Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio 14 febbraio 2001, n. 1148

Emergenza rifiuti

Tar Lazio

Sentenza 14 febbraio 2001, n. 1148

 

Rifiuti — gestione pubblica e privata — ordinanza ministeriale

Legge 142/1990, Legge 225/1992, Dlgs 22/1997, Ord.za Mininterno 31 maggio 1999, n. 2893.

Le ordinanze ministeriali emanate in deroga a disposizioni vigenti devono indicare le norme principali alle quali si intende derogare. Inoltre tali ordinanze devono motivare le ragioni che inducono la loro emanazione nonché il rilascio delle autorizzazioni in favore dei soli soggetti pubblici.

Le forme di gestione dei rifiuti urbani sono previste dalla legge 142/1990 che contiene norme di principio in relazione all'ordinamento di Comuni e Province. Norme parimenti di principio in relazione alle autorità competenti per programmazione, organizzazione, autorizzazione e controllo dello smaltimento sono contenute nel Dlgs 22/1997. Tali norme, in quanto di principio, non sono derogabili.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio

ha pronunciato la seguente

Sentenza

(omissis)

 

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

Fatto

Con ordinanza n. 2983 in data 31 maggio 1999, emessa dal Ministro dell'interno delegato al coordinamento della Protezione civile, sono stati adottati "immediati interventi per fronteggiare la situazione di emergenza determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella Regione Siciliana".

Avverso tale atto ed ogni altro a questo presupposto, connesso e conseguenziale compreso, per quanto occorra, il Dm 18 maggio 1998, n. 429 con cui è stato adottato il "Regolamento recante norme per l'organizzazione e il funzionamento della commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi" le società in epigrafe specificate, le quali operano nell'ambito delle attività di smaltimento dei rifiuti, e la Federazione Imprese di Servizi (FISE), nella sua qualità di associazione che rappresenta le imprese operanti nel settore dei servizi, hanno proposto impugnativa deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 97 della Costituzione, dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, dell'articolo 21, comma 1, del Dlgs 22/1997; dell'articolo 22 della legge 142/1990. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 della legge 225/1992 per contrasto con i principi di cui alla legge 142/1990 ed agli articoli 41 e 43 della Costituzione;

2) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 97 della Costituzione; dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225; dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; dell'articolo 21, comma 1, del Dlgs 22/1997 e dell'articolo 22 della legge 142/1990;

3) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 97 della Costituzione; dell'articolo 5 della legge 225/1992; dell'articolo 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà intrinseca, carenza assoluta di motivazione e sproporzione;

4) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 della legge 225/1992 sotto altro profilo. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento;

5) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 97 della Costituzione, dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, dell'articolo 21, comma 1, del Dlgs 22/1997; dell'articolo 22 della legge 142/1990 e del Dlgs 30 gennaio 1999, n. 36. Eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà intrinseca e carenza assoluta di motivazione;

6) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 97 della Costituzione; dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225; dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; degli articoli 10 e 21 del Dlgs 22/1997. Eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà intrinseca e carenza assoluta di motivazione;

7) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, per contrasto con i principi di cui all'articolo 5, comma 5, del Dlgs 22/1997 ed alla sentenza della Corte di Giustizia 25 giugno 1998, in causa C-203/1996;

8) Violazione dell'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, per mancata sottoposizione dell'ordinanza impugnata al visto della Corte dei Conti;

9) Impugnazione incidentale del Dm 18 maggio 1998, n. 429 quanto all'articolo 8, primo comma. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 9, primo comma, della legge 225/1992.

Il ricorso si conclude con la richiesta di annullamento degli atti impugnati, con ogni conseguenziale effetto di legge anche in ordine alle spese.

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Siciliana e l'Enea, con il patrocinio dell'Avvocatura Generale dello Stato, che non ha depositato scritti difensivi.

Le ricorrenti hanno prodotto una memoria insistendo per l'accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2000 le cause sono state trattenute dal Collegio per la decisione.

 

Diritto

1) Le società ricorrenti sono imprese specializzate che esercitano attività di smaltimento dei rifiuti in tutto il territorio nazionale e talune di esse sono già operanti nella Regione Siciliana ove dal 1999 vige la dichiarazione dello stato di emergenza in ordine alla situazione di crisi determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 avente ad oggetto l'istituzione del Servizio nazionale della Protezione civile.

In particolare l'articolo 5 della legge citata prevede al comma secondo che "per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede … anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico" ed al comma quinto che "le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate".

3) Con il primo motivo le deducenti contestano l'ordinanza n. 2983 emessa in data 31 maggio 1999 dal Ministro dell'interno, nella sua qualità di delegato al coordinamento della Protezione civile, denunciandone l'invalidità sotto il profilo della omessa indicazione delle norme che ha inteso derogare e della illegittima deroga a norme di principio nella specifica materia.

La tesi merita adesione.

Occorre invero considerare che il provvedimento in questione laddove stabilisce (articolo 5, comma secondo) che le autorizzazioni di cui agli articoli 27 e 28 del Dlgs 22/1997 per le discariche di rifiuti urbani sono rilasciate dai Prefetti delle Province esclusivamente ad impianti a titolarità e gestione pubblica e che (articolo 5, comma quarto) per le finalità dell'emergenza i medesimi Prefetti individuano le discariche e ne assicurano la titolarità e la gestione pubblica, viene a sovvertire il regime delle competenze al rilascio delle autorizzazioni (spettante in via ordinaria alle Regioni ed agli altri Enti locali) e preclude agli imprenditori privati, operanti abitualmente nel settore, di ottenere l'affidamento o il rinnovo della gestione in concessione di impianti di smaltimento dei rifiuti con conseguente pregiudizio della libertà di iniziativa economica privata garantita dagli articoli 41 e 43 della Costituzione ed assicurata, nel particolare settore, dalle disposizioni legislative statali.

Trattasi di deroga che riguarda non soltanto gli articoli 27 e 28 del Dlgs 5 febbraio 1997 n. 22, espressamente citati dalla ripetuta ordinanza, ma anche le disposizioni, non menzionate nell'ordinanza stessa, di cui all'articolo 21 del citato Dlgs 22/1997 ed all'articolo 22 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

Infatti il suddetto articolo 21 dispone al primo comma che "i Comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati nelle forme di cui alla legge 8 giugno 1990 n. 142 e dell'articolo 23".

Ora la legge 142/1990 in materia di gestione di pubblici servizi prevede all'articolo 22 cinque diverse forme di gestione, fra le quali in particolare la concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche economiche e di opportunità sociale.

Appare quindi evidente che le norme sopra richiamate risultano derogate dalle prescrizioni dell'ordinanza impugnata la quale, tuttavia, non ne fa espressa indicazione e trascura del tutto la vigente normativa in materia di forme di gestione degli impianti di smaltimento dei rifiuti.

Per altro verso trattasi di normativa della cui derogabilità potrebbe dubitarsi, atteso che la legge 142/1990 (cfr. articolo 1) contiene norme di principio in relazione all'ordinamento dei Comuni e delle Province e che il Dlgs 22/1997 nella parte in cui designa le autorità competenti per la programmazione, l'organizzazione, l'autorizzazione ed il controllo dello smaltimento dei rifiuti (articolo 21) detta a sua volta norme di principio, in conformità all'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale (Sent. 370/1989) sia pure a proposito delle disposizioni di identica natura contenute nel precedente Dpr 915/1982.

In relazione quanto precede il motivo in esame deve essere condiviso.

4) Sotto diverso profilo occorre osservare che la controversa ordinanza nel prevedere (articolo 3, comma secondo) che il Commissario delegato possa costituire società miste, cui partecipano i Comuni, provvedendo in tal caso ad associare, per la gestione del servizio, consorzi di Comuni, aziende speciali e società costituite ai sensi dell'articolo 22 della legge 142/1990 nonché, eventualmente, le cooperative formate da lavoratori già impegnati in progetti di lavori socialmente utili ex articolo 1, comma 21, della legge 28 novembre 1996 n. 608, introduce in effetti una nuova forma di gestione dei servizi pubblici in deroga alle ricordate disposizioni dell'articolo 21 del Dlgs 22/1997 (che riservano ai Comuni il potere di decidere sulla costituzione di società miste in materia) e dell'articolo 22 della legge 142/1990 (che consente ai soggetti privati di partecipare alla costituzione delle citate società miste). Nessuna di tali disposizioni è richiamata nella ordinanza impugnata che, in tal modo, non fa menzione delle singole norme di legge alle quali intende derogare e crea indebite sperequazioni fra i soci delle società cooperative già operanti nel settore e delle società costituite ai sensi dell'articolo 22 della legge 142/1990 (i quali possono partecipare alle società miste) ed i soci delle altre società private, indipendentemente da ogni indagine sulla idoneità della società di appartenenza a svolgere proficuamente lo specifico servizio.

Merita pertanto adesione anche il secondo motivo dedotto.

5) Le determinazioni ministeriali risultano altresì prive di idonea motivazione in ordine alle ragioni che impongono il ricorso alle anzidette modalità derogatorie di gestione delle discariche e di rilascio delle autorizzazioni in favore di soli soggetti pubblici.

Nelle premesse della impugnata ordinanza vengono evidenziate carenze degli Enti territoriali nell'assolvimento dei loro compiti istituzionali, sottolineandosi che è mancata la opportuna programmazione degli impianti di smaltimento e che gran parte di quelli esistenti vengono prevalentemente gestiti in forza di ordinanze contingibili ed urgenti emesse dai Sindaci.

Peraltro né dalla ripetuta ordinanza, né dalla preordinata dichiarazione dello stato di emergenza, di cui al Dpcm 22 gennaio 1999, è possibile comprendere perché le disfunzioni riscontrate nel particolare servizio non sarebbero fronteggiabili con i normali poteri sanzionatori e di controllo dell' amministrazione e risulterebbero invece superabili attraverso la gestione pubblica degli impianti.

Sicchè le deroghe introdotte alla vigente legislazione sono sfornite di ogni nesso di proporzionalità e conseguenzialità con le premesse e gli obiettivi della ordinanza in questione nonché con lo stato di emergenza che la stessa intende fronteggiare.

Non può poi trascurarsi che la previsione delle suindicate eccezionali forme di gestione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e la riserva a favore di particolari soggetti pubblici, non prefigura limiti di durata.

Con la conseguenza che, in assenza di qualsiasi termine, la gestione straordinaria degli impianti come sopra delineata appare destinata inevitabilmente a protrarsi anche oltre il perdurare dello stato di accertata emergenza.

Parimenti sfornita di qualsivoglia motivazione è la previsione di affidare la gestione degli impianti in questione all'E.N.E.A. (articolo 5, comma quinto). Trattasi di ulteriore deroga legislativa effettuata in carenza di indicazioni sulle norme effettivamente derogate e senza tenere conto del fatto che tra i fini istituzionali del citato Ente, come delineati dall'articolo 2 del Dlgs 30 gennaio 1999 n. 36, non rientra l'esercizio dei compiti individuati dalla ordinanza impugnata.

Dispone poi l'articolo 5, comma quarto, della controversa ordinanza che "per le finalità di cui all'articolo 3 punto 1.13", vale a dire "l'adeguamento o la realizzazione delle discariche necessarie per fronteggiare l'emergenza … nonché per assicurare lo smaltimento dei sovvalli" i Prefetti "… individuano le discariche, ne assicurano la finalità e la gestione pubblica".

Tale norma, nella parte in cui riserva a soggetti pubblici la gestione degli impianti per lo smaltimento dei sovvalli, deroga evidentemente agli articoli 10, comma 2, lettera b) e 21, comma 5 del Dlgs 22/1997 intesi a prevedere che il produttore di rifiuti speciali (a questa categoria si riferisce lo smaltimento dei sovvalli: cfr. articolo 7, comma 3, lettera G, del Dlgs 22/1997) assolve ai propri obblighi mediante conferimento a "terzi autorizzati" e che i Comuni, quanto ai rifiuti speciali non assimilati agli urbani, possono unicamente "istituire servizi integrativi".

Anche in questo caso l'ordinanza impugnata non specifica quali siano le norme derogate, né le ragioni che richiedono l'adozione di misure eccezionali per lo smaltimento di tali rifiuti.

Da ultimo va sottolineato che l'articolo 5, comma sesto, dell'ordinanza in esame vieta l'ingresso nella Regione Siciliana dei rifiuti provenienti da altre Regioni e dall'estero. Siffatta disposizione appare in linea con le norme vigenti in materia (articolo 5, commi terzo e quinto del Dlgs 22/1997) relativamente ai rifiuti urbani non pericolosi; essa si estende tuttavia, attesa la sua genericità, anche ai rifiuti speciali, tossici e nocivi per i quali nessuna limitazione in tal senso è invece posta dalla normativa europea (Direttiva 91/156/Cee e Regolamento 259/1993, la quale (Cfr. anche articolo 5 della Direttiva 75/442/Cee; come mod. dalla Direttiva 91/156/Cee) include fra gli obiettivi da raggiungere nello smaltimento dei rifiuti quello della autosufficienza a livello nazionale e non locale.

Siffatta deroga non trova, peraltro, idonea giustificazione nella impugnata ordinanza in ordine ai presupposti, alla strumentalità ed alla proporzionalità della stessa rispetto alle finalità perseguite con i poteri di emergenza che sono stati conferiti con riguardo alla situazione connessa allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e non considerano in alcun modo il problema dei rifiuti speciali.

In relazione alle osservazioni che precedono appaiono fondati, nei limiti sopra specificati, anche i motivi terzo, quarto, quinto, sesto e settimo.

6) Il carattere assorbente delle doglianze esaminate esonera il Collegio dal soffermarsi sulle ulteriori censure dedotte e consente di accogliere il ricorso, con conseguente annullamento dell'ordinanza impugnata limitatamente alle parti contestate dalle ricorrenti.

7) Quanto alle spese, sussistono giuste ragioni per disporne l'integrale compensazione tra le parti in causa.

 

PQM

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, annulla la impugnata ordinanza n. 2983 del 31 maggio 1999 nei limiti indicati in motivazione.

Compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

(omissis)

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