Scarti animali, niente deroghe se destinati a smaltimento
Rifiuti
Affinché gli scarti di origine animale siano sottratti al regime dei rifiuti (ed assoggettati al regime Ue sui sottoprodotti di origine animale) occorre che gli stessi siano qualificabili come sottoprodotti ai sensi del Dlgs 152/2006.
Alla luce della definizione stabilita dall’articolo 183 del “Codice ambientale”, precisa la Cassazione nella sentenza 1721/2015, gli scarti di cui il produttore si disfa, destinandoli allo smaltimento, non possono mai essere considerati come sottoprodotti, e quindi rimangono assoggettati alla disciplina sui rifiuti.
La finalità perseguita di smaltimento, sottolinea la Suprema Corte, permane anche quando nell’impianto di destinazione avviene un ulteriore processo di trasformazione degli scarti (in farine animali o altro), se questo “non è incluso nella destinazione originaria perseguita dalla ditta che ha operato la macellazione”. Ed è proprio questa la ragione per cui gli scarti in questione non possono rientrare nella nozione di sottoprodotto stabilita dal “Codice ambientale”.
Confermata quindi la condanna ad otto mesi di reclusione per l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (articolo 260, Dlgs 152/2006) posta in essere dal ricorrente.
Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
Rifiuti - Scarti di origine animale destinati allo smaltimento - Regolamento 1774/2002/Ce - Applicabilità - Qualifica degli scarti come sottoprodotti - Articolo 183, Dlgs 152/2006 - Richiesta - Trasformazione non inclusa nella destinazione originaria - Non rientra
Lo Strumento dell'Osservatorio di normativa ambientale che guida all'adempimento degli obblighi previsti dalla normativa
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