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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio-Latina 16 dicembre 2002, n. 1456

Valutazione d'impatto ambientale - Valutazione dell'opera nel suo complesso - Ampliamento porto turistico - Valutazione unitaria e integrata delle opere a mare e delle opere a terra - Necessità - Sussiste

Tar Lazio

Sentenza 16 dicembre 2002, n. 1456

 

(omissis)

In fatto:

A) Quanto al primo ricorso (n. 1062 del 2001).

Con atto notificato il 2/3/4/8 ottobre 2001, depositato il successivo 16 ottobre, la S.r.l. VI.GE.DAL. e la S.n. c. MAGA CIRCE hanno impugnato, unitamente agli atti connessi:

-provvedimenti e verbali della conferenza di servizi, tenutasi ai sensi dell'articolo 5 del Dpr 2 dicembre 1997 n. 509, in data 13 aprile e 4 luglio 2000, di approvazione del progetto preliminare di ampliamento del porto turistico di San Felice Circeo, presentato dalla intimata srl Penta;

-provvedimenti e verbali della conferenza di servizi, tenutasi ai sensi dell'articolo 6 del Dpr 2 dicembre 1997 n. 509, in data 26 aprile e 21 giugno 2001, di approvazione del progetto definitivo di ampliamento del porto turistico di San Felice Circeo, presentato dalla intimata srl Penta;

-nota del Comune di San Felice Circeo n. 12331 del 30 giugno 2001, contenente comunicazione degli atti della conferenza di servizi sul progetto definitivo.

Le ricorrenti, la VI.GE.DAL. quale società di gestione, la MAGA CIRCE quale proprietaria, della struttura alberghiera denominata "Hotel Maga Circe" sita in San Felice Circeo, dotata di accesso all'arenile e di un proprio porticciolo, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e a vincoli naturalistici, lamentando, per il caso che venisse realizzato il predetto progetto di ampliamento del porto, interferenza con la propria attività, oltre che perdita di attrattiva della struttura alberghiera (a causa della costruzione di nuovi moli e a causa degli scarichi delle acque di ricambio, in adiacenza allo specchio acqueo di loro pertinenza) con conseguente riduzione anche del valore della proprietà immobiliare, hanno impugnato gli atti sopra citati, deducendone la illegittimità per i motivi che saranno illustrati in prosieguo in occasione della loro trattazione.

Le ricorrenti hanno quindi concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Si sono costituite le Amministrazioni statali così come indicato in epigrafe, senza peraltro svolgere difese scritte.

Si è costituito altresì il Comune di San Felice Circeo, il quale:

-ha eccepito la inammissibilità del ricorso per non avere le ricorrenti un interesse qualificato e differenziato, sia perché la questione concerne uno specchio acqueo diverso da quello di pertinenza delle stesse, sia per non avere le medesime presentato domanda in concorrenza con la società Penta;

-ha dedotto la infondatezza del ricorso;

-ha concluso in coerenza, con ogni conseguenza.

Si è costituita poi la controinteressata società Penta, che ha (meramente) contrastato il ricorso eccependone la inammissibilità e deducendone la infondatezza; con coerenti conclusioni e chiedendo la vittoria delle spese.

Le ricorrenti, con articolata memoria depositata il 25 novembre 2002, hanno insistito per l'accoglimento; hanno inoltre eccepito la tardività della produzione documentale effettuata dalla Regione il 18 novembre 2002, precisando che il consenso a tale deposito era stato da loro dato soltanto in vista dell'udienza dell'8 novembre 2002, rinviata per omesso avviso (della stessa udienza) all'Avvocatura dello Stato.

B) Quanto al secondo ricorso (n. 770 del 2002).

Con atto notificato il 18/19 giugno 2002, depositato il successivo 26 giugno, le predette società VI.GE.DAL. e MAGA CIRCE hanno impugnato, unitamente agli atti connessi:

-atto di concessione cinquantennale adottato dalla Capitaneria di porto del Compartimento marittimo di Gaeta, rep.n. 198 in data 13 dicembre 2001, in favore della controinteressata società Penta;

-provvedimento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dp DEM/2° 1728 in data 24 luglio 2001, di autorizzazione a predisporre la bozza di atto formale di concessione;

-dispaccio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, n. DEM 2A 2974 del 15 novembre 2001, di autorizzazione alla stipula dell'atto di concessione;

-decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, unità di gestione delle infrastrutture per la navigazione ed il demanio marittimo, in data 24 dicembre 2001, di approvazione dell'atto di concessione;

-provvedimento-verbale del Capo del compartimento marittimo, di estremi sconosciuti, di immissione in possesso del concessionario srl Penta;

-nota della Capitaneria di porto del Compartimento marittimo di Gaeta, in data 11 aprile 2002, di accompagnamento ai documenti acquisiti al protocollo del Comune di San Felice Circeo n. 7172 del 19 aprile 2002;

-provvedimento della Capitaneria di porto di Gaeta, in data 28 maggio 2002, di autorizzazione alla srl Penta per lo svolgimento di sondaggi geotecnici nello specchio acqueo in concessione, ed eventuali proroghe;

-ordinanza n. 23/2002 dell'Ufficio circondariale marittimo, guardia costiera di Terracina, relativa ai tempi e alle modalità di svolgimento dei predetti sondaggi geotecnici, ed eventuali proroghe;

-atti già impugnati con il primo ricorso.

Le ricorrenti hanno dedotto la illegittimità dei predetti atti per i motivi che saranno illustrati in prosieguo in occasione della loro trattazione; hanno concluso per l'accoglimento del ricorso previa sospensione e con domanda di risarcimento del danno, da liquidarsi in una successiva fase del giudizio, non neutralizzato dalle misure cautelari eventualmente concesse; con vittoria di spese.

Anche con riferimento a tale ricorso si sono costituite le Amministrazioni statali così come indicate in epigrafe.

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha depositato memoria di contrasto del ricorso chiedendo di questo il rigetto quanto meno con riferimento ai provvedimenti statali.

Si è costituita altresì la Regione Lazio, che ha contrastato il ricorso deducendone la infondatezza e concludendo per il rigetto; con vittoria di spese.

Si è costituito inoltre il Comune di San Felice Circeo, che ha dedotto così come per il precedente ricorso.

Si è costituita poi la intimata società Penta, che ha eccepito la inammissibilità del ricorso (per le ragioni indicate dal Comune per il primo ricorso) e diffusamente ne ha dedotto la infondatezza; con coerenti conclusioni e vittoria di spese; in subordine sostenendo doversi comunque mantenere salva la concessione impugnata quanto al godimento dello specchio acqueo di riferimento.

La trattazione della domanda cautelare è stata rinviata a data da destinare; ma non è stata poi attivata.

In vista della trattazione del ricorso, la controinteressata società Penta ha depositato, in data 25 novembre 2002, articolata memoria, con cui ha insistito per la reiezione del ricorso stesso.

Le ricorrenti, con articolata memoria depositata lo stesso 25 novembre, hanno insistito per l'accoglimento; hanno inoltre eccepito, così come per il primo ricorso, la tardività della produzione documentale effettuata dalla Regione il 18 novembre 2002.

C) Indi, all'udienza del 6 dicembre 2002 (la precedente udienza dell'8 novembre 2002 era stata rinviata su eccezione dell'Avvocatura dello Stato, alla quale non era stato inviato avviso), entrambi i ricorsi, dopo ampia discussione da parte dei legali presenti, sono stati ritenuti per la decisione.

 

In diritto:

1) I due ricorsi, proposti dalle stesse ricorrenti, attengono entrambi al procedimento concernente l'ampliamento del porto turistico di San Felice Circeo.

Sussiste pertanto connessione, ond'è che si ravvisa la opportunità della riunione dei medesimi ricorsi al fine della loro trattazione con unica sentenza, ai sensi dell'articolo 52 del RD 17 agosto 1907 n. 642.

2) In accoglimento della eccezione di cui sopra, formulata dalle ricorrenti, non si terrà conto della documentazione depositata dalla Regione Lazio il 18 novembre 2002.

3) È infondata l'eccezione di inammissibilità, dai resistenti Comune di San Felice Circeo e società Penta sollevata, per entrambi i ricorsi quanto al Comune, per il secondo ricorso quanto alla società Penta, nella considerazione che le ricorrenti non sarebbero portatrici di interesse a contrastare il rilascio della concessione in argomento, dato che questa concerne uno specchio acqueo diverso da quello di pertinenza (in base a concessione) delle ricorrenti e mai richiesto dalle stesse.

Giusta i princìpi, invero, al fine della proponibilità di ricorso giurisdizionale avverso provvedimenti favorevoli a terzi, basta che il ricorrente, dalla esecuzione del provvedimento impugnato, risenta la compromissione di una sua posizione giuridicamente rilevante.

Nel caso le ricorrenti, essendo l'una gestrice, l'altra proprietaria, di una struttura alberghiera sita nella stessa zona, hanno interesse ad evitare l'alterazione dei caratteri della zona senza il corretto iter procedimentale e senza l'adozione di atti finali legittimi.

Le regole procedurali e sostanziali poste a garanzia della legittima modificazione dello stato dei luoghi, invero, da un lato soddisfano direttamente l'interesse pubblico alla corretta gestione degli stessi luoghi, da un altro lato soddisfano, indirettamente, l'interesse dei singoli, i quali abbiano uno stabile collegamento con i predetti luoghi, ad evitare negative alterazioni dei caratteri della zona.

Dal che, l'interesse delle ricorrenti a contrastare gli atti in discussione.

4) Nel merito, i ricorsi vanno accolti.

E invero.

5) Quanto al primo ricorso (n. 1062 del 2001).

5.1) Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 del Dpr 2 dicembre 1997 n. 509 (contenente il regolamento sulla disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto), degli articoli 1 e 5 della legge 25 gennaio 1934 n. 285 (sulla istituzione del Parco nazionale del Circeo), dell'articolo 13 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 (legge quadro sulle aree protette), della legge regionale del Lazio 6 luglio 1998 n. 24 (pianificazione paesistica e norme di tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincoli paesistici), del Dlgs 29 ottobre 1999 n. 490 (testo unico in materia di beni culturali e ambientali), dell'articolo 22 del PTP relativo al sub— ambito 13 approvato con deliberazione della Giunta regionale del Lazio 28 aprile 1987 n. 2280.

Sostengono le ricorrenti che alle conferenze di servizi per l'esame dei progetti, preliminare e definitivo, avrebbe dovuto essere invitato, ai sensi della lettera (g) del secondo comma dell'articolo 5 del cennato Dpr n. 509 del 1997, anche il Parco nazionale del Circeo, dato che il territorio interessato dal progetto è compreso nella zona sottoposta a vincolo naturalistico di immodificabilità, salvo il previo nulla osta del Parco predetto.

Aggiungono, a precisazione, che, sia la Regione, sia il Comune di San Felice Circeo, hanno chiarito che il progetto di ampliamento del porto turistico è funzionalmente connesso alle opere e ai servizi a terra (fra cui i parcheggi e l'adeguamento della viabilità) la cui realizzazione sarebbe necessaria per evitare effetti negativi sul tessuto urbanistico e sui flussi di traffico veicolare; da ciò discenderebbe che il progetto dovrebbe essere considerato, per le opere a terra e per le opere a mare, unitariamente, per cui il parere del Parco non potrebbe essere eventualmente chiesto in un secondo momento, dopo cioè la realizzazione delle opere a mare, dato che in tale ipotesi, stante la predetta connessione funzionale, sarebbe di fatto impossibile per il Parco imporre eventuali condizioni limitative o addirittura vietare l'intervento.

Il resistente Comune di San Felice Circeo deduce che il Parco è estraneo al procedimento in questione, in quanto il potenziamento del porto è previsto dal Prg vigente, che tale previsione non venne fatta oggetto di osservazione critica, all'epoca, da parte del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste e da parte dell'Assessorato Regionale all'Agricoltura e alle Foreste, che le opere per il potenziamento insistono su un'area che ricade nel centro urbano, che comunque le previste opere a mare ricadono all'esterno del perimetro del comprensorio del monte Circeo, e quindi del Parco, che un ingrandimento del porto veniva auspicato anche nel 1983 nel piano di coordinamento dei porti della Regione Lazio.

Anche la resistente società Penta, in proposito, deduce la infondatezza della censura sostenendo che le opere portuali da realizzare ricadrebbero all'esterno del comprensorio del perimetro del Monte Circeo (area questa di competenza del Parco).

Non è in discussione che le opere a mare ricadano fuori del perimetro del Parco nazionale del Circeo, come del resto precisato nella nota n. 12528 del 25 giugno 2002 indirizzata alla società resistente dal responsabile del settore urbanistico del Comune di San Felice Circeo (cfr.deposito in data 11.7.2002 della resistente società Penta nell'ambito del secondo ricorso, doc.n. 9); per cui, ove il progetto di ampliamento del porto non comportasse la necessità di effettuare, in un secondo momento, anche opere a terra, correttamente il Parco nazionale del Circeo sarebbe stato ritenuto estraneo alla procedura.

In realtà, il previsto ampliamento avrà conseguenze tali da comportare la realizzazione di opere a terra.

Nella relazione tecnica generale del progetto definitivo (cfr.deposito della resistente società Penta nell'ambito del secondo ricorso) è precisato (pagina 13) che:

-la viabilità di accesso al porto, pur non avendo caratteristiche ottimali, è sufficiente per accogliere il traffico degli utenti della nuova darsena;

-il problema è peraltro rappresentato dalla massa di curiosi e villeggianti "che si riversano sul porto perché interessati dalla visione delle barche e attratti dai negozi o dai bar presenti nelle vicinanze. Altra fonte di affollamento è rappresentata, negli orari di partenza o di arrivo, dai viaggiatori diretti alle isole pontine. Si tratta nel complesso di una folla di persone, in genere utilizzanti l'automezzo privato, che possono provocare notevoli disagi nella viabilità di accesso al porto. Ma ... si tratta di un problema che esorbita da quelli relativi al proposto ampliamento e la cui soluzione va ricercata dal Comune in sede diversa da quella attualmente in esame";

-i servizi a terra saranno realizzati, in parte, dalla società Penta; tale parte "sarà oggetto di apposita convenzione con il Comune".

Dunque nello stesso progetto si prevede, come conseguenza necessaria dell'ampliamento del porto, un intervento sulla viabilità e la realizzazione di servizi a terra.

Di ciò lo stesso Comune resistente era consapevole sin dal 1999, allorquando, con deliberazione consiliare n. 39 del 15 luglio, sul progetto presentato dalla società Penta per l'ampliamento del porto, formulò opposizione alla domanda di concessione demaniale marittima, osservando che "La domanda ed i relativi allegati, depositati dalla società Penta per l'ampliamento del Porto non prevedono alcuna soluzione per un'adeguata strada di accesso e di uscita, dal piazzale di terra del nuovo ampliamento, né prevedono alcuna soluzione per tutte le aree dei servizi connessi con l'ampliamento dell'area portuale. In mancanza dei servizi a terra non è proponibile un ampliamento del Porto — si ritiene che, chiunque sia interessato ad un ampliamento del Porto esistente, debba necessariamente concordare, preventivamente, con il Comune, la fattibilità dei servizi a terra connessi con le attività portuali, quali viabilità, parcheggi, servizi igienici, servizi di assistenza alla nautica da diporto, ecc..".

Tanto, conferma che l'ampliamento del porto non può che comportare un interessamento della zona ricadente nel perimetro del Parco nazionale del Circeo.

Tale perimetro, infatti, come risulta dalle cartine depositate dalle ricorrenti il 16.10.2002 nell'ambito del secondo ricorso (cfr., in particolare, le piantine allegate agli atti parlamentari di approvazione del disegno di legge sulla istituzione del Parco nazionale del Circeo, e, più specificamente, la piantina allegata alla pubblicazione "flora e vegetazione del parco nazionale del Circeo — Ministero per le politiche agricole — gestione ex ASFD — parco nazionale del Circeo — Sabaudia, 1998"), comprende l'intero promontorio del monte Circeo, spingendosi, anche verso est, oltre il centro urbano del Comune di San Felice Circeo.

E, confrontando la piantina di cui alla predetta pubblicazione con, esemplificativamente, la tav. n. 5 dello studio di inserimento ambientale contenuto nel progetto in questione, si evidenzia che le (necessarie) opere a terra ricadono dentro il perimetro del Parco.

Si presenta quindi fondato il motivo in argomento, con cui le ricorrenti deducono che, avanti di approvare il progetto in questione e di adottare i conseguenti atti, avrebbe dovuto effettuarsi il coinvolgimento del Parco nazionale del Circeo, mediante invito dello stesso a partecipare alle impugnate conferenze di servizi.

Giusta gli articoli 5 e 6 del sopra citato Dpr 2 dicembre 1997 n. 509, invero, alle conferenze di servizi devono essere chiamate a partecipare tutte le amministrazioni preposte alla tutela di specifici interessi pubblici.

Per cui il Parco nazionale del Circeo, in mancanza dell'assenso del quale non è consentito procedere a modificazioni dello stato dei luoghi rientranti nel perimetro di esso Parco, avrebbe dovuto essere chiamato a partecipare alle predette conferenze e quindi a rilasciare, in caso di esito positivo delle sue valutazioni, il necessario nulla osta.

In contrario non può valere osservare che le previste opere a mare necessarie per l'ampliamento del porto non ricadono nel territorio del Parco nazionale del Circeo.

Come messo in evidenza dalle ricorrenti, infatti, per porto turistico, categoria in cui rientra il porto in questione, si intende (articolo 2, comma 1, lettera a, del citato Dpr n. 509 del 1997) il complesso delle strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire la nautica da diporto.

Pertanto, nel concetto di porto turistico non rientrano soltanto le opere a mare, ma anche quelle complementari realizzate a terra.

Per cui, allorquando si va ad esaminare un progetto relativo a un porto turistico, o al suo ampliamento, non si può prescindere dal considerare tutto il complesso delle opere occorrenti, siano esse a mare ovvero a terra.

Interessarsi delle sole opere a mare, e con ciò limitare ad esse il progetto, rinviando a un secondo tempo la progettazione delle opere a terra, significa precostituire una situazione tale da rendere in prosieguo inevitabile il compimento di opere a terra; nel caso, nell'ambito del perimetro del Parco.

Nella fattispecie, ciò, riguardando la questione sotto un certo profilo, comporta violazione, per irrazionalità della scelta di interessarsi (attualmente) delle sole opere a mare, dell'articolo 97 della Costituzione, che, nel codificare il principio della buona amministrazione, impone che gli atti amministrativi siano adeguati al caso concreto; adeguatezza che, nel caso, risulta assente, essendosi prevista un'opera che renderà necessaria altra futura opera la cui realizzazione potrebbe trovare ostacoli (quale un eventuale motivato e convincente diniego del Parco nazionale del Circeo) non facilmente sormontabili.

Riguardando la questione sotto altro profilo, si evidenzia elusione delle norme di tutela del Parco nazionale del Circeo, diventando difficiltoso in punto di fatto per lo stesso Parco, una volta realizzate le opere a mare, denegare il proprio assenso, salva una eventuale manifesta assurdità delle opere previste, per la realizzazione delle opere a terra complementari.

Sulla necessità di tali opere a terra, inoltre, mostra convinzione lo stesso Comune di San Felice Circeo, che con nota n. 21441 del 22.11.2000 (cfr. alleg.n. 19 al primo ricorso) invitò la società Penta a un incontro per discutere di una convenzione che avrebbe dovuto essere stipulata relativamente ai servizi connessi con il completamento funzionale dell'area portuale; di tale convenzione non si ha, allo stato, traccia.

Quanto osservato comporta la declaratoria di fondatezza del primo motivo.

5.2) Con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione di normativa varia (direttive 85/337/Cee e 97/11/Ce; articolo 6 della legge 8 luglio 1986 n. 349 (istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale); articolo 1 del Dpcm 10 agosto 1988 n. 377 (sulla pronuncia circa la compatibilità ambientale); Dpr 12 aprile 1996 (disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale); Dpr n. 509 del 1997 cit.; legge regionale del Lazio n. 24 del 1998 cit.; Dlgs n. 490 del 1999 cit.; deliberazione Gr n. 2280 del 1987 cit.) ed eccesso di potere sotto vari profili.

Deducono le ricorrenti che il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto preventivamente al procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) ai sensi degli articoli 5-8 del Dpr 12 aprile 1996, insufficiente essendo aver sottoposto lo stesso alla verifica ex articolo 10 del medesimo Dpr.

La rilevanza del progetto al fine della sottoposizione alla VIA deriverebbe dalla considerazione, espressa dal Ministero delle Finanze, Ufficio del territorio di Latina, con nota n. 333/3227/2000 del 10 maggio 2000, secondo cui "il molo di sopraflutto attualmente esistente diventa parte integrante del nuovo ambito portuale costituendo banchina di attracco su entrambi i lati", per cui andrebbe tenuta presente l'intera lunghezza del molo; il che determinerebbe il superamento del limite di cui alla lettera (h) dell'allegato A al predetto Dpr 12 aprile 1996, limite oltre il quale diventa necessario il procedimento di VIA.

Deducono ancora le ricorrenti che comunque, trattandosi di intervento su area soggetta a tutela paesaggistica (sempre tenendosi conto che trattasi di un progetto che deve comunque interessare opere a terra), la procedura di VIA necessita giusta il disposto dell'articolo 7 del PTP 13/1 di cui alla deliberazione Gr n. 2280 del 28 aprile 1987; tale articolo 7 prevede infatti che nelle aree protette ai sensi della legge n. 431 del 1985 ricadenti, come ricadrebbe l'area in questione, nell'ambito 13, salvo discipline diverse, che non emergono, devono essere sottoposte alla procedura di VIA "i porti di qualsiasi dimensione"; inoltre, l'articolo 1, comma 4, del citato Dpr 12 aprile 1996, assoggetta a VIA i progetti di cui all'allegato B (la cui lettera [q] contempla i porti turistici e da diporto nonché i progetti di intervento su porti già esistenti) che ricadano, anche in parte, in aree naturali protette.

Ancora, giusta orientamento del Ministero dell'ambiente, espresso con circolare del 7 ottobre 1996, pubblicata sulla GU n. 277 del 26 novembre 1996, il progetto va sottoposto a VIA tenuto conto degli importanti effetti indiretti che lo stesso comporta sull'area soggetta a vincolo.

A contrasto, la resistente società Penta deduce che il procedimento di VIA non necessita in quanto il progetto ricade nell'ambito della predetta lettera [q] dell'allegato B del Dpr 12.4.1996 e che essa società ha seguito la procedura di verifica di cui all'articolo 10 dello stesso Dpr 12.4.1996 senza ricevere indicazione di necessità di sottoposizione a VIA.

Va in proposito osservato che, come visto sopra, il progetto in questione comporterà necessariamente la realizzazione, in un momento successivo, di opere a terra.

Ciò significa che l'intero progetto (e cioè la parte attuale e quella successiva necessaria) ricade, anche se soltanto parzialmente (per la predetta parte successiva), all'interno di un'area protetta, e cioè all'interno del perimetro del Parco nazionale del Circeo.

Dal che, la necessità della sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del sopra citato Dpr 12 aprile 1996, trattandosi di progetto di intervento su porto già esistente, tipo di opera indicato nella lettera [q] dell'allegato B allo stesso Dpr, allegato al quale si riferisce il cennato comma 4.

Anche in questo caso non vale rilevare che l'attuale progetto, prevedendo soltanto opere a mare, non interferisce con l'area naturale protetta di cui al Parco nazionale del Circeo.

È infatti da considerare che, come messo in evidenza nella predetta circolare del Ministero dell'ambiente in data 7 ottobre 1996 (n. GAB/96/ 15208), e come del resto emerge dall'articolo 1, comma 2, del Dpcm 10 agosto 1988 n. 377 concernente la pronuncia di compatibilità ambientale, per stabilire se un progetto debba o meno essere sottoposto alla procedura di VIA occorre tener conto dell'opera nel suo complesso.

Non sembra inutile riportare il passo della suddetta circolare che, per la considerazione generale che esprime, bene è riferibile al caso di specie: questa (e cioè la VIA) ""deve prendere in considerazione, oltre ad elementi di incidenza propri di ogni singolo segmento dell'opera, anche le interazioni degli impatti indotti dall'opera complessiva sul sistema ambientale, che non potrebbero essere apprezzate nella loro completezza se non con riguardo anche agli interventi che, ancorché al momento non ne sia prospettata la realizzazione, siano poi posti in essere (o sia inevitabile che vengano posti in essere) per garantire la piena funzionalità dell'opera stessa"".

Cosicché sarebbe elusivo delle norme che prevedono la VIA prendere in considerazione, allo stato, il solo progetto relativo alle opere a mare.

Va quindi dichiarata la fondatezza anche del secondo motivo.

5.3) A tal proposito la resistente società Penta, insistendovi particolarmente in sede di discussione dei ricorsi, eccepisce che la procedura di VIA ben può intervenire prima che comincino i lavori, allo stato non ancora iniziati, per cui non potrebbe comunque ritenersi la illegittimità della rilasciata concessione demaniale, che abiliterebbe, allo stato della procedura, al solo godimento dello specchio acqueo.

L'eccezione non è fondata.

La procedura in questione è stata condotta ai sensi del sopra citato Dpr 2 dicembre 1997 n. 509, il cui articolo 6 prevede, con riferimento alla approvazione del progetto definitivo (e tale approvazione è avvenuta nel corso delle sedute della conferenza di servizi in data 26 aprile 2001 e 21 giugno 2001), che alla conferenza di servizi "partecipano, per la formalizzazione dei provvedimenti di rispettiva competenza, ove non definitivamente formalizzati nel corso dell'esame del progetto preliminare, le amministrazioni di cui all'articolo 5, comma 2", cioè tutte le amministrazioni, fra cui il Comune, "preposte alla tutela di specifici interessi pubblici".

È poi da osservare che il Comune di San Felice Circeo, che ha partecipato alla predetta conferenza di servizi, dopo la conclusione di questa ha comunicato ai vari interessati, con la nota (impugnata) n. 12331 del 30 giugno 2001, che la stessa conferenza si era chiusa "con i pareri favorevoli degli Enti intervenuti".

Orbene, ai sensi del quarto comma dell'articolo 14— ter della legge 7 agosto 2001 n. 241 (legge alla quale la stessa conferenza di servizi ha fatto riferimento; cfr. l'intestazione dei verbali), "Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima"; lo stesso comma 4 prevede anche la procedura da seguire nel caso in cui la VIA non intervenga entro un certo termine, ma ciò non rileva in fattispeice, non essendo stata la VIA mai attivata.

Cosicché, necessaria essendo la VIA così come evidenziato sopra, la conferenza di servizi non avrebbe potuto esprimersi prima della acquisizione della valutazione predetta.

Non è utile, quindi, il riferimento all'articolo 7, primo comma, del Dpr 12 aprile 1996, in base al quale, secondo la tesi sostenuta dalla resistente società Penta, basterebbe che la VIA intervenisse prima dell'incominciamento dei lavori.

La inutilità del riferimento si evidenzia, sia per la predetta previsione di cui all'articolo 14-ter, sia perché il secondo comma, ultima parte, del cennato articolo 7, prescrive che nei casi, fra i quali rientra quello in questione, diversi dagli altri che vedono la promozione dell'iniziativa da parte di autorità pubbliche, "i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione".

Cosicché il richiamato primo comma dell'articolo 7, nella parte in cui prevede che il giudizio di VIA deve essere reso "comunque prima dell'inizio dei lavori", costituisce disposizione residuale e di chiusura, ed attiene alla eventualità che, prima del rilascio del provvedimento che consente in via definitiva la realizzazione del progetto, possa essere assentito, anche se con le necessarie cautele e nei casi previsti, l'inizio dell'opera.

La predetta locuzione "comunque prima dell'inizio dei lavori" è, invero, posta, di seguito, nel primo comma, dopo la previsione in base alla quale la procedura di VIA deve concludersi con un motivato giudizio prima dell'eventuale rilascio del provvedimento che consente in via definitiva la realizzazione del progetto (l'intero comma è il seguente: "La procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi con un giudizio motivato prima dell'eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che consente in via definitiva la realizzazione del progetto e comunque prima dell'inizio dei lavori"); per cui essa locuzione, iniziando con l'avverbio "comunque", che significa "in ogni caso", si riferisce alla eventualità che i lavori inizino anteriormente al provvedimento di consenso definitivo.

Del resto, non avrebbe senso prevedere la conclusione della procedura di VIA prima del rilascio del provvedimento di consenso (prima parte del primo comma) e subito dopo (seconda parte dello stesso comma) fissare un termine per tale conclusione successivo al rilascio del medesimo provvedimento.

Quanto poi, in particolare, alla eccezione secondo la quale la concessione demaniale abiliterebbe al solo godimento dello specchio acqueo — e non quindi, in particolare, all'inizio dei lavori per i quali necessiterebbe il rilascio di apposita concessione edilizia da parte del Comune di San Felice Circeo — per cui non potrebbe la stessa (concessione) essere ritenuta illegittima per non essere ancora intervenuta la Via, va osservato che:

-la conferenza di servizi, in esito alla quale è stata emessa la concessione demaniale, avrebbe dovuto, come visto, acquisire preventivamente la Via;

-giusta il sopra citato articolo 14-ter, comma 9, il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazione partecipanti, o comunque invitate a partecipare; per cui, avendo il Comune di San Felice Circeo partecipato alla conferenza, esprimendo anche parere favorevole al progetto della società Penta, deve intendersi assentita anche la concessione di competenza di esso Comune.

Non è dubbio, poi, che il cennato articolo 14-ter sia applicabile nella specie.

Esso articolo 14-ter, invero, è stato inserito dall'articolo 11 della legge 24 novembre 2000 n. 340, pubblicata nello stesso giorno e quindi entrata in vigore il 9 dicembre 2000.

Giusta il principio in base al quale tempus regit actum (principio affermato dall'articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale), ciascun atto che sia rilevante per il diritto, sia per ciò che riguarda il regime della sua essenza, della sua struttura e dei suoi requisiti, sia per ciò che riguarda il regime delle sue conseguenze, è sottoposto alla legge del tempo in cui è posto in vita; con salvezza delle possibili eccezioni dettate dalla stessa legge.

Applicando tale principio agli atti del procedimento amministrativo, consegue che ciascun atto della serie procedimentale deve uniformarsi alla normativa vigente al momento della sua emanazione, e soggiace alle conseguenze da questa stabilite (cfr., per quanto occorre, Cons. Stato, IV, 1 aprile 1980 n. 330).

Nel caso, pertanto, gli effetti della conferenza di servizi relativa all'approvazione del progetto definitivo, e gli effetti dell'atto conclusivo (concessione demaniale), essendo tale atto e la predetta conferenza intervenuti nel vigore del cennato articolo 14-ter, sono quelli da tale norma previsti; cioè, quelli messi in evidenza testé.

Non risultano, infatti, nel caso, eccezioni al principio predetto tempus regit actum.

5.4) Dalla fondatezza del secondo motivo discende l'assorbimento del terzo, con cui si deduce violazione e falsa applicazione di norme varie (direttive 92/43/Cee e 79/409/Cee; articolo 5 del Dpr 8 settembre 1997 n. 357, contenente il regolamento sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche; articoli 8 e 10 del Dpr 12 aprile 1996 cit.; articoli 5 e 6 del Dpr n. 509 del 1997 cit.); eccesso di potere sotto vari profili.

Deduzioni poste osservandosi che:

-oltre la omissione del procedimento della Via, vi è stata omissione della procedura di verifica, prevista dall'articolo 10 del cennato Dpr 12 aprile 1996 per progetti che, compresi nell'allegato B dello stesso Dpr, non ricadono tuttavia in zone naturali protette; è infatti mancata la fase della pubblicità e della partecipazione, prevista, in tale ipotesi, dall'articolo 8 del medesimo Dpr;

-è stata omessa la valutazione di incidenza, prevista dall'articolo 5, commi 6-9, del Dpr n. 357 del 1997 cit.;

-le prescrizioni formulate dalla Regione nell'ambito della conferenza di servizi sul progetto definitivo non costituiscono effettivi strumenti di tutela preventiva dell'ambiente.

Il dichiarato assorbimento deriva, all'evidenza, dalla considerazione che le predette omissioni che si sarebbero verificate attengono tutte a valutazioni di minor rigore rispetto alla Via, per cui, essendo stata ritenuta la necessità della Via, non mette conto trattare delle deduzioni circa tali altre valutazioni.

5.5) Con il quarto motivo è dedotta violazione di legge (articolo 5, comma 3, del Dpr n. 509 del 1997 cit; articolo 100, comma 1, lettera (h), e comma 2, della legge regionale del Lazio 6 agosto 1999 n. 14, sulla organizzazione delle funzioni regionali); eccesso di potere sotto vari profili.

Deducono le ricorrenti che la Regione, prima di esprimersi circa l'approvazione del progetto preliminare, avrebbe dovuto acquisire il parere dei propri organi tecnici consultivi anche in materia ambientale (nella specie, avrebbe dovuto acquisire il parere dell'Agenzia Regionale per la protezione dell'Ambiente).

La deduzione è infondata in punto di fatto.

La Regione ha dimostrato (cfr. deposito effettuato il 30 ottobre 2002 nell'ambito del secondo ricorso) di aver acquisito il parere (favorevole a condizione) del proprio dipartimento ambiente e protezione civile e il parere favorevole del dipartimento infrastrutture e opere pubbliche, il quale ultimo richiama, a presupposto del proprio parere, anche quello espresso dall'Assessorato urbanistica.

5.6) Con il quinto motivo è dedotta violazione degli articoli 5 e 6 del Dpr n. 509 del 1997 cit., dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (sul procedimento amministrativo), dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990 n. 142 (sull'ordinamento delle autonomie locali), nonché eccesso di potere sotto vari profili.

È dedotto in particolare che:

a) è stata omessa la individuazione, mediante la procedura della pubblica gara, della domanda da scegliere fra quelle concorrenti, in assenza di ragioni per preferire quella della intimata società Penta.

b) Le osservazioni critiche formulate dalla Regione e dal Genio civile avrebbero dovuto comportare un preventivo adeguamento del progetto ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Dpr 2 dicembre 1997 n. 509 cit., non il passaggio alla approvazione del progetto definitivo.

c) Le suddette osservazioni critiche, da ritenere manifestazioni di dissenso, avrebbero dovuto comportare l'applicazione del comma 3-bis dell'articolo 14 della legge n. 241 del 1990 cit., dandosi quindi comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri e alla Regione.

Inoltre, l'Amministrazione procedente (e cioè il Comune di San Felice Circeo), in sede di conferenza di servizi per l'esame dei progetti preliminari, ha assimilato il dissenso della Regione alla assenza della stessa, mentre in sede di successiva conferenza di servizi per l'esame del progetto definitivo ha ritenuto presente il Genio civile, che pure aveva rappresentato il proprio consenso soltanto per iscritto.

d) L'approvazione del progetto definitivo avrebbe dovuto avvenire mediante accordo di programma anziché mediante conferenza di servizi, non essendo il progetto della società Penta conforme ai vigenti strumenti di pianificazione ed urbanistici, tenuto conto che il piano regionale dei porti, di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 491 del 22 dicembre 1998, indica il porto di San Felice Circeo fra quelli da sottoporre ad adeguamento, non ad ampliamento.

e) Il progetto della società Penta prevede il raddoppio della potenzialità portuale; e un incremento della stessa potenzialità è previsto da altro progetto dello stesso Comune di San Felice Circeo.

Il che violerebbe il predetto piano regionale, che prevedeva soltanto un adeguamento.

f) Erroneamente la società Penta, nello studio di inserimento paesaggistico, richiama il suggerimento circa un modesto ampliamento del porto, dato che tale suggerimento, contenuto nell'allegato 4 del predetto piano regionale dei porti, non è stato mai recepito dal Consiglio regionale.

È in proposito da osservare quanto segue.

a') La censura sub [a] è inammissibile, non risultando le ricorrenti essere richiedenti di concessione analoga in concorrenza con la società Penta; soggetti legittimati a dolersi della dedotta violazione sono soltanto quelli che avevano presentato domande concorrenti; sono infatti soltanto tali soggetti i quali, eventualmente, hanno subìto una lesione della loro pretesa al corretto iter procedurale circa l'esame di più progetti concorrenti.

Nel caso, poi, risulta (cfr. riunione del 4 luglio 2000 della conferenza di servizi) che, comparando i progetti presentati dalla intimata società Penta e da altro soggetto, e cioè dai "cantieri Rizzardi", il progetto di quest'ultimo è stato respinto.

Dal che, la infondatezza comunque della deduzione.

b') La doglianza sub [b] non è fondata.

Il cennato comma 5 dell'articolo 5 del Dpr n. 509 del 1997 faculta la conferenza di servizi a disporre adeguamenti dei progetti preliminari al fine di consentirne la concreta comparabilità; ma non esclude che la comparazione possa avvenire, per le caratteristiche, comunque in atto, di ciascun progetto, nonostante che tutti i progetti, o quello prescelto, abbisognino di adeguamenti.

Con la conseguenza, come avvenuto in fattispecie, che l'adeguamento avvenga dopo l'esito della comparazione e in occasione della stesura del progetto definitivo.

c') Le deduzioni sub [c] vanno respinte.

L'applicazione del comma 3-bis dell'articolo 14 della legge n. 241 del 1990 è rimesso alla valutazione dell'amministrazione procedente; nel senso che questa, qualora intenda concludere positivamente il procedimento nonostante il dissenso di una qualche amministrazione, assume determinazione in tal senso e ne dà comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Presidente della Regione o al Sindaco, a seconda dei casi; i quali possono disporre la sospensione della determinazione.

Qualora peraltro l'amministrazione procedente, come è avvenuto nel caso, non assuma determinazione di conclusione positiva del procedimento, quest'ultimo ben può proseguire, come in fattispecie, con la compilazione del progetto definitivo che tenga conto delle osservazioni mosse e che potrà, come in effetti è poi avvenuto, conseguire il parere favorevole delle amministrazioni interessate.

Quanto poi alla dichiarazione di assenza della Regione nella conferenza di servizi per l'esame dei progetti preliminari e alla dichiarazione di presenza del Genio civile, invece fisicamente assente ma che aveva manifestato il consenso per iscritto con riferimento alla conferenza di servizi per l'esame del progetto definitivo, trattasi, all'evidenza, di improprietà nella verbalizzazione, che non inficiano la legittimità dei relativi atti, decisivo essendo, in proposito, considerare che, comunque, nella prima delle due conferenze di servizi in questione la Regione aveva inviato il proprio parere per iscritto, così come nella seconda il Genio civile aveva, sempre per iscritto, manifestato il proprio parere.

d') La censura sub [d] non è fondata.

Come messo in evidenza dalla resistente società Penta, il predetto piano regionale dei porti non costituisce uno strumento cogente di pianificazione o uno strumento urbanistico, ma contiene soltanto, con riferimento al porto in questione, un auspicio per il Comune al fine della razionalizzazione del porto esistente (cfr.pagina 119 del piano).

Viene meno, pertanto, la dedotta necessità dell'approvazione del progetto mediante accordo di programma, questo previsto per il caso della difformità del progetto rispetto agli strumenti di pianificazione ed urbanistici.

e') Anche la censura sub [e] va respinta per la stessa ragione che ha comportato il rigetto della censura sub [d], e cioè per assenza di cogenza del predetto piano regionale dei porti.

f') La censura sub [f] non rileva.

Il fatto che la società Penta si sia riferita, nel predisporre lo studio di inserimento paesaggistico, a un non vincolante suggerimento, non inficia la legittimità degli atti impugnati, dato che tali atti non traggono validità, come visto, dal piano regionale dei porti.

5.7) Con il sesto, ed ultimo, motivo del primo ricorso, è dedotta illegittimità per violazione degli articoli 5 e 6 del Dpr n. 509 del 1997 cit. e dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990 cit., nonché eccesso di potere sotto vari profili, osservandosi che:

aa) Nei provvedimenti impugnati manca l'apprezzamento, previsto dall'articolo 5, settimo comma, del cennato Dpr n. 509 del 1997 circa la preferenza da accordare al progetto della intimata società Penta.

Inoltre, sussisterebbe contrasto con le risultanze dell'istruttoria e con i convincimenti in precedenza manifestati dalle amministrazioni interessate.

bb) Il Comune di San Felice Circeo aveva posto come condizione per l'approvazione del progetto la stipula di apposita convenzione con il concessionario, mediante la quale quest'ultimo si obbligasse alla completa realizzazione dei necessari servizi a terra. Tale condizione è stata nel corso del procedimento obliterata; inoltre la società Penta, con nota del 31 agosto 2000 indirizzata al Comune (cfr.alleg.n. 17 al ricorso), ha rappresentato che potrà provvedere ad impegnarsi a realizzare soltanto parte dei servizi a terra.

cc) La Regione, che in un primo momento aveva ritenuto il progetto contrastante con il piano regionale dei porti, lo ha poi approvato.

dd) È stato omesso un accurato studio preventivo circa i fenomeni di erosione del litorale e circa la necessità del relativo ripascimento, nonostante pareri nel senso formulati dalla Regione e dal Genio civile; con l'aggravante che nel progetto della società Penta (pagina 20 dello studio di inserimento ambientale) la sussistenza del problema sarebbe esclusa.

aa') La censura sub [aa] non è fondata.

A pagina 3 del verbale in data 4 luglio 2000 della conferenza di servizi è precisato, da parte della autorità marittima, che il progetto della società Penta, rispetto all'altro presentato da "cantiere Rizzardi", è da preferire in quanto, si rileva, "meglio garantisce il soddisfacimento a quanto previsto dall'articolo 5 punto 7 del Dpr 509/97 e ciò in quanto trattasi di un progetto organico finalizzato alla riqualificazione turistica del Porto di San Felice Circeo atto a garantire le finalità di incremento turistico ed economico della zona in conformità alle direttive ministeriali".

La conferenza di servizi ha quindi esplicitato, con espresso richiamo alla norma di cui le ricorrenti deducono la violazione, le ragioni della preferenza accordata al progetto della società Penta.

Quanto poi al dedotto contrasto fra provvedimenti, risultanze dell'istruttoria e convincimenti pregressi, va osservato che ciò non costituisce, ex se, motivo di illegittimità, dato che la conferenza di servizi ha proprio lo scopo di consentire un confronto fra le opinioni delle amministrazioni coinvolte (giungendo quindi a un orientamento conforme di tutte) e di superare, ove possibile (nel caso, ciò è avvenuto imponendo prescrizioni per la compilazione del progetto definitivo), eventuali manchevolezze istruttorie.

bb') Anche la censura sub [bb], per le ragioni esposte in occasione dell'esame della precedente censura sub [aa], va respinta.

cc') La censura sub [cc] va respinta tenuto conto di quanto osservato sopra cira la valenza, non cogente, del piano regionale dei porti.

E la stessa Regione, nella memoria difensiva depositata il 30 ottobre 2002, ha sostenuto che tale piano "non è uno strumento di pianificazione vincolante, ma un atto di programmazione e di previsione sugli indirizzi ed orientamenti emanato dal Consiglio Regionale, tant'è che un'eventuale istanza di approdo turistico in località non prevista dal Piano potrà essere esaminata e valutata anche in deroga alle indicazioni del Piano".

dd') Anche la censura sub [dd]] va respinta.

Nella pagina 20 (citata dalle ricorrenti) dello studio di inserimento ambientale è precisato che il fenomeno della erosione delle coste non è riconducibile "unicamente alla presenza della struttura portuale", trattandosi di fenomeno che si manifesta su scala regionale e che interessa l'intera fascia costiera pontina.

È precisato inoltre che "i fenomeni generalizzati di arretramento della linea di battigia e di approfondimento dei fondali, tra loro correlati, sono stati in passato e sono tuttora oggetto di studi affidati dalla Regione Lazio a professionisti (studio Volta), al laboratorio di Delft e all'Università di Roma "La Sapienza"".

È precisato anche che (cfr.prec.pagina 19), tenuto conto della protezione artificiale del litorale sabbioso operata dalla Regione Lazio, "gli interventi del progetto in questione, per la parte di opere di ripascimento, sono previsti secondo tali linee".

Cosicché, a fronte di tali precisazioni, non contestate con eventuali argomentazioni tecniche, gli atti adottati non possono ritenersi illegittimi.

6) Quanto al secondo ricorso (n. 770 del 2002).

6.1) Con il primo motivo è dedotta incompetenza del Capo del compartimento marittimo di Gaeta al rilascio della impugnata concessione.

Tanto, nella considerazione che, ai sensi degli articoli 7 e 105 del Dlgs 31 marzo 1998 n. 112 (sul conferimento di funzioni e di compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli enti locali), la competenza così come nella specie esercitata sarebbe stata trasferita alle Regioni (anche tenuto conto, sia del trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie e di altro genere avvenuto con taluni decreti del Presidente del consiglio dei ministri, sia della disciplina regionale attuativa) al più tardi, dal 21 febbraio 2001; il che sarebbe stato anche confermato da talune circolari dell'Amministrazione marittima e dal regolamento di organizzazione del Ministero della infrastrutture e dei trasporti.

La censura non è fondata.

Come messo in evidenza dalla resistente società Penta, giusta il secondo periodo della lettera (l) del comma 2 dell'articolo 105 citato, il conferimento di funzioni alle Regioni non opera per le aree di preminente interesse nazionale individuate con Dpcm 21 dicembre 1995 (su GU n. 136 del 12 giugno 1996); e, fra tali aree, è incluso il porto di San Felice Circeo (cfr., quanto alla Regione Lazio, il n. 11 dell'elenco allegato al cennato Dpcm).

6.2) Con il secondo motivo è dedotta incompetenza sotto altro profilo, ed eccesso di potere sotto più aspetti, con riferimento all'approvazione dell'atto di concessione, intervenuta con provvedimento del direttore della unità di gestione delle infrastrutture per la navigazione ed il demanio marittimo del soppresso Ministero dei Trasporti e della Navigazione.

La censura si fonda sulla considerazione che, ai sensi della lettera (b) del comma 2 dell'articolo 2 del sopra citato Dpr 2 dicembre 1997 n. 509, l'atto di concessione avrebbe dovuto essere approvato dal dirigente generale preposto alla direzione generale del demanio marittimo e dei porti del Ministero dei Trasporti e della Navigazione; con la precisazione che, a seguito dell'abrogazione, giusta l'articolo 12 del Dpr 26 marzo 2001 n. 177 (di organizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), del Dpr 24 aprile 1998 n. 202, che recava la previgente organizzazione del Ministero dei Trasporti e della Navigazione, il provvedimento di approvazione avrebbe dovuto essere emanato dal dirigente generale preposto alla direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna.

La censura non è fondata.

Giusta deduzione della resistente società Penta, non contestata ex adverso, alla data della emanazione del provvedimento di approvazione in questione, e cioè al 24 dicembre 2001, non si era ancora proceduto alla nomina del direttore generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna (la cui competenza alla adozione del provvedimento in argomento deriva dall'articolo 6, comma 3, lettera (a), del citato Dpr 26 marzo 2001 n. 177).

In precedenza, inoltre, alla adozione di tale provvedimento era competente il dirigente della unità di gestione delle infrastrutture per la navigazione ed il demanio marittimo (giusta l'articolo 5, comma 1, lettera (a), del cennato Dpr 24 aprile 1998 n. 202).

Giusta i princìpi, l'azione amministrativa non tollera soluzione di continuità, essendo essa azione finalizzata al soddisfacimento dell'interesse pubblico, sempre immanente; non è cioè ammissibile che sussista uno spatium temporis in cui una certa funzione, prevista dall'ordinamento, non sia esercitabile da alcuno.

Nel caso, la tesi delle ricorrenti conduce proprio a questo: essendo stato abrogato il regolamento sull'organizzazione del Ministero dei Trasporti e della Navigazione per essere entrato in vigore il regolamento sulla organizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (cfr.articoli 12 e 14 del cennato Dpr n. 177 del 2001), la mancata (temporanea) nomina del dirigente da preporre alla direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna dovrebbe costituire una soluzione nella continuità dell'azione amministrativa sul punto.

Ciò non essendo ammissibile, va individuato, tenuto conto dell'ordinamento giuridico, il soggetto legittimato a provvedere.

A tal proposito, si presenta utile osservare che l'abrogazione del previgente regolamento non ha, evidentemente, avuto l'effetto di abrogare la funzione in argomento o la struttura ministeriale nel suo complesso; ha avuto (soltanto) la finalità di consentire la formale sostituzione della nuova organizzazione del nuovo Ministero (delle Infrastrutture e dei Trasporti) alla pregressa organizzazione del precedente Ministero (dei Trasporti e della Navigazione); fermo che comunque la stessa funzione è stata attribuita al nuovo Ministero, con ciò rimanendo nell'ambito del medesimo settore dell'Amministrazione dello Stato.

Consegue che, in attesa della nomina del nuovo dirigente generale da preporre alla direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna, legittimamente il provvedimento in discussione è stato emanato dal dirigente preposto alla unità di gestione delle infrastrutture per la navigazione ed il demanio marittimo del soppresso Ministero dei Trasporti e della Navigazione.

6.3) Con il terzo motivo è dedotta violazione di legge (articolo 6 del Dpr 2 dicembre 1997 n. 509; articolo 151 del Dlgs 29 ottobre 1999 n. 490 contenente le disposizioni in materia di beni culturali e ambientali) ed eccesso di potere sotto vari profili.

Deducono le ricorrenti che il progetto definitivo, esaminato favorevolmente dalla conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 6 del Dpr n. 509 del 1997 cit., non è stato inviato al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, al fine di consentire l'esercizio del potere di cui all'articolo 151 del predetto Dlgs n. 490 del 1999.

La censura va respinta osservandosi, come anche messo in rilievo dalla resistente società Penta, che alla conferenza di servizi ha partecipato l'arch. Francesco Paolo Germano, quale rappresentante della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, "delegato al rilascio del parere ex articolo 151 del D.L.vo 490/99", il quale ha espresso parere favorevole condividendo le prescrizioni impartite dalla Regione Lazio (cfr. il parere di detto funzionario allegato al verbale della conferenza di servizi del 21 giugno 2001).

Pertanto la Soprintendenza predetta, alla quale, giusta il cennato articolo 151, vanno effettuate documentate comunicazioni delle autorizzazioni rilasciate dalla Regione, era a conoscenza degli atti, e comunque ha espresso parere favorevole.

Dal che, la non necessità di una ulteriore documentata comunicazione, avendo la Soprintendenza già assentito sul progetto.

6.4) Con il quarto motivo è dedotta violazione di legge (articolo 10 della legge 16 marzo 2001 n. 88, concernente nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime; articolo 1, comma 2, del Dl 5 ottobre 1993 n. 400, convertito, con modificazioni, con legge 4 dicembre 1993, n. 494, concernente disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime; articolo 19, comma 2-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, in materia di lavori pubblici; articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, contenente delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi ed altro) ed eccesso di potere sotto vari profili.

È dedotto che la durata della concessione non potrebbe superare i 30 anni; mentre, nel caso, la concessione rilasciata ha una durata di anni 50.

È in contrario da osservare, come e per la parte in cui è messo in evidenza anche dalla resistente società Penta, che, nel caso, va applicato il sopra citato Dpr n. 509 del 1997, il quale non fissa limite di durata alle concessioni per la realizzazione e la gestione di porti.

Inoltre, alcune delle norme invocate non concernono la fattispecie, in quanto: l'articolo 1, comma 2, del cennato Dl n. 400 del 1993 attiene ai servizi e alle attività portuali, non alla costruzione e alla gestione dei porti; l'articolo 19, comma 2-bis, della legge n. 109 del 1994 e successive modificazioni e integrazioni attiene agli appalti.

La legge n. 443 del 2001, poi, pubblicata sul supplemento ordinario n. 279/L alla Gazzetta ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2001, ed entrata in vigore l'11 gennaio 2002, è successiva agli impugnati atti di concessione e di approvazione di quest'ultima; per cui non si applica nel caso, in relazione al principio tempus regit actum.

6.5) Con il quinto motivo è dedotta violazione di legge (articolo 3, commi 3 e 4, e articolo 7, del Dpr n. 509 del 1997 cit; articolo 19, n. 1, del Dpr 15 febbraio 1952, n. 328, contenente il regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione) ed eccesso di potere sotto vari profili.

È dedotto che l'originaria domanda di concessione atteneva a una superficie acquea di mq 56.150 (e a una superficie a terra di mq 500), mentre nel progetto definitivo, redatto allo scopo di recepire prescrizioni e raccomandazioni formulate in sede di prima conferenza di servizi, è affermato che la superficie complessiva del nuovo specchio acqueo è di circa mq 50.500, mentre, ancora, nell'atto di concessione è indicata una superficie acquea di mq 56.148.

In proposito, la resistente società Penta fa rilevare che lo specchio acqueo concesso è di mq 56.148, a fronte di una richiesta per mq 56.150; dal che, la sostanziale coerenza.

Va osservato che la predetta diversità di superficie dello specchio acqueo in questione costituisce ragione di illegittimità della concessione, essendo stata concessa una superficie maggiore di quella venuta all'esame, e sulla quale si sono avuti i pareri favorevoli, della conferenza di servizi.

L'atto concessorio, invero, ha a suo presupposto il contenuto della conferenza di servizi (cfr. le premesse di detto atto, pagine da 4 a 6); inoltre, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha autorizzato la Capitaneria di Porto di Gaeta a predisporre la bozza di atto formale di concessione ""preso atto della conclusione con esito favorevole della predetta conferenza di servizi"" (cfr. la predetta pagina 6).

L'atto concessorio, pertanto, non può, senza contenere la esplicitazione degli eventuali motivi che a tanto potrebbero indurre, discostarsi da quanto nella conferenza di servizi risultante; non può, in particolare, attenere a uno specchio acqueo maggiore di quello considerato in sede di conferenza di servizi.

6.6) Con il sesto motivo si deduce violazione di legge (articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575; articolo 10 del Dpr 3 giugno 1998, n. 252, in tema di antimafia) ed eccesso di potere sotto vari profili.

Ciò, nella considerazione che la cd. certificazione antimafia è stata acquisita agli atti del procedimento dopo il rilascio del titolo concessorio, anziché in un momento anteriore a tale rilascio.

Anche tale censura è fondata.

La cd. certificazione antimafia è stata richiesta alla Prefettura (di Latina), e rilasciata, successivamente all'assentimento della concessione; questo infatti è avvenuto il 13 dicembre 2001, la richiesta alla Prefettura è a quest'ufficio pervenuta il 9 marzo 2002, la certificazione è stata rilasciata il successivo 20 marzo.

La richiesta, inoltre, è stata dalla Capitaneria di Porto di Gaeta avanzata "al fine di ottemperare alle disposizioni di cui all'articolo 7 della legge 10 marzo 1990, n. 55", norma questa che prevede l'acquisizione della certificazione antimafia prima dell'assentimento dell'atto di concessione.

Il che dimostra una illegittima inversione procedimentale.

Giusta i princìpi, invero, la legittimità di un provvedimento amministrativo va valutata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della emanazione dello stesso; e, nel caso, al momento dell'assentimento della concessione, mancava un necessario presupposto per il rilascio iuxta legem della concessione.

6.7) È infine dedotta, con riferimento al secondo ricorso, illegittimità dei provvedimenti con esso impugnati, per derivazione dalle illegittimità dedotte con il primo ricorso.

La censura si presenta fondata nei limiti della fondatezza delle censure di cui al primo ricorso, alla trattazione del quale, sopra avvenuta, si fa riferimento.

7) Consegue l'annullamento della impugnata concessione demaniale.

Degli atti del procedimento anteriori alla concessione nulla va specificamente disposto, principio essendo che le invalidità infraprocedimentali si riflettono sull'atto finale; nel caso, sulla predetta concessione.

Nulla va poi statuito, anche se per ragione diversa, circa il provvedimento (pure impugnato) di approvazione della concessione.

Tale provvedimento, invero, accede all'atto di concessione e non vive senza di esso.

Pertanto, a seguito dell'annullamento della concessione, resta caducato, resta cioè privo automaticamente di validità e di efficacia.

8) Va respinta la richiesta della resistente società Penta, con cui si sostiene che un eventuale riconoscimento di illegittimità per omessa acquisizione del parere del Parco nazionale del Circeo, pacifico essendo che tale Parco non ha competenza su aree demaniali marittime, potrebbe soltanto comportare la limitazione degli effetti della impugnata concessione al godimento dello specchio acqueo, non, quindi, l'annullamento della stessa.

È invero da osservare -fermo che comunque sono state evidenziate illegittimità proprie dell'atto di concessione (quanto alla estensione dello specchio acqueo e quanto alla inversione procedimentale sulla acquisizione del cd. certificazione antimafia) il che sarebbe bastevole per l'annullamento della concessione nella sua interezza— che la concessione in argomento è stata assentita (cfr.articolo 1, comma 3; pagina 8 di essa) "allo scopo di costruire, gestire e mantenere un porto turistico in San Felice Circeo, da realizzare conformemente agli elaborati progettuali sopraindicati".

E, poiché, come visto sopra, la costruzione (rectius: ampliamento) del porto implica la necessità dell'intervento, nel procedimento, del Parco nazionale del Circeo, consegue che la concessine, ove venga meno la possibilità di "costruire, gestire e mantenere" il porto, resta priva della sua essenziale finalità.

La concessione, cioè, non è stata assentita in vista del perseguimento di due distinte, ed autonome fra loro, finalità, e cioè, come appare sotteso dalla richiesta della resistente, per il mero godimento dello specchio acqueo e per la costruzione del porto.

Per cui non potrebbe questo TarLt far salva la stessa nei limiti indicati dalla resistente società Penta, pena una inammissibile, in luogo dell'amministrazione, novazione del titolo concessorio.

9) I ricorsi, per le ragioni sopra indicate, vanno conclusivamente accolti; ma restano salvi gli ulteriori provvedimenti che l'amministrazione ritenesse di adottare, tenuto conto di quanto sopra osservato.

10) Nell'ambito del secondo ricorso le ricorrenti chiedono, sia pure in via subordinata, il risarcimento del danno non neutralizzato dalle misure cautelari eventualmente concesse, da liquidarsi in una successiva fase del giudizio.

La richiesta va respinta, essendo mancata ogni dimostrazione su un eventuale danno patito.

11) Quanto alle spese, si ravvisa la sussistenza di motivi per disporne fra le parti la integrale compensazione.

 

PQM

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe (n. 1062 del 2001; n. 770 del 2002) proposti dalla S.r.l. VI.GE.DAL. e dalla S.n.c. MAGA CIRCE contro la S.r.l. PENTA e contro Amministrazioni varie:

-riunisce i ricorsi;

-acciglie gli stessi;

-per l'effetto, annulla l'impugnato atto di concessione n. 198 del 13 dicembre 2001; fatti salvi gli ulteriori provvedimenti;

-compensa fra le parti le spese del giudizio;

-ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Latina, nelle Camere di consiglio del 6 e del 13 dicembre 2002.

(omissis) 

Depositata in segreteria in data 16 dicembre 2002.

 

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