Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 3 maggio 2013, n. 1150

Rifiuti - Trattamento inerti in forma semplificata - Prescrizioni ex articoli 214-216 Dlgs 152/2006 - Rifiuti sotto sequestro penale - Legittimità - Sussiste

Il fatto che i rifiuti non pericolosi siano sottoposti a sequestro penale, non esime il privato dal rispetto delle prescrizioni per il recupero degli inerti ex articolo 214-216, Dlgs 152/2006, volte a garantire l’esercizio dell’impianto di trattamento in piena salubrità e sicurezza.
Così da deciso il Tar Lombardia, sentenza 3 maggio 2013, n. 1150. La Provincia, in seguito a sopralluogo, riscontrate una serie di irregolarità, aveva disposto il divieto dell'esercizio dell’attività trattamento di rifiuti svolta dal ricorrente, la cancellazione dell’impresa dal registro tenuto dalla Provincia ai sensi dell’articolo 216 del Dlgs n. 152/2006, la rimozione dei rifiuti giacenti presso l'insediamento con avvio degli stessi a recupero e/o smaltimento.
La società ricorrente contro il provvedimento provinciale ribatteva che il perdurare del sequestro sui rifiuti le impediva di ottemperare alle prescrizioni provinciali. Per i Giudici invece, il fatto che i cumuli di rifiuti risultassero oggetto di sequestro penale non autorizza la società a perdurare nella violazione delle disposizioni normative che disciplinano l’esercizio dell’attività di recupero degli inerti in forma semplificata (articoli 214-216, Dlgs 152/2006) di cui la Provincia aveva accertato il mancato rispetto nel corso dei numerosi sopralluoghi fatti nell'insediamento.

Tar Lombardia

Sentenza 3 maggio 2013, n. 1150

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 1406 del 2008, proposto da:

(A), rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis);

 

contro

Comune di Senago, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis);

(omissis), in qualità di responsabile del procedimento, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis);

 

sul ricorso numero di registro generale 891 del 2012, proposto da:

(omissis), rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis);

 

contro

Provincia di Milano, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis);

 

nei confronti di

Comune di Senago, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis);

Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Lombardia, Comune di Limbiate, Provincia di Monza e Brianza;

 

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 1406 del 2008:

dell'ordinanza n. 13 del 30 maggio 2008, emessa dal Responsabile dei servizi Sportello unico attività produttive e ambiente del comune di Senago, avente ad oggetto la cessazione di qualsiasi attività di accumulo di materiale scavato e l'esercizio di qualsiasi attività pertinenziale e il divieto di accesso e uscita dei mezzi per lo svolgimento di tali attività all'ingresso di via Cavour 137 in Senago, ed atti connessi;

 

quanto al ricorso n. 891 del 2012:

del provvedimento dirigenziale n. 757 del 30 gennaio 2012 emesso dalla provincia di Milano, con il quale è stato disposto l'adeguamento dell'impianto di trattamento e recupero di rifiuti inerti alla normativa vigente;

 

con ricorso per motivi aggiunti:

della nota dirigenziale n. 6065/2012 del 18 luglio 2012, prot. n. 132834, con la quale è stato disposto il divieto alla prosecuzione dell'esercizio dell'attività di messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi svolta nell'insediamento di Senago, la cancellazione dell'impresa dal registro tenuto dalla Provincia con contestuale archiviazione dell'istanza di rinnovo dell'attività, la rimozione dei rifiuti giacenti presso l'insediamento con avvio degli stessi a recupero e/o smaltimento e la trasmissione alla Provincia, al Comune ed all'Arpa di un piano di indagine ambientale propedeutico al completo ripristino ambientale dell'area.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti proposti nel ricorso rg n. 891 del 2012;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Senago, di (omissis) e della Provincia di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2013 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

La presente controversia concerne i provvedimenti indicati in epigrafe, adottati dal comune di Senago e dalla provincia di Milano nei confronti della (omissis), che, in seguito alla scadenza dell'attività di escavazione, esercita attività di messa in riserva e recupero di rifiuti inerti non pericolosi nell'insediamento di (omissis).

Il primo ricorso (rg n. 1406 del 2008) è stato, in particolare, proposto per i motivi nel medesimo dedotti avverso l'ordinanza n. 13 del 30 maggio 2008, con la quale il responsabile dei Servizi dello Sportello unico attività produttive e ambiente del Comune di Senago ha ordinato alla (omissis) la cessazione di qualsiasi attività di accumulo di materiale scavato e l'esercizio di qualsiasi attività pertinenziale, nonché il divieto di accesso e uscita dei mezzi per lo svolgimento di tali attività, mentre il secondo ricorso (rg n. 891 del 2012) ed i motivi aggiunti, sono stati proposti avverso il provvedimento dirigenziale del 30 gennaio 2012, emesso dalla Provincia di Milano per l'adeguamento dell'impianto di trattamento e recupero di rifiuti inerti alla normativa vigente, nonché avverso la successiva nota dirigenziale del 18 luglio 2012, con la quale è stato disposto il divieto alla prosecuzione dell'esercizio dell'attività di messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi svolta nell'insediamento, la cancellazione dell'impresa dal registro tenuto dalla Provincia ai sensi dell'articolo 216 del Dlgs n. 152/2006, con contestuale archiviazione dell'istanza di rinnovo dell'attività, la rimozione dei rifiuti giacenti presso l'insediamento con avvio degli stessi a recupero e/o vsmaltimento e la trasmissione alla Provincia, al Comune ed all'Arpa di un piano di indagine ambientale propedeutico al completo ripristino ambientale dell'area.

Riguardo al ricorso rg n. 1406 del 2008, con ordinanza di questa sezione n. 1077/08 dell'8 luglio 2008, confermata in appello con provvedimento della sezione VI del Consiglio di Stato n. 6416/08 del 2 dicembre 2008, è stata respinta l'istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, mentre, riguardo al ricorso rg n. 891 del 2012, con ordinanza della sezione n. 1293/12 del 14 settembre 2012 è stata accolta in parte l'istanza cautelare formulata dalla ricorrente nel ricorso per motivi aggiunti, limitatamente all'ordine di rimozione dei cumuli di rifiuti posti sotto sequestro penale e all'obbligo di presentazione del piano di indagine ambientale propedeutico al completo ripristino ambientale dell'area.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All'udienza pubblica del 20 febbraio 2013, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

 

Diritto

Deve, in via preliminare, disporsi la riunione dei ricorsi per evidente connessione soggettiva ed oggettiva, atteso che le azioni sono state avanzate dallo stesso soggetto ed in parte nei confronti della stessa amministrazione, e vertono, essenzialmente, sullo stesso oggetto, costituito dall'autorizzazione all'esercizio dell'attività della (omissis).

Sempre preliminarmente il collegio ritiene, inoltre, di accogliere le eccezioni di improcedibilità dei ricorsi principali sollevate dalle amministrazioni intimate.

L'interesse all'annullamento dell'ordinanza comunale del 30 maggio 2008, che disponeva la sospensione dell'attività della ricorrente, nonché del provvedimento provinciale del 30 gennaio 2012, che disponeva l'ordine di adeguamento dell'impianto di trattamento e recupero di rifiuti inerti alla normativa vigente, è di certo cessato al momento dell'emanazione della nota provinciale del 18 luglio 2012, con la quale, in seguito all'accertamento in sede di sopralluogo di numerose irregolarità, è stato disposto il divieto assoluto alla prosecuzione dell'esercizio dell'attività di messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi svolta nell'insediamento, la cancellazione dell'impresa dal registro tenuto dalla Provincia ai sensi dell'articolo 216 del Dlgs n. 152/2006, con contestuale archiviazione dell'istanza di rinnovo dell'attività, la rimozione dei rifiuti giacenti presso l'insediamento con avvio degli stessi a recupero e/o smaltimento e la trasmissione alla Provincia, al Comune ed all'Arpa di un piano di indagine ambientale propedeutico al completo ripristino ambientale dell'area.

Residua, dunque, al collegio, l'esame dei motivi aggiunti, proposti nel ricorso rg n. 891 del 2012 proprio avverso tale ultimo provvedimento.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli articoli 19 della legge n. 241/1990, 214 e 216 del Dlgs n. 152/2006 e dell'articolo 4 allegato 5 del Dm 5 febbraio 1998, nonché l'eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, contraddittorietà e difetto di istruttoria, mentre con il secondo motivo la Mascheroni deduce la violazione degli articoli 177, 183, 184-bis, 184-ter, 186 e 192 del Dlgs n. 152/2006, oltre all'eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento, illogicità manifesta e difetto di motivazione.

La ricorrente, in particolare, assume l'impossibilità di ottemperare alle prescrizioni provinciali a causa del perdurare del sequestro dei cumuli di rifiuti, nonché la piena legittimità sostanziale dell'attività dalla stessa intrapresa sulla base della denuncia del 14 febbraio 2008, evidenziando il travisamento e il difetto di istruttoria dai quali risulterebbe viziato il provvedimento provinciale oggetto dell'impugnazione in ragione dei plurimi errori enunciati nelle prescrizioni alle quali la stessa dovrebbe ottemperare, errori causati, probabilmente, pure da incomprensioni nel dialogo tra la ricorrente medesima e la provincia di Milano.

Le censure non meritano accoglimento.

Ed invero, sebbene i cumuli di rifiuti risultassero (e risultino tutt'ora) oggetto di sequestro penale, tale circostanza non autorizzava di certo la ricorrente a perdurare nella violazione delle disposizioni normative che disciplinano l'esercizio dell'attività di recupero degli inerti in forma semplificata di cui la Provincia aveva accertato il mancato rispetto nel corso dei numerosi sopralluoghi esperiti nell'insediamento (cfr., in particolare, le risultanze degli accertamenti del 25 ottobre 2011, del 4 gennaio 2012 e del 3 luglio 2012).

La ricorrente avrebbe, dunque, dovuto ottemperare alle prescrizioni impartite con la nota del 4 aprile 2012, alle quali il collegio si riporta, idonee ad assicurare, in particolare, la separazione delle aree sulle quali erano accumulati i rifiuti sequestrati da quelle operative, nonché il rispetto del prefissato quantitativo di materiale in ingresso da trattare ed in uscita già trattato, al fine di garantire l'esercizio dell'impianto in piena salubrità e sicurezza.

Più in dettaglio, e come risulta più approfonditamente dalla lettura dei verbali di sopralluogo versati in atti, nonché dal contenuto del provvedimento provinciale impugnato, ai quali il collegio si riporta, la ricorrente non ha rispettato l'allegato 5 al Dm 5 febbraio 2008, atteso che:

1) non ha individuato le aree per lo stoccaggio delle Mps (materie prime secondarie) ottenute dalla lavorazione dei rifiuti;

2) non ha tenuto distinte e separate le aree a servizio dell'attività di stoccaggio e recupero dei rifiuti da quelle delle materie prime naturali derivanti da altra attività;

3) non ha organizzato il settore di messa in riserva in aree distinte per ogni tipologia di rifiuti;

4) non ha individuato il settore di conferimento;

5) non ha distinto le aree destinate alla messa in riserva da quelle adibite alle operazioni di recupero;

6) non si è munita dell'adeguamento dell'autorizzazione agli scarichi del sistema di raccolta e trattamento delle acque ai sensi del Rr n. 4/2006.

Inoltre, la Mascheroni non ha dimostrato in maniera idonea la sussistenza dei requisiti per l'esclusione delle "terre e rocce da scavo" dalla normativa sui rifiuti (in particolare, non ha presentato il piano scavi ex articolo 186 del Dlgs n. 152/2006 ed i test di cessione e di analisi di compatibilità ambientale previsti per la classificazione di "terre e rocce da scavo", né la documentazione idonea a dimostrare il rispetto delle caratteristiche merceologiche previste per le Mps per l'edilizia); non ha attestato idoneamente la conformità dello strato naturale di limo presente sotto i cumuli di rifiuti e derivante dalle attività di cava alle norme tecniche, e, più specificamente, l'idonea impermeabilità del medesimo; non ha prestato le garanzie finanziarie richieste per l'esercizio dell'attività.

Ne consegue la piena e legittima applicazione nella fattispecie all'esame del collegio degli articoli 214-216 del Dlgs n. 152/2006, ed in particolare delle seguenti prescrizioni:

1) Le procedure semplificate devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci, che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente;

2) Qualora la Provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni prescritte, riguardo ai rifiuti non pericolosi, sulle quantità massime impiegabili, la provenienza, sui tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili, sulle prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'Amministrazione.

Da quanto detto, risulta, dunque, la piena legittimità dell'operato della provincia di Milano, che ha emesso il provvedimento inibitorio dell'attività svolta dalla ricorrente dopo aver impartito alla stessa con la nota dell'aprile precedente, mai impugnata dalla ricorrente medesima, numerose prescrizioni che miravano a ricondurre l'esercizio dell'attività della Mascheroni nel rispetto della legalità (Dm 5 febbraio 1998, Rr n. 4/2006 e Dlgs n. 152/2006) ed alle quali la stessa non si è, però, mai attenuta, come accertato dagli agenti comunali e provinciali nel corso dei sopralluoghi del 25 ottobre 2011, del 4 gennaio 2012 e del 3 luglio 2012 e come confermato anche dal giudice penale nell'ambito del provvedimento del 12 luglio 2012 di rigetto dell'istanza di dissequestro dei cumuli di rifiuti giacenti nell'insediamento.

Il provvedimento resiste, dunque, alle censure dedotte sotto tutti i profili, anche nella parte concernente l'ordine di rimozione dei cumuli di rifiuti posti sotto sequestro penale e l'obbligo di presentazione del piano di indagine ambientale propedeutico al completo ripristino ambientale dell'area, adempimenti ai quali la ricorrente è obbligata ai sensi dell'articolo 177, comma 1, del Dlgs n. 152/2006, consistendo in misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti e che dovrà porre in essere quando verrà reso possibile compatibilmente con le esigenze dell'indagine penale in corso.

Alla luce delle suesposte considerazioni, entrambi i ricorsi principali devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, mentre il ricorso per motivi aggiunti proposto nell'ambito del ricorso rg n. 891 del 2012 deve essere respinto, perché infondato.

Le spese di giudizio in parte seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ed in parte si compensano, sussistendone giusti motivi in considerazione delle peculiarità della controversia.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, dichiara improcedibili entrambi i ricorsi principali e respinge il ricorso per motivi aggiunti proposto nell'ambito del ricorso rg n. 891 del 2012.

Condanna parte ricorrente alla rifusione di parte delle spese di giudizio, in quote uguali, nei confronti della Provincia di Milano e del Comune di Senago che si liquidano in complessivi euro 4.000,00 oltre oneri di legge. Compensa le spese per il resto e tra la ricorrente e le altre parti processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2013 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 3 maggio 2013.

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