Gestione rifiuti, chiarimenti da esperti giuridici possono salvare da reato
Rifiuti (Giurisprudenza)
Il gestore professionale di rifiuti può invocare l'ignoranza incolpevole della norma solo se dimostra di aver fatto tutto il possibile per adempiere al dovere di informarsi circa la legittimità della propria condotta.
A dirlo è la Corte di Cassazione (sentenza 2246/2017) che, dopo aver richiamato il principio in materia di rifiuti secondo il quale la buona fede (che esclude l'elemento soggettivo dei reati contravvenzionali) ben può essere determinata da un fattore esterno che abbia indotto il soggetto in errore incolpevole, sottolinea come gli operatori, a tal fine, debbano dimostrare di "di aver fatto tutto il possibile per richiedere alle autorità competenti i chiarimenti necessari e per informarsi in proprio, ricorrendo ad esperti giuridici, con ciò adempiendo allo stringente dovere di informazione sullo stesso gravante".
Diversamente, la semplice ignoranza dell'agente — sulla normativa e sull'illiceità della condotta — non è idonea ad escludere la sussistenza della "colpa" richiesta per la punibilità, neanche nel caso di disciplina frammentaria o orientamenti sulla stessa diversi. La Corte ha così cassato una sentenza con cui il Tribunale di Cuneo aveva assolto un soggetto privato dal reato di gestione non autorizzata di rifiuti.
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
Rottami ferrosi - Gestione non autorizzata - Reato - Articolo 256, comma 1, Dlgs 152/2006 - Errore incolpevole - Articolo 5, C.p. - Buona fede - Requisiti - Stringente dovere di informazione - Richiesta chiarimenti alle autorità - Ricorso ad esperti giuridici - Necessità
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