Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

print

Sentenza Tar Puglia 9 febbraio 2012, n. 299

Rifiuti abbandonati su strada di proprietà Anas - Dlgs 152/2006 - Ordinanza sindacale di rimozione - Legittima - Obbligo di custodia e vigilanza - Sussiste

L’Azienda nazionale autonoma delle strade (Anas) ha il dovere di mantenere, custodire e vigilare i tratti stradali di cui è proprietaria, da cui consegue l’obbligo di gestire i rifiuti ivi abbandonati.
Così ha risposto il Tar Puglia (sentenza 299/2012) alla sede Anas di Bari, destinataria di un’ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti pericolosi (eternit) abbandonati in un’area stradale di sua proprietà.
L’articolo 194 del Dlgs 152/2006 che richiede un coinvolgimento almeno colposo del proprietario dell’area nel compimento dell’illecito, secondo il Giudice amministrativo, va infatti applicato distinguendo la situazione del proprietario che pur adottando tutte le normali cautele non ha potuto impedire l’altrui attività illecita, da quella di un ente avente per oggetto sociale la custodia e la cura della rete viaria.
Lo stesso Tar esclude poi che i rifiuti pericolosi di eternit pur abbandonati su strade pubbliche possano essere considerati rifiuti “urbani”, ex articolo 184 del Dlgs 152/2006.

Tar Puglia

Sentenza 9 febbraio 2012, n. 299

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

(omissis)

 

Fatto e diritto

Con ricorso notificato il 14 luglio 2009 e depositato il successivo 15 luglio, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l'illegittimità per i seguenti motivi:

eccesso di potere per carenza d'istruttoria e difetto dei presupposti; nullità assoluta per mancanza degli elementi essenziali;

violazione dell'articolo 12 delle preleggi; violazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 e dell'articolo 192, terzo comma, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152; violazione degli articoli 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione, sviamento, carenza o insufficienza d'istruttoria ed errato esercizio dell'azione amministrativa; eccesso di potere per contraddittorietà; violazione degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241, in relazione all'articolo 192, terzo comma, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento; difetto d'istruttoria, carenza dei presupposti.

Il Comune di Monte Sant'Angelo si è costituito in giudizio, chiedendo che il ricorso sia rigettato.

Con ordinanza n. 521/2009 (confermata dal Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5942/2009) è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Sulle conclusioni delle parti la causa è stata riservata per la decisione alla pubblica udienza del 6 dicembre 2011.

Con il ricorso in esame è stato impugnato il provvedimento del Comune di Monte Sant'Angelo che ha ingiunto al Direttore Responsabile Anas per la sede di Bari, in qualità di proprietario di un'area di 25 mq circa, ai margini della strada statale 89, la rimozione e l'avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti pericolosi (Eternit) e il ripristino dello stato dei luoghi entro sessanta giorni.

Contesta la società innanzitutto che l'ordinanza sindacale indirizzata all'Anas potesse essere indirizzata alla Sede compartimentale di Bari, anziché alla sede legale in Roma.

Il rilievo non ha pregio: il Compartimento è una struttura operativa, dotata di autonomia organizzativa e gestionale su base territoriale, per cui la diffida appare correttamente indirizzata all'ufficio cui (territorialmente) competono in concreto i compiti di sorveglianza e di manutenzione delle strade e comunque tenuta alla trasmissione dell'atto alla Sede centrale, ove ritenuto necessario. Né risulta che tale modalità di notificazione abbia comportato intralci o ritardi anche solo per quanto riguarda la conoscenza dell'ordinanza.

Le altre censure proposte con il ricorso muovono dall'inimputabilità dell'abbandono dei rifiuti al proprietario dell'area e dalla mancata dimostrazione di una sua forma di corresponsabilità nella causazione di detto evento: condizioni ritenute dalla giurisprudenza dominante necessarie perché possa ingiungersi la rimozione dei rifiuti medesimi al proprietario.

L'istante lamenta, in particolare, la violazione dell'articolo 192, comma terzo, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, sotto il segnalato profilo della assenza dei presupposti.

Il Collegio non ignora detto indirizzo giurisprudenziale. Tuttavia, il medesimo orientamento è stato assoggettato a revisione critica proprio in una fattispecie riguardante un'area nella disponibilità dell'Anas, come tale sottoposta — anche in ragione della specifica destinazione funzionale della stessa — alla custodia e vigilanza della società.

È stato infatti osservato che "Il principio giurisprudenziale invocato dalla difesa ricorrente si è formato in relazione a fattispecie in cui effettivamente a carico del proprietario dell'area interessata dall'abbandono dei rifiuti non poteva essere rilevato alcun profilo di cooperazione colposa nella causazione dell'evento.

L'applicazione della disposizione invocata, che richiama il parametro soggettivo del dolo o della colpa (e dunque anche della colposa inosservanza del dovere di vigilanza e custodia), va però effettuata in concreto, distinguendo la situazione del proprietario che adottando le normali cautele non ha potuto impedire l'altrui attività illecita, da quella di un ente avente per oggetto sociale, e per dovere istituzionale, la custodia e la cura di una rete viaria sulla quale si verificano gli episodi che qui vengono in considerazione.

Per costante giurisprudenza, l'Anas ha un dovere di manutenzione, di custodia e di vigilanza sui tratti stradali di cui è proprietaria, risultando peraltro superato l'orientamento per cui la responsabilità da cose in custodia per l'ente proprietario della strada si configura solo quando le dimensioni dell'infrastruttura sono ridotte al punto da consentire una vigilanza costante (salva solo la prova del caso fortuito: Corte di Cassazione, Sezione III civile, 28 settembre 2009 , n. 20754).

La presenza di un chiaro criterio di imputazione civilistico del dovere di custodia e sorveglianza determina, nel caso di specie, l'atteggiarsi del profilo della colpa come deviazione da quel parametro (non esclusa dalle dimensioni dall'infrastruttura)" (Tar Sicilia, Palermo, Sez. I,14 febbraio 2011 n. 262).

Peraltro anche il Tar Umbria (sentenza I giugno 2010 n. 352), in materia di rifiuti, ha specificamente ravvisato un "dovere di prevenzione attiva che si concretizza nella vigilanza sull'utilizzazione del bene" allorché al mero diritto dominicale si affianchi una specifica destinazione funzionale ed un connesso titolo giuridico.

Il ricorso va dunque per questa parte respinto.

Del pari infondata, per tabulas, risulta anche la censura relativa alla pretesa mancanza di contraddittorio dell'adozione del provvedimento impugnato.

Risulta da tale ordinanza che in data 30 marzo 2009 l'Anas aveva inviato al Comune una compiuta segnalazione sui rifiuti abbandonati, in cui vengono specificate tutte le circostanze del fatto. In quella sede la società si era espressa nel senso che ogni responsabilità in ordine alla rimozione ricadesse sull'Amministrazione municipale, a norma del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152.

Di conseguenza, il Comune non era tenuto ad acquisire alcun altro apporto, essendo indiscussa la condizione dei luoghi ed essendo chiaro l'inquadramento normativo dato alla fattispecie dall'Anas; un superfluo sviluppo dialettico avrebbe d'altronde comportato un ritardo dell'azione amministrativa incompatibile con l'urgenza di liberare la piazzola di sosta dai rifiuti contenenti amianto.

A ciò si deve aggiungere che, pur comprendendo l'articolo 184, primo comma, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 tra i rifiuti urbani "i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua", è da escludere che le lastre di eternit abbandonate, in quanto rifiuto pericoloso, ex articolo 183, primo comma, lettera b), e articolo 184, quarto comma, possano rientrare nella gestione dei rifiuti urbani o assimilati assoggettati a semplice recupero o smaltimento.

Il ricorso dev'essere dunque rigettato, mentre la presenza di diversi orientamenti giurisprudenziali relativi alle questioni dedotte giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

 

PQM

 

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

 

Depositata in Segreteria il 9 febbraio 2012

 

Annunci Google
  • ReteAmbiente s.r.l.
  • via privata Giovanni Bensi 12/5,
    20152 Milano

    Tel. 02 45487277
    Fax 0245487333

    R.E.A. MI - 2569357
    Registro Imprese di Milano - Codice Fiscale e Partita IVA 10966180969

Reteambiente.it - Testata registrata presso il Tribunale di Milano (20 settembre 2002 n. 494) - ISSN 2465-2598