Rifiuti

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Roma, 31 gennaio 2005 (Ultimo aggiornamento: 21/10/2009)

Sentenza Ue 11 novembre 2004, rottami, regolamento (Cee) 259/93 e nota del Capo di Gabinetto del 17 gennaio 2005, ovvero "Del delirio di onnipotenza"

(Paola Ficco)

"Tratto da "Rifiuti - Bollettino di informazione normativa" n. 115 (2/2004), parte di un più ampio articolo dal titolo "Delega ambientale: sarà vera gloria?"

Il 17 gennaio 2005, Il Capo di Gabinetto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ha inviato al Reparto Ambientale Marino delle Capitanerie di Porto (Ufficio II) una nota in risposta ai "quesiti delle Capitanerie di Porto di Venezia e di Monfalcone in merito alla movimentazione transfrontaliera di rottami ferrosi nei porti di giurisdizione", dove tali Capitanerie, dopo la sentenza Ue dell'11 novembre 2004, chiedevano "se i rottami ferrosi possano essere ancora gestiti come merci o se, invece, debbano essere assoggettati alla disciplina sui rifiuti".

 

Dal canto suo, la Capitaneria di Monfalcone chiedeva (come riferisce il Capo di Gabinetto nella sua citata nota del 17 gennaio 2005)

"a) se sia vincolata alla interpretazione autentica che l'articolo 14 legge 18 agosto 2002 n. 178 offre all'articolo 6 Dlgs 22/1997 in virtù della quale il rottame ferroso destinato ad essere riutilizzato nel medesimo ciclo produttivo, non costituirebbe rifiuto;

b) se, al contrario, questo Ufficio possa o debba disapplicare la norma nazionale risultante dal combinato disposto dell'articolo 6, comma 1 Dlgs 22/1997 e dall'articolo 14 legge 178/2002 ed applicare direttamente la direttiva comunitaria in considerazione della natura self executing di quest'ultima".

 

Il Capo di Gabinetto, incentra tutta la sua risposta sul fatto che la direttiva 75/442/Cee (come modificata dalla direttiva 91/156/Cee) non sia self executing; pertanto, ritiene:

"che le Capitanerie di Porto e, più in generale le autorità nazionali siano ancora vincolate all'interpretazione autentica che l'articolo 14 legge 178/02 offre dell'articolo 6, comma 1 lettera a) Dlgs 22/97;

che la norma nazionale, risultante dal combinato disposto dell'articolo 6 comma 1, lettera a) Dlgs 22/97 e dell'articolo 14 legge 178/02 non possa debba essere disapplicata con diretta applicazione della direttiva 75/442/Cee".

 

Il Capo di Gabinetto osserva, infine, che "l'intera materia dei rottami ferrosi e non ferrosi forma oggetto delle disposizioni e delle modifiche normative introdotto dalla legge 15 dicembre 2004, n. 308 (articolo 1 commi 25-29) … Di conseguenza anche a tale norma, che fa espressamente salvo il disposto dell'articolo 14 legge 178/02, sarà necessario fare riferimento per determinare la disciplina applicabile ai rottami ferrosi".

 

I quesiti delle Capitanerie e la risposta del Capo di Gabinetto nascono (come ormai noto) dal fatto che il Procuratore della Repubblica di Venezia (prendendo atto della sentenza comunitaria 11 novembre 2004) ordina alla Capitaneria di Venezia di inibire alle navi che trasportano rottame ferroso di poter approdare negli scali veneziani (ovviamente, l'inibizione scatta se trattandosi di rifiuti, essi non sono in regola con il relativo sistema amministrativo).

 

Il "blocco" del porto di Venezia, dunque, risiede tutto nel fatto che questi rottami vogliono entrarvi senza rispettare il regolamento (Cee) 259/93 sui transiti transfrontalieri di rifiuti, la disciplina autorizzatoria dei trasportatori, dei destinatari e il sistema delle scritture ambientali. Quindi, laddove non fossero rifiuti tutto il problema non si porrebbe.

Quindi, la vera domanda posta dalle cennate Capitanerie di Porto è "quali sono le conseguenze derivanti da una sentenza europea la quale dichiari una norma nazionale in contrasto con una norma comunitaria"?

Il problema è stato risolto da tempo; infatti:

• il Consiglio di Stato, con proprio parere, ha affermato che le sentenze interpretative della Corte Ue "… pur non importando la caducazione della norma interna ritenuta incompatibile, si traducono in un obbligo di attuazione della normativa comunitaria rivolto a tutti i soggetti giuridicamente tenuti all'attuazione delle leggi, ed in particolare alle autorità giurisdizionali ed amministrative"1 ; tale parere è stato espresso proprio con riferimento alle sentenze interpretative della Corte europea di Giustizia2 .

• ciò in quanto la Corte costituzione ha stabilito che "tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) — tanto se sono dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi— sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme … del Trattato Cee nell'interpretazione datane dalla Corte di Giustizia europea" 3 .

Nonostante ciò, il Capo di Gabinetto — nella nota in esame— afferma testualmente "le autorità nazionali non potranno né dovranno disapplicare la norma nazionale, dato che la soluzione del conflitto è rimessa all'organo legislativo".

Non basta: a ben guardare, la definizione di "rifiuto" non è contenuta solo nella direttiva 75/442/Cee (come modificata dalla diretta 91/156/Cee) ma anche (e soprattutto, visto che si parla di importazioni dall'estero) nel regolamento (Cee) 259/93 (articolo 12, lettera a) "rifiuti": i rifiuti quali definiti nell'articolo 1, lettera a) della direttiva 75/442/Cee").

Tale richiamo definitorio viene ricordato anche dalla Corte di Giustizia europea quando stabilisce che "… al fine di garantire che i sistemi nazionali di sorveglianza e di controllo delle spedizioni di rifiuti rispettino criteri minimi, l'articolo 2, lettera a), del regolamento n. 259/93, rinviando all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442, come modificata, ha istituito una definizione comune di rifiuti che si applica direttamente, anche alle spedizioni di rifiuti all'interno di qualsiasi Stato membro"4 .(oltreché ovviamente da e verso l'esterno). Ciò in quanto, un regolamento comunitario è direttamente applicabile negli Stati membri.

Questo significa che la stringente definizione di rifiuto di cui alla direttiva 75/441/Cee (come modificata) è stata fatta propria anche da un regolamento comunitario che, in quanto tale, è direttamente applicabile negli Stati membri, tanto da non poter essere modificato o interpretato da una legge nazionale. Pertanto, "le disposizioni della Cee le quali soddisfano i requisiti dell'immediata applicabilità devono entrare e permanere in vigore nel territorio italiano senza che la sfera della loro efficacia possa essere intaccata dalla legge ordinaria dello Stato". Da ciò discende che "quando vi sia irriducibile incompatibilità fra la norma interna e quella comunitaria è quest'ultima in ogni caso a prevalere"5 .

Non è dunque un caso che anche la nostra Corte di Cassazione, con riferimento all'articolo 14, ritiene che6 :

  • la nozione europea di rifiuto è vincolante per il Giudice italiano poiché recepita dall'articolo 2, lettera a) Regolamento (Cee) 259/93, quindi è "immediatamente e direttamente applicabile in Italia…";
  • le decisioni della Corte europea di Giustizia "siano esse di condanna per inadempimento dello Stato oppure interpretative del diritto comunitario, sono immediatamente e direttamente applicabili in Italia";
  • "il Giudice italiano ha l'obbligo di non applicare la norma nazionale in contrasto con quella comunitaria";

pertanto, condivide "l'orientamento dottrinario che ammette la prevalenza del diritto comunitario qualora si tratti di definizioni legali di elementi normativi della fattispecie penale soggetti alla determinazione da parte delle norme comunitarie: e tale, senza dubbio, è la nozione di "rifiuto".

 

Di tutto questo il Capo di Gabinetto sembra veramente non conservare traccia nella propria memoria. Il che è tanto più grave laddove si pensi che il Suo Ufficio e la Sua alta Funzione saranno inevitabilmente coinvolti nella stesura del futuro testo unico sui rifiuti di cui alla "legge delega".

 

Nella nota in esame il capo di Gabinetto afferma che "con la sentenza 11 novembre 2004, la Corte di Giustizia non ha fornito (né avrebbe potuto) un'interpretazione esaustiva dell'articolo 1 della direttiva 75/442/Cee, ma si è limitata a dichiarare come tale articolo non va interpretato" (pertanto, ritiene "assurdo" che l'articolo 14 venga disapplicato).

Vero, peccato, che il Capo di Gabinetto non spieghi perché la Corte fa questa affermazione, come — invece — la Corte correttamente fa: L'articolo 14 non riguada il "caso Niselli" i cui fatti furono commessi prima dell'entrata in vigore della legge interpretativa italiana.

In conclusione, la nota del Capo di gabinetto appare errata e, priva com'è di qualsivoglia valore giuridico non è certamente vincolante per la Magistratura. Paradossalmente, invece, essa crea più di un problema alle Capitanerie di Porto. Infatti, esse sono organi amministrativi da un lato (quindi obbligati dalle direttive ministeriali) e organi di polizia giudiziaria dall'altro (quindi obbligati ad eseguire gli ordini dell'Autorità giudiziaria). Pertanto, nel caso di Venezia, il procuratore della Repubblica ha emesso un ordine, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio uno di segno esattamente uguale e contrario: la Capitaneria è nel mezzo. Che fare, dunque?

Sul punto, cito l'invito del Procuratore della Repubblica di Roma — Gianfranco Amendola — che, assai correttamente, nel suo Editoriale "Rottami metallici, Ministero dell'ambiente e Capitanerie di porto"7 scrive: "in questa situazione, c'è una sola strada da indicare ai funzionari italiani: riferire, immediatamente e per iscritto al Procuratore della Repubblica competente per territorio qualunque caso dubbio, chiedendo espresse indicazioni ed allegando, se necessario, sia le indicazioni dell'Autorità amministrativa sia le indicazioni della giurisprudenza, comunitaria e nazionale, riportate in questa nostra nota"8 .

Note redazionali

1. Consiglio di Stato (parere), Sezione II, 13 maggio 1992, ove si aggiunge che "la diretta efficacia della sentenza comporta un obbligo di immediata attuazione";
2. ex plurimis Corte Costituzionale 23 aprile 1985, n. 113 secondo la quale il principio della prevalenza del diritto comunitario vige anche "per le situazioni risultanti, come nella specie, dalle sentenza interpretative della Corte di Giustizia";
3. Corte Costituzionale 11 luglio 1989, n. 389 la quale ha esteso il principio anche alle pronunce della Corte di Giustizia in sede contenziosa (conf. Corte Costituzionale 18 aprile 1991, n. 168 e 30 marzo 1995, n. 94);
4. Corte di Giustizia delle Comunità europee, Sezione VI, 25 giugno 1997 (C-304/94, C-330/94, C-324/94 e C-224/95) - Tombesi e altri- punto 46;
5. Corte Costituzionale 8 giugno 1984, n. 170;
6. Cass. Pen. Sezione III, 15 gennaio 2003, n. 12; conf. Cass. Pen., sez. III, c.c. 14 novembre 2003, n. 10662.
7. In www.dirittoambiente.com., spazio "Le ultime novità in materia di ambiente";
8. Per le indicazioni giurisprudenziali G. Amendola si riferisce, ovviamente, a quanto riportato nel suo editoriale pubblicato sul sito www.dirittoambiente.com
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