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Sentenza Corte di Giustizia Ue 25 maggio 2000, causa C-307/98

Direttiva 76/160/Cee - Qualità delle acque di balneazione - Esclusione dal campo di applicazione di alcune zone - Necessità della giustificazione - Sussiste

Corte di Giustizia dell'Unione europea

Sentenza 25 maggio 2000, causa C-307/98

Inadempimento da parte di uno Stato - Direttiva 76/160/Cee - Qualità delle acque di balneazione

 

Nella causa C-307/98,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori F. de Sousa Fialho, membro del servizio giuridico, e O. Couvert-Castéra, funzionario nazionale messo a disposizione di questo servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor C. GÛmez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Regno del Belgio, rappresentato inizialmente dal signor J. Devadder, consigliere generale presso la direzione generale Affari giuridici del Ministero degli Affari esteri, del Commercio estero e della Cooperazione allo sviluppo, quindi dal signor Y. Houyet, consigliere aggiunto presso la stessa direzione generale, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata del Belgio, 4, rue des Girondins,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso volto a far dichiarare che il Regno del Belgio, avendo omesso di adottare entro il termine di dieci anni a decorrere dalla notifica della direttiva del Consiglio 8 dicembre 1975, 76/160/Cee, concernente la qualità delle acque di balneazione (Gu 1976, L 31, pag. 1), i provvedimenti necessari affinché la qualità delle acque di balneazione fosse resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva medesima, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'articolo 4 della detta direttiva, nonché dell'articolo 189, terzo comma, del Trattato Ce (divenuto articolo 249, terzo comma, Ce),

 

La Corte (Quinta Sezione),

composta dai signori D.A.O. Edward, presidente di sezione, J.C. Moitinho de Almeida (relatore), C. Gulmann, J.-P. Puissochet e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 29 settembre 1999, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dai signori G. Valero Jordana, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, e O. Couvert-Castéra, ed il Regno del Belgio dalla signora A. Snoecx, consigliere presso il Ministero degli Affari esteri, del Commercio estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 28 ottobre 1999,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 5 agosto 1998, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'articolo 169 del Trattato Ce (divenuto articolo 226 Ce), un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno del Belgio, avendo omesso di adottare entro il termine di dieci anni a decorrere dalla notifica della direttiva del Consiglio 8 dicembre 1975, 76/160/Cee, concernente la qualità delle acque di balneazione (Gu 1976, L 31, pag. 1), i provvedimenti necessari affinché la qualità delle acque di balneazione fosse resaconforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva medesima, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'articolo 4 della detta direttiva, nonché dell'articolo 189, terzo comma, del Trattato Ce (divenuto articolo 249, terzo comma, Ce),

2. Con tale ricorso, in sostanza, la Commissione contesta al Regno del Belgio:

— di avere escluso dal campo di applicazione della direttiva 76/160, senza giustificazioni appropriate, numerose zone di balneazione in acque interne;

— di avere omesso di adottare i provvedimenti necessari per rendere la qualità delle acque di balneazione conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160 e di non aver raggiunto i risultati da questa richiesti;

— di non aver previsto, nella propria normativa, l'obbligo di vietare la balneazione nelle zone dove la qualità delle acque non è conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva sopra citata.

 

Normativa comunitaria

3. A mente del suo primo 'considerando, la direttiva 76/160 è intesa a tutelare l'ambiente e la sanità pubblica attraverso la riduzione dell'inquinamento delle acque di balneazione e la protezione di queste dall'ulteriore degrado. A tal fine, la direttiva prevede, nell'allegato, una serie di parametri microbiologici e fisico-chimici, ai quali corrispondono valori obbligatori (I) e valori di riferimento o valori-guida (G).

4. L'articolo 1 della direttiva 76/160 dispone:

"1.La presente direttiva riguarda la qualità delle acque di balneazione, ad eccezione delle acque destinate ad usi terapeutici e delle acque di piscina.

2.Ai sensi della presente direttiva si intendono per:

a) acque di balneazione le acque, o parte di esse, dolci, correnti o stagnanti, e l'acqua di mare, nelle quali la balneazione:

— è espressamente autorizzata dalle autorità competenti dei singoli Stati membri oppure

— non è vietata ed è praticata in maniera consuetudinaria da un congruo numero di bagnanti;

b) zona di balneazione il luogo in cui si trovano le acque di balneazione;

c) stagione balneare il periodo di tempo in cui, tenuto conto delle consuetudini locali, ivi comprese le eventuali misure locali che concernono la pratica della balneazione, e delle condizioni meteorologiche, si può contare su un congruo afflusso di bagnanti".

5. In conformità all'articolo 3 della direttiva 76/160, gli Stati membri stabiliscono i valori applicabili alle acque di balneazione per ciò che concerne i parametri microbiologici e fisico-chimici indicati nell'allegato della direttiva predetta; tali valori non possono essere meno rigorosi di quelli indicati nella colonna I dell'allegato.

6. L'articolo 4, n. 1, della direttiva 76/160 recita:

"1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché, entro un periodo di dieci anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, la qualità delle acque di balneazione sia resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3".

7. Ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 76/160:

"1.Per l'applicazione dell'articolo 4, le acque di balneazione si considerano conformi ai parametri che ad esse si riferiscono: quando i campioni di queste acque, prelevati con la frequenza prevista nell'allegato, in uno stesso luogo di prelievo, indicano che esse sono conformi ai valori dei parametri concernenti la qualità delle acque in questione per:

— il 95% dei campioni, nel caso dei parametri conformi a quelli specificati nella colonna I dell'allegato;

— il 90% dei campioni negli altri casi eccetto per i parametri coliformi totali e coliformi fecali in cui la percentuale dei campioni può essere dell'80%, e quando, per il 5%, il 10% o il 20% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi:

— l'acqua non si discosta più del 50% del valore dei parametri in questione, esclusi i parametri microbiologici, il pH e l'ossigeno disciolto;

— i campioni d'acqua, prelevati successivamente ad una frequenza statisticamente adeguata, non si discostano dai valori dei parametri che ad essa si riferiscono.

2. Il superamento dei valori di cui all'articolo 3 non viene preso in considerazione nel calcolare le percentuali stabilite al paragrafo 1 qualora esso siadeterminato da inondazioni, da catastrofi naturali o da condizioni meteorologiche eccezionali".

8. In conformità all'articolo 6 della direttiva 76/160, gli Stati membri effettuano i campionamenti per i quali la frequenza minima è fissata nell'allegato della direttiva, al fine di verificare la qualità delle acque di balneazione.

9. L'articolo 8 della direttiva 76/160 precisa:

"Sono previste deroghe alla presente direttiva:

a) per alcuni parametri segnati (0) nell' allegato, in ragione di condizioni meteorologiche o geografiche eccezionali;

b) qualora le acque di balneazione si arricchiscano naturalmente di talune sostanze, con superamento dei limiti fissati nell'allegato.

Per arricchimento naturale si intende il processo mediante il quale una data massa di acqua riceve dal suolo talune sostanze in esso contenute, senza alcun intervento dell'uomo.

In nessun caso le deroghe di cui al presente articolo possono fare astrazione dai dettami della tutela della salute pubblica.

In caso di deroga, lo Stato membro deve informare immediatamente la Commissione, indicando i motivi ed i limiti di tempo".

10. L'articolo 12 della direttiva 76/160 recita:

"1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro due anni dalla sua notifica e ne informano immediatamente la Commissione.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle essenziali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore contemplato dalla presente direttiva".

11. Inoltre, in conformità all'articolo 13 della direttiva 76/160, gli Stati membri comunicano alla Commissione regolarmente e per la prima volta quattro anni dopo la notifica della direttiva una relazione sintetica sulle acque di balneazione e sulle loro caratteristiche più significative. Tale relazione sintetica è annuale dal 1. gennaio 1993, a seguito della modifica della norma sopra citata per effetto della direttiva del Consiglio 23 dicembre 1991, 91/692/Cee, per la standardizzazione e larazionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente (Gu L 377, pag. 48).

 

Fase precontenziosa del procedimento

12. Dopo aver esaminato la relazione sulla qualità delle acque di balneazione in Belgio relativa agli anni 1983-1987, la Commissione, con lettera 8 ottobre 1987, richiamava l'attenzione delle autorità belghe su diverse violazioni della direttiva 76/160, in particolare sul superamento dei valori limite, sull'esclusione di talune zone di balneazione e sulla frequenza insufficiente delle analisi. Con lettera 11 febbraio 1988, le autorità belghe rispondevano fornendo alcune informazioni sulle questioni sollevate dalla Commissione.

13. Con lettera 21 giugno 1988, la Commissione informava il Regno del Belgio di avere ricevuto una denuncia, secondo la quale la balneazione sarebbe praticata nella Regione vallona in numerose zone le cui acque non rispetterebbero i parametri menzionati nell'allegato della direttiva 76/160 e che sarebbero escluse dal campo di applicazione di questa.

14. Con lettera 6 ottobre 1988, le autorità belghe replicavano che l'attuazione della direttiva 76/160 subiva ritardi a causa delle difficoltà pratiche collegate con il decentramento amministrativo regionale.

15. Con lettera 25 settembre 1989, la Commissione intimava al Regno del Belgio di presentare le proprie osservazioni entro il termine di due mesi. Il Regno del Belgio rispondeva a tale lettera di diffida in data 4 gennaio 1990, contestando che la detta direttiva fosse stata applicata in maniera impropria e precisando che vari provvedimenti erano stati presi per migliorare la qualità delle acque di balneazione del paese.

16. Con lettera 14 novembre 1995, la Commissione informava le autorità belghe che avrebbe soprasseduto all'invio di un parere motivato qualora le dette autorità le avessero trasmesso un resoconto completo e dettagliato sui piani di risanamento delle zone di balneazione in cui risultavano superati i valori limite fissati dalla direttiva 76/160.

17. In risposta alla richiesta della Commissione, le autorità belghe trasmettevano a quest'ultima diverse informazioni, in data 31 gennaio 1996, per la Regione fiamminga, ed il 13 marzo seguente, per la Regione vallona.

18. Il 27 dicembre 1996 la Commissione trasmetteva al Regno del Belgio un parere motivato, invitando tale Stato ad adottare i provvedimenti necessari per adeguarsi agli obblighi su di esso gravanti in forza della direttiva 76/160 entro un termine di due mesi dalla notifica del detto parere. In tale parere, la Commissione rilevava, in primo luogo, che numerose zone di balneazione in acque interne non rispettavano i parametri contenuti nell'allegato alla direttiva sopra citata. Insecondo luogo, giudicava insufficienti le informazioni fornite in merito ai piani di risanamento delle zone di balneazione in acque interne, sia relativamente alla Regione fiamminga sia con riferimento alla Regione vallona. In terzo luogo, respingeva la tesi secondo la quale i corsi d'acqua valloni in estate non avrebbero una portata sufficiente per permettere la balneazione. Infine, la Commissione faceva valere che, salve deroghe menzionate nelle relazioni sulla qualità delle acque di balneazione, le autorità competenti non avevano fatto uso della facoltà di vietare la balneazione nelle acque non conformi ai parametri fissati nell'allegato della direttiva 76/160.

19. Le autorità belghe rispondevano al parere motivato con lettere del 12 febbraio 1997, per ciò che riguarda la Regione di Bruxelles, del 6 marzo 1997, per ciò che riguarda la Regione fiamminga, e del 1. luglio 1997, relativamente alla Regione vallona.

20. Considerando che tali lettere non apportavano alcun elemento nuovo con riferimento alla Regione fiamminga e che, con riferimento alla Regione vallona, da un lato, le autorità belghe avevano ridotto il numero dei siti di balneazione in maniera non conforme ai requisiti della 76/160 e, dall'altro, non era stato sufficientemente dimostrato che la balneazione fosse effettivamente vietata nei luoghi inquinati frequentati dai bagnanti, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 

Nel merito

Sull'esclusione, senza giustificazioni appropriate, di numerose zone di balneazione in acque interne dal campo di applicazione della direttiva 76/160

21. La Commissione fa valere che la Regione vallona ha ridotto il campo di applicazione della direttiva 76/160, escludendo dalle relazioni annuali sulla qualità delle acque di balneazione, senza giustificazioni appropriate, numerose zone di balneazione in acque interne che prima figuravano in tali relazioni.

22. Le autorità belghe sostengono che le sole "zone di balneazione" in acque interne che devono essere prese in considerazione in quanto tali ai sensi della direttiva 76/160 sono le 10 zone menzionate nella relazione sulla qualità delle acque di balneazione per la stagione balneare 1996, nelle quali la balneazione è espressamente autorizzata. In tali zone sarebbero stati prelevati campioni in conformità alle disposizioni dell'articolo 6 della direttiva. Secondo le autorità belghe, ogni volta che è stato constatato un superamento dei valori fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva, la balneazione è stata vietata, con la conseguenza che la zona interessata è uscita, temporaneamente o definitivamente, dal campo di applicazione della direttiva 76/160.

23. In primo luogo, le autorità belghe riconoscono che la Regione vallona, in un intento di trasparenza, ha trasmesso alla Commissione i risultati ottenuti per altre 28 zone di balneazione nell'ambito di un complesso di studi sulla qualità batteriologica dei corsi d'acqua valloni. Tuttavia, allorché tali luoghi, successivamente alla trasmissione dei dati suddetti, sono stati inseriti nella relazione sulla qualità delle acque di balneazione per la stagione balneare 1991, la Regione vallona avrebbe attirato l'attenzione della Commissione sulla circostanza che essi erano sprovvisti di infrastrutture d'accoglienza dei bagnanti e che la frequentazione di tali luoghi era scarsa o inesistente. Pertanto, i luoghi in questione non avrebbero dovuto essere presi in considerazione come zone di balneazione ai sensi della direttiva 76/160.

24. In secondo luogo, le autorità belghe osservano che il solo criterio seguito dalla Regione vallona per determinare le zone di balneazione è quello che viene utilizzato all'articolo 1, n. 2, della direttiva 76/160 per definire la nozione di "acque di balneazione", vale a dire la frequentazione di queste ultime da parte di un "congruo numero di bagnanti".

25. Secondo le autorità belghe, per stabilire se la pratica della balneazione sia scarsa o inesistente e se, di conseguenza, le zone suddette debbano o no essere considerate zone di balneazione ai sensi della direttiva 76/160, risultano pertinenti circostanze quali la scarsa profondità delle acque, l'inesistenza di infrastrutture, la pratica del kayak o le condizioni climatiche sfavorevoli. A questo proposito, le autorità belghe fanno riferimento ai seguenti passaggi tratti dal testo della proposta finale di direttiva COM(74) 2255 def. del Consiglio 3 febbraio 1975, i quali non sono stati ripresi nel testo finale della direttiva:

— La direttiva riguarderà soltanto le zone di balneazione autorizzate o tollerate. La balneazione in luoghi non autorizzati sarà a rischio dello stesso bagnante (punto 3. 2).

— Particolare attenzione sarà dedicata ai luoghi nei quali la densità di bagnanti supera il valore medio di 10.000 persone per km lineare di spiaggia o sponda fluviale (punto 3. 4).

— I pericoli per la salute sono proporzionati alla durata del contatto con l'acqua e variano in modo notevole a seconda della temperatura dell'aria e quindi di quella dell'acqua. Pertanto, la direttiva prescrive per l'acqua marina — che costituisce il luogo balneare preferito — condizioni meno rigorose per quelle zone dove la temperatura generalmente bassa dell'ac qua (meno di 20°C) limita la durata dei bagni rispetto ad altre regioni in cui la balneazione può continuare per tutta la giornata (punto 3. 5).

— L'immersione prolungata nell'acqua di tutto il corpo è la principale attività di cui bisogna tener conto nel determinare i requisiti fisici e chimici delle acque di balneazione (punto 3. 6).

26. Inoltre, le autorità belghe fanno rilevare che quanto da loro sostenuto, ossia il fatto che la scarsa profondità delle acque, inferiore in più punti a 50 centimetri a causa della portata insufficiente dei corsi d'acqua, limita la pratica della balneazione, risulta confermato da quanto richiesto dal punto 11 dell'allegato alla direttiva 76/160, ai sensi del quale le acque di balneazione devono presentare una trasparenza per almeno un metro di profondità. Tale requisito costituirebbe un importante indizio del fatto che per la balneazione è generalmente ritenuto necessario un metro d'acqua.

27. In terzo luogo, le autorità belghe sostengono che il fatto che almeno 16 zone ormai escluse dalle relazioni annuali siano menzionate come luoghi di balneazione in un opuscolo pubblicitario relativo a zone di campeggio, pubblicato nel 1998 dalla Regione vallona, non significa che la balneazione venga praticata in tali luoghi da un congruo numero di bagnanti, né che essa sia possibile in tali zone, dove la profondità delle acque potrebbe essere insufficiente. Tali informazioni sarebbero imputabili solo alla responsabilità dei proprietari dei campeggi, i quali cercherebbero di rendere i loro stabilimenti più attrattivi.

28. A tale proposito occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 1, n. 2, lett. a), secondo trattino, della direttiva 76/160, vanno considerate "acque di balneazione" le acque, o parte di esse, dolci, correnti o stagnanti, e l'acqua di mare, nelle quali la balneazione non è vietata ed è praticata in maniera consuetudinaria da un congruo numero di bagnanti. Tale nozione va interpretata alla luce della finalità della direttiva, così come illustrata nei primi due 'considerando, ai termini dei quali "(...) la protezione dell'ambiente e della salute pubblica impone di ridurre l'inquinamento delle acque di balneazione e di preservare queste ultime da un deterioramento ulteriore" e "un controllo delle acque di balneazione è necessario per raggiungere, nel quadro del funzionamento del mercato comune, gli obiettivi della Comunità in materia di miglioramento delle condizioni di vita, di sviluppo armonioso delle attività economiche nell'insieme della Comunità e di espansione continua ed equilibrata" (sentenza 14 luglio 1993, causa C-56/90, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-4109, punto 33).

29. Tali obiettivi non sarebbero raggiunti se le acque di zone di balneazione sottoposte nel corso degli anni ai controlli previsti dalla direttiva 76/160, i cui risultati sono stati trasmessi alla Commissione per la pubblicazione nei rapporti annuali di quest'ultima sulla qualità delle acque di balneazione negli Stati membri, potessero essere escluse dal campo di applicazione della direttiva per il solo fatto che il numero dei bagnanti rimane al di sotto di una determinata soglia.

30. Inoltre, spetta allo Stato membro che sostenga che la balneazione ha cessato di essere abitualmente praticata in certe zone e desideri di conseguenza non considerare più tali zone come zone di balneazione ai sensi della direttiva 76/160, da un lato, dimostrare per ciascuno dei luoghi in questione l'assenza di pratiche di balneazione abituali e, dall'altro, provare che tale assenza non sia dovuta almancato rispetto nelle zone predette dei valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva.

31. Ora, bisogna constatare come le autorità belghe non abbiano fornito una prova siffatta per ciascuna delle zone in questione.

32. In primo luogo, il fatto che almeno 16 zone siano menzionate come luoghi di balneazione in un opuscolo pubblicitario relativo a zone di campeggio vuol dire che in prossimità di tali zone sono presenti determinate infrastrutture, come ad esempio attrezzature sanitarie. Date tali circostanze, una siffatta menzione a scopi pubblicitari rappresenta un indizio del fatto che tali zone continuano ad essere abitualmente frequentate da un congruo numero di bagnanti, la cui salute deve essere protetta.

33. In secondo luogo, per ciò che riguarda la scarsa profondità delle acque, questa non è sufficiente da sola ad autorizzare uno Stato membro ad escludere determinati luoghi dal novero delle zone di balneazione ai sensi della direttiva 76/160.

34. Infatti, non si può escludere che una scarsa profondità delle acque costituisca un'attrattiva per gruppi di popolazione specifici, come le persone più anziane o i bambini. Ad ogni modo, come a giusto titolo rileva la Commissione, dal parametro previsto al punto 11 dell'allegato alla direttiva 76/160, secondo il quale la trasparenza dell'acqua richiesta deve essere di un metro almeno, non può dedursi che solo le zone nelle quali la profondità dell'acqua è superiore a un metro devono essere considerate come zone di balneazione ai sensi della suddetta direttiva. Un parametro di questo tipo significa soltanto che la trasparenza delle acque delle zone di balneazione deve essere di un metro almeno, oppure, se la profondità delle acque di balneazione è inferiore un metro, che la trasparenza deve essere totale.

35. In terzo luogo, le autorità belghe non hanno dimostrato che la pratica del kayak nelle zone in questione sia intensa e costante, così che la balneazione in quei luoghi sia divenuta impossibile.

36. In quarto luogo, nemmeno l'esistenza di condizioni climatiche sfavorevoli autorizza uno Stato membro a ritenere che determinati luoghi non costituiscano zone di balneazione ai sensi della direttiva 76/160.

37. Bisogna invece ricordare come l'esistenza di condizioni climatiche sfavorevoli possa, in base alle disposizioni della direttiva 76/160, essere presa in considerazione ai fini della determinazione della durata della "stagione balneare". Infatti, l'articolo 1 della direttiva definisce la "stagione balneare" come "il periodo di tempo in cui, tenuto conto delle consuetudini locali, ivi comprese le eventuali misure locali che concernono la pratica della balneazione, e delle condizioni meteorologiche, si può contare su un congruo afflusso di bagnanti".

38. Inoltre, in conformità agli artt. 5, n. 2, e 8 della direttiva 76/160, eventuali condizioni meteorologiche eccezionali consentono di non prendere in considerazione il superamento dei valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della stessa direttiva ovvero di beneficiare di deroghe alle prescrizioni di questa, a condizione, in quest'ultimo caso, che ne venga data comunicazione immediata alla Commissione, precisando i motivi ed i limiti di tempo di tali deroghe.

39. Tuttavia, è certo che tali norme, da interpretare in maniera restrittiva, non sono state invocate dalle autorità belghe.

40. In ultimo luogo, va rilevato che l'interpretazione delle disposizioni della direttiva 76/160 risultante dai punti 32-39 della presente sentenza non può essere rimessa in discussione invocando, come hanno fatto le autorità belghe, i passaggi estrapolati dalla proposta di direttiva del 3 febbraio 1975, i quali non sono stati ripresi nel testo definitivo della direttiva 76/160, come del resto espressamente riconosciuto dalle stesse autorità belghe.

41. Si deve quindi concludere che il Regno del Belgio, escludendo dal campo di applicazione della direttiva 76/160, senza giustificazioni appropriate, numerose zone di balneazione in acque interne, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'articolo 4, n. 1, della detta direttiva.

 

Sulla mancata adozione dei provvedimenti necessari per rendere la qualità delle acque di balneazione conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160 e sul mancato raggiungimento dei risultati richiesti da tale direttiva

42. La Commissione contesta alle autorità belghe, da un lato, di aver omesso di adottare i provvedimenti necessari per rendere la qualità delle acque di balneazione conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160 e, dall'altro, di non aver raggiunto i risultati richiesti da tale direttiva.

43. Occorre esaminare congiuntamente tali censure, posto che il risultato che gli Stati membri devono raggiungere in forza dell'articolo 4 della direttiva 76/160 consiste nel rendere la qualità delle acque di balneazione conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva.

44. La Commissione evidenzia come i programmi d'investimento in materia di depurazione delle acque siano insufficienti tanto nella Regione fiamminga quanto nella Regione vallona. Le autorità belghe farebbero riferimento soltanto alla realizzazione di infrastrutture di trattamento delle acque in generale, senza precisare l'incidenza del loro funzionamento sul miglioramento della qualità delle acque di balneazione. Per quanto riguarda la Regione fiamminga, il programma di depurazione delle acque non copre neppure tutte le zone di balneazione. Quanto alla Regione vallona, il programma non contiene precisazioni né sulle date d'inizio e conclusione dei lavori di infrastruttura previsti, né sull'esatta ubicazione dei lavori.

45. Le autorità belghe avrebbero violato l'articolo 4 della direttiva 76/160, omettendo di adottare i provvedimenti necessari per rendere la qualità delle acque di balneazione conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160. In particolare, non sarebbero stati conseguiti i risultati prescritti dall'articolo 5 della direttiva ai fini dell'applicazione dell'articolo 4, pur non essendo applicabile alcuna delle deroghe previste dalla direttiva. Secondo la relazione sulla qualità delle acque di balneazione relativa alla stagione balneare 1995, riferentesi all'intero territorio del Belgio, il tasso di conformità delle zone di balneazione d'acqua dolce sarebbe stato del 41,4%.

46. Le autorità belghe sottolineano che, per quanto riguarda la Regione fiamminga, sono stati presi i provvedimenti necessari al fine di garantire gli indispensabili miglioramenti della qualità delle acque di balneazione nelle poche zone dove ciò era necessario. A più riprese sarebbero stati sottoposti alla Commissione programmi di azione intesi a migliorare la qualità dell'acqua. In tali programmi sarebbero compresi sia gli investimenti relativi a certe infrastrutture di depurazione destinate a migliorare la qualità delle acque delle zone di balneazione del litorale marino, sia un sunto dei progetti di investimento intercomunali relativi alle zone di balneazione in acque dolci di superficie.

47. Le autorità belghe aggiungono che un tasso di conformità delle acque di balneazione del 100% rispetto ai parametri fissati dalla direttiva 76/160 costituisce un obiettivo illusorio. Infatti, la balneazione in ambiente naturale implicherebbe rischi sanitari che non possono essere controllati totalmente, collegati a scarichi non autorizzati, all'utilizzo di colaticcio di letame ed all'inquinamento provocato dai bagnanti stessi.

48. Va ricordato, anzitutto, che l'articolo 4, n. 1, della direttiva 76/160 fa obbligo agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché la qualità delle acque di balneazione sia resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della suddetta direttiva entro il termine di dieci anni dalla notifica di quest'ultima, e che tale termine è più lungo di quello previsto per la sua trasposizione, onde consentire agli Stati membri di adempiere tale obbligo (sentenze Commissione/Regno Unito, citata, punto 42, e 8 giugno 1999, causa C-198/97, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3257, punto 35).

49. La direttiva 76/160 impone quindi agli Stati membri il raggiungimento di determinati risultati e non consente loro di invocare, al di fuori delle deroghe da essa previste, circostanze particolari per giustificare l'inosservanza di tale obbligo (v. sentenze Commissione/Regno Unito, citata, punto 43, e 12 febbraio 1998, causa C-92/96, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-505, punto 28, nonché sentenza Commissione/Germania, citata, punto 35).

50. Ora, le autorità belghe non invocano l'applicazione di alcuna delle deroghe e neppure contestano il fatto che, secondo la relazione sulla qualità delle acque dibalneazione relativa alla stagione balneare 1995, il tasso di conformità delle zone di balneazione d'acqua dolce fosse del 41,4% per l'intero territorio del Belgio.

51. Di conseguenza, il fatto che, relativamente alla Regione fiamminga, sarebbero stati presi i provvedimenti necessari per garantire l'indispensabile miglioramento della qualità delle acque di balneazione non può giustificare il mancato raggiungimento dei risultati prescritti dalla direttiva 76/160 (v., in tal senso, sentenze Commissione/Regno Unito, citata, punto 44, e Commissione/Germania, citata, punto 35).

52. Quanto poi all'argomento fatto valere dalle autorità belghe, secondo il quale un tasso di conformità delle acque di balneazione in ambiente naturale pari al 100% sarebbe impossibile da raggiungere, occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 5, n. 1, della direttiva 76/160, le acque di balneazione si considerano conformi ai parametri che ad esse si riferiscono quando i campioni di queste acque, prelevati con la frequenza prevista nell'allegato della direttiva, in uno stesso luogo di prelievo, indichino che esse sono conformi ai valori dei parametri concernenti la qualità delle acque in questione per il 95, 90 o 80% dei campioni prelevati, secondo i casi precisati dalla norma suddetta.

53. Ne consegue che, in determinate circostanze, e salvo il rispetto delle condizioni previste all'articolo 5, n. 1, terzo e quarto trattino, della direttiva 76/160, le acque di balneazione si considerano conformi ai parametri richiesti da quest'ultima anche nel caso in cui i campioni prelevati in uno stesso luogo presentino una difformità del 5, 10 o 20%.

54. Infine, anche supponendo che, nell'ambito della direttiva 76/160, un'impossibilità oggettiva di eseguire gli obblighi da questa imposti possa giustificare un inadempimento della medesima, le autorità belghe non sono state in grado di dimostrare, nel caso di specie, il ricorrere di tale impossibilità (sentenza Commissione Germania, citata, punto 41).

55. Occorre pertanto concludere che il Regno del Belgio, avendo omesso di adottare i provvedimenti necessari per rendere la qualità delle acque di balneazione conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160 e non avendo raggiunto i risultati da questa prescritti, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'articolo 4, n. 1, della detta direttiva.

 

Sull'obbligo di vietare la balneazione nelle zone dove la qualità delle acque non è conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160

56. La Commissione fa valere che le misure previste dalla normativa belga in caso di superamento in una determinata zona di balneazione dei valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160 sono insufficienti. A tale proposito, essa rileva come la decisione di vietare la balneazione spetti ai Comuni, i quali vengono informatidall'amministrazione della sanità pubblica in merito all'eventuale superamento dei valori limite nelle zone di balneazione situate nel loro territorio; tuttavia, la Commissione osserva che le autorità belghe non hanno la certezza che i Comuni ottemperino effettivamente all'esortazione a vietare la balneazione che viene loro rivolta. Per ciò che riguarda la Regione vallona, sarebbe stata comunicata soltanto un'ordinanza municipale del 17 giugno 1996, la quale vietava la balneazione in una zona inquinata da salmonella, e dalla relazione annuale della Commissione sulla qualità delle acque di balneazione per la stagione balneare 1995 emergerebbe che nessuna zona è stata colpita da un analogo divieto.

57. Ora, una corretta applicazione della direttiva 76/160 implicherebbe l'obbligo di vietare la balneazione in caso di superamento dei valori limite in una zona determinata. Un tale obbligo, di certo non espressamente previsto dalla direttiva 76/160, scaturirebbe dal combinato disposto degli artt. 1, n. 2, lett. a), e 4, n. 1, della direttiva predetta, interpretati alla luce della finalità di questa, quale è espressa nel suo primo 'considerando e ribadita all'articolo 8, terzo comma, che mira in particolare ad assicurare la tutela della sanità pubblica. In assenza di un tale divieto, infatti, i bagnanti sarebbero esposti a numerosi rischi per la loro salute.

58. Le autorità belghe sostengono che, ogni volta che i controlli accertino, in una zona di balneazione, il superamento dei valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160, l'amministrazione della sanità pubblica ne avvisa il Comune interessato, il quale provvede a vietare la balneazione nella detta zona previa consultazione di tutti i servizi competenti. Alle proposte di divieto di balneazione sarebbe stato dato corso in tutte le occasioni. Le zone di balneazione interessate sarebbero pertanto escluse, temporaneamente o definitivamente, dal campo di applicazione della direttiva 76/160. Le autorità belghe contestano l'interpretazione della direttiva 76/160 proposta dalla Commissione, secondo la quale la normativa belga avrebbe dovuto imporre ai Comuni l'obbligo di vietare la balneazione in caso di superamento dei valori limite in una determinata zona.

59. Anzitutto, occorre rilevare che, in caso di superamento dei valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 76/160 in una determinata zona di balneazione, lo Stato membro interessato ha l'obbligo, in conformità all'articolo 4, n. 1, della direttiva, di adottare i provvedimenti necessari perché la qualità delle acque di balneazione sia resa conforme ai detti valori limite.

60. Si deve constatare, poi, come nessuna disposizione della direttiva 76/160 introduca l'obbligo di vietare la balneazione in zone dove venga osservato un superamento dei suddetti valori limite.

61. Infine, un tale obbligo non potrebbe essere desunto dalla finalità della direttiva 76/160, la quale, come ricordato al punto 25 della presente sentenza, mira a garantire la tutela della sanità pubblica.

62. La necessità di tutelare la sanità pubblica comporta l'obbligo, per gli Stati membri, di vietare la balneazione in una determinata zona soltanto allorché, tenuto conto delle condizioni locali, l'importanza del superamento dei valori osservato in tale zona o la natura dei valori limite non rispettati implichino un pericolo per la sanità pubblica.

63. Pertanto, alla luce del tenore letterale delle disposizioni della direttiva 76/160, la Commissione non può contestare al Regno del Belgio di non aver previsto nella sua normativa l'obbligo di vietare la balneazione nelle zone dove la qualità delle acque non è conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva predetta.

64. Occorre pertanto rigettare questa terza censura in quanto infondata.

65. Considerato quanto sopra, si deve concludere che

— escludendo dal campo di applicazione della direttiva 76/160, senza giustificazioni appropriate, numerose zone di balneazione in acque interne e

— avendo omesso di adottare, nel termine di dieci anni dalla notifica della direttiva 76/160, i provvedimenti necessari affinché la qualità delle acque di balneazione fosse resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della detta direttiva e non avendo raggiunto i risultati da questa prescritti,

il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'articolo 4, n. 1, della direttiva 76/160.

 

Sulle spese

66. A norma dell'articolo 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna del Regno del Belgio, quest'ultimo, essendo risultato essenzialmente soccombente, dev'essere condannato alle spese.

 

Per questi motivi

La Corte (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) — Escludendo dal campo di applicazione della direttiva del Consiglio 8 dicembre 1975, 76/160/Cee, concernente la qualità delle acque di balneazione, senza giustificazioni appropriate, numerose zone di balneazione in acque interne e

— avendo omesso di adottare, nel termine di dieci anni dalla notifica della direttiva 76/160, i provvedimenti necessari affinché la qualità delle acque di balneazione fosse resa conforme ai valori limite fissati ai sensi dell'articolo 3 della direttiva predetta e non avendo raggiunto i risultati da questa prescritti,

il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'articolo 4, n. 1, della detta direttiva.

2) Il ricorso è respinto per il resto.

3) Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

(omissis)

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 maggio 2000.

(omissis)

 

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