Inquinamento diffuso, la responsabilità può essere presunta
Danno ambientale e bonifiche

La P.a. può imporre misure di riparazione del danno ambientale, presumendo l’esistenza di un nesso di causalità tra le attività del singolo e l’inquinamento accertato, sulla base della vicinanza dell’impianto all’inquinamento e della corrispondenza tra le sostanze inquinanti e i componenti impiegati dall’operatore.
Secondo la Cge (sentenza 9 marzo 2010, causa C-378/08) la direttiva 2004/35/Ce non definisce le modalità di accertamento del nesso di causalità tra condotta e inquinamento, richiesto ai fini dell’imposizione delle misure di riparazione, lasciando così ampia discrezionalità agli Stati membri che possono stabilire una “presunzione” – purché basata su “indizi plausibili” – per le situazioni in cui tale accertamento risulti impossibile, come nei casi di inquinamento diffuso del territorio.
Fatti salvi gli accertamenti di fatto del Giudice nazionale, ha precisato inoltre la Cge, le attività ricomprese nell’allegato III della direttiva 2004/35/Ce — come il settore chimico e energetico — rispondono di responsabilità ambientale oggettiva: la prova del comportamento doloso o colposo degli operatori non è quindi necessaria per l’imposizione delle misure di riparazione.
Direttiva 2004/35/Ce – Sito di interesse nazionale di Priolo – Applicabilità ratione temporis – Responsabilità per la riparazione di danni ambientali – Principio "chi inquina paga" – Misure per l'eliminazione di danni ambientali – Misure supplementari disposte d'autorità – Affidamento di appalti pubblici
Direttiva 2004/35/Ce - Articolo 311, Dlgs 152/2006 - Responsabilità ambientale - Normativa nazionale che imputa i costi di riparazione dei danni connessi a detto inquinamento a una pluralità di imprese - Requisito del comportamento doloso o colposo - Requisito del nesso di causalità - Appalti pubblici di lavori
Responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale
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