Imballaggi

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio 10 ottobre 2014, n. 10262

Imballaggi - Consorzi di gestione - Statuto-tipo - Approvazione - Dm 26 aprile 2013 - Limitazione libertà di autoregolamentazione dei Consorzi - Esclusione - Dettagliate indicazioni nello statuto-tipo - Esercizio del potere di vigilanza ministeriale - Articolo 223, Dlgs 152/2006

NdR: con sentenza 24 settembre 2015, n. 4475 il Consiglio di Stato, in riforma della presente sentenza, ha annullato alcune parti del Dm 26 aprile 2016, statuendo allo stesso tempo la necessità da parte del Ministero dell'ambiente del varo di un nuovo schema-tipo di statuto o di una pluralità di nuovi schemi-tipo in relazione alle singole filiere rispettoso della natura privatistica dei consorzi.

Tar Lazio

Sentenza 10 ottobre 2014, n. 10262

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 10650 del 2013, proposto da:

Cial — Consorzio imballaggi alluminio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis), (omissis) e (omissis);

 

contro

— Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del ministro p.t.;

— Ministero dello sviluppo economico; in persona del Ministro p.t.;

rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato (omissis);

 

nei confronti di

(A) Srl, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;

 

per l'annullamento

a) del decreto 26 aprile 2013 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adottato di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, pubblicato in Gu n. 176 del 29 luglio 2013 recante "… Approvazione dello schema tipo dello statuto dei Consorzi costituiti per la gestione degli imballaggi ...", con allegato schema tipo dello Statuto dei Consorzi;

b) della nota 12 agosto 2013 con la quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha indicato la data del 26 novembre 2013 per l'adeguamento del previgente statuto a quanto contenuto nello schema tipo allegato al decreto sub a);

c) di ogni altro atto o provvedimento comunque connesso, successivo o presupposto a quelli impugnati;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico;

Viste le memorie difensive delle parti costituite;

Vista l'ordinanza di questo Tar n. 92 del 10 gennaio 2014, di accoglimento dell'istanza cautelare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore designato per l'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2014 il consigliere (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e diritto

I. Costituisce oggetto prioritario d'impugnativa, nel ricorso all'esame, da parte di Cial – Consorzio imballaggi alluminio, il decreto in data 26 aprile 2013 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adottato di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, pubblicato in Gu n. 176 del 29 luglio 2013, di "Approvazione dello schema tipo dello statuto dei Consorzi costituiti per la gestione degli imballaggi", con l'allegato schema-tipo dello statuto stesso.

Il provvedimento impugnato ha base normativa nell'articolo 223 del Dlgs n. 152 del 3 aprile 2006, "Norme in materia ambientale" (d'ora in poi Tua), secondo le modifiche ad esso apportate dall'articolo 2, comma 30-quater, del Dlgs n. 4/2008. Stabilisce dunque, tra l'altro, il predetto articolo 223, che: "I produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all'allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto il territorio nazionale" e che ai Consorzi predetti "possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi" (comma 1); che detti consorzi (comma 2) "hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta ufficiale entro il 31 dicembre 2008, conformemente ai principi del decreto" stesso "e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore"; che lo statuto adottato o adeguato secondo lo schema – tipo deve essere trasmesso, entro termini espressamente indicati, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive (e del Ministero dell'economia e delle finanze per gli statuti da adeguare), oppure, ove ravvisi motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni; che debbono seguire da parte del Consorzio le modifiche richieste, altrimenti queste sono apportate d'ufficio con decreto ministeriale; che inoltre (sempre comma 2) "nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio".

II. Ad avviso di Cial, consorzio costituito nel 1997 secondo le previsioni del c.d. "Decreto Ronchi" (Dlgs n. 22/1997 ora abrogato dal Tua), lo schema tipo di Statuto allegato al decreto del 26 aprile 2013 contiene previsioni di dettaglio non compatibili con uno strumento di massima quale lo schema predetto dovrebbe essere e che non rispondono pienamente ai principi e alle previsioni del Tua, non consentendo quindi il raggiungimento degli obiettivi di raccolta e riciclo nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza oltre che di libera concorrenza.

E dunque Cial, premesso di operare attualmente all'interno del sistema del recupero degli imballaggi fondato sui principi della "responsabilità condivisa" e del "chi inquina paga", secondo lo Statuto approvato con decreto del 15 luglio 1998 del Ministero dell'ambiente e del Ministero dell'industria, commercio e artigianato, e secondo il relativo regolamento consortile, fa presente, nel ricorso introduttivo: che le imprese ad esso Consorzio aderenti sono distinte nelle seguenti categorie: a) Produttori e importatori di alluminio destinato alla fabbricazione di imballaggi (quota 42,5%); b) Fabbricanti, trasformatori e importatori di imballaggi vuoti in alluminio (quota 42,5%); che possono altresì partecipare su base facoltativa gli utilizzatori di imballaggi in alluminio (quota 15%); che all'interno della categoria b) possono partecipare facoltativamente le imprese produttrici di imballaggi costituiti da materiali compositi nei quali l'alluminio non costituisca materiale prevalente (c.d. poliaccoppiati); che gli organi principali di Cial sono l'Assemblea e il Consiglio di amministrazione; che i consorziati partecipano alla costituzione del fondo consortile in misura proporzionale alle quote di volta in volta attribuite singolarmente dall'Assemblea; che le imprese consorziate al Cial sono "ad oggi" 218 e che il numero dei membri del CdA è attualmente di 18 (8 per i Produttori e importatori di alluminio destinato alla fabbricazione di imballaggi, 8 per i Fabbricanti, trasformatori e importatori di imballaggi vuoti in alluminio, 2 per gli utilizzatori di imballaggi in alluminio). Assumendo di aver interesse alla rimozione dell'impugnato decreto (che è stato trasmesso al consorzio istante, per l'adeguamento, con la nota, impugnata anch'essa, del 12 agosto 2013) — dovendo altrimenti modificare radicalmente le proprie regole organizzative e gestionali, con diversa distribuzioni di ruoli e responsabilità e con possibili difficoltà di conseguimento degli obiettivi ad esso attribuiti dall'articolo 223 Tua, e violazione quindi dei suddetti principi di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza— propone avverso il ripetuto Decreto i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 223 Tua in relazione agli articoli 1322 e 2616 Codice civile. Eccesso di potere per illogicità manifesta, sviamento e travalicamento di potere, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento. Difetto di motivazione. In via subordinata, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 223 Tua per violazione degli articoli 41, 42 e 117, lettera e), Cost.;

2) Violazione e falsa applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale (articolo 118, comma 4, Cost.). In via subordinata, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 223 Tua per violazione dell'articolo 118, comma 4, Cost.;

3) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 223 Tua. Eccesso di potere per illogicità manifesta, sviamento e travalicamento di potere, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento. Difetto di motivazione;

4) Violazione e falsa applicazione dell'articolo 223 Tua. Eccesso di potere per illogicità manifesta, sviamento e travalicamento di potere, ingiustizia manifesta. Incompetenza. Difetto di motivazione. L'Amministrazione si è costituita in giudizio e ha prodotto articolata memoria difensiva in data 12 maggio 2014, mentre il Consorzio ricorrente ha replicato, insistendo nei propri assunti, con memoria depositata il 9 giugno 2014.

La causa è stata trattenuta in decisione, sentiti i difensori delle parti, alla pubblica udienza del 10 luglio 2014.

III. Premesso quanto sopra, ritiene il Collegio che il ricorso sia privo di fondamento, alla stregua delle seguenti considerazioni:

A) Deve essere disatteso, anzitutto, il primo motivo. L'articolo 223 del Dlgs n. 152/2006 stabilisce espressamente, al comma 2, che i Consorzi di gestione degli imballaggi e dei relativi rifiuti hanno personalità giuridica di diritto privato, senza fine di lucro, e sono retti da uno Statuto conformemente ai principi di cui al decreto stesso e particolarmente a quelli di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza, libera concorrenza. Nondimeno, i detti Consorzi perseguono, pur in presenza della loro conformazione privatistica, funzioni di interesse generale per l'intera collettività ed hanno quindi rilievo pubblicistico nel campo ambientale. Sono chiari, in proposito, sia sul piano letterale che in base alla ratio che da essi traspare, gli articoli 217 e segg. del Dlgs n. 152/2006, ove è ben sottolineato che la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è finalizzata alla prevenzione e riduzione dell'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente stesso. L'articolo 217 comma 2 precisa, in particolare, che "gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della "responsabilità condivisa", che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita". I consorzi di filiera disciplinati dall'articolo 223 del Tua sono parte importante del sistema di gestione degli imballaggi e relativi rifiuti e contribuiscono quindi alle dette finalità essenziali e pubblicistiche di protezione dell'ambiente e conseguentemente anche di tutela della salute umana. Rilevante, sul punto, è anche l'interpretazione della Corte Costituzionale fornita nella pronuncia n. 247/2009, ove, proprio in tema di imballaggi e di relativi consorzi ex articolo 223 del Tua, si afferma "che è ragionevole e non in contrasto con l'articolo 118, primo comma, Cost. — il quale prevede, tra l'altro, che, al fine di assicurarne l'esercizio unitario, le funzioni amministrative possano essere conferite allo Stato — che quest'ultimo, in una materia che è specificamente assegnata alla sua competenza legislativa esclusiva in tema di "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", abbia riservato ad organi centrali sia la predisposizione di uno schema di statuto tipo sia il controllo sul rispetto di tale schema, ed abbia, altresì, previsto, onde evitare una parcellizzazione di competenze sul territorio, che ritiene inutile e potenzialmente controproducente, che i ricordati consorzi operino su tutto il territorio nazionale". Sotto altro profilo, non si può non rimarcare che la stessa forma consortile è nella specie strumentale al perseguimento di finalità d'interesse pubblico e dunque fuoriesce dalla libera disponibilità degli stessi consorziati per assumere il carattere di vera e propria doverosità. Le ragioni di tale rilevanza pubblicistica sono facilmente rinvenibili, in primo luogo, nella costituzione ex lege dei Consorzi e nell'obbligo dei produttori, che non provvedano secondo le modalità alternative (organizzazione autonoma dei propri rifiuti di imballaggio o attestazione di messa in atto di un sistema di restituzione dei propri imballaggi) di cui all'articolo 221 comma 3 del Tua, di partecipare ai Consorzi stessi per adempiere le prestazioni e conseguire gli obiettivi di interesse pubblico (ritirare e garantire il riciclaggio dei rifiuti di imballaggio provenienti dalla raccolta differenziata effettuata dai comuni, raccogliere gli imballaggi secondari e terziari da utenze produttive private e avviarli al recupero – riciclaggio) stabiliti dagli ordinamenti comunitario e nazionale. L'attività dei Consorzi assume pertanto tratti similari a quelli propri dell'erogazione di un servizio pubblico. In secondo luogo, ed analogamente a quanto appunto avviene per i servizi pubblici, i mezzi finanziari per il funzionamento dei consorzi di filiera provengono in larga parte da risorse degli utenti/operatori/consumatori, mediante l'applicazione di un contributo ambientale (c.d. C.a.c., disciplinato dall'articolo 224 comma 3 lettera h del Dlgs n. 152/2006 e dallo Statuto Conai), il quale, pur non avendo carattere tributario, costituisce oggetto di un'obbligazione ex lege destinata ad operare secondo meccanismi del tutto simili a quelli dell'Iva, entrando a far parte integrante del prezzo di vendita dell'imballaggio con una traslazione dei costi a carico del consumatore finale. Da ciò risulta evidente che il C.a.c. è posto a carico dell'intera collettività che sostiene gli oneri del sistema. Come chiarisce poi l'Amministrazione in sede difensiva, l'incidenza sul prezzo finale è tutt'altro che trascurabile e le somme prelevate sono sottoposte a vincolo di destinazione, tanto che il consorziato percettore non diventa mai titolare di quelle somme, ma ne ha la semplice disponibilità precaria, come si legge nell'articolo 14 comma 1, lettera f), dello Statuto Conai.

La circostanza che le risorse necessarie per l'attività del consorzi di filiera in esame sono garantite da norme di legge per conseguire obiettivi di carattere generale (citato articolo 224, comma 3, lettera h) e sono poste a carico dei cittadini che al momento dell'acquisto di un bene imballato pagano anche il C.a.c. come componente del prezzo, costituisce elemento giustificativo dei poteri di vigilanza dell'Amministrazione sui consorzi medesimi (ed anche sulla gestione, quindi, di risorse aventi finalità pubblicistiche). D'altra parte, i controlli dell'autorità governativa sui consorzi di filiera in questione sono anche in linea con le disposizioni (quantomeno aventi valore di principio generale) di cui agli articoli 2618 e segg. del Codice civile (non a caso l'articolo 2619 C.c. viene espressamente richiamato dallo statuto-tipo all'articolo 24 concernente appunto la "Vigilanza").

Correttamente, dunque, per tutte le ragioni predette, l'articolo 223, comma 2, del Tua ha limitato in sostanza l'autonomia statutaria dei menzionati consorzi, prescrivendo la conformità degli Statuti, appunto, ad uno schema tipo adottato con decreto interministeriale;

B) Ritiene peraltro questo Tribunale, che le disposizioni dell'impugnato schema tipo, per come genericamente censurate dall'istante nel primo mezzo, non travalichino affatto l'ambito riservato dalla legge ai Ministeri intimati, né abbiano compresso oltre i limiti consentiti, con conseguente violazione del principio di proporzionalità, l'autonomia privata dei consorzi "sottesa al raggiungimento dell'oggetto sociale". Invero, la detta autonomia va contemperata con le esigenze, sancite dalla legge, di legittima interferenza dei pubblici poteri per il rispetto dei principi informatori della materia, di rilevanza generale e pubblicistica, di cui sopra si è già detto ampiamente. Né, per le stesse ragioni, può riconoscersi sussistente la denunciata violazione dell'articolo 223 del Tua o delle norme costituzionali o codicistiche epigrafate nel primo motivo. Il Collegio ritiene infatti che la precisa e dettagliata indicazione delle disposizioni dello statuto-tipo costituisca, nella sostanza, congrua estrinsecazione, in applicazione dell'articolo 223 citato, dell'attribuito potere di vigilanza ministeriale (e questo potere, d'altra parte, non è disconosciuto dal Consorzio nemmeno nel suo originario Statuto, dato che ad esso si fa ivi riferimento specifico, nell'articolo 24-bis). Inoltre, quanto all'asserito eccesso di dettaglio della normativa dello statuto-tipo, l'assunto, almeno nel primo motivo, resta sul piano della mera assertività e non può essere quindi ulteriormente approfondito con riferimento a disposizioni specifiche (peraltro numerose norme dello schema di statuto recano la clausola di c.d. "flessibilità" e sono quindi meramente indicative o comunque modificabili in sede di recepimento). In ordine, poi, alla violazione, prospettata in via subordinata, da parte dell'articolo 223 del Tua, degli articoli 41, 42,e 117, lettera e), della Costituzione, si tratta di profili di contrasto costituzionale manifestamente infondati, poiché le primarie esigenze pubblicistiche (tutela dell'ambiente e della salute) cui è informato l'intero sistema di gestione dei rifiuti di imballaggio, di cui i consorzi di filiera sono parte essenziale, giustifica , per questi ultimi, il potere di vigilanza ministeriale (che nella specie, peraltro, sia nella previsione normativa che nella relativa applicazione concreta, appare essersi mantenuto in limiti della compatibilità e proporzionalità rispetto allo scopo da perseguire);

C) Per gli stessi sopra riferiti motivi, è infondato anche il secondo mezzo (violazione del principio di sussidiarietà orizzontale e subordinata questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 223 Tua per violazione dell'articolo 118, comma 4, Cost.).

La nozione di sussidiarietà orizzontale è suscettibile di assumere, invero, due distinte significazioni: una negativa, che si sostanzia nel dovere di astensione dei pubblici poteri laddove le forze individuali e della società siano in grado di soddisfare i propri bisogni autonomamente; una positiva che implica l'affermazione di un dovere di intervento dei pubblici poteri ove gli individui e le forze sociali non abbiano la capacità di provvedere da sé alle proprie necessità.

Mentre nel primo senso il principio opera come criterio di delimitazione di competenza dei soggetti pubblici a vantaggio di quelli privati, nella seconda accezione implica un'azione della pubblica autorità preordinata al sostegno e allo sviluppo delle attitudini degli individui, singoli o associati; comporta, quindi, un'attribuzione di competenza e, ad un tempo, ne definisce le modalità di esercizio.

Orbene, l'articolo 118, comma 4, Cost. — così come, peraltro, avviene nelle norme di legge ordinaria in cui il principio di sussidiarietà orizzontale trova applicazione — valorizza essenzialmente il profilo positivo del detto principio, ossia quello che afferma la necessità di un intervento della pubblica amministrazione a sostegno e promozione dell'attività dei privati.

La disposizione costituzionale si limita, infatti, a prevedere la necessità che i soggetti pubblici ivi contemplati, favoriscano l'autonoma iniziativa dei privati, senza, peraltro, contenere ulteriori indicazioni ermeneutiche che consentano di ritenere sottratto ai primi il potere di intervento nell'area delle "attività di interesse generale". A ciascun ente pubblico, nell'ambito delle proprie attribuzioni, deve riconoscersi pertanto la potestà di valutare quali siano le modalità più consone al soddisfacimento degli interessi pubblici coinvolti nelle attività cui la norma costituzionale fa riferimento.

Del resto, il principio di sussidiarietà orizzontale non può essere letto ed applicato che in coerenza con l'ordinamento giuridico-costituzionale inteso nella sua complessità: in particolare, esso non può essere disgiunto dagli altri principi costituzionali che regolano l'attività della pubblica amministrazione, ed in particolare dal principio di "buon andamento" previsto dall'articolo 97 Cost. (V. Tar Sardegna n. 2407/2007).

In definitiva, l' articolo 118 Cost, quando afferma al quarto comma che " Stato, Regioni, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà", evoca senz'altro l'impegno degli enti predetti a non ostacolare l'attività dei cittadini a sfondo sociale, ma non anche la necessità di una totale mancanza di controlli da parte degli organi di governo degli enti stessi o, a maggior ragione, l'esclusione di qualsiasi potere di vigilanza.

Nel caso di specie, il principio di sussidiarietà ha trovato dunque sufficiente esplicazione nella chiamata ex lege dei consorzi privatistici di filiera di cui al ripetuto articolo 223 all'espletamento delle funzioni, di interesse generale, di gestione degli imballaggi e relativi rifiuti. Il potere di vigilanza previsto dalla stessa norma (in consonanza con il principio di cui all'articolo 2619 C.c.) sui detti Consorzi, in se stesso perfettamente legittimo, si è poi mantenuto, ad avviso del Collegio, in limiti tali per cui l'ingerenza operata con la predisposizione dello statuto tipo, determinata anche da esigenze di semplificazione, coordinamento ed uniformità, non appare aver travalicato il dettato di legge, il principio di ragionevolezza e la sostanziale autonomia privatistica dei Consorzi medesimi. Il motivo è dunque privo di fondamento ed è manifestamente infondata la questione di costituzionalità in esso subordinatamente prospettata;

D) Debbono essere disattesi anche i vari profili di censura espressi nel terzo mezzo. Le relative doglianze si appuntano, prima di tutto, particolarmente sull'articolo 12 dello schema tipo di Statuto, riguardante il Consiglio di Amministrazione. Sostanzialmente, lamenta l'istante che i "produttori", alla stregua della composizione del CdA preordinata dallo statuto tipo, non abbiano l'incondizionata ed assoluta governance del Consorzio. In proposito rileva il Collegio che la composizione del Consiglio di Amministrazione si ispira al principio della "responsabilità condivisa", per cui debbono essere "gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso" a garantire "che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita" (articolo 217 comma 2 del Tua). Ai sensi del successivo articolo 218, comma 1, lettera q), rientrano tra gli "operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori". Nello schema tipo di statuto è ipotizzata la presenza di rappresentanti di gran parte dei suddetti operatori. La legge (articolo 223 Tua), poi, oltre a garantire l'equilibrio tra i consiglieri rappresentativi delle categorie dei produttori di materie prime di imballaggio e dei riciclatori/recuperatori (comma 2 articolo citato), predica il rispetto, tramite lo statuto – tipo, dei principi di economicità, efficienza, efficacia. Anche sulla base di tale principi si giustifica dunque la predeterminazione in senso riduttivo (rispetto agli statuti previgenti), nell'articolo 12 dello statuto – tipo, del numero massimo dei consiglieri di amministrazione (9 membri, di cui 2 per i Produttori, 2 per i Trasformatori, 2 per gli Utilizzatori, 2 per i Recuperatori/Riciclatori, 1 designato dal Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare nonché dal Ministero dello sviluppo economico). Quanto alla rigida ripartizione tra categorie, cui fa riferimento il ricorrente, occorre in contrario precisare che la ripartizione delle quote di partecipazione al Consorzio è stabilita nell'articolo 4 dello schema tipo (30% per i produttori, 30% per i trasformatori, 20% per gli utilizzatori, 20% per i recuperatori/riciclatori), ma solo a titolo indicativo (come precisato nella nota in calce all'articolo stesso). Ugualmente, il numero dei consiglieri di amministrazione previsto è solo quello massimo e può dunque, entro certi limiti, anche variare, atteso che il consiglio di amministrazione può funzionare con un numero di membri inferiori (ove non eletti tutti i rappresentanti delle varie categorie), ex articolo 12 co. 3 schema citato. Inoltre, stabilisce la nota in calce al ripetuto articolo che "il numero dei componenti del CdA indicato per ciascuna categoria è il numero massimo all'interno del quale è lasciata autonomia di scelta ai singoli consorzi …" (a parte alcuni vincoli che per il momento non rilevano). Non sussiste quindi l'assoluta rigidità di previsione lamentata dal ricorrente. E comunque, l'articolo 223 del Tua, nell'attribuire al Ministero il compito di redigere uno schema tipo, ha evidentemente voluto includere, nel potere ministeriale, anche quello di indicare, nello schema stesso, il numero dei membri e la composizione del consiglio di amministrazione. Peraltro, la partecipazione degli utilizzatori è già compresa nell'attuale Statuto Cial ed inoltre, quanto ai recuperatori/riciclatori, la loro partecipazione, pur astrattamente prevista nello statuto tipo, resta, secondo le superiori disposizioni di legge ("possono partecipare"), pur sempre facoltativa ed eventuale, come è dimostrato, anche nello statuto – tipo, dalla nota in calce all'articolo 4 in cui è specificato l'obbligo di attribuzione di un'idonea quota di partecipazione ai recuperatori e riciclatori "che intendano" partecipare al Consorzio (conseguendone, ulteriormente, a seconda delle possibili evenienze, la presenza o meno, di rappresentanti di tale categoria nel CdA e lo stesso numero di detti rappresentanti, ferma restando, ovviamente, la necessità che, ove essi siano presenti, il loro numero e quello dei rappresentanti dei produttori di materie prima di imballaggio deve essere uguale). Sotto tale profilo, risulta anche depotenziata, dunque, la censura di parte ricorrente relativa all'affievolimento del peso della categoria dei produttori in relazione all'asserita necessaria presenza, in CdA, dei due componenti dei recuperatori/riciclatori;

E) Quanto al profilo di doglianza per cui sarebbe comunque impossibile per i Produttori (soggetti "responsabili" tenuti ex lege ad aderire ai consorzi di filiera e dunque rispetto alle esigenze dei quali dovrebbe prioritariamente rispondere, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, l'attività consiliare), raggiungere la maggioranza, nonostante la "facoltà di autoregolamentazione", osserva il Collegio: che nella normale composizione del CdA i Produttori (categoria comprensiva dei produttori di materiali di imballaggio e dei trasformatori) hanno comunque la maggioranza relativa dei componenti; che i rappresentanti di tale categoria devono essere necessariamente eletti a differenza dei rappresentanti delle altre categorie; che la possibile articolazione del numero dei consiglieri nell'ambito di quello massimo previsto per le varie categorie può anche rafforzare in teoria la maggioranza, seppur sempre relativa, dei Produttori (con 1 componente ai produttori di materie prime , 2 ai trasformatori, 1 ai riciclatori — recuperatori, 1 agli utilizzatori, 1 designato dai Ministeri); che comunque la governance del consorzio con la prioritaria attribuzione di responsabilità ai produttori è assicurata anche dal numero maggioritario di quote ad essi riservata dall'articolo 4, dovendosi tenere conto che decisioni di particolare rilevanza, orientative dell'attività dello stesso CdA, spettano all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 9 dello statuto tipo (ad esempio approvazione dei bilanci e dei programmi di attività e di investimento del consorzio); che la partecipazione delle varie categorie va inquadrata in un'ottica collaborativa nell'ambito della responsabilità condivisa e che al riguardo la stessa disciplina di settore individua i produttori ma anche gli utilizzatori come soggetti tenuti all'obbligo del conseguimento degli obiettivi di legge di riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio e come responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale (cfr. artt. 220 e 221 del Tua); che inoltre, tenuto conto della partecipazione numerica in CdA comunque maggiore rispetto a quella delle altre categorie, il ruolo prioritario dei produttori è comunque assicurato ed il sistema non appare irrazionale sia perché il contrappeso paritario dei recuperatori/riciclatori rispetto ai produttori di materie prime di imballaggio è previsto dalla legge sia perché la corresponsabilità dei distributori in molti profili della gestione ambientale degli imballaggi pone tale categoria in una posizione di presumibile e fisiologica comunanza di interessi e non di contrapposizione rispetto a quella dei produttori; che osservazioni analoghe possono valere per il componente di nomina ministeriale, al riguardo dovendo già a questo punto precisare che la pubblica amministrazione è ricompresa tra gli operatori economici dall'articolo 218 del Tua. Alla stregua di quanto sopra, pur nel riconoscimento, dunque, del ruolo prioritario dei produttori nella costituzione e gestione dei consorzi di filiera, non pare al Collegio che le norme di cui all'articolo 12 dello statuto tipo circa la composizione del CdA siano tali da pregiudicare illegittimamente tale ruolo e le relative esigenze. Va rilevato, infine che detto articolo, nella parte in cui assegna (come previsione generale) 4 componenti su 9 ai produttori non appare affatto illegittimamente contrastante con l'articolo 4 dello schema di Statuto (ove si prevede in effetti la maggioranza delle quote per la medesima categoria), trattandosi di norme che riguardate nel loro insieme assicurano il ruolo prioritario dei produttori nella governance del consorzio, pur nel rispetto e nel contemperamento delle esigenze di partecipazione (non solo simbolica e passiva) delle altre categorie;

F) Circa la mancata indicazione, nello statuto-tipo (articolo 14), della categoria di appartenenza del Presidente e del Vice Presidente del Consorzio (che potrebbero essere quindi, a dire del ricorrente, anche soggetti non appartenenti alle categorie responsabili del perseguimento degli obiettivi consortili), si tratta di doglianza cui l'istante non ha interesse, dato che anche nel vigente statuto Cial non vi è norma che imponga la nomina di tali organi tra gli appartenenti ad una categoria specifica di partecipanti al consorzio. In ogni caso, la censura, anche nel merito, non può essere condivisa, perché tutti i consorziati, ciascuno per la propria parte, sono obbligati al raggiungimento delle finalità consortili e non è illegittima dunque l'astratta previsione di possibile nomina di tali soggetti nell'ambito di una qualsiasi delle categorie rappresentate in CdA. Soprattutto, l'articolo 14 prevede, in calce allo stesso, che i consorzi possono precisare , integrare o modificare le disposizioni di tale articolo, che in alcun modo appare quindi lesivo delle posizioni del ricorrente.

Quanto al quorum deliberativo particolarmente elevato previsto (articolo 11) per l'Assemblea straordinaria in seconda convocazione, valgono anche per detto articolo le osservazioni sopra svolte con riferimento alla ivi apposta clausola di "flessibilità". In ogni caso l'elevato quorum previsto per le decisioni in seconda convocazione dell'Assemblea straordinaria, appaiono giustificate dalla "straordinarietà" appunto e dall'importanza delle decisioni stesse;

F) Della legittimità della nomina poi (secondo l'articolo 12 dello statuto tipo) di un componente del Consiglio di Amministrazione da parte dei Ministeri vigilanti si è già fatto cenno sub E (la pubblica amministrazione è ricompresa tra gli operatori economici dall'articolo 218 del Tua). Stesso rilievo vale per la designazione ministeriale di un componente effettivo e di uno supplente del Collegio sindacale (articolo 15 dello statuto-tipo). Può soggiungersi che la presenza di un rappresentante dei Ministeri vigilanti nel CdA e nel collegio sindacale, oltre ad essere giustificata dai profili di rilievo pubblicistico dell'attività dei consorzi e dalle esigenze di relativa vigilanza anche in riferimento alle risorse provenienti dalla generalità degli utenti e dei consumatori finali (come sopra diffusamente si è già detto), trova fondamento nell'articolo 7 della direttiva 94/62/Ce ove è previsto che i sistemi di restituzione, raccolta e recupero degli imballaggi "sono aperti alla partecipazione degli operatori economici dei settori interessati e alla partecipazione delle competenti Autorità pubbliche". In ogni caso, l'articolo 223 del Tua prevede un potere di vigilanza ministeriale (non lo negano nemmeno il ricorrente e il suo vigente statuto). Ebbene, il potere di vigilanza può legittimamente estrinsecarsi anche all'interno del consorzio (con una partecipazione pubblica del tutto minoritaria e quindi non pervasiva), mediante la nomina di un componente dell'organo designato in sede ministeriale, senza che ciò costituisca vulnus alla natura privatistica del consorzio e alla sua fondamentale capacità di autoderminazione secondo regole privatistiche. Quanto all'asserita inapplicabilità dell'articolo 2916 c.c., tale norma, nella vigenza della disciplina specifica di cui all'articolo 223 del Tua, ben può valere, a supporto, come norma di principio. Per ciò che attiene poi alle altre previsioni del detto articolo del Tua disciplinanti espressamente (ai commi 4, 5 e 6) le modalità di perseguimento delle finalità "pubblicistiche" dell'attività consortile (programma pluriennale della prevenzione della produzione dei rifiuti di imballaggio, piano specifico annuale di prevenzione e gestione, relazione sulla gestione dell'anno precedente), si tratta di istituti che non incongruamente, ad avviso del Collegio, possono coesistere con il potere di la designazione ministeriale in questione, senza necessariamente escluderne la compatibilità.

Il motivo, conclusivamente, deve essere respinto;

G) È poi infondato anche l'ultimo mezzo, dato che il termine del 26 novembre 2013 previsto per l'adeguamento dello Statuto consortile con l'impugnata nota del 12 agosto 2013, è giustificato, nella nota stessa, da un iter argomentativo/interpretativo del dettato legislativo che il ricorrente non censura specificamente. E comunque pare legittimo al Collegio che l'Amministrazione, nel perdurante potere di dettare lo statuto tipo, abbia anche fissato (essa stessa e non una nuova disposizione di legge) un termine di relativo adeguamento, peraltro in consonanza ed analogia con i criteri fissati nella previsione originaria. La censura riferita al termine contestato, inoltre, presenta allo stato anche aspetti di improcedibilità, per effetto dell'intervenuta sospensione cautelare degli atti impugnati.

IV. Il ricorso, conclusivamente, deve essere respinto, ma la novità e la particolarità delle questioni esaminate, inducono a compensare le spese tra le parti.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2014 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 10 ottobre 2014.

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