Combustione illecita rifiuti, reato anche se non "parte" l'incendio
Rifiuti
Il nuovo reato di combustione illecita di rifiuti scatta quando si "appicca il fuoco" azione dalla quale non necessariamente scaturisce un incendio ex articolo 423, Codice penale. Lo ricorda la Cassazione nella relazione 17 febbraio 2014, n. III/02/2014 a commento dell'articolo 256-bis, Dlgs 152/2006.
Il delitto in parola, introdotto dal Dl 136/2013, convertito in legge 6 febbraio 2014, n. 6 è stato analizzato dall'Ufficio del massimario della Cassazione che ha evidenziato alcune criticità applicative, proponendo ipotesi interpretative suggestive, tipo inquadrare come reato omissivo doloso la responsabilità per omessa vigilanza a carico del titolare dell'impresa sull'operato degli autori materiali del delitto (in caso di reato commesso nell'ambito di attività di impresa ex articolo 256-bis, comma 3). Inquadrarlo come delitto colposo darebbe problemi di ragionevolezza (stesse pene per condotte dolose e colpose).
L'Ufficio del massimario poi ricorda come la sanzione del sequestro del veicolo (articolo 256-bis, comma 5) sia obbligatoria ma abbia efficacia limitata alla sola ipotesi nella quale i rifiuti che si trasportano sono poi bruciati in aree o impianti non autorizzati. Infine resta problematico sotto il profilo della ragionevolezza punire in modo analogo al reato consumato condotte assimilabili al "tentativo di combustione illecita" (come la gestione illecita di rifiuti finalizzata alla successiva combustione illecita).
Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali - Istituzione del reato di combustione illecita di rifiuti
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