Scarico sul suolo “in deroga”, l’impossibilità va provata
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È “evidente” che la prova sulla impossibilità tecnica o sulla eccessiva onerosità del recapito nei corpi idrici superficiali, richiesta dal Dlgs 152/2006 per consentire lo scarico sul suolo, incombe sulla parte privata.
Lo ha sottolineato la Cassazione (sentenza 40761/2013) nell’annullare l’ordinanza di un Tribunale pugliese che, visto il mancato accertamento del Gip sui requisiti richiesti dal Dlgs 152/2006 per consentire lo scarico sul suolo (articolo 103, comma 1, lettera c), aveva dissequestrato per assenza di fumus criminis un depuratore posto sotto inchiesta.
Per la Suprema Corte, che ha annullato il dissequestro, tale prova incombe invece sulla parte privata. Di restituzione del bene sequestrato, “condizionata” al rispetto di prescrizioni operative e alla prestazione di cauzioni, si può parlare solo nella fase di esecuzione del provvedimento (e non in quella genetica di adozione della misura cautelare).
Nel caso di continuo ruscellamento delle acque dal depuratore agli attigui campi di spandimento, scatta il reato sanzionato dal comma 11 dell’articolo 137, che punisce con l’arresto fino a tre anni chi non osserva i divieti di scarico dell’articolo 103.
Acque - Scarichi sul suolo - Articolo 103, Dlgs 152/2006 - Condizioni - Onere della prova - Ruscellamento dal depuratore - Violazione dei divieti previsti dall'articolo 103 - Reato - Articolo 137, comma 11, Dlgs 152/2006 - Configura
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte III - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche
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