Inquinamento (altre forme di)

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio 25 agosto 2001 n. 7024

Inquinamento da onde elettromagnetiche - Poteri dei Comuni - Attività di vigilanza e di attuazione

Tar Lazio

Sentenza 25 agosto 2001 n. 7024

 

Sentenza

sul ricorso n. 2698 del 2001, proposto da (...)

 

contro

 

il Comune di Roma, (...);

 

il Ministero delle Comunicazioni, (...)

 

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale di Roma n. 211 dell'11 dicembre 2000, con la quale sono state adottate le "Modifiche alla procedura per il rilascio di autorizzazioni e/o concessioni edilizie relative all'installazione degli impianti per reti di telefonia radiomobile e degli impianti di trasmissione radiofonica e televisiva e servizi similari";

 

nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.

 

Visto il ricorso con la relativa documentazione;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni resistenti

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 27 giugno 2001 il dr. Roberto POLITI; uditi altresì gli avv.ti Sartorio e Di Raimondo per la parte ricorrente e l'avv. Brigato per l'Amministrazione resistente.

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

 

Fatto

Espone parte ricorrente — concessionaria per l'installazione e l'esercizio di impianti di telecomunicazioni per l'espletamento del servizio pubblico radiomobile di comunicazione con il sistema GSM — di aver presentato, presso la competente Amministrazione comunale di Civitavecchia, richiesta di rilascio di concessione edilizia per l'installazione di stazioni radio per telefonia cellulare.

Nell'osservare come siano tuttora pendenti dinanzi all'Autorità comunale n. 43 richieste di autorizzazione per l'installazione di impianti di radiocomunicazioni, deduce parte ricorrente l'illegittimità dell'avversato atto deliberativo alla stregua dei motivi di seguito indicati:

 

1) Violazione di legge. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 (in particolare: articoli7, 8, e 10). Violazione del principio del contraddittorio. Violazione del Dpr 300/90. Violazione dell'articolo 1, lett. b), della legge r.egionale 6 ottobre 1998 n. 45.

Nel lamentare l'omissione del necessario avviso di inizio del procedimento amministrativo, si duole ulteriormente parte ricorrente che non siano stati, preliminarmente all'adozione del testo regolamentare avversato, attivati i necessari adempimenti atti a garantire l'effettività del principio partecipativo, direttamente postulato dal testo di legge in epigrafe.

 

2) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 35 della legge 1150/42 e successive integrazioni e modifiche. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 della legge 865/71.

La deliberazione in esame avrebbe apportato — illegittimamente — modificazioni alle previste procedure per la richiesta ed il rilascio dei titoli autorizzatori, introducendo un generalizzato obbligo di concessione edilizia per l'installazione di impianti di radiocomunicazione.

La riveniente modifica al vigente Regolamento edilizio comunale non sarebbe stata sottoposta al necessario controllo dell'Autorità regionale.

 

3) Violazione degli articoli31 e 32 della legge 1150/42, 1 e 4 della legge 10/77, 4 della legge 493/93 e successive modifiche (articolo 2, LX comma, della legge 662/96). Violazione degli articoli1 e 3 della legge 241/90. Contraddittorietà con gli articoli2-bis e 9 della legge regionale 42/90. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità.

Ribadisce parte ricorrente la sostenuta illegittimità della delibera impugnata nella parte in cui assoggetta all'obbligo di rilascio di titolo concessorio — in contrasto con le epigrafate disposizioni — qualsiasi attività diretta all'installazione di antenne per telefonia mobile.

 

4) Incompetenza. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 della legge regionale 14/99. Violazione dell'articolo 102 del Dpr 616/77. Violazione dell'articolo 4 della legge 833/78. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 della legge 59/97. Violazione dell'articolo 83 del Dlgs 112/98. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, XV comma, della legge 249/97. Conformità dell'opera agli strumenti urbanistici vigenti.

Assume poi parte ricorrente, alla stregua delle epigrafate disposizioni, la carenza di potere dell'organo comunale ai fini della disciplina della protezione sanitaria della popolazione dal c.d. inquinamento elettromagnetico: ferme restando le attribuzioni statali in materia, rimanendo riservate alle Amministrazioni comunali le sole funzioni riguardanti la vigilanza e l'esecuzione relative all'osservanza dei limiti e parametri previsti dalla normativa vigente.

 

5) Violazione di legge. Violazione della legge 249/97. Violazione e falsa applicazione del Dm 10 settembre 1998 n. 381. Incompetenza assoluta.

Le attribuzioni relative alla installazione e modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei previsti limiti sono dal citato Decreto assegnate alle Regioni ed alle Province autonome; per l'effetto escludendosi che il Comune intimato potesse legittimamente emanare una propria disciplina in materia.

 

6) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 del Di 381/98. Violazione e falsa applicazione della legge 249/97.

La fissazione dei valori limite del campo elettrico generato dagli impianti in questione, ad opera della normativa in epigrafe, ha formato oggetto di rideterminazione e riduzione ad opera dell'avversato atto deliberativo, del quale parte ricorrente assume l'illegittimità proprio in relazione al contrasto con la predetta normativa.

 

7) Violazione e falsa applicazione del Di381/98. Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità, difetto di istruttoria, sviamento. Mancata valutazione dell'interesse pubblico.

Sarebbe anche illegittimo — in quanto non fondato su alcun criterio di carattere tecnico-scientifico — il criterio della "distanza" pari a 100 metri, adottato per l'installazione di impianti della specie, con riferimento ad insediamenti quali asili nido, ospedali, scuole, ecc.

 

8) Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, del Di 381/98, nonché del Dpr 2 dicembre 1994. Violazione di legge. Violazione dell'articolo 4 della legge 10/77. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Sviamento. Eccesso di potere per mancata valutazione dell'interesse pubblico e del diritto di impresa.

L'imposizione ai concessionari di un obbligo di adeguamento al contenuto della delibera anche con riferimento agli impianti già esistenti avrebbe determinato una preclusa applicazione retroattiva dell'atto avversato, nonché una violazione del principio di irrevocabilità del titolo edificatorio in precedenza rilasciato.

 

9) Violazione di legge. Violazione dell'articolo 21, VII comma, della legge 1034/71. Inottemperanza ed elusione dell'ordine della magistratura. Violazione dell'articolo 2909 c.c.

La deliberazione impugnata si porrebbe, ulteriormente, in contrasto con una precedente pronunzia cautelare resa da questo Tribunale, con la quale, sancita l'irrevocabilità del titolo concessorio rilasciato dalla pubblica autorità, veniva inoltre affermata la mancanza di inoppugnabili elementi di valutazione in ordine ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici.

 

10) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione del decreto legge 115/97, convertito in legge 189/97 (articolo 2-bis). Violazione e falsa applicazione della legge 146/94 (articolo 40, I comma). Violazione e falsa applicazione del Dpr 12 aprile 1996 e successive modificazioni ed integrazioni. Eccesso di potere. Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Sviamento.

Il rinvio, contenuto nell'atto deliberativo impugnato, all'obbligatorietà della pronunzia di valutazione dell'impatto ambientale (Via), per la quale è competente l'Autorità regionale non soltanto si pone in contrasto con pacifici principi in materia di attribuzioni delle pubbliche autorità, ma risulterebbe peraltro estraneo al vigente quadro normativo.

L'adempimento di che trattasi determinerebbe, inoltre, un inutile — quanto non previsto — aggravamento dell'iter procedimentale.

 

11) Violazione di legge. Violazione dell'articolo 1136 c.c.

Illegittima si rivelerebbe inoltre, per contrasto con l'epigrafata disposizione, la previsione dell'unanime consenso dell'assemblea condominiale ai fini dell'installazione di antenne su edifici.

 

12) Violazione di legge. Violazione dell'articolo 3 della legge 10/77.

Anche la previsione di un contributo per il rilascio di concessioni per l'installazione degli impianti in questioni si dimostrerebbe inficiata in ragione del rilevato contrasto con l'epigrafata disposizione, che disciplina con carattere di esaustività gli oneri concessori incombenti sul richiedente un titolo edificatorio.

Con motivi aggiunti notificati in data 16 marzo 2001 parte ricorrente ha poi impugnato la nota n. 202 del 26 febbraio 2001, con la quale il Comune di Roma, con riferimento alla deliberazione consiliare n. 211 del 2000, ha chiesto alla (...) che venissero forniti — entro il termine di 15 giorni — tutti i files necessari per la realizzazione di una mappa informatizzata con sistema geografico georeferenziato (estensione dig.) contenente la localizzazione di tutti gli impianti in esercizio, degli impianti in corso di realizzazione e dei piani di sviluppo delle reti fino a tutto il 2002; specificando che per gli impianti non inclusi in detta comunicazione sarebbe stata avviata la procedura di revoca delle relative autorizzazioni.

 

13 — 14) Assume la ricorrente l'invalidità di siffatta nota — oltre che sotto il profilo dell'illegittimità derivata dall'illegittimità degli atti presupposti — anche per violazione di legge, violazione dell'articolo 4 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, eccesso di potere, difetto di istruttoria, sviamento.

Ravvisa la (...) nella revoca delle autorizzazioni e concessioni edilizie già assentite — disposta nel caso di mancato invio della relativa documentazione riguardante gli impianti installati — un'ulteriore violazione del principio di irrevocabilità del titolo edificatorio; peraltro osservandosi come la richiesta documentazione già sia in possesso della procedente Amministrazione comunale.

L'annullamento o la revoca di una concessione edilizia non può, inoltre, trovare giustificazione in interessi estranei al settore urbanistico-edilizio: per l'effetto censurandosi che l'atto impugnato sia inficiato sotto il profilo dell'eccesso di potere.

Con ulteriori motivi aggiunti notificati alle controparti in data 15 maggio 2001 la parte ricorrente ha poi impugnato il provvedimento con il quale l'Amministrazione comunale di Roma ha fornito "orientamenti applicativi" in ordine alla deliberazione n. 211 dell'11 dicembre 2000.

 

15) Tale nota si assume inficiata, oltre che per invalidità derivata — con riferimento alla presupposta delibera 211/00, anche per vizi propri, così sintetizzabili:

 

16) Violazione di legge (articolo 1, VI comma, lett. A), n. 15, della legge 249/97 — Dm 381/98 — legge 36/01). Incompetenza eccesso di potere per sviamento.

Esula dalle attribuzioni comunali — in quanto riservata allo Stato — l'esercizio di poteri in materia di indirizzi per la tutela della salute dai rischi di inquinamento elettromagnetico; ulteriormente soggiungendosi come, alla stregua dell'epigrafata normativa, rientri nelle competenza regionali la disciplina dell'installazione degli impianti di telecomunicazione.

L'illegittimità, in parte qua, della nota impugnata rileva anche alla luce dell'articolo 115 della legger. 14/99, che ha riservato ai Comuni meri poteri di vigilanza ed esecuzione in ordine all'osservanza dei limiti e dei parametri previsti dalla normativa vigente; le considerazioni ora esposte trovando conferma anche nella recente legge 36 del 2001, che ha ribadito le attribuzioni in subiecta materia riservate allo Stato ed alle Regioni.

 

17) Violazione articoli31 e 32 della legge 1150/42, 1 e 4 legge 10/77, 4 legge 493/93 e successive modificazioni (articolo 2, comma LX, legge 662/96). Violazione articoli1 e 3 legge 241/90. Contraddittorietà con gli articoli2-bis e 9 legger. 42/90. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità. Incompetenza.

Nell'osservare come non sempre le antenne per telefonia cellulare — segnatamente ove trattisi di impianti di microcelle — sono idonee a determinare una stabile trasformazione dell'assetto del territorio (non comportando l'esecuzione di opere edili), rileva parte ricorrente l'illegittimità dell'assoggettamento anche di codesti manufatti a regime concessorio.

Osserva poi la (...) come l'applicabile normativa regionale preveda, ai fini della realizzazione di opere edilizie relative ad impianti tecnologici un regime meramente autorizzatorio; ulteriormente contestandosi la previsione di un onere concessorio — aggiuntivo rispetto a quanto previsto dalla legge 10/77 — pari a lire 5 milioni a fronte della richiesta per ottenere il rilascio della concessione da parte dell'Autorità comunale.

 

18) Violazione di legge. Violazione della legge 241/90 e della legge 340/00. Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere. Illegittimo aggravamento del procedimento.

Contesta parte ricorrente che la positiva valutazione di impatto ambientale — la cui esigibilità è stata già confutata in linea di principio — debba addirittura accompagnare la richiesta di rilascio del titolo concessorio.

 

19) Violazione di legge. Violazione dell'articolo 11 delle preleggi. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Sviamento. Eccesso di potere per mancata valutazione dell'interesse pubblico e del diritto di impresa.

L'intero punto D) dell'atto impugnato si rivelerebbe illegittimo in quanto volto a sottolineare il carattere di retroattività impresso alle relative prescrizioni.

Conclude la parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del proposto gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

Sollecita ulteriormente la parte ricorrente — ai sensi dell'articolo 35 del Dlgs 31 marzo 1998 n. 80 — il riconoscimento del pregiudizio asseritamente sofferto a seguito dell'esecuzione degli atti impugnati, con riveniente accertamento del danno e condanna dell'Amministrazione intimata alla liquidazione della somma a tale titolo spettante.

La resistente Amministrazione comunale di Roma, nonché le intimate Autorità statali, costituitesi in giudizio, hanno eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 27 giugno 2001.

 

Diritto

1. Si dimostra fondata — con attitudine, invero, assorbente rispetto ai rimanenti profili di doglianza dalla parte ricorrente dedotti — la censura con la quale viene contestata la competenza dell'Autorità comunale ai fini della disciplina della materia di installazione e mantenimento di impianti radio base per telefonia cellulare, segnatamente sotto i profili della tutela ambientale e della salute pubblica.

Si impone, al riguardo, una necessaria ricognizione del quadro normativo di riferimento.

Va in primo luogo osservato come l'articolo 1, comma IV, lett. c), della legge 15 marzo 1997 n. 59 abbia escluso dall'applicazione delle disposizioni dettate ai primi due precedenti commi (riguardanti il conferimento alle Regioni e agli Enti locali di "funzioni e compiti amministrativi" "relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché" quelli "… localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici, "i compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile, per la difesa del suolo, per la tutela dell'ambiente e della salute, per gli indirizzi, le funzioni e i programmi nel settore dello spettacolo, per la ricerca, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia".

In attuazione della citata legge 59 del 1997 veniva poi emanato il Dlgs 31 marzo 1998 n. 112; il cui articolo 69 ha stabilito che, ai sensi dell'articolo 1, comma IV, lettera c), della legge 15 marzo 1997 n. 59, sono compiti di rilievo nazionale per la tutela dell'ambiente quelli relativi alla determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell'ambiente sul territorio nazionale (lett. e).

Il successivo articolo 83 del citato Decreto ha poi specificato che, ai sensi dell'articolo 1, comma IV, lettera c), della legge 15 marzo 1997 n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi:

alla disciplina del monitoraggio della qualità dell'aria: metodi di analisi, criteri di installazione e funzionamento delle stazioni di rilevamento; criteri per la raccolta dei dati (lett. a);

alla fissazione di valori limite e guida della qualità dell'aria (lett. b);

alla fissazione e aggiornamento delle linee guida per il contenimento delle emissioni, dei valori minimi e massimi di emissione, metodi di campionamento, criteri per l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili e criteri di adeguamento degli impianti esistenti (lett. e);

alla determinazione dei criteri per l'elaborazione dei piani regionali di risanamento e tutela della qualità dell'aria (lett. h);

alla definizione di criteri generali per la redazione degli inventari delle fonti di emissione (lett. i).

E' quindi intervenuta la legge 31 luglio 1997 n. 249 (recante istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo); la quale ha disposto (articolo 1, comma XV) che:

l'Autorità "vigila sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e verifica che tali tetti, anche per effetto congiunto di più emissioni elettromagnetiche, non vengano superati, anche avvalendosi degli organi periferici del Ministero delle comunicazioni" (il rispetto di tali indici rappresentando condizione obbligatoria per le licenze o le concessioni all'installazione di apparati con emissioni elettromagnetiche);

e che "il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle comunicazioni, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa), fissa entro sessanta giorni i tetti di cui al presente numero, tenendo conto anche delle norme comunitarie".

Il decreto ministeriale al quale ha operato rinvio la disposizione da ultimo riportata risulta essere stato poi emanato (dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con i Ministri delle Comunicazioni e della sanità) in data 10 settembre 1998 con il n. 381.

Con la relativa disciplina sono stati fissati:

i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz (articolo 1);

i limiti di esposizione (articolo 3, con rinvio alla Tabella 1);

le misure di cautela e gli obiettivi di qualità (articolo 4);

le azioni di risanamento (articolo 5);

ulteriormente procedendosi (allegati A e B) alla individuazione dei relativi concetti definitoti e delle applicabili unità di misura, nonché delle modalità ed esecuzione delle misure e delle valutazioni.

Di particolare interesse si rivelano, ai fini del decidere, le disposizioni di cui al II e III comma dell'articolo 4 del citato Decreto interministeriale, laddove si precisa che:

in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore non devono essere superati i seguenti valori, indipendentemente dalla frequenza, mediati su un'area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti: 6 V/m per il campo elettrico, 0,016 A/m per il campo magnetico intesi come valori efficaci e, per frequenze comprese tra 3 Mhz e 300 GHz, 0,10 W/m2 per la densità di potenza dell'onda piana equivalente;

"nell'ambito delle proprie competenze, fatte salve le attribuzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le Regioni e le Province autonome disciplinano l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei limiti di cui al precedente articolo 3 e dei valori di cui al precedente comma, il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità, nonché le attività di controllo e vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per quanto attiene all'identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate".

Va senz'altro osservato, quanto alla disposizione da ultimo riportata, che l'attribuzione alle Regioni ed alle Province autonome di attribuzioni relative al raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità non appare giustificare l'introduzione di limiti (ulteriori e/o diversi) rispetto a quanto nel Decreto stesso stabilito; e ciò in quanto il perseguimento dell'anzidetta finalità — e, con esso, la consentita disciplina dell'installazione e della modifica degli impianti di radiocomunicazione — risulta delimitato dall'esigenza di "garantire il rispetto dei limiti di cui al precedente articolo 3 e dei valori di cui al precedente comma II".

Né può fondatamente sostenersi che un siffatto potere "derogatorio" — rispetto alla delineazione della materia fornito dal quadro normativo statale di riferimento — sia individuabile nell'ambito delle applicabili disposizioni di legge regionale.

Rilevano, in tal senso, le previsioni dettate dagli articoli113, 114 e 115 della legger. 6 agosto 1999 n. 14, dai quali è data evincere la tripartizione di attribuzioni di seguito esplicitata:

innanzi tutto, alla Regione sono riservati (articolo 113) le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti:

a) il rilascio del parere sullo schema di piano nazionale di assegnazione delle radiofrequenze per la radiodiffusione, ai sensi della legge 6 agosto 1990, n. 223

b) l'adozione di metodi e di procedure per l'esecuzione delle azioni di risanamento dall'inquinamento elettromagnetico;

c) la valutazione dei progetti di risanamento, nonché la vigilanza sull'osservanza dei limiti e dei parametri previsti dalla normativa vigente in materia di tutela dall'inquinamento elettromagnetico e sull'esecuzione delle azioni di risanamento in relazione agli impianti di radiocomunicazione destinati all'emittenza radiotelevisiva;

alle Province è invece attribuita (ex articolo 114) la valutazione dei progetti di risanamento nonché la vigilanza sull'osservanza dei limiti e dei parametri previsti dalla normativa vigente in materia di tutela dall'inquinamento elettromagnetico e sull'esecuzione delle azioni di risanamento in relazione a talune tipologie di impianti (impianti di radio comunicazione destinati alle telecomunicazioni satellitari ed alla radar-localizzazione ad uso civile; impianti di tratta di ponti-radio e ripetitori di ponti-radio; elettrodotti aventi tensione inferiore a 150 KV);

mentre ai Comuni residuano (articolo 115) "le funzioni ed i compiti amministrativi non espressamente riservati alla Regione e non conferiti agli altri enti locali"; ad essi risultando, in particolare, rimesso l'esercizio delle funzioni e dei compiti "attribuiti dalla presente legge concernenti la valutazione dei progetti di risanamento nonché la vigilanza sull'osservanza dei limiti e dei parametri previsti dalla normativa vigente in materia di tutela dall'inquinamento elettromagnetico e sull'esecuzione delle azioni di risanamento in relazione agli impianti di telefonia mobile".

Argomentare dalle disposizioni di legge regionale testé riportate l'attribuzione di una potestas (evidentemente) normativa avente carattere implementativo — se non addirittura derogatorio — rispetto al quadro di disciplina dettato a livello nazionale appare invero azzardato: piuttosto venendo in considerazione un generale assetto della materia che — ferma l'individuazione statale di limiti e parametri di esposizione e/o di emissione — demanda alle Autorità locali le conseguenziali attribuzioni di vigilanza (sul rispetto di questi ultimi) e di esecuzione.

 

2. Se dal quadro come sopra delineato emerge con convincente chiarezza la sussumibilità nel novero della attribuzioni statali della disciplina delle emissioni elettromagnetiche — evidentemente nel quadro dell'esigenza di fissare, nell'ambito del territorio nazionale, principi e criteri informati a carattere di uniformità ed omogeneità, onde evitare la presenza di parcellizzati (e potenzialmente dissonanti) interventi di regolamentazione che, ove lasciati alla mera iniziativa delle Autorità locali, ben sarebbero suscettibili di presentare tratti significativamente disarmonici) — l'introduzione della normativa di cui alla legge 22 febbraio 2001 n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) appieno assevera la fondatezza dell'esposto convincimento.

Nell'osservare come, fra le finalità dell'anzidetta normativa, l'articolo 1, I comma, lett. a) ricomprenda l'esigenza di assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell'articolo 32 della Costituzione, va rilevato che il successivo articolo 4, I comma, lett. a), ha innanzi tutto attribuito allo Stato l'esercizio delle funzioni relative "alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità … in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all'articolo 1".

Il successivo II comma, lett. a), ha quindi demandato la fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, nonché delle tecniche di misurazione e rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro dell'Ambiente, di concerto con il Ministro della Sanità.

Quanto alle attribuzioni riservate alle Regioni, alle Province ed ai Comuni, l'articolo 8 della legge 36/2001 ha stabilito che:

rientra nella competenza delle Regioni, "nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato … l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, ai sensi della legge 31 luglio 1997 n. 249 e nel rispetto del decreto di cui all'articolo 4, comma 2, lettera a), e dei principi stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 5" (I comma, lett. a);

le Regioni, "nelle materie di cui al comma 1, definiscono le competenze che spettano alle province ed ai comuni, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997 n. 249" (comma IV);

"i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione delle popolazioni ai campi elettromagnetici" (comma VI).

Appare del tutto evidente come le disposizioni precedentemente illustrate — ancorché vada dato atto della inapplicabilità della legge quadro 36 del 2001 alla presente vicenda contenziosa, sviluppatasi anteriormente all'entrata in vigore della normativa da essa introdotta — contribuisca a fornire utili elementi di giudizio che asseverano il convincimento dal Collegio esposto quanto alla ripartizione di attribuzioni in subiecta materia fra Stato, Regioni ed Amministrazioni comunali.

La legge 36, infatti, si pone quale coerente punto d'arrivo di un complesso di disposizioni — talora succedutesi con carattere di non sempre apprezzabile organicità, anche in relazione al rapido sviluppo di forme di comunicazioni (e connesse tecnologie) in precedenza non diffuse — nell'ambito delle quali sono ravvisabili due coerenti — e costantemente ribaditi — principi di carattere generale, individuabili:

in primo luogo, nell'esclusiva attribuzione allo Stato della funzione di fissazione dei criteri e dei limiti rilevanti al fine della protezione della popolazione dalle potenzialità nocive insite nell'esposizione a campi elettromagnetici (funzione che, significativamente, la legge quadro ricongiunge ad un'esigenza di attuazione dell'articolo 32 della Costituzione);

e, secondariamente, nel conferimento alle Regioni ed ai Comuni di compiti aventi rilievo attuativo, esecutivo, di controllo e di vigilanza; dal novero dei quali la pertinente disciplina appare aver sempre ribadito la non sussumibilità di attribuzione aventi autonoma valenza decisionale e, conseguentemente, attitudine potenzialmente derogatoria rispetto alla normativa fissata a livello statale.

 

3. Gli avversati atti, alla stregua di quanto precedentemente osservato, non sfuggono a giudizio di illegittimità in relazione alle seguenti considerazioni.

3.1 In primo luogo, nel disciplinare la materia delle emissioni elettromagnetiche, l'Autorità comunale ha esercitato attribuzioni che il quadro normativo vigente al momento dell'adozione dell'atto riservava ad organi statali e regionali; per l'effetto non potendo non darsi atto della carenza di potestas decidendi in capo alla resistente Amministrazione comunale.

La fissazione di limiti di emissione, ovvero, ancora, l'individuazione di una distanza minima delle stazioni radio base (SRB) da particolari tipologie di insediamenti abitativi, in quanto essenzialmente preordinata a garantire la tutela della pubblica salute da ipotizzabili fonti di inquinamento (o, comunque, di pregiudizio) non costituisce, infatti, attribuzione che l'Amministrazione comunale possa autonomamente esercitare; siffatta considerazione ricevendo ulteriore conferma laddove le prescrizioni dettate in sede locale si pongano in contrasto con le indicazioni rivenienti da fonte normativa superiore.

L'individuazione di limiti, parametri e/o requisiti "diversi" da quelli rinvenibili nella normativa di promanazione statale non può, dunque, essere considerata legittima: all'Amministrazione comunale residuando, giusta quanto precedentemente osservato, l'esercizio di compiti di vigilanza e/o di attuazione che, con ogni evidenza, non involgono la titolarità di un'autonoma funzione decisoria.

In tal senso, l'assunto propugnato dal Collegio trova conforto anche negli orientamenti maturati in giurisprudenza (segnatamente in sede cautelare, atteso che — in considerazione della novità del thema decidendum — non è allo stato dato rinvenire un consistente novero di pronunzie di merito).

Può, in primo luogo, significativamente osservarsi come il Consiglio di Stato (sez. VI, ord.za n. 865 del 6 febbraio 2001) abbia affermato che "non spetta ai Comuni la disciplina dell'installazione degli impianti di radiocomunicazione sotto il profilo della compatibilità con la salute umana (di competenza dello Stato ed anche delle Regioni e delle Province autonome)" ai sensi del III comma dell'articolo 4 del Di 381/98.

Analoga posizione interpretativa risulta essere stata assunta non soltanto dal Tar Marche in sede cautelare (cfr. ord.za n. 205 del 19 aprile 2001), ma anche dal Tar Toscana (sent. n. 412 dell'8 marzo 2001), laddove viene rilevato che "in materia di rilascio di concessioni edilizie per l'installazione di impianti di telefonia mobile, l'attività del Comune deve … limitarsi alla verifica dei profili urbanistici e all'accertamento del rispetto delle soglie di emissioni prescritte dal Dm n. 381/98".

 

Ulteriore conferma di quanto sostenuto in precedenza riviene poi dal contenuto della pronunzia resa dal Tar Marche (sent. 913 del 23 giugno 2000), segnatamente per quanto concerne la finalità di tutela della salute pubblica: alla quale "è diretto proprio il decreto interministeriale n. 381/98, allorché definisce i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici generati dagli impianti fissi di telecomunicazione …, demandando … alle Regioni, non al Comune, il compito di emanare la disciplina relativa alla loro installazione e modifica, … allo scopo di garantire il rispetto dei valori limite prefissati, il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità e le attività di controllo e vigilanza".

 

L'unitarietà della tutela del bene-salute giustifica, giusta quanto precedentemente osservato, la persistenza di una concentrata attribuzione statale in subiecta materia; venendo, altrimenti, in considerazione una variegata disciplina che, lungi dall'armonizzare su tutto il territorio nazionale i parametri fondamentali di tutela dei cittadini, verrebbe ad atteggiarsi con carattere di intuibile disarmonia, in evidente contrasto con i postulati costituzionali — che il Collegio intende in questa sede ribadire quali fondamentali referenti ermeneutici — di cui agli articoli3 e 32 della Costituzione.

 

Se pure deve darsi atto dell'apprezzabile intento perseguito dalla singola Amministrazione comunale al fine di pervenire ad una migliore tutela del bene-salute dei cittadini residenti sul suo territorio, non può tuttavia il Collegio omettere di valutare — ai fini dell'apprezzamento della ratio insita nell'unitarietà della disciplina di che trattasi — la potenzialità pregiudizievole intrinseca all'eventuale ammissibilità di un generalizzato potere derogatorio in capo ai singoli Comuni.

 

Ad un siffatto "decentramento" decisionale — e non già meramente esecutivo e di vigilanza, come invece postulato dalla normativa applicabile — inevitabilmente finirebbe per accedere un complessivo quadro di disciplina (degli insediamenti degli impianti; dei limiti di emissione; dei parametri di tollerabilità; degli obiettivi di qualità) che, in quanto intuibilmente eterogeneo, di fatto introdurrebbe una differenziata tutela della salute dei cittadini in ragione dell'insediamento di essi su un (particolare) territorio comunale, il luogo che all'interno di un altro; ulteriormente, potendo dar luogo a fenomeni di concentrazione degli insediamenti di impianti in ambiti territoriali nei quali l'Autorità comunale abbia posto parametri e limiti meno rigidi, con riveniente incremento dell'esposizione della popolazione ivi residente ad un'accresciuta irradiazione elettromagnetica.

 

Siffatte conclusioni inevitabilmente confliggono con l'esigenza — di diretta promanazione costituzionale — di omogeneità della disciplina di tutela della salute pubblica sull'intero territorio nazionale; e contribuiscono a confermare l'assunto — scaturente dalla condotta disamina del quadro normativo di riferimento e dal Collegio ribadito nell'ottica di una lettura costituzionalmente compatibile della disciplina di che trattasi — di una necessaria fissazione unitaria (valevole per l'intero territorio nazionale) dei parametri e dei limiti atti a proteggere la salute dei cittadini dalle potenzialità nocive insite nelle radiazioni elettromagnetiche.

 

Deve quindi escludersi che — ad esempio — la fissazione dei limiti massimi di esposizione della popolazione ai CEM (campi elettromagnetici) possa formare oggetto, avuto riguardo alla determinazione dei relativi standards (di cui al citato Di381/98) di modificazione in sede comunale: vieppiù laddove — come appunto nel caso di specie — non sia dato rinvenire il fondamento giustificativo di una scelta che si ponga in termini significativamente più restrittivi rispetto a quanto stabilito dalla normativa nazionale.

 

3.2 Se, sotto un profilo di carattere generale, è ben difficile sostenere — in carenza di una norma che siffatta attribuzione espressamente riconosca ed attribuisca agli enti locali — la legittima esercitabilità di un potere sostanzialmente "derogatorio" in capo alle diverse Amministrazioni comunali (pena l'evidente vanificazione dell'intento unitario che permea l'individuazione di criteri e limiti stabiliti con incontroversa validità per l'intero territorio nazionale), va poi osservato — specificamente per quanto attiene alla controversia in esame — come la gravata determinazione non si dimostri (alla stregua delle risultanze documentali acquisite agli atti di causa) assistita da incontroversi rilievi di carattere documentale.

 

Rileva in tal senso il Collegio che, quand'anche potesse astrattamente convenirsi sulla esercitabilità di una potestà "derogatoria" siffatta (ed è ipotesi che, alla stregua di quanto sopra esposto, va in nuce esclusa), comunque la concreta dettagliabilità di forme di tutela e/o di intervento ad opera dell'Autorità comunale non si dimostrerebbe legittimamente esercitata se non in presenza della (preventiva) acquisizione di riscontrabili ed oggettivi elementi di valutazione alla stregua dei quali una diversa disciplina della materia si dimostrasse (non solo necessaria, ma anche meramente) opportuna.

 

In tal senso, l'assunzione della deliberazione di che trattasi avrebbe dovuto essere necessariamente preceduta dallo svolgimento di compiuti ed approfonditi rilievi istruttori, per effetto dei quali venisse ad emersione, sulla base di condotte valutazioni di carattere tecnico-scientifico, l'esigenza di approntare interventi cautelativi per la pubblica salute aventi carattere di integrazione e/o sostituzione rispetto alle misure fissate a livello nazionale.

 

Altrimenti, l'esercizio del potere sostanziatosi nell'adozione dell'atto gravato viene a dimostrarsi privo di attendibili (o, quanto meno, dimostrabili) referenti di fatto: non potendo evidentemente accedere l'adito organo di giustizia amministrativo ad una esigenza di cautela per la pubblica incolumità:

 

non solo manifestata all'infuori di (e, secondo quanto in precedenza sottolineato, in contrasto con) il vigente quadro normativo di settore;

 

ma, vieppiù, esercitata senza alcun riferimento a valutazioni e/o considerazioni che integrino il fondamento delle misure che l'Amministrazione procedente abbia assunto di adottare a fini di salvaguardia della pubblica salute.

 

Non è chi non veda come l'assenza dei necessari approfondimenti istruttori finisca per risolvere l'intervento di disciplina oggetto del presente gravame in una apodittica manifestazione di volontà: alla carente dimostrabilità dei relativi presupposti di fatto e/o delle sottese esigenze di cautela accedendo l'evidente emersione di profili inficianti, rilevanti sub specie dell'eccesso di potere per omessa e/o carente istruttoria, del difetto dei presupposti, dell'indimostrata presenza dell'interesse pubblico (il quale ultimo, è opportuno sottolineare, lungi dal risolversi in una apodittica postulazione di principio, deve invece dimostrarsi suscettibile di essere illustrato alla stregua di concreti e convincenti elementi di valutazione).

 

Del resto, anche la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che — ferma restando l'individuazione dei parametri relativi ai valori massimi di esposizione ai CEM ad opera del più volte citato Di 381/98 — l'introduzione di una diversa — ed ulteriore — disciplina, ove non ancorata a basi scientifiche, "può apparire insufficiente a legittimare il potere esercitato (cfr. Tar Abruzzo, L'Aquila, 29 maggio 2001 n. 371).

E anche laddove si è ritenuto non esclusa l'esercitabilità, ad opera dei Comuni, del potere urbanistico ed edilizio che si traduca — anche con riferimento ed esigenze di cautela sanitaria — nell'individuazione di distanze determinate per la realizzazione di impianti radio base di telefonia mobile rispetto ad ambienti abitativi, nondimeno è stata ribadita l'esigenza di verificare "sul piano sostanziale la ragionevolezza della misura e l'adeguatezza della motivazione, dell'istruttoria e della previa verifica del fondamento fattuale" (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. I, 19 aprile 2001 n. 1738).

 

4. Se, alla stregua delle condotte considerazioni, il ricorso — nella sua parte impugnatoria — merita senz'altro accoglimento (con inevitabile assorbimento dei rimanenti argomenti di censura), non può invece ricevere favorevole considerazione la domanda di risarcimento del danno che parte ricorrente — ai sensi dell'articolo 35 del Dlgs 31 marzo 1998 n. 80 — ha sottoposto all'attenzione dell'adito organo di giustizia amministrativa in ragione del pregiudizio asseritamente patito per effetto dell'esecuzione degli atti impugnati.

La giurisprudenza ha infatti reiteratamente affermato — con orientamento che la Sezione intende, in questa sede, ribadire — che la domanda di risarcimento del danno deve essere accompagnata dalla dimostrazione dell'effettivo pregiudizio patrimoniale e del necessario nesso eziologico con i provvedimenti dei quali si assuma l'illegittimità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2000 n. 244); dimostrandosi inammissibile la domanda formulata — come appunto nel caso in esame — in modo del tutto generico e senza alcuna concreta dimostrazione degli elementi probatori a fondamento della pretesa fatta valere (cfr. T.A..R Lazio, sez. I-ter, 17 gennaio 2001 n. 252).

Vuole, in altri termini, affermarsi che le coordinate "minime" identificative dell'ammissibilità della pretesa risarcitoria non possono non essere individuate:

nella presenza di un pregiudizio suscettibile di ristoro;

nella derivazione causale del danno da un atto, ovvero da una condotta riferibile alla Pubblica Amministrazione;

nonché nella ascrivibilità, sotto il profilo eziolologico, del danno stesso ad un comportamento almeno colposo osservato dalla Pubblica Autorità;

siffatti elementi di ammissibilità della domanda dovendo necessariamente formare oggetto di compiuta dimostrazione ad opera della parte che intenda far valere in giudizio la pretesa stessa.

Escluso quindi che l'adito Giudice amministrativo possa, in difetto dell'offerta del benché minimo riscontro dimostrativo a conforto della sussistenza e consistenza di un pregiudizio asseritamente sentito, "supplire" all'omessa ostensione del necessario fondamento probatorio della pretesa risarcitoria a mezzo dell'esercizio di poteri istruttori e/o cognitori, non può esimersi il Collegio dal dare atto dell'inammissibilità della domanda di risarcimento del danno nella fattispecie dedotta.

 

5. Conclusivamente ribadite le considerazioni precedentemente illustrate, rileva il Collegio — anche in ragione della complessità e novità della problematica giuridica sottesa alla definizione del giudizio — la presenza di giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di lite.

 

PQM

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio — Sezione II — così dispone in ordine al ricorso indicato in epigrafe:

accoglie il predetto gravame, limitatamente alla dedotta domanda impugnatoria e per l'effetto, annulla gli atti con esso avversati;

dichiara inammissibile la domanda di risarcimento del danno dalla parte ricorrente avanzata.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nelle Camere di Consiglio del 27 giugno e del 4 luglio 2001, con l'intervento dei signori giudici

Depositata il 25 agosto 2001.

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