Controlli ambientali, Arpa agisce come polizia giudiziaria
Rifiuti
Le funzioni di controllo affidate dalla legge ai tecnici delle agenzie regionali di protezione ambientale (Arpa), secondo la Cassazione, non possono non essere ricondotte nell'alveo delle funzioni di polizia giudiziaria.
La Suprema Corte (sentenza 50352/2016) ha così cassato e rinviato al mittente la sentenza con cui il Gip di Firenze, ritenendo "radicalmente inutilizzabili" gli atti di indagine compiuti da personale dell'Arpa non avente qualifica di polizia giudiziaria, aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un soggetto indagato per abbandono di rifiuti (articolo 256, comma 2, Dlgs 152/2006).
La Cassazione ha invece accolto la tesi del Procuratore del Tribunale fiorentino ricorrente in giudizio, secondo il quale, essendo la tutela dell'ambiente una materia di rilevanza costituzionale presidiata dalla legge penale, le funzioni di controllo che la norma statale (Dl 496/1993 di istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente) riconosce ai tecnici delle Arpa rientrano nell'alveo delle funzioni di polizia giudiziaria elencate nell'articolo 255 C.p.p. e, quanto alla qualifica spettante ai soggetti che ne sono titolari, nella generale previsione di cui al terzo comma dell'articolo 257 C.p.p. ("Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’articolo 55.").
Rifiuti - Abbandono - Articolo 256, comma 2, Dlgs 152/2006 - Attività d'indagine - Qualifica personale Arpa - Articoli 03 e 2-bis, Dl 496/1993 - Funzioni di polizia giudiziaria - Rientrano
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