Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 15 ottobre 2015, n. 1046

Rifiuti - Autorizzazione unica impianti - Articolo 208, Dlgs 152/2006 - Rinnovo d'ufficio - Duplice condizione - Decorrenza quinquennio e sussistenza criticità ambientali - Necessità

Annullato il provvedimento con cui la Provincia aveva revisionato d'ufficio un'autorizzazione relativo a un impianto di recupero rifiuti, senza rispettare le condizioni stabilite dal Dlgs 152/2006 ("Codice ambientale").
In base a quanto stabilito dall'articolo 208 del Dlgs 152/2006, sottolinea il Tar Veneto nella sentenza 1046/2015, la potestà di rettifica d'ufficio delle autorizzazioni in essere (che va distinta da quella ordinariamente attuabile in sede di rinnovo) è subordinata ex lege a una duplice condizione: il decorso di almeno un quinquennio dal rilascio del titolo oggetto di modifica e la sussistenza di "condizioni di criticità ambientale" tali da giustificare l’intervento anticipato della P.a..
Secondo il Giudice entrambe le condizioni difettavano nel caso giunto in Giudizio, in cui la procedura di revisione era scaturita dall'archiviazione di una precedente procedura di modifica dell'autorizzazione in essere, avviata – ma poi ritirata - dal gestore dell’impianto.

Tar Veneto

Sentenza 15 ottobre 2015, n. 1046

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 192 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

E.M. Srl, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis);

 

contro

Provincia di Padova, rappresentato e difeso dagli avvocato (omissis);

Commissione tecnica provinciale Per l'ambiente, Comune di Grantorto;

Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Veneto, rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis);

 

per l'annullamento

del provvedimento della Provincia di Padova n. 5642/Ec/2014, prot. gen.n. 30735/14 del 27 febbraio 2014; dei pareri della Ctpa del 27 marzo 2013, arg. 1 del 12 febbraio 2014, arg. 2 in merito alla succitata revisione del provvedimento n. 56/Via/10; della nota della Provincia di Padova prot. 163605 in data 29 novembre 2013; nonché per la condanna della Provincia di Padova al risarcimento del danno.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Padova e di Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Veneto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2015 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e diritto

Con il ricorso introduttivo la ricorrente espone di svolgere attività di recupero e lavorazione di rifiuti speciali non pericolosi (prevalentemente inerti di origine edilizia, incluse terre e rocce da scavo e residui dell'industria siderurgica e metallurgica), su decreto autorizzativo della Provincia di Padova n. 56/Via/2010 dell'1 giugno 2010, rispetto al quale, nel settembre del 2012, aveva presentato domanda di modifica, poi rinunciata ed archiviata con provvedimento del 29 novembre 2013, avendo la ditta manifestato, nelle more del rilascio del titolo, la sopravvenuta carenza di interesse al suo conseguimento.

Contestualmente all'archiviazione della pratica de qua, la Provincia appare peraltro aver avviato un procedimento per la revisione d'ufficio del medesimo decreto n. 56/Via 2010 dell'1.6.2010, (adducendo l'esigenza di conformare l'impianto di E.M. ai contenuti (non resi noti) del parere della Ctpa del 27.3.2013, arg. 1, in forza del quale risulterebbe che l'accettazione dei rifiuti con codice Cer 17.05.04 (terre e rocce da scavo) dovrebbe essere condizionata al rispetto dei limiti di cui alla colonna B della tabella 15 dell'allegato 5 alla Parte IV del Dlgs n. 152/2006.

A conclusione di tale procedimento veniva quindi notificato, in data 11 dicembre 2014, l'impugnato provvedimento n. 5642/Ec/2014, prot. gen. n. 30735/14 del 27 febbraio 2014, di modifica d'ufficio del preesistente titolo autorizzativo provinciale.

Questi i motivi del ricorso introduttivo:

1) Violazione dell'articolo 208 del Dlgs n. 152/2006 e ss.mm.ii. Eccesso di potere per sviamento e difetto dei presupposti; nell'assunto che il decreto provinciale n. 56/Via/2010 dell'1 giugno 2010, oggetto delle modifiche d'ufficio, costituisce autorizzazione unica ai sensi dell'articolo 208 del Dlgs n. 152/2006, e che pertanto, ai sensi del comma 12, non avrebbe potuto essere modificato d'ufficio, sia perché non era decorso il quinquennio dal rilascio, sia perché non risultava il verificarsi di "condizioni di criticità ambientale" tali da giustificare l'intervento "anticipato" dell'Autorità preposta;

2) Violazione del principio di proporzionalità e di correttezza dell'azione amministrativa. Violazione degli articoli 183, 184 e 186 del Dlgs n. 152/08. Violazione degli articoli 8 e 9 nonché del punto 7.31-bis dell'allegato 1 — Suballegato 1 al Dm 5 febbraio 1998. Violazione della Dgrv n. 1773 del 28 agosto 2012, recante: "Modalità operative per la gestione dei rifiuti da attività di costruzione e demolizione. Dlgs 3 aprile 2006 e s.m.i., n. 152 e Lr 3/2000". Eccesso di potere per carenza di motivazione e sviamento; nell'assunto che vengono introdotte modifiche d'ufficio inappropriate ed illogiche. Illegittima sarebbe, anzitutto, la previsione di cui al combinato disposto degli articoli 4 e 8.5 del nuovo titolo autorizzativo, secondo cui: "sono ammessi i rifiuti con codice Cer 170504 purché con concentrazioni inferiori ai limiti di colonna B, della tabella 1 allegato V parte IV del Dlgs 152/2006 s.m.i."., che non trova giustificazione alcuna né sotto il profilo tecnico né sotto il profilo normativo, avendo quale unico effetto quello di inutilmente aggravare — sia dal punto di vista economico, che gestionale — le attuali modalità di analisi dei rifiuti in ingresso all'impianto della ricorrente, senza in alcun modo implementarne i livelli di sicurezza esistenti, già adeguatamente garantiti dalle "Procedure operative di controllo" contenute nell'allegato 02 Sub. A del decreto n. 56/Via/2010, approvate dalla stessa Provincia di Padova , che, conformemente a quanto stabilito dalla vigente normativa statale (articoli 8 e 9 del Dm 5 febbraio 1998) e regionale (Dgrv n. 1773/2012 recante le: "Modalità operative per la gestione dei rifiuti da attività di costruzione e demolizione. Dlgs 3 aprile 2006 e s.m.i., n. 152 e Lr 3/2000"), del tutto obliterate dall'amministrazione resistente, stabiliscono che le analisi dei rifiuti in ingresso, ivi incluse le terre e rocce da scavo Cer 17.05.04, vengano effettuate sui rifiuti tal quali, nel rispetto delle norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi di cui al Suballegato 1 dell'allegato 1 al citato Dm 5 febbraio 1998.

Verrebbe anche a crearsi un'evidente contrapposizione tra la prescrizione da ultimo impartita dalla Provincia e quanto previsto nel progetto approvato in sede di Via e, in particolare, nel vigente "Lay-out produttivo e dei controlli" (allegato 1 del decreto 56/Via/2010, anch'esso fatto salvo dal provvedimento 5642/14 impugnato), dove il rispetto della colonna B non è indicato fra i controlli previsti.

3) Incompetenza. Violazione degli articoli 4 e 6 della Lr 3/2000. Violazione sotto ulteriore profilo della Dgrv n. 1773 del 28 agosto 2012, recante: "Modalità operative per la gestione dei rifiuti da attività di costruzione e demolizione. Dlgs. 3 aprile 2006 e s.m.i., n. 152 e Lr 3/2000".; nell'assunto che la Provincia di Padova non sarebbe stata competente ad adottare autonomamente direttive ed indirizzi in tema di gestione dei rifiuti Cer 17 maggio 2004, per tramite del proprio organo tecnico (Ctpa) poiché tale potestà compete, ai sensi dell'articolo 4 della Lr 3/2000, alla Giunta regionale che, in effetti, si era già espressa giusta Dgrv n. 1773 del 28 agosto 2012, recante le: "Modalità operative per la gestione dei rifiuti da attività di costruzione e demolizione. Dlgs 3 aprile 2006 e s.m.i., n. 152 e Lr 3/2000".

4) Eccesso di potere per carenza di motivazione ed intrinseca contraddittorietà. Illogicità manifesta; nell'assunto che, essendo la Provincia intervenuta sull'attuale autorizzazione unica (decreto 56/Via/2010), ma senza procedere alla sua integrale sostituzione, ne deriverebbe l'intrinseca irragionevolezza del provvedimento n. 5642/Ec/2014 del 27 febbraio 2014, anche scarsamente intellegibile perché alcuni articoli vengono soppressi per poi essere riproposti, creando addirittura doppioni degli stessi.

5) Violazione dell'articolo 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione, difetto di istruttoria ed illogicità.

l'articolo 4 dell'impugnato provvedimento n. 5642/Ec/2014 del 27 febbraio 2014 reca, in un'apposita tabella, l'elenco delle tipologie di rifiuti trattabili da E.M. nel proprio impianto e quindi sarebbe stata operata una immotivata modifica in pejus del regime autorizzatorio previgente , che sarebbe in contrasto sia con il progetto approvato nel 2010 in sede di Via, sia con le vigenti discipline tecniche statale (cfr. Dm 5 febbraio 1998 alt. 1 sub allegato 1 punto 13.2) e regionale (Dgrv 1060/2014), che abilitano l'impiego dei citati rifiuti per la produzione di materiali edili del tutto analoghi a quelli realizzati nell'impianto di E.M.

6) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 208 del Dlgs n. 152/2006 e s.m.i. nonché dell'articolo 23 della Lr Veneto n. 10/1999. Eccesso di potere per sviamento e carenza di motivazione; nell'assunto che la prescrizione di cui all'articolo 10, secondo capoverso del provvedimento n. 5642/Ec/2014 del 27 febbraio 2014, a mente del quale:

"I sistemi di misurazione in automatico e continuo della torbidità delle acque scaricate, dovranno essere mantenuti costantemente in funzione ed efficienti. I dati registrati dovranno essere tenuti a disposizione delle autorità preposte ai controlli, per un periodo non inferiore ad anni due". risulterebbe illegittima, dato che si farebbe riferimento a sistemi di misurazione che non sono previsti nel progetto approvato in sede di Via, autorizzato con il decreto 56/Via/2010 e che, pertanto, allo stato attuale non esistono; la prescrizione, oltre ad apparire eccessiva, non viene, poi, nemmeno contestualizzata a livello progettuale e gestionale, ponendo forti perplessità circa le eventuali modalità di attuazione.

Inoltre l'imposizione di dispositivi di misurazione in continuo non previsti (articolo 10), al pari dello stralcio (articolo 4), totalmente immotivato, di alcune tipologie di rifiuti (Cer 19.01.12 e 19.01.14) e dell'imposizione di campionamenti in ingresso per i rifiuti Cer 17.05.04 (articolo 8.5), ultronei rispetto a quelli richiesti dalla vigente normativa di settore (sia nazionale che regionale), comporterebbe modifiche sostanziali dell'impianto esistente, implicanti, in quanto tali, l'attivazione della procedura di Via o di screening ed il necessario coinvolgimento della competente Commissione provinciale Via, in luogo della Ctpa.

Dopo la produzione in giudizio, in esecuzione di ordinanza di questo Tar,del parere reso dalla Ctpa nella seduta del 27 marzo 2013, la ricorrente ha notificato i seguenti motivi aggiunti:

1) Incompetenza. Violazione degli articoli 2 e 3 del regolamento per l'organizzazione e il funzionamento della Commissione tecnica provinciale per l'ambiente di Padova, approvato con deliberazione di Giunta provinciale n. 554/76057 del 4 dicembre 2006; nell'assunto che, ai sensi della norma regolamentare in epigrafe, in caso di contemporanea assenza o impedimento del Presidente e del Vice-Presidente vicario (ruoli che spettano, rispettivamente, al Presidente della Provincia e all'Assessore competente per materia), le sedute della Ctpac dovrebbero essere presiedute dal Dirigente del Settore gestione del territorio. Invece, nel caso di specie, la seduta della Ctpac non è stata presieduta da un Dirigente della Provincia con qualifica apicale, ma da una funzionaria a ciò delegata, titolare di una mera P.O. all'interno della Direzione amministrativa non assimilabile a quella di Dirigente apicale.

2) Violazione del principio di proporzionalità e di correttezza dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per carenza di motivazione ed illogicità, nell'assunto che, come ammesso dagli stessi funzionari della Provincia (come si evincerebbe dall'incipit del verbale n. 287/1 del 27 marzo 2013, che riporta che "Il p.i. (omissis) precisa che la pratica di per sé non sarebbe soggetta a parere della Commissione, in quanto i nuovi codici Cer non modificano la potenzialità impiantistica e non comportano variazioni strutturali; ...dal sopralluogo effettuato dal personale della Provincia presso la ditta non sono state rilevate criticità".) il progetto avanzato dalla ricorrente nel 2012, poi rinunciato ed archiviato, non comportava modifiche sostanziali dell'impianto, né quest'ultimo presentava criticità sotto il profilo ambientale e quindi non avrebbe dovuto essere sottoposto al parere della Ctpac. Pertanto la decisione della Provincia di recepire acriticamente quanto maturato nella seduta della Ctpac del 27 marzo 2013 comproverebbe sotto ulteriore profilo l'abnormità dell'operato della P.a. che non avrebbe dovuto tener conto del parere reso dalla Ctpac in data 27 marzo 2013, in quanto interpellata senza motivo ed in assenza dei necessari presupposti, e neppure avrebbe dovuto recepirne gli esiti, estremamente penalizzanti per la ricorrente.

3) Violazione del principio di proporzionalità e di correttezza dell'azione amministrativa. Violazione degli articoli 179, 183, 184 e 186 del Dlgs n. 152/2008. Violazione dell'articolo 41-bis della legge nazionale 98/2013. Violazione degli articoli 8 e 9 nonché del punto 7.31 bis dell'allegato 1 – Sub allegato 1 al Dm 5 febbraio 1998. Eccesso di potere per carenza di motivazione e sviamento; nell'assunto che, a conferma delle argomentazioni svolte nel secondo motivo del ricorso introduttivo a sostegno della ritenuta illogicità della previsione di cui al combinato disposto degli articoli 4 e 8.5 del nuovo titolo autorizzativo, secondo cui: "sono ammessi i rifiuti con codice Cer 170504 purché con concentrazioni inferiori ai limiti di colonna B, della tabella 1 allegato V parte IV del Dlgs 152/2006 s.m.i.", si puntualizza come dalla lettura del parere della Ctpac datato 27 marzo 2013 (o, meglio, del verbale n. 287/1 cui tale parere risulta allegato) si evinca come tale prescrizione sia stata imposta sulla base di quanto proposto dal rappresentante di Arpav e non supportata da alcun riscontro sotto il profilo tecnico.

4) Incompetenza. Violazione degli articoli 4 e 6 della Lr 3/2000. Violazione sotto ulteriore profilo della Dgrv n. 1773 del 28 agosto 2012, recante: "Modalità operative per la gestione dei rifiuti da attività di costruzione e demolizione. Dlgs 3 aprile 2006 e s.m.i., n. 152 e Lr 3/2000"; nell'assunto che, a conferma del terzo motivo di cui al ricorso principale, non solo la modifica al regime gestionale dell'impianto della ditta E.M. prospettato dal rappresentante di Arpav e recepito nel parere arg. 1 del 27 marzo 2013 risulterebbe privo di qualsiasi motivazione tecnica, ma la Provincia di Padova nemmeno avrebbe potuto adottare autonomamente, per tramite del proprio organo tecnico (Ctpa), direttive ed indirizzi in tema di gestione dei rifiuti Cer 17.05.04 in quanto tale potestà compete, a norma dell'articolo 4 della Lr 3/2000, alla Giunta regionale.

Il ricorso è fondato per la palese fondatezza del 1^ motivo del ricorso introduttivo, già anticipata con l'ordinanza cautelare n. 82/2015 di accoglimento della richiesta sospensiva.

Ritiene il Collegio infatti che il provvedimento provinciale impugnato in via principale, vale a dire il decreto n. 5641/Ec/2014 sia stato adottato in violazione della previsione di cui al comma 12 dell'articolo 208 del Dlgs n. 152/06, ai sensi della quale: "Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990".

Infatti la potestà di rettifica d'ufficio delle autorizzazioni in essere, che quindi si distingue da quella attuabile, ordinariamente, in sede di rinnovo dei titoli, è ex lege subordinata a due condizioni:

a) Il decorso di almeno un quinquennio dal rilascio del titolo oggetto di modifica;

b) La verifica della sussistenza di "condizioni di criticità ambientale" tali da giustificare l'intervento "anticipato" dell'Autorità preposta.

Nel caso di specie, entrambe le condizioni richieste dalla norma difettano.

Infatti, le modifiche al decreto n. 56/Via/2010 dell'1 giugno 2010, introdotte d'ufficio dalla Provincia con l'impugnato provvedimento n. 5642/Ec/2014 del 27 febbraio 2014, non solo sono intervenute prima che fossero decorsi cinque anni dal suo rilascio, ma neppure risultano essersi verificate situazioni di criticità ambientale tali da giustificare l'intervento correttivo della Provincia. Né è possibile accettare la tesi difensiva della Provincia secondo cui la revisione dell'autorizzazione unica di cui al decreto n. 56/Via/2010 sarebbe scaturita dalla specifica richiesta della ditta per cui non si tratterebbe di una revisione operata d'ufficio che debba quindi ritenersi assoggettata alle limitazioni di cui alla norma sopra ricordata. Infatti, la stessa Provincia con la nota prot. 163605/13 ha comunicato al Suap del Comune di Grantorto che era stato avviato il procedimento per revisione d'ufficio del decreto n. 56/Via/2010 e non vi è dubbio che il diverso procedimento di modifica dell'autorizzazione avviato ad istanza della ricorrente con nota data 14 settembre 2012 ( in esito al quale era stata emanata la nuova autorizzazione n. 5577/Ec del 16 aprile 2013 e nel corso del cui procedimento la Ctpa nella seduta del 27 marzo 2013 aveva reso il parere per il quale la Provincia ha poi ritenuto di attivare il procedimento di revisione d'ufficio) si è definitivamente concluso con un provvedimento provinciale di archiviazione. Nelle stesse premesse del decreto qui impugnato viene ripercorso l'iter in questione e si ricorda che il nuovo atto autorizzativo 2013 non aveva mai acquisito efficacia dato il suo mancato ritiro da parte dell'originario richiedente, tanto è vero che contestualmente alla archiviazione della pratica relativa alla precedente richiesta di modifica ad istanza di parte è stato poi avviato il procedimento per la revisione del provvedimento n. 56/Via/10, il cui avvio ( ovviamente d'ufficio!) si ricorda essere stato comunicato alla attuale ricorrente con nota del 29 novembre 2013 prot. n. 16360.

Il vizio testé esaminato si rivela pertanto fondato ed è chiaramente assorbente dato che viene esclusa l'esistenza del potere di agire da parte della Provincia, ne consegue quindi l'annullamento del provvedimento provinciale impugnato in via principale, mentre non sussiste interesse all'annullamento del parere Ctpa che risulta atto endoprocedimentale ed autonomamente non lesivo.

La domanda risarcitoria va invece respinta sia perché non corredata da prova, sia perché comunque il tempestivo accoglimento da parte di questo Tar dell'istanza cautelare ha di fatto praticamente impedito il consolidarsi di danni, tant'è infatti che nulla è stato al riguardo provato.

Le spese vanno poste a carico della Provincia e sono liquidate come in dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna la Provincia di Padova a rifondere a parte ricorrente le spese e competenze di giudizio liquidate in € 3.000,00 + oneri di legge ed oltre alla rifusione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella Camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2015 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 15 ottobre 2015.

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