Rifiuti

Giurisprudenza

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Sentenza Corte d'Appello di Bologna 4 giugno 2000, n. 696

Aziende agricole e Tarsu

Corte d'Appello

Sentenza 4 giugno 2000, n. 696

 

Corte d'Appello di Bologna

Sezione prima civile

 

(omissis)

1. In data 22 ottobre 1999 alcuni agenti del Corpo Forestale dello Stato sequestravano in via d'urgenza un automezzo condotto da (…) (...), intestato alla Srl (...) (o (...)), legalmente rappresentata da (…), con il carico di 600 kg di accumulatori al piombo e il relativo formulario di identificazione.

In data 25 ottobre 1999 il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Rieti convalidava il sequestro a fini probatori, ravvisando a carico dei predetti (...) e (...) il reato di cui all'articolo 15 Dlgs 22/1997 e all'articolo 483 C.p. (per trasporto di rifiuti pericolosi con formulario di identificazione contenente dati incompleti: articolo 52, comma 3, decreto citato).

Su istanza degli interessati, il Tribunale per il riesame di Rieti, con ordinanza del 26 novembre 1999, ha confermato il sequestro probatorio. Il Tribunale ha osservato che l'articolo 53 del citato decreto cd. Ronchi prevede la confisca obbligatoria dei mezzi di trasporto in caso di condanna o di sentenza applicativa di pena patteggiata per il reato di trasporto illecito di rifiuti; e che non risultava allo stato se gli altri dati riportati nelle comunicazioni o nei registri consentissero di ricostruire le informazioni prescritte, sicché potesse applicarsi invece della sanzione penale solo la sanzione amministrativa ai sensi dell'articolo 52, comma 4.

2. Il difensore degli indagati ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi.

Lamenta: a) violazione degli articoli 10 e 15 Dlgs 22/1997, posto che il modello di formulario di identificazione, utilizzabile ai sensi del predetto articolo 15, non consentiva materialmente la indicazione del "tragitto del rifiuto" nei casi in cui — come nella fattispecie di causa — si eseguiva la cd. microraccolta degli accumulatori di piombo, effettuata presso più detentori, per quantitativi inferiori a 100 kg, con conferimento finale al luogo di destinazione solo dopo il completamento del carico minimo;

b) erronea applicazione degli articoli 15 e 52, commi 3 e 4, Dlgs 22/ 1997, posto che il trasporto illecito di rifiuti con formulari incompleti o inesatti è trattato come illecito amministrativo, ed è punito ai sensi dell'articolo 483 C.p. solo quando ricorre una falsità ideologica;

c) vizio di motivazione in ordine ai presupposti del sequestro probatorio.

Con memoria aggiuntiva il difensore ha ribadito le censure, sottolineando in particolare che il percorso di istradamento (o tragitto) dei rifiuti formalmente non specificato risultava tuttavia da altri elementi indicati nei formulari che accompagnavano il trasporto, quali l'indirizzo del produttore-detentore degli accumulatori e quello del destinatario.

 

Motivi della decisione

3. Come rileva anche il difensore, la ratio che ispira la disciplina dettata dal Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 in materia di trasporto di rifiuti è quella di consentire agli enti competenti un controllo puntuale di tutte le attività di gestione e movimentazione dei rifiuti. A tal fine l'articolo 15 dello stesso decreto, così come modificato dall'articolo 1 del Dlgs 9 novembre 1997, n. 389, prescrive che il trasporto dei rifiuti deve essere accompagnato da un formulario di identificazione, compilato secondo un modello uniforme, redatto in quattro esemplari (di cui uno resta presso il detentore e gli altri accompagnano il trasporto). Nel formulario devono risultare a) nome e indirizzo del produttore e del detentore dei rifiuti; b) origine, tipologia e quantità di rifiuti; c) impianto di destinazione; d) data e percorso dell'istradamento; e) nome e indirizzo del destinatario.

Secondo l'articolo 52, comma terzo, del Dlgs 22/1997, così come modificato dall'articolo 7 del Dlgs 389/1997, chi effettua il trasporto dei rifiuti senza il prescritto formulario o con formulario recante dati incompleti o inesatti è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria, da tre a diciotto milioni di lire; ma se trasporta rifiuti pericolosi è punito con la pena della reclusione prevista dall'articolo 483 C.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico). Tale ultima pena si applica anche a chi, indipendentemente dal trasporto di rifiuti, nel predisporre un certificato di analisi di rifiuti (pericolosi o no), fornisce false indicazioni sulla natura chimico — fisica degli stessi; ovvero a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto dei rifiuti (pericolosi o no).

Tuttavia, a norma del quarto comma dello stesso articolo 52, se le indicazioni contenute nel formulario sono formalmente inesatte o incomplete, ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, al trasportatore si applica solo una sanzione amministrativa pecuniaria, da lire cinquecentomila a lire tremilioni (e quindi, a seconda dei casi, in sostituzione o della più grave sanzione amministrativa o della sanzione penale comminate dal terzo comma).

4. Così ricostruita la ratio e la portata della disciplina applicabile alla fattispecie di causa, alla luce degli elementi risultanti in questa fase incidentale, appare sussistere il fumus dell'ipotizzato reato di trasporto illecito di rifiuti. Sicché al riguardo l'ordinanza impugnata non merita le censure formulate dal difensore ricorrente.

4.1. Secondo quanto riferito nello stesso ricorso, il Cobat (Consorzio Obbligatorio Batterie al Piombo Esauste e Rifiuti Piombosi), a seguito di gara d'appalto, aveva conferito alla Srl (...), come mandataria speciale capogruppo di un Raggruppamento Temporaneo d'Imprese, l'incarico di procedere in esclusiva alla raccolta delle batterie al piombo esauste in una determinata area territoriale della provincia romana. Secondo questo contratto d'incarico, l'incaricato raccoglitore d'area doveva provvedere alla raccolta delle batterie presso i produttori-detentori, anche su chiamata diretta di questi ultimi, e doveva provvedere al ritiro gratuito per quantitativi non inferiori a 100 kg (che doveva intendersi raggiunto anche sommando più ritiri effettuati su un medesimo percorso programmato dal Cobat).

Il (...) era stato fermato mentre, in esecuzione di questo incarico, trasportava 600 kg di batterie esauste con un formulario di identificazione in cui non era specificato il percorso d'istradamento.

La tesi del difensore è che, per la cd. miniraccolta, cioè per la raccolta di quantitativi unitari inferiori ai 100 kg effettuata nel percorso programmato, non si può identificare in dettaglio il percorso, proprio perché trattasi di raccolta effettuata presso più detentori, e nel modello prestabilito dei formulari manca lo spazio per indicare ogni singolo produttore-detentore raggiunto.

Ma la tesi difensiva non può essere accolta. Anzitutto, in linea di fatto, nessun elemento concreto indica che il (...) stesse procedendo a una miniraccolta presso più detentori: al contrario, il fatto che stesse trasportando 600 kg di batterie esauste potrebbe far pensare all'ipotesi (e comunque non esclude l'ipotesi) di un ritiro gratuito di quantitativi non inferiori a 100 kg effettuato al di fuori di percorsi programmati. In altri termini, il presupposto di fatto della tesi difensiva è meramente asserito, e pertanto non può essere assunto a base della valutazione del fumus delicti in questa fase incidentale.

In secondo luogo, anche in linea di diritto nessuna norma autorizza a distinguere, ai fini del controllo pubblicistico del trasporto di cui all'articolo 52, comma 3, Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, una miniraccolta dei rifiuti, per quantitativi inferiori ai 100 kg, e una raccolta ordinaria, per quantitativi superiori. Ne consegue che, anche per le cd. miniraccolte, il trasportatore deve munirsi dei formulari di identificazione prescritti dall'articolo 15, contenenti tutti i dati richiesti, tra i quali la specificazione del percorso d'istradamento, sicché, se nel formulario manca lo spazio per indicare tutti i percorsi d'istradamento, il trasportatore dovrà utilizzare tanti formulari quanti sono i percorsi d'istradamento dal produttore-detentore al destinatario (in modo che lo spazio per la indicazione del percorso sia sufficiente).

A ben vedere, infatti, il modello di formulario di identificazione stabilito dal competente Ministero con Dm 1° aprile 1998, n. 145 è concepito per documentare il trasporto di rifiuti da un solo produttore-detentore a un solo destinatario, con un apposito spazio dedicato alle "annotazioni" ove specificare eventuali variazioni di percorso. Al riguardo è significativo che la circolare esplicativa emanata in materia dal Ministero dell'ambiente e dal Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato ha precisato che "nel caso in cui il trasportatore sia costretto a cambiare destinatario, ad esempio perché quello previsto è impossibilitato a ricevere il rifiuto, il nuovo percorso e il nuovo destinatario, nonché i motivi della variazione, devono essere riportati nell'apposito spazio del formulario riservato alle annotazioni" (circolare 4 agosto 1998, n. Gab/Dec/812/98).

Più esattamente, alla luce di quanto sopra riferito, l'unico fine per cui rileva la cd. miniraccolta è quello previsto dal contratto di incarico tra il Cobat e la società incaricata per la raccolta nell'area territoriale, posto che detta società è contrattualmente obbligata al ritiro gratuito per quantitativi di batterie non inferiori ai 100 kg, che può raggiungersi anche sommando ritiri di quantitativi inferiori effettuati lungo un percorso programmato; mentre per i quantitativi inferiori può evidentemente pretendere un compenso dai detentori. Ma proprio a questo riguardo la specificazione del percorso d'istradamento è necessaria anche per la cd. miniraccolta, al fine di evitare che la società incaricata lucri dai detentori compensi contrattualmente illeciti, alterando così i rapporti di dare e avere con il Cobat. In altri termini, il Cobat deve essere messo in grado di controllare se il raccoglitore incaricato ha proceduto alla raccolta di un quantitativo complessivo superiore ai 100 kg presso più detentori, seguendo il percorso programmato (senza poter pretendere compensi dai detentori); ovvero se il raccoglitore ha proceduto alla raccolta di quantitativi inferiori, al di fuori del percorso programmato (chiedendo compensi ai detentori). È opportuno sottolineare a questo punto che il Cobat è un Consorzio di imprese istituito a norma dell'articolo 9 quinquies del Dl 9 settembre 1988, n. 397, convertito in legge 9 novembre 1988, n. 475 (norma espressamente esclusa dall'abrogazione prevista dall'articolo 56 del Dlgs 22/1997), con il compito specifico di assicurare la raccolta, lo stoccaggio e l'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi. Per conseguenza, la trasparenza e la controllabilità dei rapporti tra Cobat, raccoglitore incaricato d'area e detentori di batterie al piombo esauste non sono affatto irrilevanti ai fini di assicurare la liceità dei trasporti di rifiuti, perseguita dal terzo comma dell'articolo 52 Dlgs 22/1999.

Va quindi disattesa la prima censura.

4.2. Ma anche la seconda censura è chiaramente destituita di fondamento giuridico. Non è esatto affermare che il trasporto di rifiuti con formulari d'identificazione incompleti o inesatti è configurato come illecito amministrativo, e come reato ex articolo 483 C.p. solo quando si fa uso di un certificato falso durante il trasporto. Come già sopra sottolineato, secondo il terzo comma del citato articolo 52 la pena prevista dall'articolo 483 C.p. si applica per ogni trasporto di rifiuti pericolosi non accompagnato dai prescritti formulari d'identificazione, o accompagnato da formulari incompleti o inesatti. E non v'è dubbio che le batterie al piombo esauste rientrano tra i rifiuti classificati come pericolosi dal Dlgs 22/1997 (ex Allegato D cod. Cer 1606).

Per altro verso, non è sostenibile la tesi formulata dal difensore nella memoria aggiuntiva, secondo cui nel caso di specie il reato è degradato a illecito amministrativo perché il formulario d'identificazione del trasporto, benché privo formalmente della indicazione del percorso d'istradamento, conteneva comunque tutti gli elementi per dedurre l'indicazione dovuta per legge. Il percorso d'istradamento infatti non si poteva dedurre inequivocabilmente — come sostiene il difensore — dall'indirizzo del detentore e da quello del destinatario, sia perché da un determinato detentore a un determinato destinatario non è detto che il percorso possibile sia uno e uno solo, sia perché nel caso di specie è lo stesso ricorso ad affermare che la raccolta delle batterie era avvenuta presso più detentori, sicché i percorsi possibili verso il destinatario si moltiplicavano proporzionalmente.

4.3. Così confermato il fumus delicti, infine, deve essere rigettato anche l'ultimo motivo di ricorso, con cui si denuncia vizio di motivazione in ordine ai presupposti del sequestro probatorio. E infatti vero è che il Tribunale del riesame ha richiamato una circostanza, quale la confiscabilità obbligatoria del mezzo con cui viene effettuato il trasporto illecito, che è per se stessa rilevante ai fini del sequestro preventivo ex articolo 321, secondo comma, C.p.p., ma non ai fini del sequestro probatorio ex articolo 354, comma 2, o ex articolo 253, comma 2, C.p.p. Ma è altrettanto vero che l'ordinanza dello stesso Tribunale, così come il decreto di convalida del Pubblico Ministero, hanno sottolineato l'esigenza di "effettuare accertamenti sul corpo del reato e/o cose pertinenti al reato". Il che basta a motivare il sequestro probatorio ai sensi delle norme citate, posto che l'autoveicolo sequestrato ai ricorrenti configurava indubbiamente un corpo del reato, in quanto mezzo utilizzato per la commissione del reato stesso.

5. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Consegue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di dover irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa ammende di cui all'articolo 616 C.p.p.

(Omissis)

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