Sottoprodotti, frantumare non è trasformare
Rifiuti
Secondo la Corte di Cassazione, lavaggio, selezione e frantumazione sono operazioni che rientrano nella nozione di "normale pratica industriale", ai fini della qualifica del residuo come sottoprodotto (e quindi non rifiuto).
Tali operazioni, che al pari di quelle di essiccazione, cernita, vagliatura e macinazione "non fanno perdere al materiale la sua identità e le caratteristiche merceologiche e di qualità ambientale che esso già possiede", sono invece utili o funzionali per il suo ulteriore utilizzo, che può avvenire presso il produttore o altri utilizzatori (sentenza 40109/2015 della Cassazione).
È invece escluso che si possa parlare di "normale pratica industriale", sottolinea la Suprema Corte, nel caso di residui destinati ad operazioni di "trasformazione o di recupero completo".
La qualifica di sottoprodotto è comunque esclusa quando si tratta di residui produttivi che arrivano all’impianto accompagnati da un formulario di identificazioni rifiuti (Fir) compilato a cura del produttore (in tale ipotesi, la natura di rifiuto non può essere messa in discussione da chi riceve il carico). Confermata così la condanna ai sensi dell'articolo 256, comma 4, Dlgs 152/2006, inflitta a un impianto di recupero di sfridi e residui di plastica che aveva stoccato più rifiuti di quelli autorizzati.
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
Rifiuti - Sottoprodotti - Articolo 184-bis, Dlgs 152/2006 - Normale pratica industriale - Operazioni che non fanno perdere identità e caratteristiche - Rientrano - Operazioni di recupero completo - Non rientrano - Rifiuto classificato dal produttore - Natura di sottoprodotto - Esclusa
Lo Strumento dell'Osservatorio di normativa ambientale che guida all'adempimento degli obblighi previsti dalla normativa
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