Effluenti di allevamento, depositare sul suolo non è fertirrigare
Rifiuti (Giurisprudenza)
La Cassazione conferma la condanna per abbandono di rifiuti nei confronti del titolare di un allevamento zootecnico che ha depositato i liquami prodotti dall'attività direttamente sul terreno nudo.
La pratica della fertirrigazione, ricorda infatti la Suprema Corte nella sentenza 23148/2019, richiede, in primo luogo, l'esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l'adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e delle modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture; in secondo luogo, l'assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo.
Nel caso specifico giunto in giudizio, invece, circa tre metri cubi di letame erano stati posizionati direttamente sul terreno nudo, senza alcuna impermeabilizzazione atta ad evitare la dispersione degli effluenti liquidi nell'ambiente circostante.
La Cassazione non ha avuto quindi difficoltà a respingere il motivo di ricorso centrato su un presunto utilizzo agronomico degli effluenti in questione, presentato contro una sentenza di condanna inflitta dal Tribunale di Teramo ai sensi dell’articolo 256, comma 2, Dlgs 152/2006.
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
Rifiuti – Effluenti di allevamento – Fertirrigazione – Condizioni – Esistenza effettiva di colture in atto – Adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti – Assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile – Insussistenza dei requisiti richiesti – Reato di abbandono di rifiuti – Articolo 256, comma 2, Dlgs 152/2006 - Sussistenza
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