Rifiuti

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Roma, 22 luglio 2004 (Ultimo aggiornamento: 14/11/2008)

Sospensiva del contributo di riciclaggio sull'olio vegetale a carico dei produttori: i perché di una decisione non condivisibile

(Paola Ficco)

Con una non condivisibile ordinanza del 25 giugno 2004, la VI Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l'appello del Conoe (Consorzio obbligatorio nazionale raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti) contro l'annullamento dell'ordinanza Tar Lazio, Sezione II Bis, n. 2548/2004 che sospendeva il Dm 27 novembre 2003 istitutivo del contributo di riciclaggio sull'olio vegetale a carico dei produttori, per l'anno 2003. L'ordinanza non è condivisibile per una serie di non banali motivi. Se un problema c'era, esso avrebbe potuto essere risolto in un altro modo senza ricorrere al maglio giudiziario. Anche di questo si darà conto di seguito.

 

Il Dm 27 novembre 2003 era stato emanato in attuazione dell'articolo 47, comma 9, lettera d), Dlgs 22/1997 ("legge-quadro" sui rifiuti).

 

A questo punto capiamo perché il "decreto Ronchi" ha voluto istituire questo Consorzio. La risposta è rinvenibile nel fatto che gli oli vegetali esausti (cioè che residuano all'utilizzazione — prevalentemente alimentare — dei corrispondenti prodotti originari) rappresentano un rilevante fattore di danno ambientale.

 

Tale danno non può essere genericamente liquidato con il fatto che l'olio vegetale esausto è biodegradabile; infatti, esso produce negativi impatti diretti sull'ambiente ovunque si presenti in elevate concentrazioni. Il che ripropone il grande elemento di valutazione del fenomeno dei rifiuti, dovuto alla consistenza dei relativi flussi, poiché tali oli esausti (la cui produzione annua ammonta a circa 50.000 tonnellate di derivazione industriale e a circa 200.000 di derivazione domestica) interferiscono con i processi di trattamento di depurazione delle acque reflue (indispensabili per garantire l'integrità dei corpi idrici e delle falde e, quindi, dell'intero sistema idrico ed idraulico nazionale). Inoltre, in difetto di un ciclo chiuso che eviti il riavvio dell'olio vegetale usato alle preparazioni alimentari, si corre il serio rischio di vederli rientrare nel ciclo alimentare umano come oli nuovi (a dispetto del carico cancerogeno che recano).

 

Il contributo di riciclaggio determinato dal sospeso Dm rappresentava la condizione indispensabile per l'avvio e la gestione corretta della raccolta e del trattamento del rifiuto olio vegetale esausto, in coerenza con il principio europeo "chi inquina paga". Chiunque abbia ritenuto che il contributo appesantisca la spesa quotidiana o gli oneri delle imprese, evidentemente non considerano i seguenti dati oggettivi: infatti, il contributo era pari a 3,09 Euro/tonnellata, cioè 3 millesimi di Euro al kg., cioè meno di 6 lire al litro (il che rappresenta meno dello 0,5 per mille del prezzo medio al consumo del prodotto nuovo). Per il consumatore (sia esso cittadino o impresa), dunque, tale "aumento" è inconsistente ma ricorda che in una società tecnologicamente avanzata l'ambiente pulito non è un bene gratuito; pertanto, solidalizza i conseguenti oneri.

 

Sotto il profilo della produzione, si ricorda che il Dm in esame esclude: i produttori che operano per l'autoconsumo (i piccoli frantoi); i produttori che non commercializzano il prodotto, conferendo integralmente ad altri soggetti che ne curano il confezionamento e l'immissione sul mercato, poiché il contributo è pagato dall'impresa che raccoglie il prodotto e lo commercializza.

 

L'unico fattore di potenziale impatto sui prezzi al consumo, era ravvisabile nella gestione amministrativa del prelievo del contributo, particolarmente gravosa nel caso dei produttori minori che commercializzano in proprio il prodotto; sul punto, sarebbe stato auspicabile, che il Consorzio non avesse dato luogo alla raccolta del contributo in tutti quei casi in cui i costi amministrativi e di esazione risultassero superiori al gettito atteso. Il che sarebbe potuto avvenire mediante la sottoscrizione di apposite convenzioni con le Associazioni dei produttori che avrebbero potuto definire: l'entità del contributo; la soglia di convenienza al di sotto della quale non procedere alla sua raccolta e conseguentemente la tipologia di produttori oggetto di eventuali deroghe.

In un'Italia dove nessuno alza un dito contro un iperbolico prezzo dei carburanti e dell'energia, ci si sente fieri di aver risparmiato 6 lire al litro sull'olio vegetale (assumendo pretestuosamente che l'olio con il quale si condisce l'insalata non genera rifiuto, salvo poi ritrovare quello che residua dalle principali preparazioni alimentari nei biscotti o in altri alimenti elegantemente confezionati), mentre tutti sproloquiano sulla necessità di acqua potabile e di trasparenza delle etichettature alimentari.

Come sempre, la miopia di pochi a detrimento di tutti. Grazie davvero.

 

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