Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio 6 marzo 2009, n. 2324

Una domanda riguardante non il diritto dominicale vantato su immobili siti in prossimità di una discarica, ma, più in generale, il “diritto alla salute”, inteso anche in termini di pretesa a un ambiente salubre, le cui modalità di protezione esulano dalla sfera operativa tipicamente riconnessa alle azioni petitorie non può essere oggetto della cognizione del Giudice aministrativo poiché osta la carenza di posizione soggettiva tutelabile.

Tar Lazio

Sentenza 6 marzo 2009, n. 2324

 

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso n. 9287/2008 R.g. proposto

da

(omissis),

elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, Via degli Scipioni n. 267

contro

la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Sottosegretario di Stato all’emergenza rifiuti per la Regione Campania e il Commissariato delegato per l’emergenza rifiuti della Regione Campania, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati

per l’adozione ex art. 1171 cod. civ.

del divieto, nei confronti delle amministrazioni intimate, di proseguire nella realizzazione della discarica per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani da ubicare nella località Chiaiano (precisamente nella cava Lallero, anche detta “del Poligono”), ovvero, in via subordinata, del permesso di eseguirla con le opportune cautele per i danni che i denunzianti abbiano a soffrire nel caso di sentenza favorevole nel merito.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione;

sentiti alla pubblica udienza del 28 gennaio 2009, relatore il dott. (...), gli avv.ti (...) e (...);

ritenuto e considerato quanto segue in

 

Fatto e diritto

1. Con ricorso notificato l’8 ottobre 2008, depositato il successivo 15 ottobre, i ricorrenti in epigrafe, deducendo di essere tutti proprietari di immobili ubicati nel territorio dei comuni di Napoli e di Marano di Napoli, lamentavano, con riferimento alla localizzazione (avvenuta dapprima con le ordinanze di protezione civile nn. 185 e 3672 del 2008 e poi con l’articolo 9 Dl 90 del 2008) a Chiaiano (nella cava Lallero) di una discarica per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, la completa inidoneità del sito ad assolvere a tale funzione, trattandosi di una zona ad alta densità abitativa e per giunta caratterizzata dalla presenza di molteplici attività agricole e commerciali. A sostegno dell’assunto essi adducevano i risultati di numerose perizie redatte da professionisti di comprovata esperienza e di primario rilievo.

Tanto premettendo, gli istanti, precisato ancora che i lavori erano iniziati l’11 luglio 2008 (data della presa di possesso dalla cava Lallero) e lamentata la produzione di un gravissimo e ingiusto danno alle cose oggetto dei loro diritti, oltre che alla salute dei cittadini abitanti nelle aree prospicienti alla discarica e comunque interessati dalle immissioni nocive, instavano per l’adozione ai sensi dell’articolo 1171 cod. civ. di un desistat nei confronti dell’amministrazione procedente al fine di impedire la prosecuzione dei lavori di realizzazione dell’opera.

Costituitasi in resistenza l’intimata, all’udienza di merito del 28 gennaio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è inammissibile.

A dire degli istanti, l’odierna azione nunciatoria troverebbe fondamento nell’articolo 4 Dl 23 maggio 2008, n. 90 (convertito, con modificazioni, con l. 14 luglio 2008, n. 123), a tenore del quale “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati”.

Questa disposizione — che sembra in effetti, a prima lettura, istituire un’area di attribuzioni riservate al giudice amministrativo anche nel caso in cui l’“azione di gestione” dei rifiuti avvenga attraverso un mero facere — pone tuttavia numerosi interrogativi, dall’individuazione dell’esatto ambito del concetto di “complessiva azione di gestione dei rifiuti”, alla compatibilità della norma con i principi costituzionali in materia di riparto di giurisdizione (per il che occorrerebbe esperirne, ancor prima della delibazione di non manifesta infondatezza ai fini di un eventuale incidente di costituzionalità, un’interpretazione adeguatrice commisurata al decisum delle sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006 della Corte costituzionale).

Ritiene tuttavia il Collegio che la concreta configurazione del thema decidendum prescelto dagli istanti esoneri dalla disamina dei profili di dubbio al riguardo ipotizzabili.

Com’è noto, la denuncia di nuova opera è l’azione mediante la quale “il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull’altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso” denunzia all’autorità giudiziaria “la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio” (articolo 1171, 1° comma, cod. civ.).

Essa ha dunque natura petitoria o possessoria, a secondo che sia preordinata a tutelare, rispettivamente, il diritto di proprietà (o altro diritto di godimento) ovvero l’interesse del possessore.

Nel caso di specie, i ricorrenti, pur dichiarando di agire a tutela della propria posizione di proprietari di immobili (in situazione di collegamento col sito, per il che sarebbe soddisfatto il requisito della vicinitas), deducono in realtà che la nuova opera porrebbe gravissimi problemi sotto i profili ambientale (v. la relazione geologica del prof. Ortolani e quella del prof. De Medici), urbanistico (relazioni del prof. Rossi e del prof. Forte, quest’ultima specificamente dedicata alle questioni di viabilità), di sanità ed igiene pubblica (relazioni del dott. Cicchella e del prof. Cannella, nonché della prof. Menna per i profili veterinari), non avendo a loro dire “gli elaborati progettuali predisposti a monte della decisione di destinazione della ‘cava Lallero’ come discarica cittadina […] in alcun modo ipotizzato e previsto” evenienze quali l’“aumento dell’incidenza delle malattie infettive che trovano nella fauna selvatica sicuro vettore di diffusione” e il “sicuro contagio per ospedali e cittadini”, con la perpetrazione di un “gravissimo danno ingiusto alle cose oggetto dei diritti degli istanti, oltre che alla salute dei cittadini che abitano nelle aree prospicienti e vicine e comunque, interessate alle immissioni nocive e agli effetti dannosi, anche se relativamente distanti”.

Tali allegazioni dimostrano pertanto come la posizione finale sottesa alla domanda dei ricorrenti sia non già il diritto dominicale vantato su immobili siti in prossimità della discarica, sibbene, più in generale, il loro “diritto alla salute”, declinato anche in termini di pretesa a un ambiente salubre, le cui modalità di protezione esulano dalla sfera operativa tipicamente riconnessa alle azioni petitorie.

Analoghe considerazioni possono esser svolte per l’interesse di natura urbanistica parimenti invocato, posto che la contestazione sulle modalità di esercizio della potestà di intervento sul territorio trova la sua sede naturale nell’alveo del giudizio amministrativo di legittimità, non certo in un’azione civile a difesa della proprietà o del possesso.

Ne segue che l’azione, così come esperita, non può essere conosciuta da questo Giudice, a ciò ostando la rilevata carenza di posizione soggettiva tutelabile.

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

Sembra peraltro equo disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.

PQM

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, definitivamente pronunciando, dichiara il ricorso inammissibile.

Spese compensate.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2009

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