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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 13 febbraio 2001, n. 987

Inquinamento - Bonifica - Dlgs 22/1997 - Dm 471/1999 - Autore - Proprietario area

Tar Lombardia

Sentenza 13 febbraio 2001, n. 987

(omissis)

 

Fatto

1. La società (...), proprietaria di un'area dismessa sita in Milano, via C., acquistata nel 1993 dalla ditta (...), imputa con il primo ricorso l'ordine del Comune di Milano, che impone; a) un ampliamento delle indagini sul sito già avviate, con alcune specifiche modalità, in accordo con la ASL competente; b) la messa insicurezza delle strutture contenenti amianto; c) infine, di specificare la destinazione d'uso dell'immobile.

La ricorrente denunzia la mancanza di un quadro normativo di riferimento nel quale collocare la richiesta dell'Amministrazione, reputando inconferenti gli articoli 2.6.5 e 2.6.6 del regolamento comunale, richiamati nell'atto, i quali, in ogni modo, contrasterebbero con gli articoli 23, 41 e 42 della Costituzione. La società aggiunge che l'assessore all'ambiente firmatario dell'ordine sarebbe incompetente, dovendosi ritenere tale il Sindaco.

Nel merito, la società ricorrente lamenta carenza istruttoria ed illogicità in quanto le richieste comunali si porrebbero in contrasto con gli schemi procedurali imposti dalla delibera regionale n. 17252 del 1° agosto 1996 e dal Dm 14 maggio 1996.

Gli ordini comunali, in contraddizione con altri precedenti, coinvolgerebbero tutto il sito, imporrebbero intempestive opere di bonifica dell'amianto e inspiegabilmente richiederebbero di specificare la destinazione d'uso, peraltro nota al Comune, fissando per l'esecuzione termini brevissimi non previsti dalla normativa. La società rileva, altresì, che in violazione dell'articolo 3 della legge 241/ 1990 la nota, della ASL, citata nell'atto, e di cui chiede l'esibizione, non sarebbe stata, allegata né resa disponibile, eccependo la mancata partecipazione al subprocedimento con violazione dei principi sulla partecipazione.

In tale ricorso resiste il solo Comune di Milano.

2. Con il secondo ricorso, la (...) spa impugna l'ordine del Comune di Milano, che ingiunge di presentare un progetto di bonifica si sensi del Dlgs 22/1997, previa verifica della conformità dell'indagine ambientale ai requisiti del Dm 471/1999.

La ricorrente denunzia l'errata applicazione della normativa richiamata, perché successiva ai fenomeni di contaminazione rilevati e, quindi, inapplicabile retroattivamente; altrettanto inapplicabile sarebbe la normativa regolamentare di cui all'articolo 2.6.6 del regolamento comunale, pure richiamato, che presuppone il riuso dell'area e l'onere, e non già l'obbligo, di decontaminarla.

Secondo la ricorrente, l'obbligo di bonificare l'area spetta al responsabile dell'inquinamento (ovvero alla controinteressata) e non al proprietario, secondo il principio del "chi inquina paga".

In ogni caso gli ordini impartiti, da eseguire nel termine di giorni 30, sarebbero illegittimi perché non tengono conto della progressione degli adempimenti prevista nel Dm 471/1999, secondo cui prima di predisporre il progetto di bonifica deve essere approvato dal Comune il piano di caratterizzazione; né, d'altra parte, sarebbe rinvenibile nell'atto una qualche motivazione volta a giustificare la celerità del procedimento, adottato senza le garanzie di cui alla legge 241/1990.

Le carenze istruttorie del provvedimento emergerebbero anche dalla generica affermazione di una situazione contaminata senza che risulti specificato se e dove siano stati superati i limiti di legge; tanto più che l'ingiunzione non poteva essere impartita prima che fossero trascorsi sei mesi dall'entrata in vigore del Dm 471, e cioè prima del 16 giugno 2000, essendo tale termine dilatorio posto a favore dei proprietari che vogliano spontaneamente bonificare i siti inquinati.

La ricorrente aggiunge, infine, che l'assessore all'ambiente firmatario dell'ordine sarebbe incompetente, dovendosi ritenere tale esclusivamente il dirigente.

Resistono il Comune e la controinteressata che ritengono infondato il ricorso.

3. Con un terzo ricorso la società (...), dante causa della (...), impugna la medesima, ordinanza di cui al ricorso sub 2, in quanto l'ordine del Comune di Milano di presentare il. piano di bonifica è rivolto anche ad essa, pur essendo rimasta estranea al procedimento istruttorio, iniziato tre anni, prima. La società contesta l'applicabilità del Dlgs 22/1997, successivo ai fatti, in assenza di un documentato superamento dei limiti di accettabilità; inoltre, a suo parere, la recente novella legislativa configurerebbe come unico obbligato il proprietario, il quale, se non è anche l'inquinatore, potrà chiedere al responsabile il risarcimento dei danni, e il recupero delle spese sostenute solo in un giudizio civile.

Secondo la (...) appare, verosimilmente, sviato l'ordine di presentare un piano di bonifica in trenta giorni senza aver partecipato alla fase delle indagini preliminari, così come sarebbe apodittica l'affermazione secondo cui l'inquinamento è esclusivamente ad essa imputabile. D'altra parte, nel valutare il grado di inquinamento dell'area ed il suo recupero, non si potrebbe omettere di considerare la pregressa destinazione industriale, con la conseguenza che un recupero a fini di edilizia residenziale non dovrebbe, comunque, gravare sulla società.

Anche a questo ricorso resistono sia il Comune che la controinteressata.

Diritto

 

1. Preliminarmente i tre ricorsi vanno riuniti per parziale identità delle parti e dell'oggetto, dovendosi oltretutto risolvere la medesima questione di diritto.

2. È prioritario stabilire l'applicabilità al procedimento in esame del Dlgs 22/1997 e del Dm 471/1999.

La nuova normativa, a parere del Collegio, è diretta a risanare qualunque sito inquinato, purché sia tale al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo: infatti, la situazione di inquinamento va considerata come fenomeno permanente fintantoché non venga riportata nei limiti di accettabilità.

In questo senso non può definirsi retroattiva la normativa, ma piuttosto vanno giudicati perduranti ed in atto i livelli d'inquinamento, che necessitano dell'adozione delle misure ivi stabilite.

Per completezza è opportuno precisare che la prima ordinanza impugnata, emessa il 23 febbraio 1998, che imponeva delle indagini sui terreni, ha esaurito i suoi effetti prima dell'entrata in vigore del Dm 471/1999, per cui detta fattispecie deve ritenersi regolata dalla disciplina previgente.

3. Il Dlgs 22/1997 e il Dm 471/1999 delineano un quadro normativo in cui gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino delle aree inquinate gravano, in primo luogo, sul soggetto che ha cagionato l'inquinamento, secondo il noto principio comunitario (v. articolo 17, comma 2 del Dlgs 22/1997 e articolo 7, comma 2 del Dm 471/1999).

Sarebbe ipotizzabile una responsabilità diretta del proprietario qualora esso svolgesse un'attività pericolosa ai sensi dell'articolo 2050 c.c. (che nella fattispecie è da escludere pacificamente), o se vi fosse una culpa in vigilando cosi come disciplinata dall'articolo 2051 c.c., il quale peraltro non prevede una responsabilità oggettiva ma una presunzione iuris tantum (v. tra le altre la sentenza 3674/00 di questo Tribunale).

Nel caso specifico, tuttavia, l'inquinamento sulle aree della ex (...) non ha alcuna connessione con un'omessa ordinaria vigilanza dell'acquirente, essendo esso riconducibile ad eventi occulti sviluppatisi anteriormente all'acquisto.

Il Dm 471/1999, all'articolo 9, prevede anche un intervento ad iniziativa del proprietario, non responsabile dell'inquinamento, o di altri soggetti che ne abbiano interesse.

Infine, in caso d'inerzia o non individuabilità del responsabile dell'inquinamento e di omesso intervento spontaneo del proprietario o di altri soggetti, le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di, ripristino sono svolte d'ufficio dal Comune o dalla Regione (v. articolo 17, comma 9, Dlgs 22/1997 e articolo 14, comma 1, Dm 471/1999).

Tuttavia, per non gravare il bilancio pubblico delle spese causate dagli interventi d'ufficio, l'articolo 17 stabilisce che le spese sostenute dagli enti pubblici godano del privilegio speciale immobiliare, anche in pregiudizio dei terzi acquirenti.

Il medesimo articolo ha, altresì, imposto un onere reale sulle aree inquinate, da menzionarsi nel certificato di destinazione urbanistica con i medesimi effetti di cui all'articolo 18, comma due, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il quale testualmente recita: "Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata."

Il proprietario, dunque, anche se non responsabile dell'inquinamento, si trova a subire, da un lato, l'iscrizione dell'onere reale, con ogni conseguenza dal punto di vista urbanistico e sul trasferimento del bene, e, dall'altro, le eventuali azioni esecutive per il recupero delle spese sostenute dalla P.a. che abbia proceduto agli interventi d'ufficio. È per questo fine che l'ordinanza di cui all'articolo 8 del Dm 471/1999 deve essere notificata anche al proprietario, il quale potrebbe attivarsi spontaneamente in caso d'inadempienza da parte del responsabile dell'inquinamento.

Da tale sintesi normativa si ricava che il proprietario non è obbligato a bonificare l'area, se non è anche l'inquinatore; mentre l'obbligo grava sempre su chi ha inquinato, ed in sua sostituzione sulla pubblica autorità. Il proprietario in base all'articolo 8 viene solo informato ai fini dell'onere reale e del privilegio che grava sul bene.

Dunque, il proprietario, che si veda notificare una tale ordinanza può anche rimanere inattivo, con il rischio, tuttavia, o di non poter utilizzare il bene o di perderlo qualora dovessero essere portate a compimento le azioni esecutive da parte della P.a.

A prescindere dalle conseguenze sul piano penale, le stesse considerazioni sono riferibili anche al responsabile dell'inquinamento, che non sia più proprietario, il quale ha un obbligo in realtà non coercibile né da parte della P.a. né da parte del suo avente causa, poiché al massimo potrà subire solo una azione giudiziaria civilistica per il recupero delle spese da parte del proprietario, che abbia proceduto alla bonifica o abbia perso la proprietà del bene.

In conclusione, dunque, il proprietario non può essere direttamente destinatario dell'ordine di bonifica, come peraltro esplicitamente indica l'articolo 8 del Dm 471/1999; con la conseguenza che, nel caso all'esame, l'ordine rivolto alla società (...) dal Comune di Milano è illegittimo.

4. Corretto è, invece, l'ordine indirizzato alla ex proprietaria del bene, in quanto, a mente di quanto affermato nell'ordinanza, sarebbe la responsabile dell'inquinamento, a nulla rilevando che non abbia più la disponibilità materiale del bene, ed indipendentemente da quelli che erano stati gli accordi tra le parti private all'atto del trasferimento della proprietà, che incideranno eventualmente in sede civilistica.

In questo caso l'inerzia del responsabile produrrà gli effetti già delineati, nel senso che vi sarà un intervento sostitutivo degli organi pubblici, che si concluderà con il recupero delle spese, ma comporterà anche una denunzia all'autorità giudiziaria, in conformità a quanto previsto dall'articolo 51 bis del Dlgs 22/1997, che recita:

"Chiunque cagiona l'inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dall'articolo 17, comma 2, è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui all'articolo 17. Si applica la pena dell'arresto da, un anno a due anni e la pena dell'ammenda da lire diecimilioni a lire centomilioni se l'inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Con la sentenza di condanna per la contravvenzione di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale" (Articolo aggiunto dall'articolo 7, Dlgs 8 novembre 1997, n. 389, e poi così modificato dall'articolo 1, comma 25, legge 9 dicembre 1998, n. 426).

Malgrado ciò, il Collegio non può ignorare come l'ordine al responsabile dell'inquinamento dovesse essere preceduto da un'istruttoria in contraddittorio con le parti interessate, a partire dal momento in cui si. era manifestata chiaramente l'imputabilità dell'inquinamento al precedente proprietario; tale partecipazione avrebbe oltretutto consentito di stabilire, rispetto alla destinazione urbanistica vigente all'epoca dell'inquinamento, quali misure adottate per riportare la situazione nei limiti previsti per le zone industriali.

Vi è di più, l'articolo 10, comma 2, del Dm 471/1999 impone la presentazione del progetto di caratterizzazione entro 30 giorni, mentre per il progetto definitivo è concesso un anno (v. comma 3).

Il Comune di Milano, invece, pretenderebbe il progetto di bonifica entra 30 giorni.

Ne consegue che per questi soli profili anche il ricorso della (...) deve essere accolto.

5. Da ultimo, deve essere esaminato il ricorso che censura l'ordinanza, istruttoria del 1998, rivolta alla società (...).

Prioritariamente, va rilevato che la detta ordinanza si prospetta come interazione di una precedente ordinanza del 1997, non impugnata dalla ricorrente, e s'innesta in un procedimento complesso volto a verificare il livello d'inquinamento delle aree acquistate dalla società nel 1993, al fine di elaborare un piano d'indagine finalizzato al successivo progetto di bonifica.

La società ha eseguito detto ondine in accordo con la ASL di Milano, come risulta dalle premesse dell'ordinanza del 2000 impugnata con il secondo ricorso.

Ad avviso del Collegio l'ordine si configura come prosecuzione del procedimento istruttorio, nell'ambito del quale è necessaria la collaborazione del soggetto che è in possesso del bene sul quale dovrà poi procedersi al risanamento. Tale collaborazione, che prescinde dalle responsabilità collegate all'inquinamento, non ha alcun aspetto lesivo per il proprietario, il quale anzi trarrà beneficio dalla futura rimozione di situazioni di rischio che impediscono l'utilizzo pieno del bene; non a caso il Comune di Milano ha chiesto alla società, in primo luogo, di esprimere il suo consenso sulle procedure e sulle modalità d'indagine descritte nelle premesse.

Si deve, dunque, concludere per l'inammissibilità del ricorso, anche perché l'unico profilo, peraltro neppure prospettato in giudizio, e cioè il recupero delle spese che la società avesse sostenuto per adempiere l'ordine comunale, può e deve essere comunque soddisfatto in altra sede nei confronti del responsabile dell'inquinamento.

6. In sintesi, e per concludere, il ricorso RG. 2040/98 deve essere dichiarato inammissibile, mentre i ricorsi RG. 2908 e 2969 del 2000 debbono essere accolti, salvo per quest'ultimo gli ulteriori provvedimenti della P.a.

Sussistono, tuttavia, motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

Il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, I sezione, previa loro riunione, accoglie i ricorsi RG. 2908/00 e 2969/00, e per l'effetto annulla l'ordinanza n. 13328/98 del 10 maggio 2000, dichiara inammissibile il ricorso RG. 2040/98.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

(omissis)

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