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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Campania 12 gennaio 2010, n. 68

Accesso alle informazioni ambientali - Accesso documenti amministrativi - Differenze

Tar Campania

Sentenza 12 gennaio 2010, n. 68

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

Sul ricorso numero di registro generale 5423 del 2009, proposto da:

(omissis)

contro

la Regione Campania, in persona del Presidente p.t. della giunta regionale, (omissis);

la società (omissis), in persona del legale rapp.te p.t., non costituita;

per la dichiarazione d’illegittimità

del silenzio della Regione Campania e della (omissis) sull’istanza di accesso ambientale ex articolo 3 Dlgs 195/05 notificata in data 29.07.2009 e per la nomina di Commissario ad Acta.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2009 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e Diritto

Con il ricorso in trattazione — notificato il 13 ottobre 2009 e depositato in segreteria il successivo giorno 22 — il sig. (omissis), agisce avverso il diniego tacito opposto dalla regione Campania e dalla società (omissis) sulla sua domanda — notificata in data 29 luglio 2009 — di accesso alle informazioni ambientali sullo stato di inquinamento ambientale dovuto al malfunzionamento degli impianti di depurazione del comprensorio “PS/3”, comprendente i depuratori di Cuma, Foce Regi Lagni, Area casertana, Napoli Nord e Acerra, dati in concessione di gestione alla predetta società (omissis).

Espone parte ricorrente di aver successivamente notificato la stessa domanda — in data 14 settembre 2009 — anche all’Arpa della Campania, la quale aveva corrisposto in data 1 ottobre 2009 trasmettendo uno stralcio della relazione annuale sullo stato dell’ambiente in Campania e rimandando al sito web dell’Ente per i dati sull’inquinamento delle coste della Campania, inclusi quelli antistanti i depuratori.

Il ricorrente giudica altresì non sufficienti le note trasmessegli dal Vice-commissario di Governo per le bonifiche delle acque della Regione Campania (prot. 8611 del 2009, con la quale lo si informava dell’avvenuto trasferimento alla Regione Campania, nell’anno 2008, della gestione degli impianti di depurazione) e dagli uffici regionali (in data 3 agosto 2009, di sollecito a riscontrare la domanda del ricorrente medesimo).

Si è costituita a resistere in giudizio la sola Regione Campania, che ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, per essere competente a rispondere il solo soggetto concessionario, ed ha altresì formulato alcune contestazioni in ordine al rito prescelto.

Alla camera di consiglio del 3 dicembre 2009 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.

Il ricorso è ammissibile e in parte fondato.

In rito giova rilevare che la concessione del servizio pubblico di gestione degli impianti di depurazione, lungi dallo spogliare l’ente concedente delle sue competenze e responsabilità funzionali di controllo e di direzione, consolida e rafforza, in realtà, il suo dovere di acquisire e di disporre costantemente di informazioni analitiche, puntuali e aggiornate sullo stato della gestione (manutenzione, riqualificazione, efficienza, funzionalità) degli impianti dati in gestione, onde la sussistenza della legittimazione passiva regionale a rispondere alle richieste di accesso ai documenti e alle informazioni ambientali nella materia.

Sempre in rito, occorre rilevare che l’istituto dell’accesso alle informazioni ambientali, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (di recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, n. 2003/4/Ce) e all’articolo 3-sexies del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), come aggiunto dal decreto correttivo n. 4 del 2008, se si differenzia per diversi e importanti profili sostanziali e contenutistici rispetto al generale istituto dell’accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V della legge n. 241 del 1990, condivide tuttavia con quest’ultimo il rimedio del ricorso ex articolo 25 della testé detta legge generale del 1990 sul procedimento amministrativo, giusta l’espressa previsione in tal senso contenuta nell’articolo 7 (Tutela del diritto di accesso) del Dlgs n. 195 del 2005, che estende a questa fattispecie speciale il rimedio approntato dalla legge n. 241 per il caso di diniego (totale o parziale) dell’accesso ai documenti amministrativi. Ne segue la piena ritualità dell’odierna impugnativa del silenzio-diniego, della Regione e della società concessionaria, formatosi sulla domanda fatta notificare dal ricorrente in data 29 luglio 2009.

Condivide la legittimazione passiva alla domanda di accesso — e all’odierno, conseguente, contenzioso — la società concessionaria del relativo pubblico servizio degli impianti di depurazione, giusta il disposto dell’articolo 23 della legge n. 241 del 1990.

 

Nel merito il ricorso è in parte fondato e potrà trovare accoglimento nei limiti di quanto di ragione.

L’istituto dell’accesso alle informazioni ambientali, infatti, non si assoggetta ai limiti soggettivi e oggettivi propri dell’accesso ai documenti amministrativi, ma resta comunque subordinato a un principio generale di proporzionalità, di economicità e di ragionevolezza, per cui possono consentirsi solo gli accessi che non si traducano in uno sproporzionato aggravio per l’amministrazione, tale da metterne in pericolo l’efficienza gestionale, a fronte di esigenze informative del cittadino che meglio potrebbero e dovrebbero essere soddisfatte in sede di informazione ambientale “attiva” apprestata dalle amministrazioni competenti (piuttosto che nella più onerosa forma “passiva” dell’accesso, mediante visione ed estrazione di copia, ai documenti preesistenti o all’uopo formati dall’amministrazione).

Più nel dettaglio, se è vero che il diritto di accesso alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale, giusta anche le previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, non è sottoposto al filtro soggettivo, potendo essere esercitato da chiunque, “senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante”, né al limite oggettivo proprio della legge n. 241 (potendo riguardare anche informazioni da elaborare appositamente, e non soltanto documenti già formati ed esistenti presso l’amministrazione), è altresì vero che l’obbligo delle amministrazioni di rendere disponibili le informazioni ambientali può e deve essere assolto non solo mediante accesso cd. “passivo” (ossia mediante accoglimento delle specifiche domande di accesso dei cittadini), ma anche e soprattutto mediante informazione “attiva”, ossia mediante pubblicazione, anche sui siti internet, di tutti i flussi informativi (spesso anche voluminosi) relativi allo stato dell’ambiente. Il che implica che informazioni voluminose e massicce, o di contenuto oggettivo molto ampio, quali (almeno in parte, quelle qui oggetto di contenzioso) ben dovrebbero essere rese acquisibili attraverso l’informazione attiva, piuttosto che essere fatte oggetto di accesso “passivo” documentale, che costituisce una modalità notevolmente più impegnativa e laboriosa, sia per l’amministrazione che per il cittadino.

 

Alla stregua di questi canoni interpretativi ed applicativi è ora possibile passare al vaglio la composita domanda di accesso formulata dal ricorrente.

Questi, nella sua domanda del 29 luglio 2009, da un lato, ha posto specifici quesiti in forma interrogativa (se fossero vere le notizie di malfunzionamento degli impianti di depurazione, se la Hydrogest non avesse posto in essere gli interventi di manutenzione straordinaria e di costruzione e ammodernamento previsti dalla convenzione; se fossero stati adottati provvedimenti regionali consequenziali; se fosse in corso di modifica la concessione; se vi fossero ancora rischi di malfunzionamento degli impianti); dall’altro ha chiesto documenti (dati di esercizio di ciascun impianto; dati di inquinamento delle acque marine in prossimità dei luoghi ove sono scaricate le acque che transitano per gli impianti di depurazione).

Ora, il primo gruppo di domande di informazioni (i quesiti sui rapporti tra Regione e (omissis)) è solo in parte accoglibile. Sono infatti senz’altro accessibili le informazioni propriamente ambientali, quali quelle sulla veridicità delle notizie di stampa sui malfunzionamenti degli impianti e quelle, conseguenti, sulla perdurante attualità di tale stato di cose o circa il pericolo concreto di una reiterazione a breve di tali malfunzionamenti. E’ difatti evidente che può a tutti gli effetti considerarsi informazione ambientale quella relativa alla causa prossima e diretta dell’inquinamento, quale è quella relativa al non corretto funzionamento degli impianti di depurazione. Rientra nell’ambito di tale informazione ambientale dovuta, deve qui precisarsi, l’indicazione, in termini chiari e sintetici, della natura, dell’entità e delle principali cause di tali malfunzionamenti, poiché attiene alle regole prime della democrazia partecipativa il diritto del cittadino di sapere in modo chiaro e preciso le ragioni del cattivo funzionamento di un servizio pubblico essenziale, quale è quello della depurazione dei reflui che vengono immessi nelle acque marine. Non possono invece essere accolte le altre domande di informazioni relative al comportamento specifico del concessionario (se la (omissis) non avesse posto in essere gli interventi di manutenzione straordinaria e di costruzione e ammodernamento previsti dalla convenzione) e agli sviluppi dei rapporti tra società concessionaria e Regione concedente (se fossero stati adottati provvedimenti regionali consequenziali e se fosse in corso di modifica la concessione). Trattasi, invero, di informazioni implicanti giudizi di responsabilità e prese di posizione nell’ambito del rapporto concessorio, in termini anche di sanzioni e/o di altri rimedi sinallagmatici, di autotutela o per via giudiziaria, che possono ritenersi riservate alla valutazione tecnica dell’amministrazione concedente, possono richiedere accertamenti complessi e che pertanto, ben potrebbero ragionevolmente non essere disponibili a pochi mesi dai fatti contestati.

 

Venendo alla seconda parte della domanda di accesso in esame, con la quale sono stati chiesti documenti (dati di esercizio di ciascun impianto; dati di inquinamento delle acque marine in prossimità dei luoghi ove sono scaricate le acque che transitano per gli impianti di depurazione), deve rilevarsi, anche per questa parte, che la domanda è solo parzialmente accoglibile. La domanda relativa ai dati di esercizio di ciascun impianto, per come formulata (“dati di esercizio con indicazione RHC; dati quantitativi e qualitativi delle linee fanghi e liquami; risultanze delle analisi relative alla qualità, alle caratteristiche quali-quantitative dei reflui in ingresso ed in uscita dall’impianto di Cuma; documentazione — ordini di servizio, computi metrici o documenti equipollenti — relativa ai lavori effettuati dal concessionario”), incappa nel limite di possibilità pratica e di proporzionalità, di cui sopra si è discorso, che è da ritenersi applicabile parimenti anche all’accesso alle informazioni ambientali, derivando da principi di logica e di ragionevolezza. Inoltre, come pure si è già sopra rilevato, informazioni del tipo di quelle richieste dovrebbero caso mai essere rese disponibili on line (ove tecnicamente possibile) nel sito del concessionario gestore o della Regione concedente, implicando un monitoraggio diretto e continuo del funzionamento dell’impianto, ma non appaiono suscettibile di visione e copia nelle forme tradizionali dell’accesso ai documenti amministrativi.

 

La domanda relativa ai dati di inquinamento delle acque marine in prossimità dei luoghi ove sono scaricate le acque che transitano per gli impianti di depurazione risulta, infine, già soddisfatta dalla citata nota in data 1 ottobre 2009 dell’ARPA Campania di riscontro della domanda notificata in data 14 settembre 2009, che aveva correttamente rinviato al proprio sito web per i dati sull’inquinamento delle coste della Campania, inclusi quelli antistanti i depuratori.

 

Per tutte le esposte ragioni, il ricorso può ricevere accoglimento nei termini e nei limiti sopra precisati, con conseguente ordine alla Regione Campania e alla società concessionaria Hydrogest di fornire alla parte ricorrente, nel termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione amministrativa o dalla notifica di parte, se anteriore, della presente sentenza, delle seguenti informazioni ambientali: notizie sul malfunzionamento degli impianti di depurazione, con l’indicazione, in termini chiari e sintetici, della natura, dell’entità e delle principali cause di tali malfunzionamenti, nonché notizie, conseguenti, sulla perdurante attualità di tale stato di cose e circa il pericolo concreto di una reiterazione di tali malfunzionamenti; dati di esercizio di ciascun impianto (per quanto possibile completi, con indicazione RHC, dei dati quantitativi e qualitativi delle linee fanghi e liquami e delle risultanze delle analisi relative alla qualità, alle caratteristiche quali-quantitative dei reflui in ingresso ed in uscita dall’impianto di Cuma), mediante messa a disposizione sul sito web della Regione e del concessionario di gestione (ove tecnicamente possibile).

 

Le spese di causa, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della Regione Campania e della società concessionaria, in ragion della metà per ciascuna dell’importo complessivo liquidato in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie in parte, nei limiti precisati in motivazione; per l’effetto, ordina alla Regione Campania e alla società (omissis) in persona dei rispettivi legali rapp.ti p.t., di fornire, entro trenta giorni dalla comunicazione (o dalla notifica di parte, se anteriore) della presente sentenza, le informazioni e di rendere accessibili i documenti richiesti dal ricorrente con la domanda del 29 luglio 2009, con le modalità e nei limiti precisati in motivazione.

Condanna la Regione Campania e la società concessionaria (omissis), in persona dei rispettivi legali rapp.ti p.t., al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), di cui euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a carico della Regione Campania ed altrettanti euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a carico della società concessionaria (omissis), oltre al rimborso del contributo unificato anticipato dal ricorrente (se ed in quanto effettivamente assolto).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 12/01/2010

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