Gestione non autorizzata rifiuti, origine va sempre accertata
Rifiuti (Giurisprudenza)
Se le circostanze lasciano supporre la provenienza domestica del rifiuto, il Giudice deve indagare la sussistenza di segni rilevatori di un'attività svolta a scopro di lucro e comunque in maniera non occasionale.
A ricordarlo è la Corte di Cassazione (sentenza 4201/2018) che ha annullato e rinviato al Tribunale di Cosenza una sentenza di condanna per raccolta e trasporto non autorizzati di rifiuti non pericolosi (articolo 256, Dlgs 152/2006), scaturita dal rinvenimento di scarti di vario genere (materiale ferroso, componenti elettrici, parti di auto e tubazioni) all'interno di un automobile parcheggiata (nelle vicinanze dell'abitazione del proprietario).
La stringata motivazione della sentenza annullata, secondo la Suprema Corte, da un lato — in assenza di elementi da cui desumere la pregressa circolazione dei rifiuti — non ha dato conto di un'attività di trasporto ascrivibile all'imputato, dall'altro neppure ha individuato gli elementi necessari per stabilire la "non occasionalità" della condotta abusiva.
Ma quand'anche l'episodio, seppur unico, fosse stato ritenuto sufficiente ad integrare il reato (attesa la natura istantanea dello stesso), il Giudice, nel caso vi siano elementi che lasciano supporre la provenienza domestica dei rifiuti, deve comunque verificare la natura dei materiali, la loro quantità o la loro origine.
Rifiuti non pericolosi - Raccolta e trasporto non autorizzate - Reato - Articolo 256, comma 1, lettera a), Dlgs 152/2006 - Circostanze di fatto - Probabile provenienza domestica - Indagine su natura, quantità e origine - Necessità
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
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