Danno ambientale e bonifiche

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 19 marzo 2010, n. 1313

Bonifiche - Proprietario terreno - Procedimento amministrativo - Coinvolgimento - Necessità

La normativa in materia di inquinamento (nel caso di specie il Dlgs 22/1997) non consente di imporre alcun obbligo di bonifica in capo al proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento.
Il proprietario intimato, che non sia responsabile dell'inquinamento ha inoltre facoltà di provvedere direttamente alla bonifica al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare e, quindi, l’esproprio (come autorevolmente già affermato dal Consiglio di Stato con sentenza 5 settembre 2005, n. 4525).
Secondo il Tar Lombardia (sentenza 19 marzo 2010, n. 1313) infatti affinchè l'intervento diretto del Comune per provvedere alla bonifica sia legittimo è sufficiente che il proprietario sia coinvolto nel procedimento ai sensi della legge 241/1990 affinchè egli possa valutare se provvedere esso stesso alla bonifica evitando i vincoli reali suddetti.

Tar Lombardia

Sentenza 19 marzo 2010, n. 1313

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

Sul ricorso numero di registro generale (...), proposto da:

(omissis);

contro

Comune di Asola, rappresentato e difeso (omissis);

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

— della delibera della Giunta municipale del Comune di Asola n. 524 del 29 agosto 1996, con la quale è stato approvato il progetto esecutivo dei lavori di bonifica ex Flucosit;

— della delibera della Giunta municipale del Comune di Asola n. 525 del 29 agosto 1996, con la quale è stata dichiarata l'indifferibilità e l'urgenza delle operazioni di bonifica ex Flucosit, nonché deliberata l'occupazione temporanea e d'urgenza degli immobili necessari per l'esecuzione delle opere di bonifica stesse;

— del decreto di occupazione temporanea d'urgenza del Sindaco, prot. n. 13576 del 4 ottobre 1996;

— dell'avviso di immissione in possesso dei beni;

— del conseguente verbale di immissione nel possesso del 28/10/96-30/11/96;

— di ogni altro atto presupposto connesso e/o conseguente.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Asola;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2010 il dott. (...) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

Fatto

Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la sig.ra (omissis), in qualità di Amministratore unico della (omissis), espone quanto segue.

La (omissis) ha acquistato, nel 1984, lo stabilimento già di proprietà della (omissis) e precedentemente della società Industria Chimica Asolana, le quali raffinavano benzine e suoi omologhi superiori, ottenendo dal Comune l'autorizzazione ad utilizzare i serbatoi dello stabilimento per il deposito di intermedi per la produzione di fertilizzanti liquidi. Dopo pochi mesi dall'inizio dell'attività, però, veniva notificata l'ordinanza di sospensione dell'attività, con contestuale contestazione di fattispecie di reato, rispetto alle quali l'odierna ricorrente ha riportato la piena assoluzione per insussistenza del fatto, confermata anche in Appello ed in Cassazione.

A seguito del dissequestro del 1990, però, il Comune dava inizio ad una lunga sequenza di provvedimenti con cui venivano ordinati interventi diversi, ma tutti volti, secondo quanto emerge dall'analisi degli stessi, sostanzialmente allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto, eternit, alla messa in sicurezza delle cisterne, oltre che ad evitare l'attivazione di nuovi scarichi senza autorizzazione e lo smaltimento non conforme alla legge di liquami provenienti dallo scavo del terreno, fino all'adozione dell'ordinanza sindacale n. 1256, prot. n. 6784 dell'1 giugno 1994 con cui si imponeva alla (omissis) la bonifica dell'area secondo le linee dettate dall'apposito progetto approvato dal Consiglio comunale.

Ritenendo illegittimo tale provvedimento, il quale oltre a diffidare la proprietà a provvedere, stabiliva che in caso di inerzia il Comune avrebbe provveduto d'ufficio, salvo refusione forzata delle spese a termini di legge, la sig. (omissis) proponeva il ricorso rubricato sub R.G. 1251-94.

Data l'inerzia della proprietà, il Comune, con le deliberazioni n. n. 524 e 525 del 29 agosto 1996, approvava il progetto esecutivo dei lavori di bonifica ex Flucosit e ne dichiarava la pubblica utilità, dando atto della volontà di fare ricorso all'occupazione d'urgenza per entrare nella disponibilità temporanea delle aree da bonificare.

Con il successivo decreto prot. n. 13576 del 4 ottobre 1996, disponeva, quindi, la suddetta occupazione d'urgenza.

Ritenendo gli atti ora richiamati illegittimi, la sig.ra (omissis) notificava il ricorso in esame, deducendo le seguenti censure:

A) quanto alle delibere n. 524 e 525 del 29 agosto 1996:

1. violazione e falsa applicazione degli articolo 7 e 8 della legge n. 241/90, per omessa comunicazione di avvio del procedimento e difetto di motivazione rispetto all'urgenza di provvedere;

2. violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, commi IV e V della legge n. 1/78 e dell'articolo 32 della legge n. 142/90 per incompetenza della Giunta all'adozione degli atti;

3. violazione e falsa applicazione degli articoli 31 e 31 bis della Lr 94 del 1980, come integrata dalla Lr 99/83, secondo cui l'Amministrazione potrebbe eseguire i lavori di bonifica con addebito al responsabile dell'inquinamento, ma non anche espropriare in via definitiva il proprietario dell'area che non sia responsabile dell'abuso;

4. illegittimità per omessa indicazione dei termini di inizio e ultimazione delle espropriazioni e dei lavori;

5. violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 della legge n. 1/78 per effetto dell'omessa approvazione della variante al Prg, necessaria attesa la destinazione dell'area, rispetto a cui la Giunta sarebbe incompetente e che, comunque, avrebbe necessitato l'approvazione Regionale;

6. violazione e falsa applicazione dell'articolo 55 della legge n. 142/90 per incongruità delle somme corrisposte;

B) quanto al decreto di occupazione d'urgenza:

7. illegittimità derivata da quella delle delibere n. 524 e 525 del 29 agosto 1996.

In vista della pubblica udienza la ricorrente ha ribadito quanto già rappresentato nel ricorso, non senza aver sostenuto l'effetto caducatorio dell'intervenuto annullamento (con sentenza di questo Tribunale n. 1038/2009) dell'ordine di provvedere alla bonifica intimato alla Liquifer su tutti gli atti successivi oggetto del ricorso in esame.

Il Comune, costituitosi in giudizio nel 1998, esplicava, quindi, le proprie difese sostenendo, oltre all'infondatezza del ricorso in ragione della normativa in materia di bonifica, la carenza di interesse della ricorrente all'annullamento degli atti impugnati, tutt'ora gravati da onere reale e comunque inutilizzabili essendo stati ritenuti insufficienti gli interventi di bonifica già posti in essere.

Dalla documentazione depositata si è altresì potuto dedurre, in punto di fatto, che, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 8 del 20 gennaio 2000, è stato costituito, sul compendio di proprietà della (omissis), l'onere reale previsto dall'articolo 17, comma 1, del Dlgs 22/97 e conseguentemente apposto il privilegio immobiliare e generale.

Nel 2001 è stata, quindi, rigettata la richiesta di utilizzo dell'area inoltrata dalla (omissis), atteso che anche dopo l'intervento di bonifica non sono stati raggiunti i parametri che lo consentirebbero e, proprio in ragione della riscontrata permanenza delle condizioni di inquinamento, nel 2001 è stata disposta una nuova occupazione d'urgenza.

Alla pubblica udienza la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

 

Diritto

Deve essere preliminarmente respinta la tesi di parte ricorrente secondo cui l'intervenuto annullamento dell'ordinanza con cui, illegittimamente, è stato ordinato alla (omissis) di provvedere alla bonifica del sito inquinato di sua proprietà (in violazione delle specifiche disposizioni che disciplinano il procedimento e che, in particolare escludono l'obbligo di bonifica in capo al proprietario che non sia stato accertato essere anche il responsabile dell'inquinamento) avrebbe determinato la caducazione anche degli atti impugnati con il ricorso in esame.

Questi ultimi non sono, infatti, direttamente conseguenti all'ordine di bonifica annullato; la loro adozione non vede quale atto prodromico necessario il suddetto ordine di bonifica.

L'acquisizione della disponibilità dell'area, infatti, non è conseguenza dell'inadempimento del suddetto ordine di bonifica, bensì della mera circostanza di fatto dell'omessa bonifica: essa rappresenta il passaggio necessario affinché il Comune, data la necessità di provvedere alla bonifica dell'area, a prescindere dall'intervento del soggetto responsabile dell'inquinamento, nei cui confronti potranno poi essere eventualmente esercitate le dovute azioni di regresso, possa in concreto intervenire per bonificare il sito.

La dichiarazione di pubblica utilità e il successivo decreto di occupazione d'urgenza si caratterizzano, quindi, per il fatto di essere totalmente autonomi rispetto al provvedimento oggetto della sentenza richiamata, annullato in ragione della mancata istruttoria diretta ad appurare le responsabilità della ricorrente.

A conforto di tale tesi basti ricordare come questo Tribunale ha già avuto modo di precisare, nella sentenza 1038/2009, la normativa in materia di inquinamento se, da un lato, non consente di imporre alcun obbligo di bonifica in capo al proprietario dell'area che non sia anche responsabile dell'inquinamento, dall'altro, prevede espressamente che al proprietario intimato, che non sia responsabile dell'inquinamento, sia data la facoltà di provvedere direttamente alla bonifica al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525) e, quindi, l'esproprio.

L'intervento diretto del Comune per la bonifica non presuppone, infatti, l'accertamento della responsabilità del proprietario, che non può sottrarsi allo stesso, se non provvedendovi direttamente. Tutt'al più parte ricorrente avrebbe potuto dedurre un'illegittimità del procedimento di occupazione d'urgenza in quanto posto in essere senza aver formalmente consentito al proprietario di valutare l'opzione di provvedere esso stesso alla bonifica, ma nessuna doglianza di tale tenore risulta essere stata dedotta in giudizio.

Nel ricorso si lamenta, invece, la violazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento preordinato alla dichiarazione di pubblica utilità.

Accedendo al principio sostanzialistico — che ha ispirato l'introduzione nella legge n. 241/90 dell'articolo 21 octies – il quale consente di superare il vizio formale in questione, laddove la partecipazione al procedimento sia in concreto avvenuta, nel caso di specie deve essere rilevato come, in data 13 maggio 1996 (e quindi ben prima dell'approvazione del progetto equivalente a dichiarazione di pubblica utilità adottata in data 29 agosto 1996) la (omissis) avesse trasmesso al Comune una nota riportante le condizioni alla quale la stessa intendeva subordinare “l'adesione consensuale all'esproprio dell'area di proprietà”.

Ciò dimostra come la odierna ricorrente non solo fosse a conoscenza del procedimento, ma vi abbia anche concretamente partecipato.

Sgomberato il dubbio dall'esistenza del c.d. vizio formale dei provvedimenti, prima di procedere oltre nell'esame delle doglianze di cui al ricorso si rende necessario, a parere del Collegio, porre in evidenza come, nonostante l'improprio uso della terminologia, sembra potersi dedurre che il Comune non abbia in concreto inteso esercitare la facoltà di acquistare la proprietà a fronte del diniego del proprietario all'intervento di bonifica, ma si sia limitato alla, ovviamente meno incisiva e meno lesiva, acquisizione temporanea della disponibilità delle aree ai fini dell'esecuzione dei lavori.

Ciò precisato, a prescindere dalla possibile incidenza di tale puntualizzazione sulla permanenza di un interesse concreto ed attuale all'annullamento del provvedimento, non meritano accoglimento nemmeno le ulteriori censure.

La seconda, invero, appare del tutto generica, in quanto si limita a dedurre la ravvisata incompetenza della Giunta municipale all'approvazione del progetto dell'opera e alla sua dichiarazione di pubblica utilità senza peraltro precisare la ragioni, nel caso di specie, dell'incompetenza stessa.

Il terzo motivo di illegittimità rappresentato non appare pertinente, posto che è stato premesso come nel caso di specie il procedimento non risulti in concreto preordinato all'acquisto della proprietà, ma solo alla detenzione delle aree al fine della materiale esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica.

Né, proprio in ragione di ciò, può avere rilievo il fatto che (come rilevato nella quarta censura) il provvedimento volto a dichiarare la pubblica utilità non contenesse l'indicazione dei termini di inizio e fine espropriazioni e lavori: termini che da sempre la giurisprudenza ha ritenuto necessari solo nell'ipotesi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia preordinata all'esproprio e non anche alla mera occupazione destinata a non divenire definitiva, corredata di diversi ed autonomi termini previsti dalla legge.

Anche sotto il profilo urbanistico (quinta doglianza) il ricorso non merita positivo apprezzamento, posto che l'approvazione del progetto non tende ad introdurre alcuna variante allo strumento urbanistico, né l'intervento l'avrebbe richiesto, con la conseguenza che non può configurarsi la lamentata incompetenza della Giunta comunale.

Rispetto alla sesta censura, infine, non può che essere ravvisata la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che ogni controversia in ordine alla corretta quantificazione dell'indennità di occupazione è rimessa dalla legge (sin dall'entrata in vigore della legge 865/77) alla competenza, in unico grado, della Corte d'Appello.

In ragione di quanto sin qui rappresentato deve, naturalmente, escludersi anche la sussistenza della illegittimità derivata dedotta in relazione al decreto di occupazione d'urgenza.

Le spese del giudizio non possono che seguire l'ordinaria regola della soccombenza.

 

PQM

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda di Brescia, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe indicato.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 2,500,00 (duemilacinquecento/00), oltre al rimborso forfetario delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati

(omissis)

Depositata in segreteria 19 marzo 2010

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