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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 12 maggio 2006, n. 1565

Abusi edilizi - Sanatoria - Criteri per determinare la sanzione pecuniaria - Individuazione - Competenze del Comune - Rientra

Tar Veneto

Sentenza 12 maggio 2006, n. 1565

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, seconda Sezione, con l'intervento dei signori magistrati:

(omissis)

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

sul ricorso n. 988/2006 proposto da (...), rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Boscolo e Giovanni Attilio De Martin, con elezione di domicilio presso la segreteria di questo Tribunale;

 

contro

il Comune di Chioggia in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carmelo Papa e Debora Perini, con domicilio presso la segreteria del Tar ai sensi dell'articolo 35 del Rd 26.6.1924 n. 1054;

il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;

il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;

 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del provvedimento comunale 4.4.2006 n. 20.201 di applicazione sanzione pecuniaria per opere eseguite in assenza dell'autorizzazione paesaggistica e della deliberazione della Giunta comunale di Chioggia n. 311/2005.

 

Visto il ricorso, notificato l'8.5.2006 e depositato presso la Segreteria il 12.5.2006, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Chioggia, depositato il 25.5.2006;

Visti gli atti tutti di causa;

Uditi alla Camera di Consiglio del 30 maggio 2006, convocata a' sensi dell'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall'articolo 3 della legge 21 luglio 2000 n. 205 — relatore il Presidente Umberto Zuballi — l'avv. De Martin per il ricorrente e l'avv. Perini per il Comune intimato;

Rilevata, a' sensi dell'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall'articolo 9 della legge 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;

Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;

considerato

che l'articolo 1, comma 37 della legge n. 308/2004, disciplinante il cd. "condono ambientale", subordina il rilascio della sanatoria per gli abusi commessi in ambiti vincolati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, al pagamento: 1) della sanzione stabilita dall'articolo 167 del Dlgs n. 42/2004 maggiorata da un terzo alla metà e 2) di una sanzione pecuniaria aggiuntiva, determinata dall'autorità competente all'applicazione della sanzione di cui al precedente n.1), tra un minimo di tremila euro ed un massimo di cinquantamila euro;

che il Comune di Chioggia con la delibera impugnata, Dgm n. 311/2005, ha provveduto ad individuare i criteri per la determinazione della sanzione pecuniaria di cui al richiamato articolo 1, comma 37, rispettivamente per la maggiorazione di cui al punto 1) e per la sanzione aggiuntiva di cui al punto 2);

atteso che, con il presente gravame, parte ricorrente contesta la legittimità dei criteri così individuati dall'amministrazione comunale, criteri e parametri in applicazione dei quali è stata irrogata la sanzione pecuniaria, parimenti impugnata, per l'abuso commesso in ambito vincolato;

il Collegio, esaminate le argomentazioni difensive di parte ricorrente e quelle di parte resistente, non ritiene che le censure svolte in ricorso avverso gli atti impugnati siano fondate.

Invero, la maggiorazione della sanzione pecuniaria di base, individuata dall'articolo 167 del Dlgs n. 42/2004, può variare, per espressa disposizione di legge, da un terzo alla metà dell'importo preventivamente determinato riguardo alla sanzione principale.

L'amministrazione intimata ha quindi provveduto determinare l'ammontare della sanzione di base, richiamandosi ai parametri stabiliti dal Dm 26.9.1997, secondo i criteri individuati con la deliberazione n. 295/2005, non censurata con il presente ricorso.

È quindi in tale occasione che il Comune ha rilevato la compatibilità paesaggistica dell'abuso ed ha individuato l'ammontare della sanzione ad esso correlata, valutando il danno ed il profitto conseguente dall'esecuzione dell'opera, secondo i criteri indicati dalla legge e dal richiamato Dm 26.9.1997 (così come testualmente riportato nell'ordinanza impugnata).

La maggiorazione, compresa fra un terzo e la metà dell'ammontare della sanzione così individuata, interviene, quindi, su una somma che è stata determinata proprio in base alla valutazione dell'entità del danno ambientale e quindi della compromissione operata del bene tutelato.

Atteso che la norma di cui al comma 37 dell'articolo 1 sopra richiamato non pone limiti o specifiche prescrizioni per procedere all'applicazione della maggiorazione, purchè essa rimanga entro limiti delle percentuali ivi indicate, ne deriva la legittimità del provvedimento assunto dal Comune.

Non avrebbe, invero, avuto senso operare nuovamente in sede di applicazione della maggiorazione percentuale della sanzione ex articolo 167 una nuova valutazione del danno ambientale e del profitto derivato a seguito della realizzazione dell'opera abusiva, proprio in quanto detta valutazione è già stata effettuata al momento della determinazione dell'ammontare della sanzione base.

Al contrario, il criterio seguito dal Comune appare logico, avendo applicato la maggiorazione minore (1/3) per le difformità in presenza di autorizzazione già rilasciata e la maggiorazione maggiore (1/2) per le ipotesi in cui le opere siano state eseguite in assenza di autorizzazione.

Quanto all'applicazione della sanzione "aggiuntiva", le censure svolte in ricorso non appaiono parimenti fondate, in quanto ancora una volta è necessario osservare come la legge non individui alcun criterio cui l'autorità competente all'irrogazione della sanzione debba attenersi in occasione dell'applicazione della sanzione aggiuntiva.

La norma, infatti, individua solo un limite minimo (3.000 €) ed un limite massimo (50.000 €) entro i quali sarà possibile integrare l'ammontare della sanzione precedentemente calcolata.

Anche in questo caso non appare logico formulare, così come pretende parte ricorrente, nuovamente il giudizio di valutazione del danno ambientale e del profitto, valutazione che, come già osservato, è stata fatta "a monte" in sede di determinazione della sanzione ex articolo 167 Dlgs n. 42/04.

Appare, peraltro, immune dai denunciati vizi di illogicità ed arbitrarietà la fissazione dei parametri individuati dalla delibera n.311/2005, proprio in quanto rapportati alle caratteristiche dell'opera realizzata e dell'impatto, maggiore o minore, della stessa nell'ambito tutelato.

Detti criteri, che fanno riferimento alla tipologia dell'abuso, alle sue dimensioni in termini di superficie ed alla destinazione d'uso dell'intervento realizzato, non appaiono illogici o contrari al dettato normativo (che, si ripete, non impone alcuna prescrizione), ma ben si possono giustificare in rapporto alla funzione di integrazione o meglio di maggiorazione dell'entità della sanzione di base, secondo la finalità della norma introdotta dalla legge n. 308/2004, utilizzando a tal scopo ulteriori parametri adeguatamente individuati dall'amministrazione;

che, quindi, il ricorso è infondato.

Ritenuto di poter compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio;

 

PQM

 

il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo rigetta.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 30 maggio 2006.

(omissis)

Sentenza depositata in Segreteria il 12 maggio 2006

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