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Ordinanza Corte Costituzionale 22 giugno 2006, n. 245

Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 - Giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Regione Emilia-Romagna - In relazione agli articoli 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del Codice - Istanza di sospensione dell'efficacia - Non può essere accolta

Corte Costituzionale

Ordinanza 22 giugno 2006, n. 245

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

La Corte Costituzionale

composta dai signori:

(omissis)

ha pronunciato la seguente

 

Ordinanza

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, e 214, commi 3 e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 24 aprile 2006, depositato in cancelleria il 27 aprile 2006, ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi 2006.

 

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché l'atto di intervento dell'Associazione Italiana per il World wide fund for Nature Onlus (Wwf);

udito nella Camera di Consiglio del 21 giugno 2006 il Giudice relatore (...);

uditi gli avvocati (...) e (...) per la Regione Emilia-Romagna.

Ritenuto che, con ricorso notificato il 24 aprile 2006, depositato il successivo 27 aprile, la Regione Emilia-Romagna ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), in riferimento agli articoli 11, 76, 117, 118 Cost., ed ai principi di leale collaborazione e di ragionevolezza, nonché ai principi ed alle norme del diritto comunitario;

che, secondo la ricorrente, le norme impugnate violerebbero l'articolo 76 della Costituzione ed il principio di leale collaborazione, in quanto le modalità di acquisizione del parere della Conferenza Unificata hanno sostanzialmente impedito che detto parere fosse reso;

che, inoltre, gli articoli 63 e 64 del Dlgs n. 152 del 2006, nelle parti in cui, rispettivamente, stabiliscono che "le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto" ed accorpano i precedenti bacini in otto distretti idrografici, si porrebbero in contrasto con gli articoli 76, 117, comma terzo, e 118 della Costituzione, in quanto ineriscono anche alla materia "governo del territorio" e, in violazione dei principi e dei criteri direttivi stabiliti dalla legge-delega 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), recano vulnus alle competenze regionali;

che, in particolare: l'unificazione di più bacini realizza un accentramento carente di giustificazione, in violazione del riparto di competenza fissato dall'articolo 117 Cost. e del principio di sussidiarietà; la configurazione dei distretti quali enti sovraregionali altera la configurazione delle Autorità di bacino fissata dalla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo); il potere normativo attribuito dall'articolo 63, commi 2 e 3, al Presidente del Consiglio dei Ministri configura un potere regolamentare che, se fosse giustificato dal principio di sussidiarietà, dovrebbe comunque essere esercitato d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni; la soppressione delle Autorità di bacino a far data dal 30 aprile 2006 comporta la sostanziale impossibilità di stabilire la disciplina transitoria, rendendo incerta l'individuazione degli organi competenti ad emanare gli atti e ad esercitare le funzioni di gestione, vigilanza e controllo, soprattutto nel territorio della ricorrente; le norme censurate hanno carattere marcatamente innovativo, in contrasto con i principi e criteri direttivi stabiliti nella legge-delega n. 308 del 2004;

che gli articoli 181, commi 7-11, 183, comma 1, lettere g), h), m), n), q) ed u), del Dlgs n. 152 del 2006, i quali, rispettivamente, riguardano la previsione di accordi di programma per la definizione dei metodi di recupero dei rifiuti destinati all'ottenimento di materie prime secondarie, di combustibili o di prodotti e la fissazione delle nozioni di "smaltimento", "recupero", "deposito temporaneo", "sottoprodotto", "materia prima secondaria", "materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche", violerebbero gli articoli 11, 76, 117 e 118 della Costituzione, operando una deregolamentazione del settore e riducendo, mediante l'introduzione di definizioni di sottoprodotto e materia prima secondaria contrastanti con la disciplina comunitaria, l'area di applicazione del regime dei rifiuti;

che, per "per le stesse ragioni", i commi 3 e 5 dell'articolo 214 del Dlgs n. 152 del 2006, "nella parte in cui ammettono rispettivamente lo strumento dell'accordo per le procedure semplificate di smaltimento di rifiuti" e richiamano il decreto ministeriale 5 febbraio 1988 per la fase transitoria, violerebbero gli articoli 11, 76, 117 e 118 della Costituzione;

che, inoltre, l'articolo 186 del Dlgs n. 152 del 2006, disponendo che le terre e rocce da scavo ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati "non costituiscono rifiuti" e, a determinate condizioni, non rientrano nell'ambito di applicazione della parte quarta del decreto delegato, stabilisce, ad avviso della Regione, in linea generale, una deroga al di fuori del quadro normativo europeo, mentre l'articolo 189, comma 3, dello stesso decreto delegato, concernente l'obbligo di comunicare annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto di determinate attività, prevede un esonero in favore degli imprenditori e degli enti che producono rifiuti non pericolosi, il quale comporta una perdita di informazioni in ordine a molteplici categorie di rifiuti;

che, complessivamente, dette norme violano i principi ed i criteri direttivi fissati dall'articolo 1, comma 8, lettere e) ed f), della legge n. 308 del 2004, con conseguente lesione delle attribuzioni delle regioni in materia di tutela dell'ambiente, tutela della salute e governo del territorio;

che, ad avviso della ricorrente, l'articolo 101, comma 7, del Dlgs n. 152 del 2006, assimilando alle acque reflue domestiche gli scarichi derivanti dalle imprese agricole, in queste comprese quelle che svolgono attività di trasformazione o valorizzazione dei prodotti agricoli, purchè detta attività, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale, riguardi materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità, violerebbe gli articoli 76 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal momento che ha sostituito al puntuale criterio fissato dal Dlgs 11 maggio 1999, n. 152, un concetto elastico di "materia prevalente", che definisce un criterio meno rigoroso, lesivo del livello di tutela delle acque, in contrasto con i principi ed i criteri direttivi recati dall'articolo 1, comma 8, lettera a), e comma 9, lettera b), della legge n. 308 del 2004, recando vulnus alle attribuzioni regionali stabilite dalle norme di settore e dal Dlgs 31 marzo 1998, n. 112;

che, infine, gli articoli 154 e 155 del Dlgs n. 152 del 2006, i quali istituiscono la tariffa per il servizio idrico quale corrispettivo del servizio idrico integrato, stabilendo: le modalità della determinazione della tariffa; il potere del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di definire con decreto, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua; il potere del Ministro dell'economia e delle finanze di fissare con decreto, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa, prevedendo riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate, violerebbero gli articoli 76, 117, comma quarto, e 119, della Costituzione;

che, infatti, dette norme: prevedono poteri normativi ministeriali sovraordinati a quelli delle Regioni, in violazione della competenza legislativa regionale nella materia; incidono sul metodo di tariffazione istituito nella Regione Emilia-Romagna, che aveva ovviato agli inconvenienti che caratterizzano il tariffario nazionale; riguardano la materia dei servizi pubblici locali, spettante alla competenza legislativa residuale delle regioni; incidono su di un'entrata che deve essere disciplinata dalla Regione, ponendosi in contrasto con il principio direttivo contenuto nell'articolo 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004;

che la ricorrente, la quale ha depositato memoria in prossimità della Camera di Consiglio, ha sollecitato la sospensione dell'esecuzione delle norme impugnate, ai sensi dell'articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, prospettando la ricorrenza del rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini;

che nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo l'inammissibilità e l'infondatezza delle censure, contestando altresì i presupposti della chiesta sospensione;

che, tuttavia, successivamente, è stata depositata la delibera del Consiglio dei Ministri in data 9 giugno 2006, con la quale il Governo ha deliberato di "rinunciare all'intervento";

che nel giudizio è intervenuta l'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature Onlus (Wwf), chiedendo l'accoglimento delle questioni sollevate dalla ricorrente.

Considerato che la Corte viene richiesta in questa fase, ai sensi dell'articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, di valutare esclusivamente la possibilità di disporre d'ufficio la sospensione dell'esecuzione delle norme impugnate;

che la ricorrente, nel sollecitare l'esercizio del potere di sospensione delle norme impugnate, ha tuttavia prospettato in maniera sostanzialmente assertiva la sussistenza dei relativi presupposti, omettendo di svolgere argomenti in grado di indurre questa Corte ad eventualmente adottare, d'ufficio, i provvedimenti di cui agli articoli 35 e 40 della legge n. 87 del 1953;

Visto l'articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131.

 

Per questi motivi

La Corte Costituzionale

impregiudicata ogni decisione anche in ordine all'ammissibilità dell'intervento dell'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature Onlus (Wwf);

dichiara non luogo a provvedere sull'istanza di sospensione degli articoli 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) proposta dalla Regione Emilia-Romagna nel giudizio promosso con il ricorso in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2006.

(omissis)

Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2006.

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