo 6 legge 537/1993 escluda, in ragione della sua specialità, l'applicabilità della norma di cui all'articolo 1664 C.c. (cfr. C.d.S., Sezione V, 08.05.2002 n° 2461, C.d.S., Sezione V, 19.02.2003 n° 916).

Come vieppiù palesato dal rilievo che l'istituto della revisione prezzi, mentre nel campo dei rapporti interprivati, trova il suo presupposto nell' imprevedibilità, al momento della conclusione del contratto, degli aumenti di costo che possono intervenire in corso di esecuzione dell'appalto ed ha lo scopo di ricondurre ad equità la causa del negozio, alterata a favore di una delle parti per effetto di eventi sopravvenuti ed imprevedibili, tant'è che l'articolo 1664 C.c. subordina il diritto delle parti di chiedere la revisione prezzi alla circostanza che "per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto" e prevede che la revisione stessa possa essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo, nel campo della contrattazione pubblicistica persegue l'interesse pubblico alla regolarità della contrattazione stessa, che evidentemente postula che le offerte delle parti ed i prezzi di aggiudicazione siano determinati tenendo conto solo della situazione vigente al momento della conclusione del contratto (cfr. C.d.S. Sezione V, 12 ottobre 1984 n° 723).

Sennonché, se deve convenirsi con l'assunto attoreo per cui la clausola revisionale di cui al contratto stipulato in data 03.11.1997, a rogito del Segretario comunale del Comune di Acquaviva delle Fonti fra la suddetta Amministrazione e la (...) Srl, non avrebbe dovuto recare alcun richiamo alle norme di cui agli articoli 1664 e 1467 C.c., essendo, appunto, la revisione dei prezzi negli appalti pubblici di servizi di durata disciplinata dalla norma speciale di cui all'articolo6, quarto comma, legge 537/1993 come mod. dall'articolo 44 legge 724/1994, nondimeno, non appaiono condivisibili le conclusioni che la Procura ha inteso inferirne sul piano dell'azione risarcitoria proposta, non risultando che dalla dedotta illegittimità sia derivato alcun preteso danno per le finanze dell' amministrazione comunale.

Le doglianze della Procura si incentrano sui criteri di calcolo della revisione prezzi previsti dalla richiamata clausola contrattuale e dall'articolo 1664 C.c., a fronte di quelli che si assumono contemplati dall'articolo 6 legge 537/993.

In proposito, è appena il caso di premettere che il quarto comma, secondo periodo, del cit. articolo 6 legge 537/1993 (come modificato dall'articolo 44 legge 724/1994) ha disposto che la revisione debba essere operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6, il quale — facendo seguito al comma 5, che prevede che "le amministrazioni pubbliche nell'ambito dei poteri e delle responsabilità previsti dal Dlgs 3 febbraio 1993 n° 29 e succ. mod. ed int. effettuano le acquisizioni di beni e servizi al miglior prezzo di mercato ove rilevabile" — prevede, a sua volta, che "per orientare le pubbliche amministrazioni nell'individuazione del miglior prezzo di mercato, l'Istat, avvalendosi, ove necessario, delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura, cura la rilevazione e la elaborazione dei prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni, provvedendo alla comparazione, su base statistica, fra quest'ultimi e i prezzi di mercato " e che gli elenchi dei prezzi rilevati sono pubblicati sulla G.U. con la periodicità ivi prescritta.

Occorre, peraltro, osservare che, al contrario dell'ipotesi dell'acquisizione di beni e servizi, e cioè della stipulazione del contratto, che secondo le surriportate previsioni normative deve essere effettuata al "miglior prezzo di mercato, ove rilevabile" e per la quale i dati oggetto di rilevazione e di pubblicazione da parte dell'Istat hanno, per espressa previsione normativa, una funzione "orientativa", per la revisione prezzi il legislatore ha previsto che debba essere effettuata "sulla base di un'istruttoria condotta….sulla base dei dati di cui al comma 6" e, pertanto, avuto riguardo non al "miglior prezzo di mercato", ma ai "prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni", ossia, com'è ovvio, vertendosi in ipotesi di revisione prezzi, in ragione della variazione dei prezzi stessi.

Del resto, già le norme di cui al R.Dl13.06.1940 n° 901, concernenti la revisione dei prezzi nei contratti di pubbliche forniture delle amministrazioni dello Stato, estese, con la legge 16 febbraio 1942, n. 218, alle Amministrazioni pubbliche non statali, riferivano — peraltro, con previsioni di natura dispositiva e derogabile (cfr. Cass. SS.UU., 23.02.1983 n° 1370 — la revisione dei prezzi alle variazioni del "prezzo complessivo".

Comunque, ove la norma potesse interpretarsi nel senso che, anche con riferimento alla revisione prezzi, si debba aver riguardo, al "miglior prezzo di mercato" (rectius: alla relativa variazione), come prospettato dall'organo requirente, non ci si potrebbe sottrarre alla conclusione che l'assunzione, anche ai fini revisionali, del suddetto parametro, incontri il limite, contemplato dal cit. comma 5 dell'articolo 6 legge 537/1993, costituito dalla sua rilevabilità, sicché, deve escludersi che possa ad esso farsi riferimento quando, come nella specie, si verta in ipotesi di prestazione di servizi che, in ragione della sua complessità, è evidentemente irriducibile a caratteristiche tecnico — qualitative standardizzate, tanto da essere stata commessa all'esito di una procedura di appalto concorso e, pertanto, avvalendosi degli apporti, in termini "progettuali" e di definizione delle caratteristiche prestazionali, della stessa impresa appaltatrice.

D'altro canto, in disparte il rilievo che il sistema di rilevazione contemplato dall'articolo 6 legge 537/1993, ai fini dell'acquisizione di beni e servizi al miglior prezzo di mercato, non ha trovato pratica attuazione e, seppur formalmente ancora vigente, le si è sovrapposto il sistema delle convenzioni CONSIP, cioè il sistema di acquisto centralizzato di beni e servizi da parte delle Amministrazioni pubbliche introdotto dall'articolo 26 legge 488/1999 (con la prevista possibilità, per le Amministrazioni, di ricorrervi ovvero di utilizzare "i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse"; cfr. articolo 26, terzo comma, l. 488/1999 come sostituito, dapprima dall'articolo 3, comma 166, legge 350/2003 e, quindi, dall'articolo 1, Dl 168/2004 conv. in legge 194/2004), è evidente che lo stesso è stato congegnato con riferimento all'approvvigionamento di beni e servizi che, in ragione delle loro caratteristiche merceologiche e prestazionali, hanno un prezzo di comune commercio, come, del resto, palesato dal rilievo che il legislatore ha previsto che l'Istat si avvalga, ove necessario, delle Camere di Commercio, che hanno tradizionalmente curato la formazione delle mercuriali e dei listini prezzi (articolo 5 Rd 04.01.1925 n° 29), sicché ove anche il sistema previsto avesse trovato pratica attuazione, difficilmente avrebbe potuto essere oggetto di rilevamento il corrispettivo di un servizio di natura complessa, quale quello che ne occupa.

Stante la mancata rilevazione dei prezzi la giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso che la revisione debba essere operata sulla base dell'indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati (c.d. indice F.O.I.) mensilmente pubblicato dall'I.S.T.A.T. (cfr. C.d.S., Sezione V, 08.05.2002 n° 2461).

Occorre, peraltro, osservare che, ai fini dell'accertamento della dinamica dei prezzi dei beni e dei servizi oggetto di approvvigionamento da parte delle pubbliche amministrazioni, l'indice F.O.I., che si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo ad un lavoratore dipendente, è presumibilmente meno significativo, in ragione della diversa ponderazione, dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (indice NIC), che è utilizzato come misura dell'inflazione dell'intero sistema economico, sicché è a quest'ultimo che occorrerebbe, semmai far riferimento; ed è, appunto, sulla base dell'indice NIC, riferito alla categoria di prodotti "raccolta rifiuti e servizi sanitari" (di cui alla nota del 06.02.2001 dell' Istat allegata dall'appaltatrice alla richiesta del 04.09.2001 acquisita al protocollo del comune in data 10.09.2001 al n° 13076) che, con delibera G.M. 13.12.2001 n° 120, è stato riconosciuto, a decorrere dal 01.01.2001, in favore della (...) Srl, l'adeguamento revisionale del canone con riferimento alla variazione dei costi riferita al periodo dicembre 1999 — dicembre 2000.

Reputa, peraltro, la Sezione che, in difetto del rilevamento dei prezzi dei beni e dei servizi (ovvero di pertinenti indici), occorra far riferimento alla variazioni dei costi dei principali fattori produttivi e, pertanto, in definitiva, della mano d'opera, dei costi di esercizio e dei materiali, quale indice presumibilmente rappresentativo (e certamente più rappresentativo dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati) della dinamica dei prezzi finali dei singoli beni e servizi.

Non v'è chi non veda, infatti, che, come nell'appalto di opere pubbliche, alla mancanza di un prezzo (e nell'impossibilità di ricavarlo per assimilazione), non può supplirsi che facendo ricorso a nuove regolari analisi (cfr. articoli 136 Dpr 554/1999 e 21 lett. b Rd 350/1895) e, pertanto, prendendo le mosse dal costo dei fattori produttivi (prezzi elementari), così del pari, quando non sia possibile stabilire la variazione verificatisi con riferimento ai prezzi finali di beni e di servizi, non può che farsi riferimento alle variazioni del costo dei relativi fattori produttivi, considerato che, atteso che il prezzo finale è destinato ad incorporare i costi stessi, è ragionevole presumere che le variazioni di quest'ultimi siano rappresentative della dinamica del primo.

Ed è appunto, sulla base delle variazioni dei costi dei fattori produttivi che, con nota del 30.12.1998 (acquisita al protocollo del comune in data 31.12.1998 al n° 21512 e rettificata con successiva nota del 07.11.2000 acquisita al protocollo il 24.11.2000 al n° 17027) e con nota del 30.12.1999 (acquisita al protocollo del comune in pari data al n° 21456), la (...) Srl ha chiesto, ai sensi dell'articolo 10 del contratto d'appalto, l'aggiornamento revisionale del canone con riferimento, rispettivamente, alle variazioni verificatesi nel 1998 e nel 1999, e che è stato, quindi, oggetto di riconoscimento, in favore della Ditta appaltatrice, con delibera C.S. n° 133 del 02.05.2000 (di riconoscimento di debito fuori bilancio) per l'importo, al netto dell'alea contrattuale, di £.21.174.939 e con delibera C.S. n° 163 del 28.11.2000 per l'importo di £.158.636.678.

Premesso quanto innanzi, si osserva che la Procura regionale ha allegato, da un lato, che, a termini del cit. articolo 6 legge 537/1993, la revisione periodica riconoscibile sarebbe "ispirata a differenza del passato, al metodo della determinazione oggettiva del miglior prezzo contrattuale" (cfr. pag. 27 dell'atto di citazione), e, dall'altro, che "il nuovo metodo di calcolo della revisione prezzi o canone nei contratti d'appalto, ad esecuzione periodica o continuata, postula che essa sia influenzata, non più come pattuito nella specie, solo da variazioni degli attinenti costi di mano d'opera ovvero di esercizio degli automezzi e/o acquisto dei materiali di consumo, bensì da una più vasta oscillazione, nell'andamento dei relativi prezzi di mercato, di categorie molto più ampie degli afferenti fattori di costo, di guisa che, pur risultando talvolta incrementati i tre costi unitari su ricordati, potrebbero, tuttavia, essersi nel contempo verificate anche diminuzioni in tutti gli altri, tanto da non dar luogo nell'assetto generale ed equilibrato delle reciproche prestazioni contrattuali, ad alcuna rivisitazione in aumento del canone, se non addirittura produrne una riduzione, in favore della stazione appaltante, come, peraltro, postula la ratio sottesa a tale novella" (cfr. pag. 26 dell'atto introduttivo) .

Sennonché, in disparte il rilievo che il riferimento all'oscillazione "di categorie molto più ampie degli afferenti fattori di costo" è in evidente contraddizione con quanto dedotto dallo stesso attore pubblico per cui la revisione sarebbe "ispirata, a differenza del passato, al metodo della determinazione oggettiva del miglior prezzo contrattuale", si osserva che il Procuratore regionale non ha allegato e provato:

— né che il miglior prezzo di mercato o, comunque, il prezzo di mercato del servizio, fosse stato oggetto di rilevamento, secondo le previsioni di cui all'articolo 6, sesto comma, legge 537/1993 e che la determinazione della revisione sulla base delle risultanze del rilevamento stesso avrebbe comportato che la revisione dei prezzi non avrebbe operato a vantaggio dell'Impresa appaltatrice ovvero avrebbe operato in misura inferiore a quella oggetto di riconoscimento;

— nè che specifici fattori di costo, ulteriori rispetto a quelli oggetto di espressa contemplazione pattizia, avrebbero dovuto essere presi in considerazione, in ragione della loro presumibile incidenza sulla dinamica dei prezzi del servizio né, tam poco, ha dimostrato che ove fossero stati presi in considerazioni ulteriori ipotetici fattori di costo, il risultato sul piano della revisione sarebbe stato differente, tanto da non determinare alcun aumento (o un aumento in misura differente) del canone o da determinarne, addirittura, una riduzione, limitandosi a prospettare in termini ipotetici ed assolutamente generici l'eventualità che la considerazione di ulteriori, non meglio specificati, fattori di costo avrebbe potuto modificare o addirittura sovvertire le risultanze revisionali ("potrebbero, tuttavia, essersi nel contempo verificate anche diminuzioni in tutti gli altri, tanto da non dar luogo….. ad alcuna rivisitazione in aumento del canone, se non addirittura produrne una riduzione….").

Parimenti infondato l'addebito in ordine al mancato espletamento dell'istruttoria contemplata dall'articolo 6, quarto comma, legge 537/1993 ai fini della revisione periodica del prezzo.

È appena il caso di premettere che evidentemente inconferente è l'assunto attoreo per cui nella summenzionata disposizione normativa sarebbero "nitidamente dettati, per gli uffici ed organi della P.A. deputati ad accordarla, criteri e procedimento per calcolarla, senza subire invadenze esterne, pure da parte dell'impresa appaltatrice, ancorché potenziale beneficiaria, interessata semmai solo a richiederla ed eventualmente ad ottenerla".

Fermo restando, infatti, che, a termini del disposto di cui all'articolo 6, quarto comma, secondo periodo, legge 537/1993, "la revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione dei beni e dei servizi….", non può consentirsi sull'assunto attoreo per cui l'Impresa appaltatrice "ancorché potenziale beneficiaria" della revisione prezzi, avrebbe dovuto limitarsi a richiederla; non potendosi escludere l'Impresa appaltatrice, quale soggetto direttamente interessato, dal partecipare al "procedimento per calcolarla" e senza che una tale partecipazione al procedimento, ormai oggetto, da oltre tre lustri, di riconoscimento normativo con la legge 241/1990, possa essere apprezzata come un'indebita invadenza esterna.

D'altro canto, non rileva accertare se l'Amministrazione, ai fini del calcolo della revisione prezzi, si sia limitata a sottoporre a controllo i dati forniti dall'Impresa appaltatrice, accertandone l'esattezza, o abbia proceduto autonomamente all'acquisizione dei dati stessi, apparendo assorbente il rilievo che la Procura regionale non ha allegato né tam poco, provato, com'era suo onere (articolo 2697 C.c.) , che la revisione prezzi sia stata indebitamente concessa, per inesattezza dei dati assunti a base del calcolo della revisione stessa o altrimenti.

Sicché a nulla rileva che l'Amministrazione non avrebbe proceduto ad "autonoma" istruttoria, in quanto, in disparte il rilievo che sarebbe in contrasto con il principio di economicità dell'attività amministrativa e col divieto di aggravare il procedimento (cfr. articolo 1 legge 241/1990), rifiutare aprioristicamente qualsiasi apporto collaborativo dei soggetti privati interessati — fermo restando l'obbligo, che, peraltro, non risulta sia stato disatteso, di sottoporre i dati forniti dalla controparte contrattuale ai debiti riscontri, per verificarne l'esattezza — appare assorbente la considerazione che il giudizio di responsabilità amministrativa non ha ad oggetto la mera legittimità dell'attività compiuta — nel senso che la condotta esigibile avrebbe dovuto essere diversa da quella posta in essere, della quale, comunque, nella specie, non sono delineati profili di negligenza gravemente colpevole — ma l'illiceità dei comportamenti dei pubblici amministratori o dipendenti in quanto causa di danno per le finanze dell'amministrazione.

Per cui, evidentemente, la circostanza che, all'esito dell'espletata istruttoria, il P.M. contabile non abbia dedotto a fondamento dell'azione di responsabilità che le risultanze dell'operata revisione avrebbero dovuto essere differenti, depone inequivocabilmente nel senso dell'infondatezza, sul punto, della domanda risarcitoria proposta.

In altri termini, la Procura regionale, alla quale secondo i principi generali incombeva il relativo onere, lungi dal provare, non ha nemmeno specificamente dedotto che i censurati comportamenti consistenti, secondo le allegazioni attoree, nell'illegittimo richiamo, nella clausola revisionale, delle summenzionate disposizioni civilistiche e dei criteri di determinazione del compenso revisionale ivi previsti, nonchè nell'omissione di un autonoma istruttoria, sia stato causa dell'indebito riconoscimento, sotto il profilo dell'an e del quantum, della revisione, ciò che avrebbe postulato, da parte dell'organo requirente, il ricalcolo, con il conforto della pertinente documentazione dimostrativa, della revisione sulla base degli invocati criteri, con analitica dimostrazione del diverso risultato cui si sarebbe pervenuto.

D'altra parte, non solo le generiche ed indimostrate doglianze attoree sono rimaste sfornite del benché minimo conforto probatorio, ma è ragionevole supporre che il richiamo, nel testo contrattuale, dell'articolo 1664 C.c. e la sua applicazione si siano risolti in un vantaggio per l'amministrazione, sub specie di risparmio di spesa (e non rileva, in questa sede, stabilire se spettante o indebito), dal momento che, com'è dato evincere dalle stesse pronunce del giudice amministrativo invocate dall'organo requirente, l'esclusione dell' applicabilità dell'articolo 1664 C.c. ai contratti di appalto pubblico di servizi ad esecuzione continuata o periodica è stata per lo più sostenuta, nei giudizi conclusisi con le suddette sentenze, non dalle Amministrazioni, ma dalle Imprese, evidentemente interessate a sottrarre il compenso revisionale alla deduzione dell'alea contrattuale del 10% prevista dalla suddetta disposizione civilistica ma non espressamente contemplata dalla norma speciale di cui all'articolo 6, quarto comma, L.537/1993.

Alla luce delle suesposte considerazioni, è evidente come, dovendosene escludere la fondatezza, la domanda risarcitoria proposta dalla Procura regionale con l'atto introduttivo non sia meritevole di accoglimento in parte qua.

9. Con riferimento alla seconda posta di danno dedotta dal requirente contabile, per l'importo di €.142.870 al netto di Iva (£.304.298.945 pari ad €.157.157 al lordo dell'I.V.A), pari agli importi erogati in favore dell'Impresa appaltatrice "per le quantità di Rsu smaltite nelle discariche in misura asseritamente superiore (ossia 3.529 tonnellate in totale, di cui 829 nel '98 e 1350 in ciascuno dei due anni 2002 e 2003) a quella di 7.850 tonnellate per anno, prevista in origine dal progetto — offerta" [pag. 16 sub lett. c) dell'atto di citazione], reputa la Sezione che, preliminare, rispetto all'esame del merito, sia l'esatta delimitazione del thema decidendum.

Se è vero, infatti, che avuto riguardo al petitum (mediato ed immediato, ossia, rispettivamente, il bene della vita oggetto della domanda ed il provvedimento giudirisdizionale invocato) non sorge alcun problema, stante la loro chiara enunciazione, non è men vero che la non perspicua formulazione dell'atto introduttivo impone, preliminarmente, di individuare la domanda o le domande proposte, con particolare riferimento alla causa petendi, avuto riguardo agli elementi costitutivi della dedotta responsabilità amministrativa.

In proposito è appena il caso di osservare che, vertendosi in ipotesi di azione di responsabilità amministrativa e, pertanto, di domanda che, avendo ad oggetto un rapporto obbligatorio, deve considerarsi — giusto il brocardo "amplius quam semel res mea esse non potest, saepius autem deberi potest" — "eterodeterminata" (cfr., ex multis, Cass. Sezione II. 30.05.1997 n° 4460, Cass., Sezione II, 10.10.1997 n° 9851), è evidente come la sua compiuta identificazione postuli l'individuazione del fatto costitutivo della dedotta responsabilità amministrativa e, pertanto, del comportamento — tenuto in violazione degli obblighi di servizio e connotato, sotto il profilo soggettivo, in termini di dolo e colpa grave, in conformità ai criteri di imputazione soggettiva di cui all'articolo 1, primo comma, legge 20/1994 — oggetto di addebito in quanto causa, secondo la prospettazione accusatoria, del danno erariale dedotto a fondamento della pretesa risarcitoria avanzata con il libello introduttivo.

Premesso quanto innanzi, reputa il Collegio che, con la (unica) domanda risarcitoria proposta, con riferimento alla suddetta posta di danno, l'organo requirente ha dedotto, a fondamento dell'azione di responsabilità proposta, gli "addebiti omissivi" mossi al C. — cui sono stati accumunati il legge ed il C. — consistiti "nell'aver omesso con grave colpa di esperire direttamente ovvero di disporre che i propri collaboratori da lui incaricati esplicassero, in sua vece, ogni accertamento effettivo sulle reali risultanze giornaliere del peso di tali quantità di Rsu trasportati e smaltiti in discarica".

È bensì vero che il P.M., innanzi di formulare il suddetto addebito ha, preliminarmente, rilevato come non ricorressero i presupposti previsti dall'articolo 14 lett. a) Csa perché potesse farsi luogo a riconoscimento di compensi di sorta in relazione alle asserite maggior quantità smaltite in discarica rispetto a quelle preventivate nel progetto offerta, considerato che l'incremento demografico era stato notevolmente inferiore alla prevista soglia di rilevanza; sennonché il rilievo è rimasto fine a sé stesso, non avendo il Requirente contabile dedotto che il riconoscimento dei suddetti compensi in contrasto con la richiamata clausola del Csa fosse imputabile a specifici comportamenti connotati dall'elemento soggettivo necessario ai fini dell'integrazione della responsabilità amministrativa.

Se è vero, infatti, che, nella parte narrativa dell'atto introduttivo, il Requirente contabile ha fatto menzione delle delibere e determinazioni sulla base dei quali sarebbero stati corrisposti "in un crescendo rossiniano", maggiori compensi all'Impresa, alcuni dei quali — e, pertanto, non tutti — dedotti, nell'atto introduttivo quali voci di danno e che, nel farne cenno, il P.M. ha menzionato, altresì, le relative proposte ed i relativi pareri, non è men vero che, dalla relativa esposizione, non emerge che il Requirente contabile ne abbia mosso addebito agli autori delle delibere, determinazioni, proposte e pareri suddetti (peraltro solo in parte evocati in giudizio), come del resto evidenziato dal rilievo che nessun giudizio di disvalore, ossia di censura, è stato espresso dall'attore pubblico con riferimento ai summenzionati atti, non dedotti quali causa del danno erariale de quo.

Non ignora, il Collegio, l' orientamento della giurisprudenza civile per cui, nell'interpretazione della domanda il giudice non deve limitarsi alla sua formulazione letterale, alle espressioni adoperate, ma deve aver riguardo al suo sostanziale contenuto, procedendo all'identificazione del complesso degli elementi della fattispecie da cui deriva la pretesa dedotta in giudizio; sennonché, è evidente, come tale condivisibile orientamento non autorizzi una ricostruzione della domanda proposta in termini che prescindano da (o, addirittura, contrastino con) la prospettazione accusatoria formulata con l'atto introduttivo, non potendo il giudice basare la decisione su fatti costitutivi diversi da quelli dedotti a fondamento della domanda (cfr., ex multis, Cass. 02.02.1995 n° 1222, Cass. 13.03.1982, n° 1646, Cass. 09.06.1987 n° 5040).

Ed invero, in disparte la considerazione che, alla luce, non solo dell'articolo 112 c.p.c. ma ora, anche dei principi del giusto processo di cui al riformato articolo 111 Cost., il giudice non può supplire la manchevole attività assertiva del P.M., provvedendo ex officio all'individuazione dei singoli comportamenti cui, nel complesso svolgersi dell'attività amministrativa, riconoscere efficacia causale o concausale nella determinazione del danno, appare assorbente la considerazione che un tentativo di ricostruire, valorizzando quanto esposto dall'organo requirente nella narrativa dell'atto di citazione, un'ipotetica domanda, che, in relazione all'assorbente rilievo dell'assenza dei presupposti, cui l'articolo 14 Csa subordina l'adeguamento del canone, assumesse a fondamento dell'azione di responsabilità amministrativa proposta, non il comportamento "omissivo", oggetto di espresso addebito nei confronti dei convenuti con l'atto introduttivo, ma il comportamento "commissivo", consistente nella partecipazione (con le relative proposte — relazioni ed i relativi pareri) al procedimento di formazione delle delibere attinenti ai riconoscimenti, in favore dell'Impresa appaltatrice, dei contestati compensi per maggiori quantità asseritamente smaltite in discarica rispetto alla quantità prevista nel progetto offerta nonché nell'emanazione delle susseguenti determinazioni di impegno di spesa, incontrerebbe, comunque, un insormontabile ostacolo nel rilievo che il legge — espressamente accomunato, con il C., al C. nell'addebito formulato con riferimento alla suddetta posta di danno — non è minimamente menzionato nella narrativa dell'atto di citazione, siccome evidentemente estraneo ai summenzionati atti e procedimenti, mentre, d'altro canto, se è vero che il C. ed il C., vi sono menzionati, in relazione al compimento e/o alla partecipazione al procedimento di formazione di alcuni dei suddetti atti, non è men vero che, nell'atto introduttivo, non è dato rinvenire il benché minimo cenno nel senso che il rispettivo comportamento "commissivo", fosse connotato, in relazione all'indebito riconoscimento dei summenzionati compensi, dall'elemento soggettivo necessario ai fini dell'integrazione della responsabilità amministrativa.

Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che la domanda risarcitoria proposta sia, con riferimento alla suddetta voce di danno, fondata esclusivamente sul censurato comportamento omissivo consistito nel mancato accertamento delle reali risultanze giornaliere del peso delle quantità di Rsu trasportati e smaltiti in discarica, e non sulla mera circostanza che si è dato corso alla liquidazione di un compenso extracontrattuale non consentito dalla previsione di un corrispettivo a corpo.

Tale conclusione deve ritenersi valida non solo con riguardo al C., nei cui confronti è, expressis verbis, formulato il relativo addebito omissivo, e nei confronti del legge (con riferimento al quale, come innanzi evidenziato, non sarebbe, peraltro, nemmeno ipoteticamente prospettabile una responsabilità a diverso titolo), ma anche, nei termini che si vengono esponendo, nei confronti del C..

Se, è vero, infatti, che, con riferimento alla posta di danno che ne occupa, l'organo requirente, a pagg. 34 e 35 dell'atto di citazione, ha dedotto che "al C. competeva, a parere di questo P.R. prima di fornire il proprio parere di regolarità contabile sulle adottante deliberazioni sia del commissario straordinario n° 163 del 28.11.2000 che della giunta municipale n° 241 del 30.12.2002 e n° 284 del 30.12.2003 di verificare, giusta articoli 49 e 153 del T.U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con Dlvo 18.08.2000 n° 267, non soltanto la copertura finanziaria delle erogande spese, ma anche l'esattezza dei relativi importi e la loro perfetta conformità al contratto ed ai suoi allegati, al capitolato speciale d'appalto ed alla lettera d'invito, nonché al progetto offerta della concessionaria…", non è men vero che il suddetto addebito non può essere letto disgiuntamente da quanto allegato dall'attore pubblico, a pag. 33 dello stesso libello introduttivo ("il tono di simili affermazioni difficilmente può adesso far venir meno le ragioni per non veder accomunato, ai suesposti addebiti omissivi, già mossi al su generalizzato Comandante della P.M. C., anche lo stesso dott. legge …. nonché il responsabile del Servizio finanziario dott. C."), donde si evince che la verifica che — secondo la prospettazione attorea — il C. avrebbe dovuto effettuare, prima di esprimere il proprio parere di regolarità contabile, in ordine all'esattezza e conformità agli atti contrattuali degli importi oggetto di riconoscimento con le summenzionate delibere, a titolo di maggiori compensi "per le quantità di Rsu smaltite nelle discariche in misura asseritamente superiore a quella di 7.850 tonnellate per anno, previste nel progetto offerta" , avrebbe dovuto riguardare l'intervenuto espletamento, secondo le previsioni contrattuali, dello "accertamento effettivo sulle reali risultanze giornaliere del peso di tali quantità di Rsu trasportati e smaltiti in discarica", il cui mancato espletamento è, appunto, oggetto del contestato addebito omissivo formulato, con riferimento alla suddetta posta di danno, nei confronti del C..

Così delimitato il thema decidendum, reputa la Sezione che la domanda sia infondata.

In proposito, non può revocarsi in dubbio che il corrispettivo dell'appalto sia stato convenuto a corpo.

Il capitolato speciale d'appalto per la concessione dei servizi d'igiene urbana e dei servizi complementari, approvato con delibera C.C. n° 23 del 12.04.1996, infatti, dopo aver elencato, all'articolo 2, sub. nn° da 1) a 18), le prestazioni oggetto dell'appalto, ha previsto, all'articolo 6, che "per l'esatto e completo adempimento di tutti gli obblighi e doveri assunti con il presente capitolato, il Comune corrisponderà all'appaltatore il canone nell'importo che risulterà dal contratto in seguito all'aggiudicazione" (primo comma), che "detto canone si intende remunerativo di tutti gli oneri e gli obblighi assunti contrattualmente relativamente all'esecuzione dei servizi indicati in capitolato"(secondo comma), che "esso comprende tutte le spese, dirette ed indirette, per il personale comprese i contributi e gli accantonamenti" (terzo comma) e che "il canone comprende inoltre gli oneri di ammortamento e interessi sul capitale per il materiale e le attrezzature, le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti i beni mobili ed immobili, i consumi e quanto altro necessario per l'espletamento dei servizi, le spese generali, gli oneri accessori, le tasse, l'utile dell'impresa, le assicurazioni e qualsiasi altra imposta presente e futura" (quinto comma).

Il bando di gara approvato con la delibera G.M. n° 631 del 22.07.1996 (e modificato con successive delibere G.M. n° 715 del 26.08.1996 e n° 747 del 16.09.1996) ha posto, a base d'asta, l'importo del canone annuo massimo di £.2.000.000.000, e l'appalto è stato quindi aggiudicato alla (...) che ha offerto, sul suddetto canone, un ribasso percentuale del 3,5%, ecotassa esclusa.

Il servizio è stato quindi concesso in appalto alla suddetta aggiudicataria, con contratto a rogito del Segretario comunale rep.n° 4083 del 03.11.1997 che, all'articolo3 prevede che "l'importo del servizio è fissato in £.1.930.000.000, iva inclusa, annue".

È evidente, pertanto, che il canone annuo debba considerarsi remunerativo di tutti i servizi oggetto di affidamento, a prescindere dalla quantità dei rifiuti che ne sono oggetto.

Come vieppiù palesato dal rilievo che, con nota del 05.05.1997 (acquisita al protocollo del Comune di Acquaviva delle Fonti al n° 8147 del 06.05.1997 ed allegata alla delibera C.C. n° 47 del 19.05.1997), la (...), nel riformulare "il costo aggiuntivo di trasferimento Rsu in discarica extraurbana" (rectius in discariche siti in comuni diversi da quello di Acquaviva delle Fonti), indicato a pag.78 del progetto offerta in ossequio alla previsione di cui alla lett. d) del bando di gara, lo ha indicato nel costo giornaliero di £.400.000 + Iva "per un qualsiasi quantitativo giornaliero che si andrà a trasferire".

D'altro canto, si è innanzi rilevato che l'articolo 14 del suddetto capitolato speciale d'appalto per la concessione dei servizi di igiene urbana e dei servizi complementari approvato con delibera C.C. n° 23 del 12.04.1996 prevede che "il canone di appalto sarà adeguato, a richiesta di una delle due parti, soltanto ove, in costanza del rapporto contrattuale, si avveri una delle seguenti condizioni a) aumento o diminuzione oltre il 5% della popolazione residente fruitrice del servizio di ritiro dei rifiuti solidi urbani, tenendo conto del numero degli abitanti assunti come base all'inizio dell'appalto, che risulta essere di n° 21.513 come da statistica mensile dell'Ufficio Stato Civile; b) ulteriori oneri imprevedibili, derivanti dall'applicazione di nuove normative dello Stato e/o della Regione Puglia circa le modalità di espletamento dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e/o assimilabili" disponendo, al secondo comma, che "in queste ipotesi le eventuali mutate esigenze per il funzionamento del servizio, saranno concordate fra l'Amministrazione ed Appaltatore nelle modalità e nei costi, tenendo presente il rapporto esistente al momento dell'aggiudicazione dell'appalto fra mezzi, personale e costo del servizio".

In altri termini, con la previsione di cui all'articolo 14 Csa, si è evidentemente inteso prevedere l'adeguamento del canone a fronte di un rilevante (oltre il 5%) aumento o decremento della popolazione residente (quale può verificarsi, nel breve periodo, solo per effetto di flussi migratori), e della conseguente variazione della quantità dei rifiuti prodotti.

Se ne desume, per argomentum a contrario, che non legittimano l'adeguamento del canone (e, pertanto, il relativo rischio deve essere sopportato dall'Impresa appaltatrice) le variazioni della quantità dei rifiuti prodotti preventivata nel progetto offerta, non solo quando siano conseguenti a variazioni demografiche inferiori alla prevista soglia di rilevanza, ma anche quando dipendano da mutamenti delle abitudini di vita della popolazione residente; ciò che, del resto, ben si spiega, considerato che, a termini dell'articolo 2 n° 16 Csa, alla stessa appaltatrice fanno carico, fra l'altro, le campagne di sensibilizzazione della popolazione in subiecta materia.

Sicché, stante l'avvenuta determinazione "a corpo" del corrispettivo del servizio, è evidente che la quantità dei rifiuti smaltiti non assume alcun rilievo, non potendosi far luogo all'adeguamento del canone, in difetto dei presupposti previsti dal surriportato primo comma dell'articolo 14 Csa

Nella specie, dovendosi escludere che si potesse far luogo ad alcun adeguamento del corrispettivo in relazione alle maggiori quantità di rifiuti asseritamente smaltite in discarica rispetto a quelle preventivate nel progetto offerta, non essendosi verificata, in costanza di rapporto concessorio, una variazione demografica superiore alla soglia di rilevanza prescritta dal cit. articolo 14 lett. a) Csa, evidente irrilevante si palesa l'omessa effettuazione di controlli in ordine alle effettive quantità di Rsu oggetto di smaltimento, che — come innanzi rilevato — costituisce propriamente l'oggetto dell'addebito formulato dal Procuratore regionale nei confronti dei convenuti.

Considerato, infatti, che lo stesso Procuratore regionale ha evidenziato come, a termini del cit. articolo 14 lett. a) non spettasse alcun rincaro, non v'è chi non veda come nessuna incidenza causale nel determinismo del dedotto danno erariale possa aver spiegato la censurata omessa effettuazione di controlli in ordine all'effettiva quantità dei Rsu smaltiti in discarica, quand'anche se ne ammettesse la doverosità.

Ciò che, peraltro, deve recisamente escludersi, considerato che l'articolo 21 del Csa, invocato dall'organo requirente, nel prevedere che il "responsabile del servizio a suo volta dovrà redigere rapporto trimestrale sulla efficienza del servizio, sulla qualità e quantità dei rifiuti smaltiti", non vale certo ad imporre ai dipendenti comunali di controllare a campione e, tanto meno, sistematicamente, la quantità dei rifiuti da smaltire in discarica, partecipando alle relative operazioni di pesa.

Come del resto palesato, da un lato, dal rilievo che, stante l'avvenuta pattuizione del corrispettivo a corpo, la quantità dei rifiuti smaltita in discarica si palesa evidentemente irrilevante ai fini della determinazione del corrispettivo spettante all'Impresa e, dall'altro, dalla considerazione che, comunque, la stessa risulta documentata, anche ai fini dell'assolvimento della relativa imposta, dai bindelli di pesa.

Fermo restando che, come innanzi evidenziato, a nulla rilevano le variazioni delle quantità smaltite in discarica rispetto alle quantità preventivate nel progetto offerta, quando non ricorrano i presupposti per un adeguamento del canone a termini dell'articolo 14 lett. a) Csa, è, peraltro, appena il caso di osservare che la quantità dei rifiuti prodotti e smaltiti non dipende solo dall'ammontare della popolazione residente — come opinato dal Requirente contabile — ma anche dalle abitudini di vita, sicché evidentemente la circostanza che l'aumento della quantità dei rifiuti, risultante dai c.d. bindelli di pesa, sia superiore a quella calcolata applicando, all'incremento della popolazione, la quantità presuntiva di produzione capitaria di rifiuti considerata nel progetto offerta, non consente evidentemente di inferire illazioni nel senso dell'inattendibilità dei suddetti documenti.

Alla luce delle suesposte considerazioni evidentemente infondata è la domanda risarcitoria proposta anche con riferimento alla seconda posta di danno.

10. Con riferimento alla terza voce di danno, per l'importo di €. 160.576 (Iva esclusa) corrispondente alle somme, ammontanti a £.342.011.154, pari ad €. 176.634 (Iva inclusa), riconosciute in favore dell'Impresa appaltatrice "per il maggior costo di smaltimento verificatosi nelle due fasi di conferimento dei Rsu dapprima dalla discarica della (...) di Castellaneta a quella della (...). di Altamura e, poi, da quest'ultima, a quella di proprietà della medesima società (...), sita in contrada Martucci di Conversano" [cfr. pag. 16 lett. d) dell'atto di citazione], l'organo requirente ha dedotto di reputarne responsabile "giusta 2° periodo comma 1 ter dell'articolo 1 della legge 14.01.1994 n° 20 (come aggiunto dall'articolo 3 della successiva legge 20.12.1996 n° 639), sia il Comandante della P.M. C. e sia il Capo del Servizio finanziario C., per avere essi formulato la conforme proposta — relazione ed il consono parere tecnico, il primo, nonché il concorde parere contabile, il secondo, prima che la giunta municipale venisse interessata quale organo politico, all'approvazione di entrambe le su mentovate delibere del 13.01.2001 n° 119 e 31.12.2002 n° 241".

Reputa la Sezione che, con riferimento alla suddetta voce di danno, la domanda risarcitoria sia fondata e meriti accoglimento, per quanto di ragione.

Ai fini di una piana esposizione, è appena il caso di premettere che l'articolo 13 (rubricato "obbligo di conferimento") della Lr 13 agosto 1993, n. 17 ("Organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti urbani"), come modificata dalla Lr 13/1996, prevede, al primo comma, che "i Comuni di ciascun bacino di utenza sono obbligati a conferire i rifiuti urbani prodotti nel proprio territorio, ad esclusione di quelli pericolosi di cui al precedente articolo 6, agli impianti di smaltimento ubicati nel bacino di utenza di cui fanno parte e posti al servizio dello stesso".

Il Comune di Acquaviva delle Fonti (com'è dato evincere dalla D.P.Reg. 6 marzo 2001 n. 41, di adozione del piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate, emanato dal Commissario delegato emergenza rifiuti Presidente della Regione Puglia e pubblicato nel B.U. Puglia 19 aprile 2001, n. 60) è compreso nel bacino d'utenza BA/3, mentre le discariche di Castellaneta, Altamura e Conversano, presso le quali sono stati, nel tempo, smaltiti i rifiuti prodotti dal primo, sono, rispettivamente, compresi nei bacini di utenza TA/1 (Castellaneta), BA/4 (Altamura) e BA/5 (Conversano).

È, peraltro, appena il caso di osservare che il quinto comma dell'articolo13 della cit. Lr 17/1993, prevede che la Giunta regionale, sentite le Amministrazioni provinciali competenti per territorio, possa disporre la deroga temporanea al "divieto di cui al precedente primo comma", e, cioè, al principio di "autosufficienza" dei singoli bacini di utenza previsto dalla surriportata disposizione normativa, ed analogo potere deve ritenersi competa al commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti, nominato ai sensi dell'articolo 5, quarto comma, legge 24 febbraio 1992, n. 225 ("Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile"), ed al quale, con O.P.C.M. 8 novembre 1994 (recante "immediati interventi per fronteggiare lo stato di emergenza socio economico ambientale determinatosi nella regione Puglia" e riconosciuto legittimo, in parte qua, con sentenza 5 aprile 1995, n° 127, dalla Corte Costituzionale investita della relativa questione in sede di conflitto di attribuzioni) è stato, fra l'altro, conferito il potere di adottare, ove necessario, anche provvedimenti in deroga alla cit. Lr 17 /1993.

Con riferimento al rapporto di appalto de quo, si è innanzi evidenziato con il richiamo, in particolare, all'articolo 6 del capitolato speciale di appalto, che il canone annuo deve considerarsi onnicomprensivo e remunerativo di tutte le prestazioni previste nel capitolato speciale di appalto, il quale, all'articolo2, sub n° 14, prevede che forma oggetto dell'appalto "il conferimento per lo smaltimento finale di tutti i rifiuti raccolti e trasportati ad idoneo impianto di smaltimento autorizzato ai sensi del Dpr 915/1982 e della Lr Puglia 30/1986" e, all'articolo 18, primo comma, dispone che, "oltre a quanto prescritto in altri punti del presente capitolato, l'appaltatore si impegna a provvedere:…d) allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in discarica controllata regolarmente autorizzata".

I successivi commi dell'articolo 18 prevedono, inoltre, che "ove, nel corso dell'appalto, il Comune dovesse disporre di una propria discarica controllata a norma del Dpr 915/1982, il Comune darà tempestiva comunicazione scritta, a mezzo raccomandata con R.R., all'appaltatore affinché questi, entro sei mesi, provveda allo smaltimento di detti rifiuti nella discarica stessa" e che "di conseguenza, previo accordo basato su di una successiva dettagliata analisi dei costi, il canone del presente appalto dovrà essere rideterminato".

Il bando di gara, ha previsto, a sua volta, sub lett. d), che il progetto offerta dovesse contenere l'impegno "a smaltire i rifiuti presso l'impianto sito nel territorio di questo Comune e per eventuali altri siti con provvedimento dell' autorità competente, dovrà indicare il costo del trasporto per km.".

Nel progetto — offerta della (...), leggesi, a pag. 58, sub punto 10 della lett. a (relazione tecnica) che "tutti i rifiuti raccolti saranno conferiti, entro lo stesso giorno in cui viene espletato il servizio, ad impianto di smaltimento autorizzato ed indicato al servizio del bacino di utenza BA/03 in ottemperanza alla Lr 17/1993"; a pag. 78 dello stesso progetto offerta, sub lett

E ("costo di trasporto dei Rsu in altro sito diverso da quello di Acquaviva delle Fonti) la (...) , premesso, che "il punto M della lettera di invito richiede l'indicazione del costo a km. del trasporto in altro sito diverso da quello di Acquaviva delle Fonti ove il piano regionale di smaltimento prevede la realizzazione di un impianto di discarica controllata" e che "sino a quando detta discarica non sarà disponibile, la Ditta metterà a disposizione del Comune la stazione di trasferimento….per operare il travaso dei rifiuti dai veicoli di raccolta a semirimorchi di grande capacità, per mezzo dei quali potrà essere raggiunto qualunque sito di smaltimento finale", ha precisato che "pertanto: a) in caso di presenza di discarica controllata in agro di Acquaviva delle Fonti il costo di trasporto è ricompreso nell'onere generale dei costi di raccolta valutati, nell'offerta economica, per ogni mezzo che è previsto di impiegare";b) nel caso di siti di discarica extracomunali, tali da richiedere una distinta fase di trasferimento (dopo quello di raccolta) il costo aggiuntivo di trasporto è indicato in £.15.000 L/ Km, oltre alle spese generali e utile di impresa come precisate nell'offerta economica". Con nota del 05.05.1997 (acquisita al protocollo del Comune di Acquaviva delle Fonti al n° 8147 del 06.05.1997 ed allegata alla delibera C.C. n° 47 del 19.05.1997) la (...) ha, ad integrazione del progetto — offerta, riformulato "il costo aggiuntivo di trasferimento Rsu in discarica extraurbana" nel costo giornaliero di £.400.000 + Iva "per un qualsiasi quantitativo giornaliero che si andrà a trasferire", stabilito sulla base della distanza, via aerea, fra la stazione di traferimento di Acquaviva e la discarica (...) Srl in Castellaneta (come innanzi rilevato esterna al bacino di utenza BA/03), dichiarandosi nel contempo "disponibile ad effettuare lo stesso conteggio, per una distanza presa via aerea sulla cartografia, per discariche di diversa ubicazione".

Alla luce delle surriportate previsioni del capitolato speciale d'appalto, del bando, del progetto — offerta e del contratto, non può revocarsi in dubbio che lo smaltimento dei rifiuti in discarica costituisse prestazione a carico dell'appaltatore, ricompresa nel servizio e remunerata con il canone annuo onnicomprensivo; tant'è che ne è stata prevista la rinegoziazione (evidentemente in riduzione, in ragione della quota parte del canone remunerativa dei costi di smaltimento) solo nell' ipotesi in cui il Comune fosse venuto a disporre, in costanza di rapporto, di una propria discarica, nel qual caso l'Impresa avrebbe dovuto provvedere allo smaltimento presso quest'ultima.

Deve, pertanto, escludersi che i costi di smaltimento in discarica fossero stati oggetto di separata e distinta considerazione nell'economia dell'appalto, come invece, verificatosi, come innanzi evidenziato, con riferimento ai costi di trasporto dei Rsu in impianti di discarica siti in comuni diversi da quello di Acquaviva.

Deve, del pari e conseguentemente, escludersi che — in disparte l'adeguamento del costo di trasporto, in ragione della diversa rispettiva distanza — potesse dar luogo al riconoscimento di importi, a titolo di rimborso dei relativi maggiori costi di smaltimento, il mutamento delle discariche di destinazione dei rifiuti — tutte localizzate, come innanzi evidenziato, al pari dell'originaria discarica di Castellaneta, proposta dalla (...) con la summenzionata nota del 05.05.1997, all'esterno del bacino d'utenza BA/03 nel quale è compreso il Comune di Acquaviva delle Fonti — in dipendenza delle ordinanze del 06.03.2001 e del 07.05.2002, del Presidente della Giunta regionale con le quali, a seguito della chiusura della discarica di Castellaneta, si è disposto il conferimento dei rifiuti dapprima presso la discarica di Altamura gestita dalla (...). e, quindi, presso la discarica di Conversano della stessa (...).

D'altro canto, se è vero che l'articolo 10 del contratto d'appalto, dopo aver disciplinato la revisione del canone, ha previsto, all'ultimo comma — invocato dalla difesa del C. — che "il costo dello smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilabili e le relative tasse (Iva, tasse ecologiche ecc.) verranno computate a parte del canone, se note al momento dell'offerta e le relative variazioni avranno effetto dal giorno in cui avverranno, con rimborso entro il mese relativo di competenza", non è men vero che l'offerta formulata, in data 09.01.1997, dalla (...) Srl, divenuta aggiudicataria dell'appalto concorso per l'affidamento in concessione del servizio di igiene urbana e servizi complementari, prevedeva uno "sconto ribasso percentuale del 3,5% , ecotassa esclusa, sul canone annuo di £.2.000.000.000 Iva inclusa", posto a base della gara, (oltre l'aumento percentuale del 100% per l'acquisto dei cassonetti di proprietà del Comune), per cui è evidente che solo per il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (oltre che per il suddetto costo di trasporto) vi è stata la distinta considerazione postulata dall'articolo 10 ultimo capoverso, perché le voci di costo dallo stesso contemplate siano computate a parte del canone, con la prevista rilevanza delle relative variazioni.

È evidente, infatti, che l'espressione "se noto" di cui alla summenzionata clausola contrattuale non può essere intesa come riferita a qualsiasi costo che, in quanto avente un prezzo "amministrato" e, comunque, predeterminato e pubblicizzato in prezzari ufficiali e, pertanto, non soggetto alle continue oscillazioni determinate dal mutevole incontrarsi della domanda e dell'offerta, è suscettibile di essere conosciuto dagli operatori del settore nel suo preciso ammontare, ma, deve essere intesa come riferita alla deduzione contrattuale delle voci di costo ivi contemplate quale elemento distinto dal canone.

Sicché a nulla rileva che, a termini dell'articolo 10, secondo comma, legge 17/1993 (come modificato dall'articolo 4 Lr 13/1996), "i costi di smaltimento sono ripartiti tra i Comuni interessati in proporzione all'entità dei rifiuti conferiti all'impianto da ciascun Comune, tenuto conto del quadro dei costi proposto all'atto della richiesta di autorizzazione all'esercizio", assentito dalla competente Provincia in sede di approvazione del progetto, e che, a termini del successivo terzo comma, deve esplicitare i costi relativi alla gestione e quelli relativi agli ammortamenti.

In disparte il rilievo che il costo di smaltimento dei rifiuti non potrebbe considerarsi, per ciò solo, "noto", tant'è che l'articolo 18, terzo comma, del c.s.a. ha previsto che, nell'ipotesi il Comune fosse venuto a disporre di una propria discarica controllata a norma del Dpr 915/1982, il canone sarebbe stato rideterminato (scilicet: con lo storno dei costi di smaltimento), non de plano (e cioè in via automatica) ma solo, "previo accordo", all'esito di "una successiva dettagliata analisi dei costi", appare, comunque, assorbente la considerazione che, poiché il costo di smaltimento non è stato oggetto di distinta contemplazione, rispetto al canone, né nell'offerta della (...), né nel contratto, deve ritenersi che lo stesso esuli dalla previsione di cui al surriportato ultimo comma dell'articolo 10 del contratto.

D'altro canto, depone univocamente, in tal senso, il rilievo che, da un lato, con le summenzionate note del 30.12.1998 (acquisita al protocollo del comune in data 31.12.1998 al n° 21512 e rettificata con successiva nota del 07.11.2000 acquisita al protocollo il 24.11.2000 al n° 17027) e del 30.12.1999 (acquisita al protocollo del comune in pari data al n° 21456), la (...) Srl nel richiedere la revisione dei prezzi, quindi concessa con delibere del Commissario straordinario n° 133 del 02.05.2000 e n° 163 del 28.11.2000, aveva incluso nel relativo calcolo l'aumento del costo di smaltimento Rsu in discarica e, dall'altro, che, come risulta dalla relazione del Responsabile del Servizio dott. C., approvata e fatta propria dalla Giunta comunale con delibera n° 241 del 31.12.2002, il costo di smaltimento dei rifiuti, compreso nell'importo del canone, aveva fruito degli incrementi concessi a titolo revisionale.

È evidente, per contro, che, ove a termini dell'ultimo comma dell'articolo 10 del contratto, il costo di smaltimento dei rifiuti fosse stato oggetto di distinta considerazione, da un lato, il relativo aumento non avrebbe potuto concorrere al fine della determinazione dell'incremento revisionale del canone e, dall'altro, e specularmente, l'incremento revisionale non avrebbe potuto trovare applicazione con riferimento alla parte del canone destinata a remunerare il costo di smaltimento.

Considerato che, ai sensi dell'articolo 1362 cpv. C.c., il comportamento delle parti, anche posteriore alla conclusione del negozio, costituisce fondamentale canone interpretativo dei contratti, è evidente come, nella specie, debba escludersi che le parti abbiano inteso attribuire autonomo rilievo nell'economia del rapporto al costo di smaltimento dei rifiuti, sì da assoggettarlo al particolare regime contemplato dall'ultimo comma dell'articolo 10 del contratto.

Ne consegue che evidentemente indebiti sono gli importi riconosciuti in favore dell'Impresa appaltatrice a titolo di rimborso dei maggiori costi di smaltimento dei rifiuti.

In ordine al quantum, si osserva che, con l'atto introduttivo, la Procura regionale ha quantificato in €.160.576 (al netto di Iva) il dedotto danno erariale conseguente agli indebiti rimborsi erogati dall'Amministrazione in favore dell' Impresa appaltatrice per maggiori costi di smaltimento in discarica.

Occorre, peraltro, osservare che, con le delibere n° 119 del 13.12.2001 e 241 del 31.12.2002, menzionate sub punto 3) della parte in diritto dell'atto introduttivo, specificatamente dedicato all'illustrazione della domanda risarcitoria proposta, la Giunta Municipale del Comune di Acquaviva delle Fonti ha liquidato, per la summenzionata causale, in favore dell'Impresa appaltatrice gli importi, comprensivi di I.V.A, rispettivamente, di €.89.437 e di €.44.540 e, pertanto, in uno l'importo di €.133.977, pari ad €.121.797 al netto dell'Iva, mentre all'importo di €.160.576 (al netto di Iva) che costituisce l'importo complessivo oggetto della domanda di condanna proposta con l'atto introduttivo, con riferimento alla suddetta posta di danno, si perviene solo aggiungendovi l'ulteriore importo di €.38.779 (pari ad €.42.656,90 al lordo di Iva) riconosciuto, in favore dell'Impresa appaltatrice, in relazione all'anno 2003, con delibera G.M. n° 284 del 30.12.2003.

Sennonché, in disparte la considerazione che l'organo requirente non solo non ha provato ma non ha nemmeno allegato che il riconoscimento di cui alla suddetta delibera G.M. n° 284 del 30.12.2003 sia stato seguito dall'erogazione del relativo importo (né il pagamento del suddetto importo risulta, altrimenti, dagli atti; cfr. all. 4 — sub "anno 2003" allegato alla nota prot. n° 14351 della G.d.F. — Nucleo regionale P.T.), appare assorbente il rilievo della sostanziale estraneità della suddetta delibera e dei relativi atti preparatori alle censure mosse dalla Procura regionale in relazione alla suddetta posta di danno, incentrate sulle summenzionate due precedenti delibere, come vieppiù palesato dal rilievo che, come evidenziato nella narrativa dell'atto introduttivo, la summenzionata delibera G.M. n° 284 del 30.12.2003 è stata adottata successivamente all'acquisizione del parere favorevole di regolarità contabile non del responsabile del servizio finanziario C., evocato in giudizio, cui si addebita pro parte il lamentato danno, ma del "vice Ragioniere M. P. Z.".

Così delimitato il thema decidendum agli importi erogati a titolo di rimborso di maggiori costi di smaltimento in discarica in esecuzione delle delibere di G.M. n° 119 del 13.12.2001 e n° 241 del 31.12.2002, per l'importo rispettivo, al netto di Iva, di €.81.306,74 e di €.40.491,02, per complessivi €.121.797,76, reputa la Sezione che il danno conseguente ad entrambe le summenzionate delibere debba ascriversi al comportamento del C., che, nella qualità di Responsabile del Servizio, oltre ad aver espresso il proprio parere di regolarità tecnica, ha redatto le relazioni — proposte approvate e fatte proprie dalla Giunta comunale, e sulla base delle quali, con gli stessi provvedimenti, sono stati riconosciuti, in favore dell'Impresa appaltatrice del servizio, i suddetti importi.

Considerato, infatti, che l'articolo 49, terzo comma, Dlgs 267/2000, prevede che i responsabili dei servizi interessati e della ragioneria rispondano, in via amministrativa e contabile, dei pareri di regolarità tecnica e contabile previsti dal primo comma dello stesso articolo, è evidente che, a fortiori, debba ritenersi che del danno conseguente agli indebiti pagamenti effettuati in esecuzione di una delibera debba rispondere il responsabile del servizio competente, quando come nella specie, ne abbia altresì proposto l'adozione.

Con riferimento alla posizione del C., quale Responsabile del Servizio finanziario, è appena il caso di premettere che il parere di regolarità contabile è previsto dall'articolo 49, primo comma, Dlgs 18.08.2000 n° 267 (corrispondente all'articolo 53 dell'abrogata legge 142/1990), che dispone che "su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta e al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile" prescrivendo, inoltre, che i pareri siano inseriti nella deliberazione.

Il visto di regolarità contabile è, invece, contemplato dall'articolo 151, quarto comma, Dlgs 267/2000 cit. (corrispondente all'articolo 55 legge 142/1990) che prevede che "i provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria".

La difesa del C., premesso che "il parere di regolarità contabile, contrariamente a quanto sembra ritenere l'organo requirente, non può intendersi come sostitutivo del soppresso parere di legittimità a rilevanza esterna espresso dal segretario dell'ente", ha dedotto che "esula, pertanto, dall'attività del dirigente il servizio finanziario, in sede di parere di regolarità contabile, qualunque accertamento sulla legittimità della spesa e sulla attinenza o meno ai fini istituzionali dell'ente, profili questi che attengono all'esclusiva ed inderogabile competenza dell'organo deliberante" e che "il parere di regolarità contabile presuppone la verifica di seguenti rigorosi elementi: a) competenza a deliberare in capo agli organi che richiedono il parere di regolarità contabile e verifica dei principi contabili con riferimento anche al parere già acquisito di regolarità tecnica; b) esatta imputazione della spesa sul competente capitolo di bilancio e accertamento della capienza dello stesso: c) regolarità della documentazione a corredo della proposta e valutazione del procedimento di formazione dell'atto sotto l'aspetto finanziario, economico e fiscale" ed invocata la circolare del Ministero dell'Interno 1 ottobre 1997 FL 25/97 , ne ha dedotto che sarebbe infondata la tesi dell'organo requirente che — secondo l'assunto difensivo — attribuirebbe al dirigente del settore finanziario "poteri discrezionali e di merito che non gli competono punto a norma di leggi e di circolari ministeriali".

Se può certamente convenirsi sul rilievo che il legislatore non attribuisce alcun "potere discrezionale e di merito" al responsabile del servizio finanziario in sede di espressione del parere di regolarità contabile, non può di converso consentirsi sull'assunto difensivo per cui ne esulerebbe "qualunque accertamento sulla legittimità della spesa".

Reputa, infatti, la Sezione che, contrariamente all'assunto difensivo, il parere di regolarità contabile investa anche e soprattutto la legittimità della spesa.

Depone, in tal senso:

— il rilievo che il comb. disp. di cui agli articoli 49, secondo comma, e 97, quarto comma, lett. b), Dlgs 267/2000, per il caso "in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi", demanda l'espressione del parere di cui all'articolo 49 (e, pertanto, anche del parere di regolarità contabile) al segretario, "in relazione alle sue competenze", consistenti, a termini dell'articolo 97, secondo comma, Dlgs 267/2000, nello svolgimento di "compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità delle leggi, allo statuto ed ai regolamenti", sicchè se ne desume che il parere di regolarità contabile deve comprendere non solo l'attestazione della copertura finanziaria della spesa, ossia la sua imputazione alla pertinente partizione del bilancio ed il riscontro della capienza del relativo stanziamento, ma debba aver riguardo a tutti i profili propriamente attinenti alla legittimità della spesa;

— la considerazione che, a termini dell'articolo 184, quarto comma, Dlgs 267/2000, il servizio finanziario — cui è preposto il ragioniere cui il precedente l'articolo 49 demanda l'espressione del parere di regolarità contabile — deve effettuare "secondo i principi e le procedure della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione", e che, come è dato evincere dall'articolo 147, primo comma, lett. a), Dlgs cit., in tema di controlli interni, la regolarità amministrativa e contabile, oggetto dei controlli e dei riscontri demandati al servizio finanziario, si identifica con "la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa", sicchè sarebbe evidentemente incongrua un' interpretazione per cui, in sede di espressione del parere di regolarità contabile di cui all'articolo 49 Dlgs cit., che si colloca a monte delle fasi di gestione della spesa pubblica, il responsabile del servizio finanziario non fosse tenuto ad evidenziare l'illegittimità della spesa oggetto della proposta di deliberazione;

— il rilievo che l'articolo 27 Rd 2240/1923 (Lcgs) — che, riferendosi alle Amministrazioni dello Stato, ben può essere considerato espressione di un principio generale in subiecta materia — prevede che le ragionerie centrali (oggi uffici centrali di bilancio) vigilino "perché siano osservate le leggi….c) per la regolare gestione dei fondi di bilancio", per cui evidentemente il parametro di riscontro non è costituito dalla sola legge (formale) di bilancio ma dalle "leggi" e, pertanto, anche da tutte le leggi (sostanziali) che disciplinano l'effettuazione delle spese dello Stato.

Né, in contrario, può argomentarsi dalla circostanza che, ove il parere di regolarità contabile investisse anche la legittimità della spesa, potrebbe verificarsi (in specie nelle ipotesi in cui il responsabile del servizio, competente ad esprimere il "parere di regolarità tecnica", fosse investito di competenze più propriamente amministrative che tecniche) una possibile "sovrapposizione di competenza", con le conseguenze — paventate dalla difesa del C. — di una " confusione di ruoli e, soprattutto, di responsabilità".

Non v'è chi non veda, infatti, che la circostanza che, con riferimento alle proposte di deliberazioni comportanti impegni di spesa o diminuzioni di entrata e, pertanto, aventi effetti finanziari, i pareri di regolarità tecnica del responsabile del servizio ed il parere di regolarità contabile del responsabile di ragioneria possano investire entrambi, se del caso in termini discordanti, la legittimità della deliberazione proposta, lungi dal costituire fonte di alcun preteso inconveniente, consente all'organo collegiale di adottare le proprie deliberazioni, aventi implicazioni finanziarie, con una maggiore "cognizione di causa", in punto di legittimità degli adottandi provvedimenti.

D'altro canto, l' interpretazione nel senso che il parere di regolarità contabile, previsto per le delibere comportanti effetti finanziari, non debba investire anche la legittimità della proposta deliberazione, è in palese contrasto con l'esigenza che, con riferimento alle suddette delibere, siano opportunamente — e sistematicamente — evidenziati all'organo collegiale, a garanzia della legalità dell'azione amministrativa (cfr. articolo 1, primo comma, legge 241/1990), eventuali profili di illegittimità.

Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che il parere di regolarità contabile investa necessariamente anche la legittimità delle deliberazioni proposte.

La Sezione deve farsi, peraltro, carico dell'eccezione formulata dalla difesa del convenuto C. per cui, sulla deliberazione di G.C. n° 119 del 13.12.2001, mancherebbe del tutto il parere di regolarità contabile.

In proposito, si osserva che nonostante la suddetta delibera (prodotta in copia dalla Procura regionale) rechi, nelle relative premesse, menzione del parere favorevole, oltre che del responsabile del servizio interessato, peraltro proponente della stessa deliberazione, anche del Responsabile di Ragioneria, non vi è allegato alla stessa delibera alcun parere di regolarità contabile né risulta compilato e sottoscritto il riquadro, in calce alla stessa delibera, destinato al parere di regolarità contabile (recante a stampa la seguente dicitura: "Visto: si esprime parere favorevole in ordine alla regolarità contabile della presente proposta di deliberazione — Impegno n° ……Acquaviva delle Fonti, li…….Il Responsabile del Servizio").

In disparte la questione se la menzione in tal senso contenuta nelle premesse della delibera faccia fede in ordine alla preventiva acquisizione del parere favorevole di regolarità contabile, o non debba, piuttosto, considerarsi mera "clausole di stile", tralaticiamente riprodotta, quand'anche il menzionato parere non sia stato in effetti acquisito, appare assorbente il rilievo che la suddetta enunciativa appare, comunque, inidonea a fondare l'addebito di responsabilità amministrativa mosso dal Requirente contabile nei confronti del C. con riferimento al danno conseguente alla summenzionata delibera G.M. n° 119 del 13.12.2001, considerato che, in difetto di acquisizione di copia del parere stesso — che l'articolo 49, primo comma, ultimo periodo, Dlgs 267/2000 impone sia inserito nella deliberazione — non è possibile avere alcuna contezza né, tam poco, certezza non solo in ordine al suo reale contenuto (ed in particolare se lo stesso fosse incondizionatamente favorevole o, all'opposto, pur favorevole, esprimesse perplessità o dubbi idonei a richiamare l'attenzione dell'organo deliberante in ordine ad eventuali profili di illegittimità della deliberazione proposta), ma anche in ordine alla sua riconducibilità alla persona del C., considerato che, come innanzi evidenziato, non sempre il parere di regolarità contabile risulta espresso dal C. (cfr. delibera G.C. n° 284 del 30.12.2003).

Considerato che, a fronte dell'eccezione proposta dalla difesa del convenuto C. in ordine alla mancanza del parere di regolarità contabile sulla delibera n° 119 del 13.12.2001, l'organo requirente — al quale, secondo i principi, incombeva l'onere di provare l'esistenza ed il contenuto del suddetto parere e la sua ascrivibilità al convenuto — non ha formulato alcuna richiesta istruttoria intesa ad integrare, sul punto, la documentazione versata agli atti del giudizio, reputa la Sezione che, in applicazione della regola di giudizio di cui all'articolo 2697 C.c., debba escludersi che il C. abbia concorso alla produzione del danno derivante dall'indebita erogazione dell'importo di €.89.437,42 riconosciuto, in favore dell'Impresa appaltatrice, a titolo di maggiori costi di smaltimento dei rifiuti, con la summenzionata delibera di giunta comunale.

Né, d'altra parte, può attribuirsi alcun incidenza causale, nella produzione del danno conseguente all'erogazione del suddetto importo, al visto di regolarità contabile apposto dal C., nella qualità di responsabile del servizio finanziario, sulla determinazione n° 1031 del 24.12.2001, con la quale il Responsabile del Settore P.M. — AA.PP. — Igiene ha provveduto ad impegnare il suddetto importo di €.89.437,42, oggetto di riconoscimento con la summenzionata delibera G.M. n° 119 del 13.12.2001.

In disparte la questione se le considerazioni innanzi esposte, nel senso dell'estensione del parere di regolarità contabile di cui all'articolo 49 Dlgs 207/2000 ad ogni profilo attinente alla legittimità della spesa, siano, in termini generali, parimenti valide anche con riferimento al visto di regolarità contabile di cui al successivo articolo 151, quarto comma, dello stesso testo unico, ovvero debba ritenersi che quest'ultimo abbia un oggetto più ristretto, concernendo il più limitato aspetto dell'esistenza, nella partizione di bilancio indicato nel provvedimento, di sufficienti disponibilità, tenuto conto degli impegni precedentemente assunti (cfr. Tar Toscana, Sezione I, 25.02.2000 n° 369), reputa la Sezione che, quando, come nella specie, vertesi in ipotesi di determinazione del responsabile del servizio di impegno di spesa meramente esecutiva e consequenziale rispetto a delibera di giunta o di consiglio, il visto di regolarità contabile, non potendo investire la presupposta delibera dell'organo collegiale (in relazione alla quale avrebbe dovuto essere acquisito il parere di regolarità contabile ex articolo 49, primo comma, Dlgs 267/2000) si risolva e si esaurisca nella sola attestazione della copertura finanziaria.

Di converso, non può revocarsi in dubbio, alla luce del surrichiamato articolo 49, terzo comma, Dlgs 267/2000, l'ascrivibilità al concorrente comportamento del C., del danno conseguente all'erogazione dell'importo di €.44.540,12, riconosciuto a titolo di maggiori costi di smaltimento in discarica con deliberazione G.M. n° 241 del 31.12.2002, considerato che, con riferimento alla relativa proposta di deliberazione, il C. ha espresso, in data 30.12.2002, incondizionato parere favorevole di regolarità contabile, senza formulare riserve di sorta in ordine alla spettanza, in favore dell'Impresa appaltatrice, dell'importo stesso.

Né, in contrario, può attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che il C., ha dichiarato di esprimere il suddetto parere "in ordine alla sola regolarità contabile e limitatamente a quanto di competenza del responsabile del servizio finanziario", considerato che, come innanzi evidenziato, al parere di regolarità contabile non sono estranei i profili propriamente attinenti alla legittimità della spesa.

Non può, d'altro canto, revocarsi in dubbio la sussistenza in capo ad entrambi i suddetti convenuti dell'elemento soggettivo necessario ai fini dell' integrazione della responsabilità amministrativa.

In proposito si osserva che sia il comportamento del C., che in qualità di responsabile del Settore ha proposto entrambe le summenzionate delibere esprimendo, inoltre, sulle stesse, il proprio parere di regolarità tecnica, sia la condotta del C., che in qualità di responsabile del sevizio finanziario ha espresso il proprio parere favorevole di regolarità contabile sulla seconda delle summenzionate delibere, si palesano connotati da macroscopica negligenza e manifesto disinteresse per gli interessi patrimoniali dell' Amministrazione di appartenenza e, pertanto, da colpa grave.

La nimia negligentia dei convenuti è, infatti, palesata, da un lato, dalla chiara lettera degli atti contrattuali, che evidentemente esclude che potesse ragionevolmente attribuirsi autonomo separato rilievo, ai sensi dell'articolo 10, ultimo cpv. del contratto, ai costi di smaltimento, rispetto al corrispettivo complessivo convenuto, e, dall'altro, dalla circostanza che i convenuti non potevano non essere a conoscenza, per avere essi concorso, nella rispettiva qualità, alle relative procedure di liquidazione (cfr. delibere C.S. nn° 133 del 02.05.2000, 163 del 28.11.2000 e conseguenti determinazione nn° 405 del 31.05.2000 e 918 del 22.12.2000, del Responsabile della Ripartizione P.M. — Commercio — Ecologia dott. C., recanti entrambe il visto di regolarità contabile del C.), che, con riferimento al medesimo rapporto contrattuale, la variazione dei costi di smaltimento dei rifiuti, lungi dall'essere stata oggetto di distinta considerazione, era stata, per l'innanzi, appunto considerata ai fini della determinazione dell' incremento revisionale riconosciuto sul corrispettivo complessivo dell' appalto.

Sciogliendo la riserva innanzi formulata deve, di converso, escludersi qualsiasi responsabilità dei componenti dell'organo collegiale deliberante, alla luce del chiaro disposto di cui all'articolo 1, comma 1 ter, legge 20/1994, che prevede che "nel caso di atti che rientrano nella competenza propria di uffici tecnici o amministrativi, la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione".

In proposito, è appena il caso di premettere che l'articolo107 Dlgs 267/2000, ispirandosi ai principi informatori della riforma del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazioni di cui al Dlgs 29/1993 e succ. mod. ed int. (ora trasfuso nel t.u. approvato con Dlgs 165/2001), peraltro già anticipati dalla legge 142/1990 di riforma dell'ordinamento degli enti locali, nel senso della separazione fra i poteri di indirizzo e di controllo politico — amministrativo, attribuiti agli organi di governo, ed i poteri di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, intestati ai dirigenti, demanda a quest'ultimi (ovvero, nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, a seguito di provvedimento motivato del Sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi; cfr. articolo 109, cpv. Dlgs cit.) "tutti i compiti, compresa l'adozione di atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno", non ricompresi fra le eccezioni espressamente contemplate, attribuendo loro "tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con atti di indirizzo" adottati dagli organi di governo, ed in particolare, fra gli altri, la responsabilità delle procedure di appalto e di concorso (cfr., articolo 107 cit., terzo comma, lett. b), la stipulazione dei contratti (cfr. lett. c), gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione degli impegni di spesa (cfr. lett. d), i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti o valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto dei criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo (cfr. lett. f).

Con riferimento al caso di specie, avuto riguardo al contenuto delle summenzionate delibere G.M. n° 119 del 13.12.2001 e n° 241 del 31.12.2002, non può revocarsi in dubbio che, vertendosi in materia di riconoscimento di importi asseritamente dovuti in esecuzione di un rapporto contrattuale, trattasi di "atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi", come del resto palesato all'evidenza dalle relazioni — proposte formulate dal responsabile del servizio C. e fatte proprie dalla giunta, sicché, dovendosi ragionevolmente presumere che i componenti dell'organo collegiale abbiano approvato, in buona fede, le suddette relazioni, confidando, con il conforto dei pareri acquisiti, sulla effettiva debbenza, delle somme, delle quali, con le suddette relazioni, si proponeva il riconoscimento in favore dell'Impresa appaltatrice, reputa la Sezione che ricorrendo i presupposti per l'operatività della c.d. scriminante politica di cui al surriportato articolo 1, comma 1/ter, ultimo periodo, legge 20/1994 (come mod. dall'articolo 3 Dl 543/1996 conv. in legge 639/1996), deve escludersi che i danni che ne occupano siano ascrivibili alla concorrente responsabilità dei componenti la giunta che adottarono le summenzionate deliberazioni.

Sicché in definitiva la responsabilità per il danno derivante dall'erogazione, in favore dell'Impresa appaltatrice, dei suindicati importi, al netto dell'Iva, di di €.81.306,74 e di €.40.491,02 (pari, rispettivamente, ad €.89.437,42 ed ad €.44.540,12 al lordo dell'Iva), per complessivi €.121.797,76 indebitamente riconosciuti, a titolo di maggiori costi per smaltimento dei rifiuti in discarica, rispettivamente, con delibere G.C. n° 119 del 13.12.2001 e n° 241 del 31.12.2002, deve essere ascritta, con riferimento al primo dei suindicati importi, al solo C. (e non anche al C. come dedotto con l'atto introduttivo) e, con riferimento al secondo dei suindicati importi, alla concorrente responsabilità del C. e del C..

Considerato che, a termini dell'articolo 1, comma 1 quater, legge 20/1994 "se il fatto dannoso è causato da più persone, la Corte dei Conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso", si rende necessario valutare l'incidenza, sulla produzione del danno, dei contributi causali dei convenuti.

In proposito, reputa la Sezione che, tale ripartizione debba essere operata non solo con riferimento al danno conseguente alla summenzionata delibera G.C. n° 241 del 31.12.2002, ascrivibile alla concorrente responsabilità del C. e del C., ma anche — in termini "virtuali" — con riferimento al danno conseguente alla delibera G.C. n° 119 del 13.12.2001, considerato che il dubbio in ordine al contenuto ed all'autore dell'eventuale parere di regolarità contabile ovvero alla circostanza che lo stesso sia stato effettivamente reso, non potendosi che risolvere, secondo i principi, a vantaggio dei convenuti, se vale ad esonerare da responsabilità, con riferimento al conseguente danno, il C., non esclude, peraltro, che dell'apporto causale alla produzione dello stesso danno, derivante dall'ipotetico parere favorevole di regolarità contabile, la cui esistenza è attestata nella delibera ed è stata dedotta dal Requirente contabile, debba tenersi conto ai fini della determinazione della quota di danno imputabile al C..

Tanto premesso, e fermo restando che il C., come innanzi esposto, deve considerarsi estraneo al danno conseguente alla summenzionata delibera G.C. n° 119 del 13.12.2001, reputa la Sezione che la misura dell'incidenza percentuale, nella determinazione dei danni conseguenti alle summenzionate delibere, dei comportamenti rispettivamente ascritti ai convenuti, secondo la prospettazione accusatoria, debba essere valutata corrispondente alla quota, in ragione della quale, con l'atto introduttivo, la stessa è stato oggetto di addebito nei loro rispettivi confronti, secondo un criterio che si palesa congruo in relazione alla misura in cui le condotte censurate — e cioè, da un lato, la proposta — relazione ed il parere di regolarità tecnica e, dall'altro, il parere di regolarità contabile — hanno concorso alla causazione del danno stesso, tenuto conto dei rispettivi doveri ed attribuzioni (cfr. articolo 82, secondo comma, Rd 2440/1923), non potendosi revocare in dubbio che il maggior contributo causale, in relazione agli indebiti esborsi che ne occupano, debba essere ascritto al comportamento del C., cui, quale Responsabile del competente Settore, competeva la specifica responsabilità in ordine alle corretta gestione economica del contratto di appalto de quo, mentre evidentemente minor rilevanza causale deve annettersi al parere favorevole di regolarità contabile.

Sicchè, evidentemente, il danno conseguente alla suddetta delibera n° 241 del 30.12.2002, ammontante ad €.40.491,02, deve essere ascritto al C. ed C. nella misura rispettiva del 62% (100.000,00 : 160.576,00) e del 38% (60.576,00 : 160.576,00) e, pertanto, in ragione, rispettivamente, di €. 25.104,00 al primo e di €.15.387,00 al secondo, mentre il danno conseguente alla delibera G.C. n° 119 del 13.12.2001, per l'importo di €.81.306,74, deve essere ascritto al solo C. sempre in ragione del 62% e, pertanto, per l'importo (arrotondato) di €.50.410,00 ; ne consegue che, con riferimento alla suddetta (terza) posta di danno, l'importo complessivo da addebitarsi al C., ammonta ad €.75.514,00 (= €.25.104,00 + €. 50.410,00), mentre l'importo da ascriversi al C. ammonta ad €.15.387,00.

Non ricorrendo i presupposti per l'esercizio del potere riduttivo, il C. ed il C. devono essere, pertanto, condannati al pagamento, in favore del Comune di Acquaviva delle Fonti, dei suddetti importi, oltre interessi, nella misura legale che — stante l'impossibilità di determinare, con la necessaria precisione, alla stregua delle risultanze documentali in atti, la data in cui sono effettivamente avvenuti i pagamenti causa del danno erariale de quo — stimasi equo far decorrere dalla data del 13.10.2004 dell'ultima notifica, nei confronti dei convenuti, dell'invito a dedurre.

La domanda risarcitoria proposta dalla Procura regionale con l'atto introduttivo merita, pertanto, parziale accoglimento, nei termini innanzi esposti, nei confronti dei sigg.ri C. e C., con riferimento alla terza posta di danno (conseguente all'erogazione degli importi riconosciuti a titolo di rimborso dei maggiori costi di smaltimento in discarica), mentre deve essere respinta, con riferimento alla prima ed alla seconda posta di danno, con conseguente assoluzione dei convenuti C., O., legge e C. dagli addebiti per responsabilità amministrativa loro rispettivamente ascritti per i danni conseguenti al riconoscimento dei compensi revisionali ex articolo 10 del contratto e per danni conseguenti al riconoscimento di compensi a fronte delle maggiori quantità smaltite in discarica rispetto a quella prevista nel progetto — offerta.

A termini dell'articolo 10 bis, decimo comma, Dl 203/2005 conv. in legge 248/2005, reputa la Sezione che debba provvedersi alla liquidazione delle spese di giudizio spettanti ai convenuti prosciolti O. D. A. e legge G.C. per la rispettiva difesa, ed in tal senso si provvede, in dispositivo, in applicazione della vigente tariffa forense, approvata con decreto del Ministro della giustizia 08.04.2004 n° 127.

Le spese di giustizia, liquidate, del pari, come da dispositivo, seguono la soccombenza e vengono poste a carico del C. in ragione di 3/4 (tre quarti) e del C., in ragione di 1/4 (un quarto).

 

PQM

 

La Corte dei Conti — Sezione giurisdizionale per la regione Puglia, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione del 23.03.2005, dalla Procura regionale nei confronti dei sigg.ri C. G., O. D. A., legge G.C. e C. F., così provvede:

1) rigetta la domanda proposta, con riferimento alla prima posta di danno (danno per compensi revisionali) e, per l'effetto, assolve i convenuti C. G. ed O. D. A., dagli addebiti per responsabilità amministrativa loro rispettivamente ascritti, in relazione alla suddetta causale;

2) rigetta la domanda proposta con riferimento alla seconda posta di danno (danno per compensi riconosciuti per maggiori quantità asseritamene smaltite rispetto a quelle preventivate nel progetto offerta) e, per l'effetto, assolve i convenuti C. G., legge G.C. e C. F., dagli addebiti per responsabilità amministrativa loro rispettivamente ascritti, in relazione alla suddetta causale;

3) accoglie, per quanto di ragione, la domanda proposta, con riferimento alla terza posta di danno (danno per rimborso dei maggiori costi di smaltimento in discarica) e, per l'effetto, condanna i convenuti C. G. e C. F. al pagamento, in favore del Comune di Acquaviva delle Fonti, dell'importo, rispettivamente, di €.75.514,00 (eurosettantacinquemilacinquecentoquattordici/00), il C., e di €.15.387,00 (euroquindicimi— latrecentottantasette/00), il C., oltre interessi, nella misura legale, dal 13 ottobre 2004, sino al dì dell'effettivo soddisfo;

4) liquida le spese di giudizio spettanti per la difesa dei convenuti prosciolti:

a) legge G.C., in complessivi €.2.220,48 (euroduemiladuecentoventi/48), di cui €.58,48 per spese borsuali, €.1.620,00 per onorari ed €.542,00 per diritti, oltre rimborso forfettario delle spese generali ex articolo 14 della tariffa, C.P.AA. ed Iva, come per legge;

b) O. D. A., in complessivi €.4.439,58 (euroquattromi-laquattrocentotrentanove/58), di cui €.131,58 per spese borsuali, €.3.760,00 per onorari ed €.548,00 per diritti, oltre rimborso forfettario delle spese generali ex articolo 14 della tariffa, C.P.AA. ed Iva, come per legge;

5) condanna i convenuti C. G. e C. F. — in ragione di 3/4 (tre quarti) il primo e di 1⁄4 (un quarto) il secondo — al pagamento delle spese del presente giudizio che, sino al deposito della presente sentenza, si liquidano in complessivi €1845,21(euromilleottocentoquarantacinue/21)

Così deciso in Bari nella Camera di consiglio del 13.10.2005.

Depositata in segreteria il 1 marzo 2006

 

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