Rifiuti

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Procedura d'infrazione Commissione Ce 99/4006 e risposta MinAmbiente 13 gennaio 2000

Scarti alimentari

Alla procedura di infrazione segue la risposta del Ministero dell'ambiente.

Commissione delle Comunità europee

Procedura d'infrazione n. 99/4006

 

Bruxelles, 22 ottobre 1999

SG(99)D/8358

Signor Ministro,

la Commissione ha l'onore di attirare l'attenzione del Suo governo sull'applicazione in Italia della direttiva 75/422/Cee del Consiglio del 15 luglio 1975 relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/Cee del Consiglio del 18 marzo 1991 (d'ora in avanti la "direttiva").

1. L'obiettivo essenziale della direttiva è la protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti.

L'articolo 1 a) della direttiva definisce "rifiuto" "qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi. La Commissione, conformemente alla procedura di cui all'articolo 18, preparerà, entro il 1° aprile 1993, un elenco dei rifiuti che rientrano nelle categorie di cui all'allegato I".

Una delle categorie riportate nell'allegato I (Q1) è definita come "residui di produzione o di consumo in appresso non specificati".

L'elenco di rifiuti di cui all'articolo 1 a) della direttiva è stato adottato con decisione della Commissione 94/3/Ce (d'ora in avanti la "decisione"), del 20 dicembre 1993, che istituisce un elenco di rifiuti (il Catalogo Europeo dei Rifiuti, CeR) conformemente all'articolo 1 a) della direttiva 75/442/Cee del Consiglio relativa ai rifiuti. Il capitolo 2 della decisione identifica 36 diverse categorie di rifiuti provenienti da produzione, trattamento e preparazione di alimenti in agricoltura, orticoltura, caccia, pesca ed acquicoltura.

2. Le Giunte regionali di Veneto, Piemonte, Marche, Sardegna ed Emilia Romagna hanno adottato delle deliberazioni contenenti indirizzi operativi vincolanti per la corretta applicazione del decreto 5 febbraio 1997, n. 22 (che traspone in Italia la disciplina comunitaria sui rifiuti). In tali atti si statuisce che "qualora disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria, non sono da considerare rifiuti gli scarti alimentari, destinati ad essere utilizzati come alimentazione per gli animali, provenienti dall'industria agro-alimentare, o da mense ristoranti eccetera". Pertanto tali scarti sono esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti.

Le singole deliberazioni sono le seguenti:

  • Deliberazione 1792 (articolo 1.3) del 19 maggio 1998 della Giunta regionale del Veneto;
  • Deliberazione 24/24570 (articolo 7) dell'11 maggio 1998 della Giunta regionale del Piemonte;
  • Deliberazione 1115 (articolo 7) del 18 maggio 1998 della Giunta regionale delle Marche;
  • Deliberazione 25 (articolo 7) del 27 maggio 1998 della Giunta regionale della Sardegna;
  • Deliberazione 1200 (articolo 7) del 20 luglio 1998 della Giunta regionale dell'Emilia Romagna.

3. Le suddette deliberazioni hanno stabilito che, qualora disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria, non sono da considerare rifiuti gli scarti alimentari destinati ad essere utilizzati come alimentazione per gli animali. Pertanto, allo stato attuale, nelle cinque Regioni interessate, la disciplina sui rifiuti, come definita dalle direttive europee sui rifiuti e trasposta nell'ordinamento giuridico italiano, non è applicabile agli scarti alimentari destinati ad essere utilizzati come alimentazione per animali quando questi sono già disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria.

Ciò è contrario alla direttiva, che non può essere derogata da una norma speciale di diritto interno, nazionale o regionale, e che comunque comprende gli scarti alimentari nel proprio ambito di applicazione.

4. Non è contestato che, in assenza delle deliberazioni regionali, questi scarti sarebbero qualificati come rifiuti ai sensi della disciplina italiana sui rifiuti.

L'esclusione degli scarti alimentari dall'ambito di applicazione della disciplina italiana sui rifiuti è giustificato, nelle deliberazioni suindicate, dall'esistenza di una regolamentazione speciale di natura igienico-sanitaria. Ciò non è conforme alla direttiva. Il fatto che tali scarti siano anche soggetti ad una diversa e speciale disciplina di diritto interno non può escluderli dall'applicazione della disciplina comunitaria sui rifiuti. Una disciplina special e di diritto interno non può avere l'effetto di derogare al diritto comunitario, riducendo l'ambito di applicazione di una direttiva. Ai sensi dell'articolo 2 b della direttiva, le possibili esclusioni (dall'ambito di applicazione della direttiva) di categorie di rifiuti eventualmente già coperte da altra normativa rilevano solo nel caso si tratti di normativa comunitaria relativa ad uno dei tipi di rifiuti ivi tassativamente elencati, e questo non è il caso degli scarti alimentari.

5. In ogni caso, la Commissione considera gli scarti alimentari come rifiuti in quanto soddisfano le condizioni stabilite dall'articolo 1 a) della direttiva.

Gli scarti alimentari sono materiali di cui il detentore si vuole disfare e sono elencati nel catalogo europeo dei rifiuti (CeR) che identifica 36 diverse categorie di rifiuti provenienti da produzione, trattamento e preparazione di alimenti in agricoltura, orticoltura, caccia, pesca ed acquicoltura, come sopra riportato. Pertanto, gli scarti alimentari debbono essere considerati coperti dalla definizione di rifiuto (e, di conseguenza, inclusi nell'ambito di applicazione della disciplina comunitaria sui rifiuti) come fissata dalla direttiva (articolo 1 a) in combinato disposto con la decisione (capitolo 2).

6. Inoltre, le disposizioni italiane di tutela igienico-sanitaria concernenti i mangimi per animali (legge 13 febbraio 1963, n. 281 e successive modifiche) riguardano la produzione e la commercializzazione di tali alimenti ma non riguardano le fasi (riduzione volumetrica, cernita, essiccazione, deferrizzazione, abbattimento muffe, asportazione impurità inorganiche, trasporto, stoccaggio, eccetera) che ne precedono la produzione e relativamente alle quali rileva l'eventuale utilizzo degli scarti alimentari. L'ambito di applicazione della disciplina italiana sui mangimi per gli animali non corrisponde esattamente a quello della disciplina sui rifiuti. Il risultato della mancata applicazione della disciplina sui rifiuti agli scarti alimentari destinati ad essere utilizzati come alimenti per animali, qualora siano disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria, è che tutte le sopra indicate operazioni (fasi) di trattamento degli scarti alimentari, che debbono essere considerate coperte dalla disciplina sui rifiuti, rimangono escluse dall'ambito di applicazione di entrambe le discipline.

7. Si sottolinea, infine, che la stessa censura che è oggetto di questa lettera di messa in mora è stata già contestata all'Italia nella procedura 95/2184 (lettera di messa in mora del 23 settembre 97, SG(97) 7860). La detta procedura riguardava il decreto 5 febbraio 1997, n. 22 (conosciuto come il "decreto Ronchi") di recepimento della normativa comunitaria sui rifiuti a livello nazionale. In seguito alla menzionata lettera di messa in mora questo decreto fu modificato (con decreto 8 novembre 1997, n. 389) e la disposizione che permetteva l'esclusione degli scarti alimentari dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti qualora fossero disciplinati da norme di natura igienico-sanitaria fu abrogata. Attualmente, grazie alle suindicate singole deliberazioni regionali, questa stessa eccezione (contraria al diritto comunitario) risulta essere di nuovo in vigore a livello regionale.

8. Alla luce di quanto sopra riportato, la Commissione conclude che, a causa delle deliberazioni regionali summenzionate, l'ambito di applicazione della direttiva nei territori delle cinque Regioni interessate risulta essere ridotto nella misura in cui la direttiva risulta non essere applicata ai rifiuti alimentari destinati ad essere utilizzati come alimentazione per animali quando disciplinati da specifiche norma di tutela igienico-sanitaria.

Pertanto, allo stato attuale delle sue conoscenze e sulla base di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che, avendo le Regioni Veneto, Piemonte, Marche, Sardegna ed Emilia Romagna adottato, allo scopo di fornire indirizzi operativi per la corretta applicazione della disciplina sui rifiuti, le sopra elencate deliberazioni che escludono dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti gli scarti alimentari destinati ad essere utilizzati come alimentazione per animali quando disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria, la Repubblica italiana sia venuta meno, in relazione agli scarti alimentari in tal modo individuati, a tutti gli obblighi previsti dalla direttiva 75/442/Cee, come modificata dalla direttiva 91/156/Cee e a quelli derivanti dal capitolo 2 della decisione 94/3/Ce.

In tali circostanze, in conformità dell'articolo 226 del trattato Ce, la Commissione chiede al governo italiano di formulare osservazioni su quanto è oggetto della presente lettera entro due mesi dal suo ricevimento.

La Commissione si riserva, inoltre, dopo aver preso conoscenza di queste osservazioni o qualora non le pervenissero nel termine suddetto, di emettere un parere motivato di cui all'articolo 226 del trattato Ce.

 

Ministero dell'ambiente

Roma, 13 gennaio 2000

Oggetto: Nota n. SG(99)D/8358 del 22 ottobre 1999 — Procedura di infrazione 99/4006.

 

Con la lettera indicata in oggetto, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana ai sensi dell'articolo 226 del Trattato Ce, relativamente alla direttiva 75/442/Cee del Consiglio del 15 luglio 1975 sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/Cee del Consiglio del 18 marzo 1991, e al capitolo 2 della decisone 94/3/Ce.

La Repubblica italiana sarebbe venuta meno agli obblighi previsti dalla citata normativa comunitaria in quanto le Regioni Veneto, Piemonte, Marche, Sardegna ed Emilia Romagna hanno, con proprie deliberazioni di Giunta (rispettivamente: del. 1792 del 19 maggio 1998, articolo 1.3, Giunta regionale del Veneto — del. 24/24570 dell'11 maggio 1998, articolo 7, Giunta regionale del Piemonte — del. 1115 del 18 maggio 1998, articolo 7, Giunta regionale delle Marche — del. 25 del 27 maggio 1998, articolo 7, Giunta regionale dell'Emilia Romagna), escluso dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti gli scarti alimentari destinati ad essere utilizzati come alimentazione per animali, quando disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria.

In particolare, la Commissione fa presente che gli scarti alimentari sono da considerare rifiuti in quanto soddisfano le condizioni stabilite dall'articolo 1a) della direttiva 75/442/Cee del Consiglio del 15 luglio 1975 sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/Cee del Consiglio del 18 marzo 1991: sono cioè materiali elencati nel catalogo europeo dei rifiuti (CeR), nelle diverse categorie di rifiuti provenienti da produzione, trattamento e preparazione di alimenti in agricoltura, orticoltura, caccia, pesca e acquicoltura, di cui il detentore si vuole disfare.

Tali cesure si fondano sul presupposto che le deliberazioni regionali in questione intendano escludere dal regime dei rifiuti gli scarti dell'industria agro-alimentare che soddisfano la definizione di rifiuto.

In realtà, le deliberazioni regionali riguardano solo quelle sostanze e materiali che la direttiva del Consiglio 96/25/Ce del 29 aprile 1996, recepita in Italia con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 360, individua e qualifica espressamente come "materie prime per mangimi".

Più precisamente, si tratta solo di quei prodotti che la citata direttiva 96/25/Ce

a) qualifica "materie prime";

b) individua nell'allegato B in base a precise caratteristiche merceologiche;

c) sottopone ad un regime giuridico proprio delle materie prime in quanto siano destinate in modo effettivo ed oggettivo all'alimentazione animale.

Il fatto di disfarsi, la decisone o l'obbligo di disfarsi sono, pertanto, esclusi solo ove ricorrano tutti i suddetti presupposti (caratteristiche merceologiche e destinazione).

Restano, perciò, assoggettati al regime dei rifiuti tutti i sottoprodotti che non vengono effettivamente utilizzati per la preparazione di mangimi, nonché tutti quegli scarti dell'industria agroalimentare che non hanno le caratteristiche delle "materie prime per mangimi" di cui alla parte B dell'allegato alla citata direttiva 96/25/Ce, o che hanno tali caratteristiche solo dopo essere stati sottoposti a trattamenti preventivi di recupero, quali la riduzione volumetrica, la cernita, l'essicazione, eccetera.

Questa impostazione risulta coerente con lo stesso catalogo Europeo dei rifiuti. Il capitolo 2 del CeR individua, infatti, i "rifiuti provenienti da produzione, trattamento e preparazione di alimenti in agricoltura, orticoltura, caccia, pesca e acquicoltura", ma cinque delle sette voci che lo compongono (2.2, 2.3, 2.5, 2.6 e 2.7) riguardano solo gli "scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione". Nelle suddette voci non risultano, perciò, compresi gli scarti di lavorazione utilizzabili per il consumo o la trasformazione.

A ciò si deve altresì aggiungere che nella lista verde dei rifiuti di cui all'allegato II del regolamento n. 259/93/Cee, alla voce G.M. — Rifiuti derivanti da industrie agroalimentari, è inserita la categoria " Rifiuti dell'industria agroalimentare, esclusi i sottoprodotti conformi ai requisiti e alle norme nazionali e internazionali e destinati al consumo umano e animale". Sembra, cioè, ribadito che non sono compresi nella categoria dei rifiuti i sottoprodottti conformi ai requisiti e alle norme nazionali e internazionali che sono destinati al consumo umano e animale.

Quanto sopra detto vale anche con riferimento alle "materie prime per mangimi" di origine animale.

Rispetto agli scarti animali utilizzati per produrre tali "materie prime per mangimi", le deliberazioni regionali hanno inteso chiarire i rapporti tra la disciplina generale dei rifiuti e la specifica disciplina dei rifiuti di origine animale dettata dalla direttiva 90/667/Cee del Consiglio del 27 novembre 1990, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 508/92.

Più precisamente, sul punto le citate deliberazioni regionali intendono chiarire che la disciplina generale dei rifiuti di cui alla direttiva 91/156/Cee, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 22/97, non si applica ai rifiuti di origine animale nei limiti in cui le attività di gestione di tali rifiuti siano disciplinate dalla predetta direttiva 90/667/Cee e dalle relative norme nazionali di recepimento.

Questa impostazione è coerente con l'articolo 2b), della direttiva 91/156/Cee, che esclude, tra l'altro, dal regime generale dei rifiuti ".... le carogne ...." disciplinate da altre norme comunitarie: nel caso di specie infatti tali rifiuti risultano disciplinati dalla citata direttiva 90/667/Cee.

La stessa nota della Commissione sembra riconoscere l'esistenza di questo rapporto tra la normativa generale sui rifiuti e la disciplina speciale dei rifiuti di origine animale destinati alla produzione di mangimi laddove afferma che le possibili esclusioni dall'ambito di applicazione della direttiva sui rifiuti sono tassativamente elencate all'articolo 2b) della direttiva stessa e sono condizionate al fatto che le categorie di rifiuti considerate siano già disciplinate da altra normativa comunitaria.

Ovviamente, si conviene con la Commissione circa la non ammissibilità di un'esclusione totale ed aprioristica dalla disciplina dei rifiuti degli scarti in questione.

A tal fine si deve osservare che la direttiva 90/667/Cee del Consiglio del 27 novembre 1990 disciplina in dettaglio le caratteristiche degli impianti di trasformazione di tali rifiuti e prevede che questi siano riconosciuti dall'autorità competente. Per quanto riguarda il trasporto, inoltre, la stessa direttiva prevede che l'autorità competente prenda i provvedimenti necessari per controllare i movimenti di materiali ad alto rischio, esigendo la compilazione di registri e documenti che accompagnino tali materiali durante il trasporto fino al luogo in cui sono eliminati (in Italia tale obbligo è stato esteso a tutti gli scarti di origine animale).

Si ritiene pertanto che le disposizioni sulla gestione dei rifiuti di origine animale derogano al regime generale dei rifiuti previsto dalla direttiva 91/156/Cee solo per la disciplina del documento di trasporto che deve accompagnare i movimenti di tali rifiuti e la disciplina delle autorizzazioni degli impianti di trasformazione dei rifiuti stessi.

Tutte le altri fasi del ciclo di gestione di questi rifiuti rimangono, invece, disciplinate dalla direttiva 75/442/Cee.

In conclusione, le deliberazioni regionali oggetto della procedura di infrazione intendono chiarire che:

— i sottoprodotti dell'industria agroalimentare che possiedono le caratteristiche delle materie prime per mangimi di cui alla parte B dell'allegato alla direttiva 96/25/Ce (Parte A, Capo II, dell'allegato II del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 360, che si allega in copia), se oggettivamente ed effettivamente impiegati per la produzione di mangime per animali, non rientrano nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 1a) della direttiva 75/442/Cee e, quindi, sono esclusi dalla relativa disciplina;

— i sottoprodotti destinati alla produzione di mangimi per animali che non possiedono le caratteristiche di cui al precedente punto, o le possiedono solo a seguito di un trattamento di recupero (quale riduzione volumetrica, .......... essicazione eccetera), sono invece a tutti gli effetti dei rifiuti e, in quanto tali, sono assoggettati alla relativa disciplina comunitaria.

Per il solo caso degli scarti di origine animale, disciplinati con particolare riguardo alle esigenze di tutela igienico-sanitaria dalla direttiva 90/667/Cee, si ritiene che la disciplina predetta possa considerarsi idonea anche ai fini dell'applicazione di quanto previsto dalla disciplina comunitaria in materia di rifiuti per quanto riguarda il documento di trasporto che deve accompagnare i movimenti di tali rifiuti e la disciplina delle autorizzazioni degli impianti di trasformazione dei rifiuti stessi.

Al fine di apportare i necessari chiarimenti operativi in linea con le considerazioni sopra esposte è stata trasmessa alle Regioni ed agli organi di controllo la nota che si allega in copia.

Si allega altresì copia del documento trasmesso a questo Ministero dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome a seguito della lettera di messa in mora della Commissione europea.

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