Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Campania 11 settembre 2015, n. 1987

Rifiuti - Abbandono - Ordinanza sindacale di rimozione - Impresa fallita - Responsabilità - Articolo 192, comma 4, Dlgs 152/2006 - Curatela fallimentare - Fenomeno di successione - Non ravvisabile

Fatta salva la eventualità di “univoca, autonoma e chiara responsabilità” del curatore sull’abbandono dei rifiuti, questi non può essere destinatario di ordinanze sindacali per la bonifica dei siti contaminati.
A dirlo è il Tar Campania (sentenza 11 settembre 2015, n. 1987) il quale esclude che il curatore fallimentare, in quanto subentrato nei diritti della società fallita cui sarebbe da ascrivere la responsabilità dell’illecito, sia tenuto alla bonifica ambientale ai sensi dell’articolo 192, comma 4, Dlgs 152/2006.
Secondo il Tar la curatela non può essere considerato un “subentrante”, ossia un successore dell’impresa fallita, perché da un lato tale società conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio, pur perdendone la facoltà di disposizione; dall’altro la curatela non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne diventa solo amministratore con facoltà di disposizione.
Pertanto nei confronti della curatela non è ravvisabile un fenomeno di successione, il quale solo potrebbe far scattare il meccanismo estensivo previsto dall’articolo 192.

Tar Campania

Sentenza 11 settembre 2015, n. 1987

Repubblica italiana

 

In nome del popolo italiano

Il Tribunale amministrativo regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 54 del 2015, proposto da:

Fallimento della Società Conceria S.L. di (omissis) Snc, in persona del Curatore pro tempore, nonché da (omissis), nella qualità di soci illimitatamente responsabili, tutti rappresentati e difesi dall'avv. (omissis);

 

contro

Comune di Solofra, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. (omissis);

Asl Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

 

nei confronti di

L.L., non costituito in giudizio;

 

per l'annullamento

dell'ordinanza n.218 del 31.10.2014 con cui il comune di Solofra ordinava al ricorrente di provvedere alla caratterizzazione del materiale cemento-amianto presso il complesso immobiliare industriale conciario di via (omissis) nonchè alla rimozione al trasporto ed allo smaltimento dei rifiuti speciali,alla pulizia dei piazzali e delle aree attigue al predetto complesso industriale ed alla sua messa in sicurezza;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Solofra;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il dott. Giovanni Grasso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

1.— Con ricorso notificato in data 2.1.2015 e depositato nei tempi di rito, il Fallimento della società Conceria S.L. di (omissis) Snc impugnava l'ordinanza n. 218 del 31.10.2014, unitamente ai relativi atti presupposti, con la quale il comune di Solofra aveva ingiunto di provvedere alla caratterizzazione del materiale cemento-amianto presso il complesso immobiliare industriale conciario di via (omissis) nonchè alla rimozione al trasporto ed allo smaltimento dei rifiuti speciali,alla pulizia dei piazzali e delle aree attigue al predetto complesso industriale ed alla sua messa in sicurezza.

Per resistere al ricorso, si costituiva in giudizio il Comune di Solofra, che ne auspicava la reiezione per inammissibilità ed infondatezza.

Nel rituale contraddittorio delle parti, alla pubblica udienza del 9 luglio 2015, sulle reieterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

2.— Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

In via preliminare, importa, peraltro, puntualizzare come non assume rilevanza la questione inerente la mancata notifica del ricorso al sig. L.L., individuato quale soggetto controinteressato.

Invero, è palese che la notifica del ricorso al citato L., quale autore dell'esposto — denuncia da cui ha avuto origine la vicenda amministrativa per cui è causa, risulta effettuata per mero scrupolo difensivo, non essendo la stessa necessaria in considerazione del fatto lo stesso non rivestiva la qualifica di controinteressato né in senso formale né in senso sostanziale..

Del resto, come esattamente puntualizzato dalla difesa di parte ricorrente i soggetti che presentano un esposto alla P.a. per influire sull'esercizio del potere amministrativo non assumono, solo per questo, la qualità di controinteressati, in quanto l'esposto si atteggia soltanto come notizia per l'Amministrazione, la quale, poi, attiva i poteri che l'ordinamento le attribuisce. Essi, pertanto, non sono destinatari necessari della notifica del ricorso contro il provvedimento conclusivo del relativo procedimento. La stessa impostazione vale anche per gli atti di denuncia, che consistono nell'esposizione e segnalazione alla P.a., da parte di un privato, di una situazione dalla quale non emerge una specifica pretesa al compimento dell'atto, ma nella quale è, comunque, legittimo e opportuno un intervento dell'autorità. Anche la denuncia, quindi, di per sé, non manifesta un interesse qualificato, ma un interesse semplice alla legittimità e convenienza dell'azione amministrativa, con la conseguenza che neanche il denunciante, in quanto tale, riveste la qualifica di controinteressato.

Nella fattispecie in esame, l'autore dell'esposto non aveva palesemente alcun interesse diretto e immediato, si da rendere necessaria la sua partecipazione al giudizio, ma soltanto un interesse indiretto e riflesso, tale da farlo configurare come un quivis de populo. Ed infatti, nel denunciare la presenza di lastre di eternit — amianto in pericolo di sfaldature, poste a copertura del manufatto di proprietà, nonché di numerosi rifiuti di varia natura, il ridetto L. non prospettava una situazione incidente in modo diretto ed immediato sulla propria sfera giuridica, ma si limitava a segnalare che lo stato di abbandono e di fatiscenza dell'immobile in discorso, espressamente evocando un pregiudizio per la collettività.

Sulle esposte premesse, non trattandosi di notifica necessaria ai fini della ammissibilità del gravame, il Collegio può soprassedere in ordine alla questione della sua formale ritualità.

3.— Ciò posto, il ricorso appare fondato nel merito.

3.1.— Sotto un primo ordine di profili, va rammentato come l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava sul responsabile dell'inquinamento che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (articoli 242 e 244 Dlgs n. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (articolo 245); nel caso, poi, di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica sono realizzate dalle Amministrazioni competenti (articolo 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso; onere destinato, pertanto, a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (articolo 253).

Il complesso della disciplina dettata dal Dlgs n. 152/2006 (cd. Codice dell'ambiente) è, per tali aspetti, rispondente al principio "chi inquina paga", che consiste nell'imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita.

Come esattamente argomentato da parte ricorrente, ed in conformità al diffuso orientamento giurisprudenziale in subiecta materia, lo smaltimento dei rifiuti (con il conseguente ripristino dello stato dei luoghi) grava sui soggetti che hanno "materialmente" violato il divieto di abbandono del materiale pericoloso, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa, con ciò escludendosi in toto la configurabilità di una responsabilità di carattere oggettivo in capo agli stessi soggetti.

Nel caso di specie, nell'ordinanza impugnata non è stata individuata alcuna responsabilità del Fallimento (in termini di comportamenti commissivi, ovvero meramente omissivi) in merito alla presenza di rifiuti e di quant'altro rinvenuto nell'area di proprietà della società fallita, essendosi, per giunta, dato implicitamente atto che il tutto fosse riconducibile ad epoca sicuramente antecedente all'apertura della procedura fallimentare.

Del resto, appare, in punto di fatto, incontestato che, allorquando il cespite industriale per cui è causa venne acquisito alla massa fallimentare (nel marzo 2009), lo stesso già versava in uno stato di abbandono e di fatiscenza a causa della cessazione dell'attività produttiva da luglio 2005: ciò che vale ad escludere qualunque tipo di responsabilità in capo al Curatore nella gestione e nell'amministrazione dei beni di proprietà della società fallita.

3.2.— Ciò detto, deve altresì essere confermato il principio per cui "fatta salva la eventualità di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore sull'abbandono dei rifiuti, la curatela fallimentare non può essere destinataria a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti inquinanti, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell'impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tale via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti" (Tar Campania — Salerno, Sez, 1, 18.10.2010 n. 11823; in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, 29.7.2003 n. 4328; Tar L'Aquila, Sezione 1, 17.6.2014 n. 564; Tar Liguria, Genova, Sezione II, 27.5.2010 n. 3543; Tar Toscana, Firenze, Sezione Il, 17.4.2009 n. 663; Tar Sicilia, Catania, Sezione I, 10.3.2005 n. 398), per il che non può accettarsi che la legittimazione passiva in subiecta materia sia della Curatela, in quanto ciò determinerebbe un sovvertimento del principio "chi inquina paga" scaricando i costi sui creditori che non hanno alcun collegamento con l'inquinamento" (Consiglio di Stato, Sezione V, 16.6.2009 n. 3885).

Tale orientamento è stato recentemente confermato da questo Tribunale con sentenza n. 916 del 24.4.2015.

Del resto, non può sostenersi che la Curatela, ai sensi dell'articolo 192, quarto comma, del Dlgs n. 152/2006, sarebbe tenuta alla bonifica ambientale essendo subentrata nei diritti della società fallita (cui sarebbe da ascrivere la responsabilità dell'illecito), secondo le previsioni del Decreto legislativo 8.6.2001 n. 231 in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni. E ciò in quanto il Fallimento non può essere considerato un subentrante, ossia un successore dell'impresa sottoposta alla procedura fallimentare. La società dichiarata fallita conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio: solo ne perde la facoltà di disposizione, subendo la caratteristica vicenda dello spossessamento (articolo 42 Rd n. 267/ 1942). Correlativamente, il. Fallimento non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne è solo un amministratore con facoltà di disposizione, laddove quest'ultima riposa non sulla titolarità dei relativi diritti ma, a guisa di legittimazione straordinaria, sul manus publicum rivestito dagli organi della procedura (articolo 31 Rd n. 267/ 1942).

Per l'effetto, nei confronti del Fallimento non è ravvisabile un fenomeno di successione, il quale solo potrebbe far scattare il meccanismo estensivo, previsto dall'articolo 192, comma 4, Dlgs citato, della legittimazione passiva rispetto agli obblighi di ripristino che l'articolo stesso pone in prima battuta a carico del responsabile e del proprietario versante in dolo o colpa (in termini, da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione V, 30 giugno 2014 n. 3274).

4.— Le esposte ragioni sono sufficienti, di là da ogni altro profilo, ad argomentare la complessiva fondatezza del ricorso, in quanto fondato sulla concreta allegazione di una carenza di posizione passivamente legittimante in capo alla curatela fallimentare in ordine alla ingiunzione comunale, in assenza di allegazione di concrete omissioni o azioni imputabili alla richiamata curatela.

Appare, peraltro, giustificata, in considerazione della particolarità della controversia ed alle modalità di svolgimento della contestata vicenda procedimentale, l'integrale compensazione delle spese e competenze di lite tra le parti costituite.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei termini di cui in motivazione.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in Segreteria il 11 settembre 2015

 

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