Rocche plastiche di tessitura, se “macinate” non sono sottoprodotti
Rifiuti
La separazione del materiale plastico dal filato e la successiva macinatura tesa a consentirne l’ingresso in un nuovo ciclo produttivo, non può ritenersi utilizzo diretto senza alcun trattamento diverso dalla normale pratica industriale.
Lo dice la Cassazione (sentenza 20886/2013), che ha confermato la condanna per gestione non autorizzata di rifiuti, nei confronti del titolare di un’azienda di recupero di materiali plastici, escludendo che le rocche plastiche provenienti dalle lavorazioni dell’industria tessile, e depositate presso il ricorrente, potessero essere considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del Dlgs 152/2006.
La successiva ad attività di separazione e macinatura a cui le rocche erano sottoposte, esclude infatti che i materiali potessero essere considerati, al momento in cui si originavano nel processo produttivo, pronti per “l’utilizzo diretto senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale”. Da quest’ultima nozione, sottolinea la Cassazione richiamando la sentenza 17453/2012, sono esclusi tutti gli interventi manipolativi “diversi da quelli ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale il sottoprodotto viene utilizzato”.
Sottoprodotti - Dlgs 152/2006 - Requisiti - Concetto di normale pratica industriale - Trattamento e operazioni "minimali" - Interpretazione "meno estensiva" di sottoprodotto - Natura di rifiuto
Industria tessile - Rocche plastiche - Nozione di sottoprodotto - Articolo 184, Dlgs 152/2006 - Attività di separazione e macinatura - Normale pratica industriale - Non rientra
A cura di Vincenzo Dragani e della Redazione Reteambiente
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