Danno ambientale e bonifiche

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Toscana 19 maggio 2010, n. 1525

Bonifiche - Competenze - Dlgs 152/2006 - Differenza tra attività politica ministeriale e di gestione dirigenziale - Sussiste

Il Dlgs 152/2006 ha “notevolmente innovato” in materia di competenze sulle bonifiche, confinando l’intervento del Ministro – e dei relativi concerti ed intese – ai soli atti caratterizzati da valutazioni “politiche”.
È quanto stabilito dal Tar Toscana (sentenza 1525/2010) nel rigettare l’istanza di incompetenza presentata contro un decreto direttoriale, che imponeva una messa in sicurezza d’emergenza al proprietario di un’area posta all’interno di un sito di bonifica di interesse nazionale (Sin).
Tale atto di recepimento dell’apposita conferenza di servizi previamente tenutasi, sostiene il Tar, non rientra nell’attività di indirizzo politico-amministrativo di competenza diretta del Ministro, ma rappresenta - a differenza della mappatura dei siti di interesse nazionale, ad esempio - un “mero atto di gestione” di competenza dirigenziale.

Tar Toscana

Sentenza 19 maggio 2010, n. 1525

Repubblica italiana

in nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 465 del 2008, proposto dalla

Provincia di Massa Carrara, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. (omissis) e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Firenze, via Buonvicini n. 21

 

contro

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4

Regione Toscana, non costituita in giudizio

Arpat – Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, non costituita in giudizio

Azienda Usl n. 1 di Massa-Carrara, non costituita in giudizio

 

nei confronti di

(omissis) Spa, non costituito in giudizio

per l'annullamento,

previa sospensione dell'efficacia,

— del decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 28 dicembre 2007, prot. n. 4307/QdV/Si/B, recante approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di Servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa-Carrara del 30 ottobre 2007, nella parte in cui contiene prescrizioni a carico della Provincia di Massa-Carrara;

— della nota ministeriale prot. n. 33534/QdV/Di/VII/VIII, a sua volta del 28 dicembre 2007, con cui è stato comunicato detto decreto;

— del verbale della Conferenza di Servizi decisoria tenutasi il 30 ottobre 2007 presso il Ministero dell'ambiente, per quanto concerne le determinazioni relative all'area Sottopasso Ferroviario – Via Longobarda – Via Marchetti – Via Aurelia – Comune di Massa – Comune di Carrara;

— del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007;

— del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 9 novembre 2004;

— della nota dell'Arpat – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 6 dicembre 2004, prot. n. 3741/1.23.Massa/28;

— della nota protocollata dall'Arpat – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara alegge n. 3626 del 25 novembre 2004;

— della nota dell'Arpat – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara dell'8 agosto 2005, prot. n. 3110/01.23.11/28;

— della nota dell'Arpat – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 16 gennaio 2006, prot. n. 0173/01.23.11/28;

— della nota dell'Arpat – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 16 febbraio 2006, prot. n. 0175/01.23.01/1.2;

— della nota dell'Arpat – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 13 febbraio 2006, prot. n. 637/01.23.04/54;

— della nota dell'Arpat – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 5 settembre 2006, prot. n. 3718/01.23.04/54;

— della relazione tecnica trasmessa dall'Arpat in data 10 agosto 2007;

— della nota del Ministero dell'ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 21 agosto 2007, prot. n. 2174/QdV/DI;

— di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Vista l'istanza di sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati, proposta in via incidentale dalla Provincia ricorrente;

Vista l'ordinanza n. 380/2008 del 9 aprile 2008, con la quale è stata accolta l'istanza incidentale di sospensione;

Vista l'ulteriore memoria depositata dalla ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore, nell'udienza pubblica del 4 febbraio 2010, il dr. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

 

Fatto

La Provincia di Massa-Carrara espone di aver realizzato, tra il settembre 2005 ed il giugno 2006, un sottopasso ferroviario di nuova progettazione, con allargamento ed adeguamento della sede stradale nell'area del sottopasso ferroviario di via Longobarda, via Marchetti e via Aurelia, all'interno della zona industriale di Massa-Carrara, perimetrata quale sito di bonifica di interesse nazionale (Sin), ex legge n. 426/1998.

L'area oggetto dell'intervento realizzato dalla Provincia è stata da questa acquisita con procedura di esproprio, o tramite accordo bonario intervenuto nel relativo procedimento; i lavori di allargamento della sede stradale hanno interessato un'area già di proprietà della Fibronit (nel cui stabilimento si lavorava l'amianto).

Al fine della realizzazione dei lavori, la Provincia trasmetteva al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (d'ora in poi: Ministero dell'ambiente) il piano di caratterizzazione del sito ed eseguiva le prescritte indagini, da cui emergeva un valore eccedente i limiti di cui al Dm n. 471/1999 per gli idrocarburi totali. Dopo una lunga serie di contatti ed un lungo carteggio con il Ministero dell'ambiente e con l'Arpat (descritto nel ricorso), la Provincia inviava al Ministero una relazione, in cui riepilogava le operazioni eseguite, indicandone l'esito positivo e chiedendo lo svincolo dell'area. Per quanto riguarda la presenza di manganese in misura superiore ai parametri minimi, la relazione evidenziava che le acque di falda che attraversavano l'area non subivano alcun processo di contaminazione e che comunque il fenomeno era imputabile non già a contaminazione antropica, ma ad un valore di fondo caratteristico dell'area geografica.

Nondimeno, in esito alla Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007, relativa al Sin di Massa-Carrara, atteso il superamento riscontrato nelle acque di falda per il parametro manganese, si sono dettate a carico dei "soggetti titolari dell'area in esame", tra le altre, le seguenti prescrizioni:

a) l'attivazione di un intervento di messa in sicurezza d'emergenza della falda, consistente in una barriera di contenimento fisico "lungo il fronte dello Stabilimento a valle idrogeologico dell'area",

b) la presentazione, entro trenta giorni, di un progetto di bonifica delle acque di falda fondato sul contenimento fisico dell'intera area.

Le determinazioni della Conferenza sono state approvate e considerate come definitive con decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente prot. n. 4307/QdV/Si/B del 28 dicembre 2007, comunicato alla Provincia con nota ministeriale prot. n. 33534/QdV/Di/VII/VIII, di pari data.

Dolendosi delle prescrizioni suesposte, considerate ingiustificatamente lesive dei propri interessi, la Provincia esponente con il ricorso in epigrafe ha impugnato il citato decreto direttoriale, unitamente alla nota di comunicazione ed al verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007, nella parte relativa all'area in cui è ubicato il sottopasso ferroviario poc'anzi ricordato, chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione. A supporto del gravame con cui ha impugnato, altresì, gli atti presupposti, connessi e conseguenti in epigrafe specificati, l'esponente ha dedotto le seguenti doglianze:

— violazione e falsa applicazione degli articoli 7, 8, 10-bis, 14 e segg. della legge n. 241/1990, dell'articolo 239 del Dlgs n. 152/2006 e del principio del giusto procedimento, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, inesistente istruttoria e motivazione, in quanto alla Provincia, quale proprietaria incolpevole dell'area interessata, non è stato consentito di partecipare al procedimento e di fornire il proprio apporto relativamente a) all'accertamento dell'esistenza dell'inquinamento, b) all'individuazione della causa di quest'ultimo, c) al significato da attribuire alle analisi svolte ed ai loro risultati;

— violazione e falsa applicazione dell'articolo 15 del Dm n. 471/1999, nonché dell'articolo 164 del Dlgs n. 152/2006, incompetenza ed eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, inesistente motivazione ed istruttoria, contraddittorietà, poiché le determinazioni gravate sarebbero state assunte in esito ad un'istruttoria svolta in prevalenza da un organo incompetente (il Direttore Generale del Ministero dell'ambiente) e, comunque, il Ministero avrebbe condotto unilateralmente la Conferenza di Servizi, in violazione dell'articolo 15 del Dm n. 471/1999;

— violazione e falsa applicazione degli articoli 14 e segg. della legge n. 241/1990, dell'articolo 17 del Dlgs n. 22/1997, degli articoli 240 e segg. del Dlgs n. 152/2006, eccesso di potere per inesistente motivazione ed istruttoria e difetto dei presupposti, incompetenza, violazione dell'articolo 4 del Dlgs n. 165/2001, in quanto il decreto dirigenziale approvativo delle prescrizioni della Conferenza sarebbe stato adottato da un organo incompetente (il Direttore generale), anziché dal Ministro, e perché sarebbe mancato il previo concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico;

— violazione e falsa applicazione degli articoli 240 e segg. del Dlgs n. 152/2006, dell'articolo 97 Cost. e del principio del giusto procedimento, ed eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, inesistente motivazione ed istruttoria, giacché la P.a. avrebbe imposto obblighi di intervento, senza aver predisposto previamente l'analisi di rischio-sito specifica, avrebbe violato il precetto che riserva al soggetto interessato la determinazione dei contenuti del progetto di bonifica e delle misure di messa in sicurezza ed avrebbe disposto gli interventi senza accertare il superamento dei limiti di cui agli allegati al Dlgs n. 152/2006;

— violazione falsa applicazione degli articoli 4, 23, 192, 240, 242, 243, 244, 245, 252, 253, 311, 313 del Dlgs n. 152/2006, dell'Allegato e al Titolo V, Parte IV, del Dlgs n. 152 cit., dell'articolo 9 del Dm n. 471/1999, del Dpr 12 aprile 1996, dell'articolo 1 del Dpcm 10 agosto 1988, n. 377, dell'articolo 3 della legge n. 241/1990, del principio del giusto procedimento ex articolo 97 Cost., nonché eccesso di potere per inesistente motivazione ed istruttoria, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, violazione del principio comunitario dell'applicazione delle migliori tecnologie a costi sopportabili e del principio di proporzionalità, incongruità, illogicità, irrazionalità e contraddittorietà manifeste, giacché: a) il preteso inquinamento del sito sarebbe di gran lunga antecedente alla sua acquisizione da parte della Provincia e certo non riferibile ad alcuna attività di questa; b) la prescrizione di realizzare il sistema di contenimento fisico non sarebbe in alcun modo motivata o giustificata, né vi sarebbe stata alcuna istruttoria che dimostri la responsabilità della Provincia nel causare l'inquinamento; c) la situazione di inquinamento non avrebbe quel carattere di repentinità che giustifica la prescrizione di interventi di messa in sicurezza d'emergenza; d) l'intervento previsto, sebbene qualificato come di messa in sicurezza d'emergenza, sarebbe in realtà una vera e propria bonifica; e) non vi sarebbe stata nessuna valutazione delle enormi spese che la realizzazione della barriera fisica imporrebbe alla ricorrente; f) sarebbe stata omessa la previa valutazione dell'impatto ambientale dell'opera prescritta; g) non si sarebbero potuti imporre interventi d'emergenza alla Provincia, poiché anche detti interventi vanno addebitati al responsabile dell'inquinamento e non al proprietario incolpevole;

— violazione e falsa applicazione del Dm n. 471/1999, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, inesistente motivazione ed istruttoria, in quanto gli accertamenti effettuati dalla Provincia avrebbero escluso qualunque superamento dei parametri di cui al Dm n. 471/1999 e la presenza di manganese dovrebbe essere riportata all'entità presente in molte zone, compatibile con i parametri di legge.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'ambiente, con atto di mera costituzione formale.

Nella Camera di consiglio del 9 aprile 2008 il Collegio, attesi i precedenti conformi della Sezione, con ordinanza n. 380/2008 ha accolto l'istanza incidentale di sospensione.

In vista dell'udienza di merito, la ricorrente ha depositato una memoria, ripercorrendo le doglianze già formulate ed insistendo per l'accoglimento del gravame.

All'udienza pubblica del 4 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

Diritto

Con il ricorso in epigrafe la Provincia di Massa-Carrara contesta le determinazioni assunte a suo carico nella Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007 – in specie, la realizzazione di una barriera di contenimento fisico delle acque di falda e l'imposizione di un progetto di bonifica basato sul confinamento fisico dell'intera area – chiedendo, perciò, l'annullamento in parte qua del decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente che ha approvato e recepito le determinazioni stesse, e del verbale della predetta Conferenza di Servizi.

Il Collegio ritiene di dover esaminare prioritariamente il terzo motivo di ricorso, con il quale viene dedotto il vizio di incompetenza dell'organo emanante, atteso che, in caso di suo accoglimento, in base all'articolo 26, secondo comma, della legge n. 1034/1971, dovrebbe pronunciarsi l'annullamento degli atti impugnati e rimettersi l'affare all'autorità competente, restando precluso l'esame degli ulteriori motivi di censura, onde evitare intromissioni improprie nell'attività dell'organo riconosciuto come competente (cfr., ex multis, CdS, Sez. IV, 20 luglio 2009, n. 4568).

 

Il motivo è infondato.

In argomento, il Collegio evidenzia che l'asserzione della ricorrente, secondo cui quella in discorso sarebbe attività di indirizzo politico-amministrativo, e non di gestione, appare affermazione priva di argomenti giuridici capaci di supportarla e che, in particolare, non rinviene nella vigente disciplina positiva elementi che la sostengano.

Ed invero, l'articolo 252 del Dlgs n. 152/2006 distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell'ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero. Rientra ad es. tra i primi l'individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (articolo 252, comma 2, cit.), il che è del tutto logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente all'indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità dell'intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per l'appunto, dal comma 2 dell'articolo 252. Si deve invece reputare che l'impugnato decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.a. è chiamata a compiere nel settore in esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento, peraltro non di bonifica, ma di messa in sicurezza d'emergenza.

Del resto, l'articolo 252, comma 4, del Dlgs n. 152 cit. attribuisce la competenza per i procedimenti di bonifica di cui al precedente articolo 242, qualora abbiano ad oggetto i siti di interesse nazionale, "alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio": né una simile espressione può esser considerata atecnica, erronea o comunque non voluta e casuale, poiché essa si inserisce in una disposizione (l'articolo 252 cit.) in cui, come accennato, quando ci si vuole riferire alle competenze del Ministro dell'ambiente, lo si dispone espressamente, stabilendo che l'atto compete al "Ministro" e non al "Ministero" (così l'autorizzazione provvisoria ex articolo 252 cit., comma 8). E se l'attribuzione delle relative competenze al "Ministero" (e non al Ministro, salve le tassative eccezioni) vale per gli atti del procedimento di bonifica, a fortiori essa deve valere per il provvedimento impugnato, atteso che questo ha ad oggetto un intervento di messa in sicurezza d'emergenza e, pertanto, investe una fase prodromica rispetto alla bonifica, comunque non in grado di determinare il definitivo riassetto del sito (v. articolo 240, comma 1, lettera m), del Dlgs n. 152 cit.).

A conferma dell'ora vista conclusione si richiama la più recente giurisprudenza (Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738), per la quale gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo. Questi si limitano a definire gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento risulta riservato alla responsabilità dei dirigenti. Ciò, in base al generale principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che presiede l'organizzazione ed il funzionamento delle P.a., alla luce anche dell'articolo 4, comma 3, del Dlgs n. 165/2001, secondo il quale le attribuzioni dei dirigenti possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative. La pronuncia in esame, che richiama a proprio supporto anche una decisione di questa Sezione (Tar Toscana, Sez. II, 16 ottobre 2008, n. 2287), osserva, inoltre, come la conclusione della competenza dei dirigenti all'emanazione degli atti del procedimento di bonifica di siti di interesse nazionale sia innanzitutto valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all'articolo 15 del Dm n. 471/1999 (precedente al Dlgs n. 165/2001 e non avente rango legislativo), sebbene questo assegni al Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'Industria (ora Sviluppo Economico) e della Salute, la competenza ad approvare il progetto definitivo di bonifica. Ma, soprattutto, resti valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all'articolo 252 del Dlgs n. 152/2006, "che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive)" (v. Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1738/2009, cit.; id., 18 febbraio 2009, n. 319).

Parimenti infondata è, poi, la doglianza – contenuta nel medesimo terzo motivo – con cui si lamenta l'omissione del concerto con il Ministero delle Attività Produttive (ora dello Sviluppo Economico), atteso che il suddetto concerto non è richiesto dalla normativa di riferimento: l'articolo 252, comma 4, del Dlgs n. 152/2006, infatti, non lo menziona. A tal proposito è significativa la differenza rispetto al precedente comma 1, che – come già visto – richiede invece l'intesa con le Regioni per il distinto procedimento di individuazione dei siti di interesse nazionale. D'altro canto, l'intesa ed il concerto sarebbero incompatibili con la natura di atto gestionale del decreto direttoriale impugnato (ed anzi, il fatto che non siano richiesti conferma la natura di atto di mera gestione e non di indirizzo politico-amministrativo del decreto in discorso). Sul punto, si ricorda infatti che, secondo la giurisprudenza, l'esercizio di poteri che sfociano in decreti emanati di concerto tra due ministri non è riconducibile ad un'attività meramente gestionale, ma rientra nell'ambito dell'indirizzo politico-amministrativo, rappresentando espressione di valutazioni anche politiche proprie dei poteri governativi (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 4 febbraio 2002, n. 350). Sotto questo aspetto, dunque, vi è assoluta coerenza tra la necessità dell'intesa nel procedimento di cui al comma 1 dell'articolo 252 e l'assenza di una tale intesa o concerto nella disciplina di cui al successivo comma 4 (il quale si limita a chiedere che sia sentito il Ministero dello Sviluppo Economico): nel primo caso si tratta di un procedimento (l'individuazione dei siti di bonifica di interesse nazionale) che attiene all'indirizzo politico-amministrativo, mentre negli altri casi (ed in particolare in quello sfociato nel decreto impugnato) si tratta di procedimenti preordinati all'adozione di atti di gestione, che proprio per detta ragione non necessitano del previo concerto a livello di vertice politico dei rispettivi apparati.

Ad ulteriore conferma dell'infondatezza della doglianza, si può inoltre evidenziare che nel modulo procedimentale della Conferenza di Servizi, i pareri, le intese ed i concerti di cui all'articolo 252 cit. ed all'articolo 15, comma 4, del Dm n. 471/1999 possono ben essere acquisiti all'interno della Conferenza stessa, senza che poi, in sede di emanazione del provvedimento finale, si debba provvedere ad una nuova acquisizione (Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, nn. 319/2009, cit. e 1738/2009, cit.). Ed in proposito diventa allora significativa la prassi seguita dal Ministero dell'ambiente, nella sua veste di Amministrazione procedente, di invitare alle Conferenze di Servizi i rappresentanti delle Regioni coinvolte e delle altre Amministrazioni statali interessate, al fine di acquisire i predetti pareri, intese e concerti, e di far precedere le Conferenze stesse dalla verifica delle presenze di tali rappresentanti (ovvero dall'allegazione di copia della lettera di invito, in caso di assenza dei rappresentanti stessi): prassi ben nota a questo Collegio perché osservata in tutte le fattispecie analoghe e rispettata anche nella Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007 (sebbene la ricorrente abbia allegato una copia solo parziale del verbale di detta Conferenza, copia integrale dello stesso è rinvenibile nel ricorso R.G. n. 1293/2007, chiamato in decisione nella stessa udienza di quello ora in esame).

A nulla varrebbe obiettare che in precedenti decisioni (Tar Toscana, Sez. II, 14 marzo 2007, n. 383; id., 24 agosto 2009, n. 1399) la Sezione si è espressa nel senso della necessità del concerto tra il Ministero dell'ambiente e le altre Amministrazioni statali che hanno partecipato alla Conferenza di Servizi decisoria, poiché tali decisioni si riferiscono alla normativa previgente (in particolare, gli articoli 17, comma 14, del Dlgs n. 22/1997 e 15 del Dm n. 471/1999), mentre nella fattispecie per cui è causa occorre fare applicazione della disciplina introdotta dal Dlgs n. 152/2006 che, in materia di competenza ministeriale o dirigenziale e di intese (o concerti), ha notevolmente innovato, come si è più sopra ricordato. In particolare, la disciplina posta dall'articolo 252 del Dlgs n. 152 cit. e poc'anzi illustrata dimostra l'inutilizzabilità, ai fini che qui interessano, dei precedenti sopra richiamati, alla luce del profondo mutamento di disciplina sul piano degli adempimenti procedurali e delle relative competenze decisorie, che confina ormai l'intervento del Ministro e dei relativi concerti ed intese (ove previsti) ai soli atti caratterizzati da valutazioni di indirizzo politico, attribuendo tutto il resto alla competenza dell'apparato ministeriale e quindi alla competenza dei dirigenti.

Passando all'esame delle ulteriori doglianze contenute nel ricorso, si osserva che le stesse risultano per più profili fondate e, dunque, meritevoli di accoglimento.

In particolare, risultano fondate sia le censure volte a contestare l'imposizione di prescrizioni sulla base della mera titolarità dell'area interessata, invece del criterio di matrice comunitaria, per cui chi inquina, paga, sia le censure avverso l'imposizione di realizzare una barriera di contenimento fisico, quale prescrizione non sostenuta da idonea istruttoria e motivazione, illogica e contraddittoria.

Invero, va anzitutto osservato come dalla documentazione in atti non si desuma alcun accertamento istruttorio volto a determinare l'esistenza dei presupposti soggettivi per l'imposizione, a carico della ricorrente, del contestato intervento di messa in sicurezza: più in generale, non vi sono elementi da cui possa dedursi l'effettuazione, da parte della P.a., delle necessarie verifiche volte ad individuare il/i responsabile/i della contaminazione dell'area.

Come questa Sezione ha più volte avuto modo di affermare (cfr., ex multis, Tar Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; id., 6 maggio 2009, n. 762), tanto la disciplina di cui al Dlgs n. 22/1997 (in particolare, l'articolo 17, comma 2), quanto quella introdotta dal Dlgs n. 152/2006 (ed in particolare, gli articoli 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa: l'obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece addossato al proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr., nello stesso senso, Tar Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254). L'Amministrazione non può, cioè, imporre ai soggetti che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento (così, nel vigore della precedente disciplina, Tar Veneto, Sez. II, 2 febbraio 2002, n. 320). L'enunciato è conforme al principio "chi inquina, paga", cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. articolo 174, ex articolo 130/R, del Trattato Ce), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.

Tale impostazione, sancita dal Dlgs n. 22/1997, risulta, come detto, confermata e specificata dagli articoli 240 e segg. del Dlgs n. 152/2006 (cd. Codice ambiente), dai quali si desume l'addossamento dell'obbligo di effettuare gli interventi di recupero ambientale, anche di carattere emergenziale, al responsabile dell'inquinamento, che potrebbe benissimo non coincidere con il proprietario ovvero il gestore dell'area interessata (Tar Toscana, Sez. II, n. 665/2009, cit.).

Va precisato, in argomento, che il principio "chi inquina, paga" vale, altresì, per le misure di messa in sicurezza d'emergenza, alle quali si riferisce la Conferenza di Servizi per cui è causa, secondo la definizione che delle misure stesse è contenuta nell'articolo 240, comma 1, lettera m), del Dlgs n. 152 cit. (ogni intervento immediato od a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito ed a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente). Infatti, anche l'adozione delle misure di messa in sicurezza d'emergenza è addossata dalla normativa in discorso al soggetto responsabile dell'inquinamento (cfr. articolo 242 del Dlgs n. 152 cit.).

Si deve sottolineare che a carico del proprietario dell'area inquinata, che non sia altresì qualificabile come responsabile dell'inquinamento, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l'area interessata libera da pesi. Dal combinato disposto degli articoli 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava infatti che, nell'ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali in esame da parte del responsabile dell'inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello stesso – e sempreché non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.a. competente, che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi (Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355; Tar Toscana, Sez. II, 17 settembre 2009, n. 1448).

Facendo applicazione dell'ora visto principio al caso di specie, emerge con tutta evidenza come in questo la P.a. non abbia proceduto ad alcuna verifica della sussistenza, a carico della Provincia di Massa-Carrara, del requisito della responsabilità colpevole. Al contrario, il verbale della Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007 ha indicato, quali destinatari delle prescrizioni impugnate, i "soggetti titolari dell'area in esame", dimostrando come nella fattispecie in discorso si sia utilizzato il criterio dominicale, in luogo di quello della responsabilità colpevole, ai fini dell'individuazione del soggetto destinatario delle prescrizioni della Conferenza stessa. Ciò, quando invece le particolari modalità di acquisto dell'area da parte della Provincia, mediante un procedimento espropriativo finalizzato alla realizzazione di un opera pubblica, avrebbero vieppiù imposto un approfondimento istruttorio circa le responsabilità nella determinazione del fenomeno.

Se ne desume la fondatezza della doglianza in esame, contenuta sia nel primo motivo di ricorso (lì dove si sottolinea che l'omissione degli obblighi di partecipazione non ha consentito alla Provincia di evidenziare la propria estraneità alla produzione dell'inquinamento), sia, più specificamente, nel quinto motivo: i suddetti motivi vanno, perciò, accolti sotto il profilo ora analizzato.

Parimenti fondata è la doglianza – dedotta con il quinto motivo – di illegittimità della prescrizione dell'intervento di messa in sicurezza d'emergenza consistente in una barriera di contenimento fisico "lungo tutto il fronte dello Stabilimento a valle idrogeologico dell'area", trattandosi di prescrizione priva di adeguata istruttoria e di motivazione in grado di giustificarne l'adozione.

Osserva, sul punto, il Collegio che la misura della cd. barriera fisica non risulta supportata, negli atti impugnati, da adeguati accertamenti tecnici o da altre spiegazioni, che la indichino come l'unico od il miglior sistema per evitare la diffusione dell'inquinamento, di tal ché il riferimento, contenuto nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria, ad un'ampia ed approfondita discussione, ha natura di mera (e del tutto inidonea) formula di stile. Si rammenta, sul punto, come (secondo quanto si legge nel predetto verbale) la precedente Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007 avesse dato mandato al Ministero dell'ambiente di svolgere l'istruttoria tecnica sull'area in esame. Va aggiunto come l'obbligo di un'esaustiva motivazione – rimasto inadempiuto – derivasse anche dalla rilevante onerosità e complessità tecnica della misura in discorso, che necessita di tempi notevolmente lunghi per il suo completamento.

A prescindere dalla valutazione di altre misure, di minore complessità ed onerosità, resta fermo che, secondo la giurisprudenza (Tar Puglia, Lecce. Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247), anche di questa Sezione (Tar Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540; id., 18 dicembre 2009, n. 3973), la P.a. è tenuta a valutare ed accertare non solo l'inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica, ma anche l'effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del sistema di contenimento fisico. Pertanto, l'opzione per detto sistema, ovvero per un utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento, avrebbe potuto legittimamente avere luogo soltanto all'esito di un'analisi comparativa tra le diverse alternative in discorso, in ragione delle specifiche caratteristiche dell'area. L'analisi comparativa si sarebbe dovuta incentrare sull'efficacia delle diverse alternative nel raggiungere gli obiettivi finali, nonché sulle concentrazioni residue, sui tempi di esecuzione e sulla loro compatibilità con l'urgenza del provvedere, e sull'impatto rispetto all'ambiente circostante gli interventi (Tar Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.). In sintesi, detta analisi avrebbe dovuto implicare la valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni sul campo, con necessaria precisazione, da parte della P.a., non solo dei vantaggi effettivi connessi alla realizzazione della barriera fisica, ma anche della comparazione con i relativi svantaggi, fornendo la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi.

Sul punto, il Collegio ritiene di aderire al quadro istruttorio e motivazionale delineato, con riguardo alla scelta del sistema della barriera fisica, dalla giurisprudenza poc'anzi richiamata (Tar Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.), secondo la quale la scelta in parola richiede:

a) un'attenta istruttoria circa gli effetti che l'indicata barriera avrebbe sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell'area sottostante;

b) un'altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre i due modelli di barriera ipotizzabili (idraulica e fisica), al fine di evitare duplicazioni di interventi, con inutile aggravio dei costi, nonché interazioni negative comportanti aggravamento dei rischi che si intendevano scongiurare;

c) un'analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale contaminato di cui la realizzazione dell'opera avrebbe richiesto la movimentazione.

In argomento altra giurisprudenza ha sottolineato l'esigenza di sottoporre l'opera di confinamento fisico delle acque ad un'analisi dell'impatto che essa ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca sull'ambiente più problemi di quelli che tende a risolvere (Tar Sardegna, Sez. II, 12 febbraio 2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. Tar Sicilia, Catania, Sez. I, 20 luglio 2007, n. 1254) che l'opera è soggetta a procedura obbligatoria di valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del Dlgs n. 152/2006, sia del precedente articolo 1, comma 1, lettera l), del Dpcm n. 377/1988.

Orbene – come già sottolineato – dall'esame complessivo degli atti di causa non emerge che la P.a. abbia svolto i suddetti approfondimenti istruttori, in specie le suesposte valutazioni e comparazioni, né che abbia corredato la propria opzione in favore del modello del contenimento fisico del congruo apparato motivazionale, che invece si rendeva necessario.

Ne discende che l'omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici, in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l'intervento di confinamento fisico, determina l'illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (Tar Sardegna, Sez. II, n. 165/2008 cit., concernente l'imposizione, immotivata e carente di un'adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la messa in sicurezza d'emergenza) ha chiarito, sul punto, che la sindacabilità della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si spingono fino alla verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio tecnico e del procedimento applicativo, ma senza sostituirsi alla P.a. nell'effettuazione di valutazioni opinabili (v. in argomento CdS, Sez. VI, 7 novembre 2005, n. 6152).

Per quanto detto, risulta altrettanto illegittima la prescrizione concernente il progetto di bonifica del sito, giacché tale progetto avrebbe dovuto basarsi anch'esso sul confinamento fisico.

Da ultimo, risulta fondata la censura, dedotta anch'essa con il quinto motivo di ricorso, secondo cui la P.a. ha illegittimamente configurato come messa in sicurezza d'emergenza la prescrizione di una misura avente in realtà natura di messa in sicurezza operativa o permanente, se non di vera e propria bonifica. Come questa Sezione ha già avuto modo di osservare in una vicenda analoga, il richiamo all'esigenza di intervenire in via d'urgenza risulta logicamente incompatibile con la prescrizione di un intervento, quale la barriera di contenimento fisico, la cui realizzazione e messa in opera richiede tempi verosimilmente lunghi, i quali ne palesano l'inidoneità sotto i profili dell'adeguatezza e della proporzionalità al conseguimento dello scopo (Tar Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540; v. pure Tar Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.).

In definitiva, il ricorso risulta fondato e deve essere accolto, attesa la fondatezza del primo (sotto il profilo surriferito) e del quinto motivo di ricorso, disatteso il terzo motivo e con assorbimento delle rimanenti doglianze. Pertanto, debbono essere annullati gli atti impugnati, nella parte in cui dettano prescrizioni in capo alla Provincia ricorrente per l'area in esame.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei confronti del Ministero dell'ambiente, mentre sono compensate nei confronti delle altre parti, non costituitesi in giudizio

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e per l'effetto annulla gli atti con lo stesso impugnati, nei termini di cui in motivazione.

Condanna il Ministero dell'ambiente al pagamento in favore della ricorrente di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi € 3000,00 (tremila/00), più Iva e Cpa come per legge,

Compensa le spese nei confronti di tutte le altre parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2010, con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in cancelleria il 19 maggio 2010

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