Sentenza Tar Liguria 15 marzo 2010, n. 1166
Rumore - Limiti - Misurazione - Tempo di riferimento - Definizione
Tar Liguria
Sentenza 15 marzo 2010, n. 1166
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
Sentenza
sul ricorso numero di registro generale 802 del 2004, proposto da:
(...) s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. (...);
contro
Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. (...);
nei confronti di
(...), non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
ingiunzione dirigenziale 10 marzo 2004 n. 27/AC di adozione di tutti i possibili accorgimenti necessari per la diminuzione di rumorosità molesta.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Genova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2010 il dott. (...) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
Con ricorso notificato il 18 maggio 2004 al Comune di Genova e depositato il successivo 1 giugno 2004 la società Bema s.r.legge, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento in epigrafe.
Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente deduceva i seguenti motivi:
1) violazione dell’articolo 3 comma 1, lett. a) e c) e dell’articolo 14, comma 2, legge 445/1997, violazione d.p.c.m. 14 novembre 1997, violazione 16 marzo 1998, travisamento dei fatti, difetto di presupposto e di istruttoria, rilevamento e misurazione errati dell’inquinamento acustico, in quanto gli accertamenti compiuti dall’amministrazione sarebbero inficiati sotto vari profili. In primo luogo a fronte di un tempo di riferimento (ore 7.00 – 22.00) che comprende il solo periodo diurno è stato considerato un tempo di osservazione che comprende anche il periodo notturno (19.00 – 22,30). Tale imprecisione si riverberebbe anche sull’attendibilità della misurazione atteso che il rumore residuo potrebbe essere misurato solo quando la fonte rumorosa ha cessato di produrre emissioni. Inoltre i valori limite differenziali di immissione sarebbero stati applicati illegittimamente;
2) violazione degli artticoli 9 e 10 legge 447/1995, incompetenza, atipicità del provvedimento, difetto di presupposto, sviamento e carenza di potere, in quanto il provvedimento sarebbe atipico e non esisterebbe il potere del dirigente di ingiungere l’adozione di misure atte ad abbattere le emissioni sonore;
3) violazione dell’articolo 3 legge 241/90, difetto di motivazione e di istruttoria, genericità, in quanto il contenuto del provvedimento non sarebbe specifico;
4) violazione dell’articolo 7 legge 241/90 in quanto la comunicazione di avvio del procedimento avrebbe assegnato un termine eccessivamente breve (7 giorni) per produrre osservazioni.
La ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio.
Si costituiva in giudizio il Comune di Genova.
All’udienza pubblica del 28 gennaio 2010 il ricorso è passato in decisione.
Diritto
Il ricorso è rivolto avverso l’ingiunzione dirigenziale 10 marzo 2004 n. 27/AC di adozione di tutti i possibili accorgimenti necessari per la diminuzione di rumorosità molesta.
Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 3 comma 1, lett. a) e c) e dell’articolo 14, comma 2, legge 445/1997, violazione Dpcm 14 novembre 1997, violazione 16 marzo 1998, travisamento dei fatti, difetto di presupposto e di istruttoria, rilevamento e misurazione errati dell’inquinamento acustico, in quanto gli accertamenti compiuti dall’amministrazione sarebbero inficiati sotto vari profili. In primo luogo a fronte di un tempo di riferimento (ore 7.00 – 22.00) che comprende il solo periodo diurno è stato considerato un tempo di osservazione che comprende anche il periodo notturno (19.00 – 22,30). Tale imprecisione si riverberebbe anche sull’attendibilità della misurazione atteso che il rumore residuo potrebbe essere misurato solo quando la fonte rumorosa ha cessato di produrre emissioni. Inoltre i valori limite differenziali di immissione sarebbero stati applicati illegittimamente.
Lo scrutinio del motivo presuppone la ricostruzione della normativa relativa agli accertamenti di rumorosità.
Il Dpcm 14 novembre 1997 che reca “valori limite assoluti di immissione” all’articolo 3 stabilisce: “1. I valori limite assoluti di immissione come definiti all'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (8), riferiti al rumore immesso nell'ambiente esterno dall'insieme di tutte le sorgenti sono quelli indicati nella tabella C allegata al presente decreto. 2. Per le infrastrutture stradali, ferroviarie, marittime, aeroportuali e le altre sorgenti sonore di cui all'articolo 11, comma 1, legge 26 ottobre 1995, n. 447 (9), i limiti di cui alla tabella C allegata al presente decreto, non si applicano all'interno delle rispettive fasce di pertinenza, individuate dai relativi decreti attuativi. All'esterno di tali fasce, dette sorgenti concorrono al raggiungimento dei limiti assoluti di immissione. 3. All'interno delle fasce di pertinenza, le singole sorgenti sonore diverse da quelle indicate al precedente comma 2, devono rispettare i limiti di cui alla tabella B allegata al presente decreto. Le sorgenti sonore diverse da quelle di cui al precedente comma 2, devono rispettare, nel loro insieme, i limiti di cui alla tabella C allegata al presente decreto, secondo la classificazione che a quella fascia viene assegnata.”
Il successivo articolo 4 Dpcm 14 novembre 1997 rubricato valori limite differenziali di immissione, stabilisce: “1. I valori limite differenziali di immissione, definiti all'articolo 2, comma 3, lettera b), della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (10), sono: 5 dB per il periodo diurno e 3 dB per il periodo notturno, all'interno degli ambienti abitativi. Tali valori non si applicano nelle aree classificate nella classe VI della tabella A allegata al presente decreto. 2. Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano nei seguenti casi, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi trascurabile: a) se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno e 40 dB(A) durante il periodo notturno; b) se il livello del rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A) durante il periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo notturno. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla rumorosità prodotta: dalle infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali e marittime; da attività e comportamenti non connessi con esigenze produttive, commerciali e professionali; da servizi e impianti fissi dell'edificio adibiti ad uso comune, limitatamente al disturbo provocato all'interno dello stesso”.
La tabella C allegata al Dpcm 14 novembre 1997 prevede i valori limite assoluti di immissione — Leq in dB (A) (articolo 3).
La prima censura lamenta che il tempo di osservazione non è precisamente indicato mentre il tempo di riferimento è indicato a cavallo tra i due periodi diurno e notturno previsti dalla normativa.
Ciò avrebbe falsato i risultati delle misurazioni anche alla luce della circostanza che il locale rimane aperto fino alle ore 22 onde la rilevabilità del rumore residuo poteva essere situata solo successivamente alle ore 22. Infatti, prima di tale ora, il locale, essendo aperto, produce rumore che non può essere eliminato.
La censura non persuade.
E’ vero che nella scheda di rilevamento il tempo di osservazione è indicato dalle 19,00 alle 22.30 ma è, altresì, vero che la stessa scheda precisa che il tempo di riferimento è quello diurno.
Orbene occorre precisare che l’allegato A al Dm 16 marzo 1998 rubricato tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico, il tempo di riferimento viene definito come il periodo della giornata all’interno del quale si eseguono le misure”. La stessa norma precisa poi che “la durata della giornata è articolata in due tempi di riferimento: quello diurno compreso tra le h 6,00 e le h. 22,00 e quello notturno compreso tra le h 22,00 e le h 6,00”.
La stessa norma definisce poi il tempo di osservazione come il periodo di tempo compreso nel tempo di riferimento nel quale si verificano le condizioni di rumorosità che si intendono verificare.
Le norme trascritte non impongono quindi necessariamente che il tempo di osservazione sia circoscritto ad uno solo dei due periodi nei quali si articola il tempo di riferimento potendo le condizioni di rumorosità da valutare perdurare per entrambi i periodi in cui si articola il tempo di riferimento. Quindi se il tempo di osservazione si protrae anche in periodo notturno correttamente l’amministrazione né dà conto nella scheda di rilevazione.
Quindi dall’esame complessivo della scheda si evince che il fenomeno rumoroso è stato oggetto di attenzione per un tempo che è andato dalle ore 19,00 alle ore 22,30 ma che la misura il cui relativo tempo è stato di tre minuti si è collocata nel periodo diurno cioè tra le ore 19 e lo ore 22.
Ci si deve interrogare a questo punto sulla rilevanza dell’omissione dell’indicazione del momento iniziale e del momento finale del tempo di misura. La ricorrente contesta, infatti, che non sia possibile evincere se la misurazione sia stata effettivamente eseguita in periodo diurno ovvero in periodo notturno.
L’omissione appare irrilevante. Dalla scheda risulta che i livelli di rumore ambientale risultano a finestre aperte di 49,1 db (A) e a finestre chiuse (36,6) db (A) tali valori sono comunque al di sotto della limite (60 db(a) nel periodo diurno 50 db(A) in quello notturno) stabilito dalla tabella C allegata al Dpcm 14 novembre 1997 in relazione all’area III.
Ne consegue che appare del tutto irrilevante la collocazione temporale del tempo di misura.
Con la seconda censura si lamenta il fatto che il livello di rumore residuo sia stato calcolato con modalità differenti rispetto a quelle usate per il livello di rumore residuo. Ciò avrebbe condotto a conclusioni errate. La censura si fonda sulla circostanza che il locale chiude alle ore 22 onde per una misurazione effettiva del rumore residuo sarebbe stato necessario attendere la chiusura del locale che avrebbe inevitabilmente proiettato l’accertamento nel periodo notturno con conseguente inattendibilità.
La censura non coglie nel segno.
Il rumore ambientale è costituito da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale è costituito dall’insieme del rumore residuo, dove per tale si intende il rumore rilevato quando si esclude la specifica sorgente disturbante, e da quello che prodotto dalla specifica sorgente disturbante.
La ricorrente sostiene che l’esclusione della sorgente disturbante non potesse avvenire che nel momento in cui il locale è chiuso.
In realtà così opinando l’inquinamento acustico non potrebbe mai essere rilevato nel caso di attività continuative. Inoltre se è vero che il locale chiude alle ore 22, nondimeno i lavori di pulizia e di riassetto dello stesso si protraggono almeno per mezz’ora oltre l’orario di chiusura onde neppure può sostenersi che nel periodo 22 – 22,30 la sorgente disturbante fosse completamente e spontaneamente venuta meno.
In realtà l’esclusione della specifica fonte disturbante deve potere avvenire anche in presenza della stessa mediante apposita tecnologia, ad esempio isolando le frequenze proprie della fonte disturbante dalle altre ovvero posizionando opportunamente l’apparecchiatura di ascolto.
In definitiva quindi non è provato che la misura del rumore residuo sia necessariamente avvenuta in periodo notturno a fronte di un rilevamento del rumore ambientale avvenuto in periodo diurno.
Con la terza censura si lamenta che nel caso di specie sia stato applicato il valore differenziale pur non sussistendo le condizioni per l’applicazione.
A tal riguardo occorre precisare che il valore limite differenziale è quel valore dato dalla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale e il rumore residuo. Tenendo presente la definizione di rumore residuo che è il rumore che residua una volta eliminata la sorgente disturbante il valore differenziale esprime lo specifico grado di inquinamento acustico della specifica fonte disturbante.
In altre parole il valore differenziale esprime il contributo che una specifica fonte dà al livello di inquinamento generale.
I valori limite sono di 5 db per il periodo diurno e di 3 db per il periodo notturno (articolo 4 Dpcm 14 novembre 1997).
Tali valori differenziali non si applicano quando comunque il rumore ambientale è al di sotto di determinati valori e precisamente 50 db(A) per il periodo diurno e 40 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre aperte e 35 db(A) per il periodo diurno e 25 db (A) per il periodo notturno misurati a finestre chiuse.
Si tratta ovviamente di limiti da applicarsi disgiuntamente nel senso che anche il superamento di uno solo di essi consente l’applicazione del valore differenziale. Ciò è fatto palese dalla circostanza che il rumore viene definito in tali casi trascurabile. Orbene è evidente che, essendo il rumore sempre lo stesso, per ritenersi trascurabile non deve superare i parametri di cui sopra per cui il superamento anche di uno solo di essi implica l’applicazione dei valori limite differenziali.
Nel caso di specie risulta che, a finestre aperte, il rumore era di 49, 1 db mentre, a finestre chiuse, era di 36,6 db, superiore quindi per 1,6 db rispetto al limite in cui scatta l’applicazione del valore differenziale.
Il valore differenziale riscontrato poi era pari a 3,6 db a finestre aperte e a 6.9 a finestre chiuse, onde a finestre chiuse era superato il limite di 5 db stabilito dall’articolo 4 Dpcm 14 novembre 1997.
Si noti che tali valori ove fossero stati riscontrati in periodo notturno sarebbero stati comunque rilevanti onde anche sotto questo profilo le contestazioni non paiono cogliere nel segno.
Con il secondo motivo si deduce violazione degli articoli 9 e 10 legge 447/1995, incompetenza, atipicità del provvedimento, difetto di presupposto, sviamento e carenza di potere, in quanto il provvedimento sarebbe atipico e non esisterebbe il potere del dirigente di ingiungere l’adozione di misure atte ad abbattere le emissioni sonore.
Il motivo non è fondato.
Il rilascio dell’autorizzazione di un pubblico esercizio comprende il potere dell’amministrazione di imporre le prescrizioni necessarie nel pubblico interesse (articolo 9 Rd 773/1931), tra le quali devono ritenersi comprese anche quelle relative alle emissioni sonore.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’articolo 3 legge 241/90, difetto di motivazione e di istruttoria, genericità, in quanto il contenuto del provvedimento non sarebbe specifico.
Peraltro neppure può ritenersi che il provvedimento sia privo di oggetto; piuttosto deve rilevarsi come l’amministrazione abbia optato, forse anche in relazione all’esiguità dello sconfinamento rispetto ai valori di legge, per un provvedimento dal contenuto minimamente lesivo per il destinatario, essendo lasciata alla scelta di quest’ultimo l’adozione di una concreta modalità (al limite anche l’idonea sensibilizzazione del personale e dei clienti) di contenimento piuttosto che un’altra.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’articolo 7 legge 241/90 in quanto la comunicazione di avvio del procedimento avrebbe assegnato un termine eccessivamente breve (7 giorni) per produrre osservazioni.
Il motivo è infondato.
Deve rilevarsi come, in seguito alla comunicazione di avvio del procedimento, la ricorrente sia stata in grado di interloquire con nota 9 marzo 2004 onde deve escludersi l’eccessiva esiguità del termine di interlocuzione concesso o se ne deve comunque ritenere l’irrilevanza.
In conclusione il ricorso deve essere respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sezione prima, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso epigrafe.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della resistente amministrazione comunale, delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi €. 2000,00 (duemila/00) oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2010 con l'intervento dei Signori
(omissis)
Depositata in segreteria il 15 marzo 2010