Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Emilia Romagna 8 ottobre 2013, n. 622

Rifiuti - Abbandono incontrollato - Proprietario dell’area - Responsabilità -Condizioni - Dolo o colpa - Necessità - Sussiste

Tar Emilia-Romagna

Sentenza 8 ottobre 2013, n. 622

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 316 del 2005, proposto da:

(omissis) Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis);

 

contro

Comune di Alfonsine, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis);

 

nei confronti di

(omissis) Sas di (omissis) & C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

 

per l'annullamento

— dell'ordinanza n. 233 del 23 dicembre 2004, con la quale il Comune di Alfonsine ingiunge alla società ricorrente lo sgombero di materiale plastico depositato nell'area sita in via (omissis) in località Filo di Alfonsine e di tutti gli atti connessi, presupposti o conseguenti a quello sopra individuato ed, in particolare, dell'ordinanza sindacale n. 13 del 21 febbraio 2005, per la parte in cui, concedendo una proroga del termine per lo sgombero dell'area, conferma l’ordinanza precedente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Alfonsine;

Vista, altresì la costituzione in giudizio di (omissis) Sas di (omissis) & C.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013, il dott. (omissis) e uditi, per le parti, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e diritto

La presente controversia concerne l’impugnativa, da parte della società proprietaria di un capannone con annessa area cortiliva in località Filo del Comune di Alfonsine, dell’ordinanza in data 23 dicembre 2004, con la quale il Sindaco del predetto Comune le ha ingiunto lo sgombero di materiale plastico depositato nell'area di proprietà. La società impugna, inoltre, il successivo provvedimento comunale in data 21 febbraio 2005, limitatamente alla parte in cui, dopo avere concesso una proroga per lo sgombero dell’area, conferma la precedente ordinanza sindacale.

A sostegno del gravame sono stati dedotti motivi in diritto rilevanti eccesso di potere riguardo alle figure sintomatiche di: difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità e perplessità, falsi presupposti di fatto e di diritto, nonché difetto di legittimazione passiva riguardo all'operazione di sgombero del materiale plastico. È dedotto, inoltre, ulteriore motivo rilevante la violazione dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990.

Il Comune di Alfonsine, costituitosi in giudizio, chiede che il ricorso sia respinto, in ragione della ritenuta infondatezza dello stesso.

Si è inoltre costituita in giudizio (omissis) Sas di (omissis) & C. – controinteressata intimata – anch'essa chiedendo la reiezione del ricorso, in quanto infondato.

Alla pubblica udienza del 27 giugno 2013, la causa è stata chiamata e, quindi, essa è stata trattenuta per la decisione come da verbale.

Il Tribunale ritiene che il ricorso meriti accoglimento, risultando fondata la censura rilevante eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto sui quali è fondata l’ordinanza di sgombero principalmente impugnata, nonché per difetto di adeguata istruttoria e di carenza motivazione.

La ricorrente ha infatti comprovato di non essere né la proprietaria del materiale da sgomberare, avendo essa acquisito il capannone e la relativa area cortiliva dal Fallimento (omissis) (v. doc. n. 4 della ricorrente) in cui detto materiale era già ivi giacente, né la depositaria dello stesso, in quanto l’effettiva proprietaria era (omissis) Sas, che aveva comprato lo stesso dal Fallimento (omissis), con obbligo di asporto (v. doc. n. 4 della ricorrente). La ricorrente ha più volte ha invitato e poi sollecitato la proprietaria del materiale plastico a ritirarlo, stante l’ingombro dell’area cortiliva e la completa estraneità del materiale rispetto all'attività commerciale svolta dalla ricorrente.

Successivamente intervenivano in loco i Vigili del fuoco i quali, con nota in data 15 settembre 2013 comunicavano al Comune e al curatore del Fallimento (omissis) che dal sopralluogo effettuato era emerso il suddetto deposito di materiale plastico, pericoloso in caso di incendio, del quale chiedeva la rimozione per salvaguardare l’incolumità pubblica.

Ciò premesso, ritiene il Collegio che il Comune, mediante una più attenta istruttoria, avrebbe potuto appurare l’estraneità della ricorrente rispetto a detto materiale ed individuare l’effettiva proprietaria dello stesso (anche a seguito di ulteriore vendita del materiale depositato da (omissis) Sas ad altra impresa: ditta (omissis), con successivo ritiro, da parte di quest’ultima, di una parte del materiale depositato), nonché, infine il vincolo di asporto espressamente pattuito alla compravendita del bene tra Fallimento (omissis) e (omissis) Sas.

Di conseguenza, nella specie, l’ordinanza di sgombero ex articolo 54 Tu n. 267 del 2000 del Comune avrebbe dovuto essere inviata agli effettivi proprietari dei beni depositati, in quanto soggetti già chiaramente individuati (o comunque facilmente individuabili a seguito di attività istruttoria) che, in tale loro qualità dovevano provvedere (anche in forza di espressa obbligazione contrattuale) alla rimozione degli stessi. Risulta pertanto illegittima l’ingiunzione alla società proprietaria dell’area, la cui responsabilità per il deposito avrebbe potuto ricorrere nell'ipotesi – come si è visto qui insussistente – di impossibilità di individuare i soggetti responsabili del deposito abusivo o, comunque, della mancata rimozione di propri beni dalla proprietà di terzi.

Si ritiene, pertanto, non persuasiva l’argomentazione della resistente amministrazione comunale facente leva sulla asserita esistenza, in capo alla proprietaria dell’area, di un rapporto giuridico qualificabile come detenzione di cosa altrui, con correlato obbligo di custodia, in quanto trattasi di mera affermazione che non risulta suffragata da alcun elemento probatorio. Né a tale riguardo, può essere considerato rilevante lo strumento utilizzato dal Sindaco del Comune di Alfonsine per ordinare la rimozione dei materiali, vale a dire l’ordinanza contingibile ed urgente, poiché anche detti provvedimenti extra ordinem devono avere quali destinatari – in caso di loro facile individuazione – i soggetti responsabili della situazione di pericolo che si intende fronteggiare e rimuovere. In applicazione di tale principio, è stato affermato in giurisprudenza, che dell’abbandono e deposito di rifiuti sui fondi risponde — in solido con l'autore materiale, anche — il proprietario dell' area , o il titolare di diritto reale o personale di godimento, al quale l'azione sia addebitabile a titolo di dolo o colpa; per cui l'accertamento della condotta asseritamente colposa va eseguito dall'amministrazione e qualora non sia stata né accertata, né tantomeno dimostrata la sussistenza dell'elemento psicologico (ossia almeno la colpa), in difetto quindi di accertato concorso con il terzo autore dell'illecito di una condotta colpevole del proprietario del fondo, non è dato ricavare alcuna sua responsabilità per la rimozione da effettuare, per cui è illegittima la relativa ordinanza sindacale emessa unicamente sul rilievo della proprietà del fondo su cui si trovano i beni depositati (v. Tar Catania Sicilia Sezione I, 30 dicembre 2011, n. 3235).

Il carattere assorbente del motivo accolto si ritiene che possa esimere il Collegio dall'esaminare le ulteriori censure rassegnate in ricorso. Per quanto sopra esposto, il ricorso è accolto e, per l’effetto, sono annullate le ordinanze comunali impugnate.

Le spese seguono la soccombenza ed esse sono liquidate come da dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia – Romagna, Bologna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla le ordinanze impugnate.

Condanna il Comune di Alfonsine e (omissis) Sas, quale parti soccombenti, al pagamento, in favore della società ricorrente ed in solido tra loro, delle spese relative al presente giudizio, che liquida per l’importo onnicomprensivo di €. 4.000,00 oltre C.p.a. e Iva.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2013, con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria l’8 ottobre 2013.

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