Territorio

Normativa Vigente

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Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

Decreto 3 settembre 2002

(Gu 24 settembre 2002 n. 224)

Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio

Vista la direttiva n. 79/409/Cee del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;

Vista la direttiva n. 92/43/Cee del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche;

Vista la direttiva n. 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997, recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico della direttiva n. 92/43/Cee relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;

Vista la risoluzione del Parlamento europeo sull'attuazione della direttiva n. 92/43/Cee sugli habitat (2000/2111 (INI));

Visto il VI Programma di azione per l'ambiente della Comunità europea 2001-2010 (COM(2001)31);

Vista la comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento "Piani d'azione a favore della biodiversità: conservazione delle risorse naturali, agricoltura, pesca e cooperazione economica e cooperazione allo sviluppo" (COM(2001)162);

Visto il documento "La gestione dei siti della rete natura 2000 — guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva Habitat", preparato dalla Commissione europea per sostenere gli Stati membri nella propria politica di attuazione della direttiva stessa e pubblicato dall'ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee nell'anno 2000;

Vista la legge 18 maggio 1989, n. 183, recante "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo";

Vista la legge 14 febbraio 1994, n. 124, recante "Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla biodiversità", con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa" e successive integrazioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante il regolamento di attuazione della citata direttiva n. 92/43/Cee;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59";

Visto il decreto ministeriale 3 aprile 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale, n. 95 del 22 aprile 2000 e successive modifiche e integrazioni;

Considerato che l'attuazione delle sopraccitate direttive comunitarie, sia per quanto riguarda la conservazione degli habitat e delle specie che per quanto riguarda la realizzazione della rete Natura 2000, rappresenta uno dei più importanti strumenti per conseguire gli obiettivi della Convenzione sulla diversità biologica nell'Unione europea e nei suoi Stati membri;

Considerata la necessità di garantire il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat di specie per la cui tutela sono state designate le zone di protezione speciale ai sensi della citata direttiva n. 79/409/Cee del Consiglio e sono stati individuati i siti di interesse comunitario proposti di cui alla citata direttiva n. 92/43/Cee del Consiglio;

Considerato che attraverso il regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali [Gazzetta ufficiale n. L 161, 26 giugno 1999], come modificato dal regolamento (CE) n. 1447/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, la Comunità nell'ambito della sua azione di rafforzamento della coesione economica e sociale, si pone l'obiettivo di inserire organicamente le esigenze della tutela ambientale nella definizione e nella realizzazione dell'azione dei Fondi strutturali;

Considerata la necessità di elaborare misure di gestione per i siti di Natura 2000 e istituire meccanismi di vigilanza corredati di opportuni indicatori;

Considerato che la Direzione per la conservazione della natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio è beneficiaria del progetto LIFE-Natura 99 NAT/IT/006279 "Verifica della rete Natura 2000 in Italia: modelli di gestione" che ha come obiettivo principale il reale avvio della rete Natura 2000 in Italia attraverso l'individuazione di tipologie di SIC/ZPS, l'elaborazione di linee guida per i piani di gestione dei SIC/ZPS a livello nazionale, la redazione di nove piani di gestione pilota, interventi di informazione e sensibilizzazione;

Considerato che la Direzione conservazione della natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ai fini di indirizzo generale, nell'ambito delle attività del progetto sopracitato, ha predisposto un manuale di orientamenti gestionali modulati per tipologia di sito di supporto alla applicazione delle presenti linee guida;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 9 maggio 2002, che ha espresso parere favorevole;

Emana

le seguenti linee guida:

Scopo di queste linee guida è l'attuazione della strategia comunitaria e nazionale rivolta alla salvaguardia della natura e della biodiversità, oggetto delle direttive comunitarie habitat (dir. n. 92/43/Cee) e uccelli (dir. n. 79/409/Cee).

Le linee guida hanno valenza di supporto tecnico-normativo alla elaborazione di appropriate misure di conservazione funzionale e strutturale, tra cui i piani di gestione, per i siti della rete Natura 2000.

Obiettivo generale della politica comunitaria attraverso i suoi documenti ufficiali (VI Programma di azione per l'ambiente, piano d'azione per la natura e la biodiversità del Consiglio d'Europa in attuazione della convenzione per la biodiversità, regolamento comunitario sui fondi strutturali 2000-2006) è proteggere e ripristinare il funzionamento dei sistemi naturali ed arrestare la perdita della biodiversità nell'Unione europea e nel mondo .... La rete comunitaria Natura 2000 si prefigge di tutelare alcune aree importanti dal punto di vista ambientale e va realizzata nella sua interezza. Lavorare per la realizzazione della rete Natura 2000 significa far si che la conservazione della biodiversità sia parte integrante dello sviluppo economico e sociale degli Stati membri. La guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva habitat, preparata dalla Commissione europea per sostenere gli Stati membri nella propria politica di attuazione della direttiva stessa, vuole facilitarne la comprensione da parte dei vari organismi e gruppi interessati auspicando il suo completamento con criteri più dettagliati redatti dagli stessi Stati membri. Lo scopo e l'approccio di queste linee guida sono strettamente connessi a tale guida.

La rete Natura 2000 è costituita dall'insieme dei siti denominati ZPS (Zone di Protezione Speciale) e SIC (Siti di Importanza Comunitaria), attualmente proposti alla Commissione europea, e che al termine dell'iter istitutivo saranno designati come ZSC (Zone Speciali di Conservazione), i quali garantiranno la presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e di specie peculiari del continente europeo, particolarmente minacciati di frammentazione ed estinzione. I criteri di selezione dei siti proposti dagli Stati membri, descritti nell'allegato III della direttiva Habitat, delineano il percorso metodologico per la costruzione della rete europea denominata Natura 2000.

Elemento di carattere innovativo è l'attenzione rivolta dalla direttiva alla valorizzazione della funzionalità degli habitat e dei sistemi naturali. Si valuta infatti non solo la qualità attuale del sito ma anche la potenzialità che hanno gli habitat di raggiungere un livello di maggiore complessità. La direttiva prende in considerazione anche siti attualmente degradati in cui tuttavia gli habitat abbiano conservato l'efficienza funzionale e che pertanto possano ritornare verso forme più evolute mediante l'eliminazione delle ragioni di degrado.

Ogni sito Natura 2000, a prescindere dallo Stato membro di appartenenza, deve essere parte integrante del sistema di aree individuate per garantire a livello europeo la presenza e la distribuzione degli habitat e delle specie considerate di particolare valore conservazionistico. Il concetto di rete Natura 2000 raccoglie così in modo sinergico la conoscenza scientifica, l'uso del territorio e le capacità gestionali, finalizzate al mantenimento della biodiversità a livello di specie, di habitat e di paesaggio.

Scopo ultimo della direttiva, infatti, non è solamente individuare il modo migliore per gestire ciascun sito, ma anche costituire con l'insieme dei siti una "rete coerente", ossia funzionale alla conservazione dell'insieme di habitat e di specie che li caratterizzano.

Di conseguenza l'analisi di un sito, per il quale devono essere individuate misure di conservazione ed eventualmente elaborato un piano di gestione, deve comprendere la sua collocazione nel quadro della rete. Quest'ultima infatti non deve essere un semplice assemblaggio di siti, ma una selezione di aree in cui sia possibile la conservazione della specie e/o dell'habitat di interesse comunitario. Ciò significa che la rete Natura 2000 non intende sostituirsi alla rete dei parchi, ma con questa integrarsi per garantire la piena funzionalità di un certo numero di habitat e l'esistenza di un determinato insieme di specie animali e vegetali. Pertanto, una gestione dei siti della rete coerente con gli obiettivi che si prefigge la direttiva è legata, oltre che alle azioni indirizzate sul singolo sito, ad una gestione integrata dell'intero sistema, la cui capacità di risposta può attenuare o ampliare gli effetti di tali azioni.

L'articolo 6, insieme all'articolo 8 che prevede il cofinanziamento delle misure essenziali per il perseguimento degli obiettivi della direttiva, contiene il quadro generale per la tutela dei siti Natura 2000 e comprende disposizioni propositive, preventive e procedurali. L'eventuale piano di gestione di un sito è strettamente collegato alla funzionalità dell'habitat e alla presenza della specie che ha dato origine al sito stesso. Ciò significa che se eventualmente l'attuale uso del suolo e la pianificazione ordinaria non compromettono tale funzionalità, il piano di gestione si identifica unicamente nella necessaria azione di monitoraggio. La strategia gestionale da mettere in atto dovrà tenere conto delle esigenze di habitat e specie presenti nel sito preso in considerazione, in riferimento anche alle relazioni esistenti a scala territoriale. La peculiarità dei piani di gestione dei siti Natura 2000 è che "non sono sempre necessari, ma, se usati, devono tenere conto delle particolarità di ciascun sito e di tutte le attività previste. Essi possono essere documenti a se stanti oppure essere incorporati in altri eventuali piani di sviluppo".

Attualmente, gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale convenzionali, a diversa scala, non sempre garantiscono l'integrazione degli obiettivi ambientali nella pianificazione territoriale.

Uno dei principali indirizzi proposti da queste linee guida è la necessità di integrare l'insieme delle misure di conservazione con la pianificazione ai diversi livelli di governo del territorio (internazionale, nazionale, locale) secondo quanto previsto dall'articolo 6, paragrafo 1, direttiva Habitat: per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano, all'occorrenza, appropriati piani di gestione, specifici o integrati ad altri piani di sviluppo.

La parola "all'occorrenza" indica che i piani di gestione non debbono essere considerati obbligatori, ma misure da predisporre se ritenute necessarie per realizzare le finalità della direttiva.

Nell'interpretazione offerta dalla guida della Commissione europea, i piani di gestione, una volta predisposti, hanno priorità logica rispetto alle altre misure di conservazione: se i piani di gestione sono scelti da uno Stato membro, sarà logico stabilirli prima di procedere alle altre misure menzionate all'articolo 6, paragrafo 1, in particolare le misure contrattuali.

Perché possa esplicare il suo carattere di strumento territoriale da adottarsi per la gestione di tutti i siti appartenenti alla rete Natura 2000, o per particolari categorie di questi, il piano di gestione dovrà avere un iter formativo e procedurale previsto dalla legislazione urbanistica regionale o dai livelli di pianificazione sovraordinata.

I livelli di governo del territorio con cui un piano di gestione deve integrarsi o a cui fare riferimento sono: la Provincia e/o l'Area metropolitana, laddove a questa è assegnato un ruolo pianificatorio; il bacino idrografico per quanto previsto nella legge n. 183/1989; la Regione o la Provincia autonoma per quanto riguarda le sue attribuzioni dirette (piani di settore, programmazione finanziaria, uso dei fondi strutturali, normative di settore e di carattere generale, in particolar modo la materia urbanistica e il decentramento in attuazione della "riforma Bassanini" decreto-legge n. 112/1998). A questi livelli il piano è lo strumento che determina l'uso di tutte le risorse presenti in un dato territorio e di conseguenza la pianificazione integrata è quella che può maggiormente considerare l'insieme delle esigenze di tutela e valorizzazione dei sistemi ambientali.

Le linee guida fornite attraverso questo documento lasciano ampio spazio di manovra alle amministrazioni regionali e provinciali (decreto-legge n. 112/1998; decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997) responsabili dell'attuazione delle misure specifiche concernenti i siti della rete Natura 2000, a condizione che esse rispettino le finalità generali della direttiva Habitat e gli indirizzi forniti dal presente documento. Soggetti decisori e attuatori.

Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997, il soggetto incaricato delle funzioni normative e amministrative connesse all'attuazione della direttiva Habitat è la Regione o la Provincia autonoma, fatta eccezione per i siti marini. Le Regioni e le Province autonome possono sottoporre la materia a propria disciplina legislativa organica, come sarebbe preferibile, oppure limitarsi ad esercitare le funzioni amministrative assegnate dal regolamento di attuazione.

Nel caso adottino una legislazione specifica riguardante Natura 2000, in tale sede possono prevedere forme particolari di esercizio dei poteri pianificatori, ad esempio delegando le Province all'adozione del piano di gestione o configurando discipline particolari sul piano del procedimento. In assenza di disposizioni specifiche, la Regione o la Provincia autonoma rimane comunque competente per l'adozione dei piani di gestione. Tale attribuzione di competenza sta a significare che la Regione o la Provincia autonoma è, innanzitutto, responsabile della realizzazione delle misure obbligatorie, laddove necessarie, ed, in secondo luogo, delle valutazioni di ordine conoscitivo indispensabili per decidere se debbono essere adottati piani di gestione. In altri termini, spetta alle Regioni e alle Province autonome, o ai soggetti da esse eventualmente delegati, effettuare tutte le ricognizioni e gli studi necessari per stabilire se in aggiunta alle misure obbligatorie debba essere adottato un piano di gestione. Se si tratta di integrare le misure di gestione in piani di valenza superiore, i soggetti attuatori sono gli enti ordinariamente incaricati di dare esecuzione ai piani "contenitore". Se, invece, si tratta di elaborare piani di gestione specifici, spetterà alla Regione o alla Provincia autonoma individuare i soggetti attuatori.

Tale individuazione non può ritenersi del tutto libera, ma dovrà seguire i principi di legalità e sussidiarietà, ai sensi della legge n. 59/1997 e successive integrazioni. Le Regioni dovranno tenere conto della vigente struttura legislativa delle autonomie locali che prevede, nelle materie ambientali e della protezione della natura, un ruolo fondamentale delle Province. Laddove sia possibile e adeguato al tipo di funzione svolta, potrà essere scelto anche un altro soggetto responsabile della gestione del territorio da proteggere (ad esempio, Comuni, Comunità montane, soggetti gestori di aree protette). Non si può comunque escludere, in presenza di particolari motivazioni, che la funzione amministrativa sia direttamente gestita dall'ente regionale.

Iter logico-decisionale per la scelta del piano di gestione

Prima fase

Attività conoscitive preliminari

1.1. Realizzare l'inventario delle previsioni normative riferite ai siti Natura 2000 considerati (raccogliere tutti gli elementi di natura legislativa, regolamentare, amministrativa, pianificatoria, programmatoria e contrattuale che riguardano le aree, con riferimento alla loro disciplina d'uso).

1.2. L'area del sito natura 2000 considerato è interna o esterna a un'area naturale già protetta?

Alternative decisionali:

A) se è interna ad una area naturale protetta: gli strumenti di protezione interni dell'area protetta sono sufficienti a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat e le specie per il quale il sito è stato individuato? (esistono strumenti di pianificazione vigenti per l'area protetta, regolamenti, piani di gestione? quali discipline o zonizzazioni sono previste per le aree in questione? si realizza il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'habitat o dell'habitat di specie richiesto dalla direttiva?):

A.1) Si, allora il sito non richiede misure specifiche di conservazione: l'iter decisionale si arresta, ferme restando le attività di monitoraggio e valutazione riferite alle specifiche aree di interesse comunitario;

A.2) No, si procede nell'iter decisionale;

B) se è esterna ad aree naturali protette si prosegue nell'iter decisionale.

Seconda fase

Verifica delle misure di gestione esistenti

2.1. Il piano di gestione è necessario rispetto alle misure di conservazione obbligatorie già esistenti:

Alternative decisionali.

A) No, le misure di conservazione obbligatorie già esistenti sono sufficienti al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'habitat o dell'habitat di specie richiesto dalla direttiva: l'iter decisionale si arresta, ferme restando le attività di monitoraggio e valutazione riferite alle specifiche aree di interesse comunitario.

B) Sì, le misure di conservazione obbligatorie già esistenti non sono sufficienti al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'habitat o dell'habitat di specie richiesto dalla direttiva: si prosegue nell'iter decisionale.

2.2. Il piano digestione è necessario rispetto agli strumenti di pianificazione già esistenti?

Piani urbanistico-territoriali.

Piani di bacino.

Piani per singole risorse (estrattive, acque, coste, fauna, foreste, ecc.).

Altri strumenti di pianificazione previsti dalla legislazione vigente.

Alternative decisionali.

A) No, gli strumenti di pianificazione già esistenti sono sufficienti al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'habitat o dell'habitat di specie richiesto dalla direttiva: l'iter decisionale si arresta, ferme restando le attività di monitoraggio e valutazione riferite alle specifiche aree di interesse comunitario.

B) Sì, gli strumenti di pianificazione già esistenti non sono sufficienti al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'habitat o dell'habitat di specie richiesto dalla direttiva: si prosegue nell'iter decisionale.

Terza fase

Integrazione delle misure obbligatorie di protezione

Se le misure obbligatorie non sono sufficienti al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'habitat o dell'habitat di specie richiesto dalla direttiva occorrerà innanzitutto provvedere ad integrarle, per poi prendere in esame la possibilità di realizzare un piano di gestione, dopo aver nuovamente verificato i punti della fase 2.

Integrazione degli strumenti di pianificazione esistenti.Se gli strumenti di pianificazione esistenti non sono sufficienti al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'habitat o dell'habitat di specie richiesto dalla direttiva bisogna valutare la possibilità di predisporre varianti o integrazioni, per poi prendere in esame la possibilità di realizzare un piano di gestione, dopo aver nuovamente verificato i punti della fase 2.

Quarta fase

Configurazione del piano di gestione

4.1. Il piano di gestione è necessario (esiste una motivazione specifica a seguito delle fasi precedenti). A seconda che, nello specifico caso, il piano di gestione abbia o meno una sua valenza normativa il documento da redigere assume una delle seguenti forme:

Alternative decisionali.

A) elementi per l'integrazione dei piani esistenti o in fase di elaborazione (sono predisposti ed inseriti una serie di elementi contenutistici all'interno di altri strumenti di pianificazione esistenti o in itinere: ad esempio, piano del parco o della riserva; piano territoriale di coordinamento o paesistico; piano strutturale o regolatore; piano di assestamento forestale; ecc.).

B) piano di gestione (il piano di gestione è concepito e approvato come strumento di pianificazione a sé stante).

Quinta fase

Predisposizione tecnica del piano di gestione

Articolazione delle fasi di studio per la redazione tecnica delle misure di conservazione, in uno specifico piano di gestione o eventualmente da integrare negli strumenti di pianificazione esistenti secondo le procedure vigenti di modifica di tali strumenti.

Sesta fase

Verifica e predisposizione di eventuali ulteriori misure di conservazione da integrare nel piano.

Stabilite le misure di conservazione obbligatorie, il piano di gestione o gli elementi per l'integrazione dei piani già previsti, verificare se esiste la necessità di determinare eventuali ulteriori misure di prevenzione per evitare il degrado degli habitat o la perturbazione delle specie considerate, che verranno inserite in una versione aggiornata del piano.

Struttura del piano di gestione per un sito Natura 2000

L'articolo 6 della direttiva Habitat evidenzia la peculiarità dei piani di gestione dei siti Natura 2000 nel considerare in modo comprensivo le caratteristiche ecologiche e socio-economiche di ciascun sito.

I siti Natura 2000 comprendono una moltitudine di situazioni sia dal punto di vista ecologico, sia da quello socio-economico, sia per quanto riguarda le condizioni attuali di pianificazione territoriale. A seconda di queste caratteristiche, gli enti preposti all'implementazione del piano di gestione valuteranno in che misura applicare lo schema redazionale qui proposto: in particolare, quali aspetti privilegiare e se inserirlo o meno in esistenti strumenti di pianificazione territoriale.

L'obiettivo di Natura 2000 è di mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente, primariamente attraverso siti "dedicati", il patrimonio di risorse di biodiversità rappresentato dagli habitat e dalle specie d'interesse comunitario. Nella maggior parte dei casi, i singoli siti contengono solo una piccola parte di tali risorse, che si trovano distribuite su un vasto dominio territoriale (tanto nella rete Natura 2000 che nei territori esterni). Solamente una minoranza di habitat e specie si ritrova su un dominio territoriale poco esteso (centinaia/migliaia di ettari), spesso frammentato, all'interno di uno o pochi siti. In ogni caso, la gestione di un sito, qualunque sia il suo contributo nella rete, deve rispondere a un unico obbligo di risultato: salvaguardare l'efficienza e la funzionalità ecologica degli habitat e/o specie alle quali il sito è "dedicato" contribuendo così a scala locale a realizzare le finalità generali della direttiva. A tale scopo è necessario tradurre il concetto di stato di conservazione soddisfacente dell'habitat/specie a scala di rete (vedi articolo 1e-i, direttiva Habitat) in parametri rilevabili a scala di sito, che forniscano indicazioni circa le condizioni di conservazione della risorsa d'interesse (indicatori).

Mettere in relazione gli indicatori proposti con un ambito di variazione di "condizioni favorevoli", ovvero identificare soglie di criticità rispetto alle quali considerare accettabili le variazioni degli indicatori per la conservazione degli habitat/specie nel sito, rappresenta il passo successivo. Ciò al fine di utilizzare, nel corso dei cicli di gestione, il monitoraggio degli indicatori per verificare il successo della gestione stessa. Gli indicatori relativi ai fattori ecologici devono essere individuati in base alle caratteristiche specifiche del sito. Essi, modulati per tipologia di sito, sono proposti in un manuale di orientamenti gestionali predisposto dalla Direzione conservazione della Natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

1) Quadro conoscitivo relativo alle caratteristiche del sito.La prima parte del piano consta del "quadro conoscitivo" del sito e del paesaggio circostante, ove rilevante per le finalità del piano stesso. Il "quadro conoscitivo" riguarda le seguenti componenti:

A) fisica;

B) biologica;

C) socio-economica;

D) archeologica, architettonica e culturale;

E) paesaggistica.

Le cinque componenti sono descritte sulla base delle conoscenze pregresse e, ove le risorse finanziarie lo consentano, di studi aggiuntivi. Le conoscenze pregresse sono costituite da pubblicazioni scientifiche, rapporti tecnici e statistici ed elaborazioni cartografiche.

A) Descrizione fisica del sito.

La descrizione fisica del sito consta di:

descrizione dei confini;

clima regionale e locale;

geologia e geomorfologia;

substrato pedogenetico e suolo;

idrologia.

B) Descrizione biologica del sito.

La descrizione biologica del sito è incentrata sulle specie e sugli habitat (o quando ciò sia sensato dal punto di vista gestionale, su raggruppamenti di habitat) per i quali il sito è stato individuato.

i) Il primo passo è la verifica e l'aggiornamento dei dati di presenza riportati nelle schede Natura 2000.

ii) Segue una ricerca bibliografica esaustiva della letteratura scientifica rilevante sul sito.

iii) Seguono gli studi di dettaglio che constano di un atlante del territorio (del sito ed eventualmente del paesaggio circostante) composto da alcune mappe tematiche e delle liste delle specie vegetali e animali presenti. La scala dell'atlante è da definirsi essenzialmente sulla base dell'estensione del sito.

L'atlante è composto dai seguenti tematismi, la cui selezione è subordinata alle necessità ed opportunità di ciascun caso in esame:

uso del territorio; questa carta è ottenuta tramite interpretazione di immagini telerilevate (preferibilmente ortofoto) e validazione in campo ad opera di esperti. L'obiettivo è di mappare tutti gli habitat presenti, come codificati nell'allegato alla direttiva Habitat, e l'uso del suolo (inclusi i valori archeologici e architettonici);

distribuzioni reale e potenziale delle specie floristiche in allegato II e IV alla direttiva Habitat e delle specie di interesse nazionale, sulla base di rilievi di campo e, ove esistenti, di riferimenti bibliografici;

distribuzioni reale e potenziale delle specie zoologiche in allegato II e IV alla direttiva Habitat e in allegato I alla direttiva Uccelli, e delle specie di interesse nazionale; una particolare attenzione dovrà essere prestata alla localizzazione dei siti di riproduzione, di svernamento e di sosta delle specie di interesse, nonché alle aree ad elevata ricchezza di specie;

fitosociologia (di tutto il sito o di alcune aree campione) secondo l'approccio sinfitosociologico, capace di evidenziare oltre alla situazione reale anche quella potenziale.

Le liste delle specie botaniche e zoologiche sono messe a punto sulla base della bibliografia esistente e di rilievi di campo ad hoc. Tali liste possono fornire informazioni quantitative o semiquantitative circa l'abbondanza delle singole specie o limitarsi a segnalarne la presenza. Sono evidenziate le specie degli allegati II e IV della direttiva Habitat e I della direttiva Uccelli, le specie prioritarie, le specie appartenenti alla lista rossa nazionale e quelle protette da convenzioni internazionali:

lista delle specie botaniche in allegato alla direttiva Habitat e altre specie di interesse nazionale;

lista delle specie zoologiche in allegato alla direttiva Habitat e alla direttiva Uccelli e altre specie di interesse nazionale.

C) Descrizione socio-economica del sito.

La fase di inventano socio-economico identifica i fattori esistenti o potenziali che si suppone possano influenzare (positivamente o negativamente) la conservazione degli habitat e delle specie di interesse presenti nel sito. Anche questo inventario è costituito dall'atlante (insieme di tematismi socio-economici) e da raccolte di informazioni specifiche.

Questa parte dell'atlante contiene i seguenti tematismi:

aree protette, suddivise per tipologia come riportato nell'elenco ufficiale delle aree protette;

altri vincoli ambientali (paesaggistico, idrogeologico, ecc.);

uso del suolo (già contenuta nell'inventario biologico);

mappa catastale o almeno definizione di macrozone demaniali, pubbliche o private ove possibile;

aree di programma per l'adozione di misure agro-ambientali (piano di sviluppo rurale).

Le ulteriori informazioni includono:

inventario dei soggetti amministrativi e gestionali che hanno competenze sul territorio nel quale ricade il sito;

inventario dei piani, progetti, politiche settoriali, che interessano il territorio nel quale ricade il sito;

inventario delle tipologie di fondi (comunitari e di altra fonte) potenzialmente utilizzabili per il sito;

inventario e valutazione dell'intensità delle attività umane presenti all'interno del sito: agricoltura, selvicoltura, ittiocoltura, allevamento, pascolo, caccia, pesca commerciale, pesca sportiva, commercio, artigianato, turismo, servizi (in parte mappabili nell'atlante dell'uso del territorio);

inventario delle regolamentazioni legate ai vincoli esistenti sul territorio e in generale alle attività antropiche (ad esempio, norme statutarie, usi civici).

Per meglio comprendere le possibilità di accoglienza e di successo delle misure di conservazione, è comunque necessario chiarire se nel sito esista o meno popolazione e quali siano i diversi gruppi presenti, in base alle loro condizioni economiche, alla loro attitudine nei confronti delle azioni individuate (attivamente positive, passive, negative per ignoranza, negative per scelta) e alle loro motivazioni. Ciò può essere fatto anche tramite interviste presso gli uffici comunali e i soggetti informati.

Indicatori consigliati (relativamente ai Comuni nel cui territorio ricade il sito considerato):

numero di persone impiegate e flussi economici per settore;

variazioni demografiche (es. variazione della popolazione residente);

tasso di attività totale della popolazione in età lavorativa (occupati/non occupati in età lavorativa);

tasso di disoccupazione giovanile;

tasso di scolarità (scuola dell'obbligo, scuola superiore, universita);

presenze turistiche per abitante e per km2.

D) Descrizione dei valori archeologici, architettonici e culturali presenti nel sito.

Questa parte di inventario identifica i valori archeologici, architettonici e culturali, comprese le sistemazioni agrarie e forestali tradizionali, la cui tutela si suppone possa interagire con la conservazione degli habitat e delle specie di interesse presenti nel sito.

Questa parte dell'atlante contiene i seguenti tematismi:

aree archeologiche;

beni architettonici e archeologici sottoposti a tutela e eventuali aree di rispetto.

Le ulteriori informazioni includono le prescrizioni relative a tali aree o beni derivanti dalla normativa nazionale di riferimento e dagli strumenti di pianificazione esistenti.

E) Descrizione del paesaggio.

Il paesaggio assume una importanza del tutto particolare in quanto, dopo la firma della Convenzione europea del paesaggio (Firenze, ottobre 2000), la rete dei paesaggi europei sarà la prossima tappa per la conservazione della diversità biologica e culturale. Il paesaggio non sarà quindi valutato in termini esclusivamente percettivi, ma sarà considerato come sintesi delle caratteristiche e dei valori fisici, biologici, storici e culturali.

Poiché le popolazioni animali e vegetali e gli habitat presenti all'interno del sito rappresentano una unità gestionale che non può essere considerata isolata rispetto ad un contesto territoriale più ampio, è necessario individuare un'area circostante in cui indagare determinate caratteristiche, funzionalmente collegate al sito. Data la molteplicità degli aspetti ecologici e gestionali da considerare, risulta impossibile definire a priori l'ambito spaziale da considerare sulla base di principi ecologici: la scelta dell'estensione della fascia da considerare andrà quindi calibrata sulla base della fattibilità (risorse finanziarie disponibili) e delle caratteristiche di ciascun sito e dell'ambito territoriale in cui esso si colloca.

2) Analisi: valutazione delle esigenze ecologiche di habitat e specie.Realizzato il quadro conoscitivo del sito, occorre:

a) mettere a fuoco le esigenze ecologiche delle specie e delle biocenosi degli habitat di interesse comunitario;

b) utilizzare gli indicatori che consentano di valutare se le specie e gli habitat per i quali il sito è stato individuato versino in uno stato di conservazione favorevole e che consentano di valutarne l'evoluzione;

c) valutare l'influenza sui suddetti indicatori da parte dei fattori biologici e socio-economici individuati nel quadro conoscitivo del sito.

3) Obiettivi.

Una volta individuati i fattori di maggior impatto, e quindi i problemi, dovranno essere formulati gli obiettivi gestionali generali (ad esempio, migliorare la qualità delle acque per le specie acquatiche, impedire l'interramento di zone umide, allungare i cicli di utilizzazione delle risorse boschive) e gli obiettivi di dettaglio. Vanno inoltre evidenziati eventuali obiettivi conflittuali (ad esempio, esigenze conflittuali tra due specie animali o tra una di queste e l'evoluzione delle componenti vegetali) e vanno definite le priorità d'intervento sulla base di valutazioni strategiche che rispettino le finalità istitutive del sito.

4) Strategia gestionale.Questa fase consiste nella messa a punto delle strategie gestionali di massima e delle specifiche azioni da intraprendere, unitamente ad una valutazione dei costi che devono supportare tali azioni e dei tempi necessari per la loro realizzazione. I risultati dovranno essere monitorati periodicamente tramite gli indicatori di cui ai paragrafi precedenti. Ciò consentirà di valutare l'efficacia della gestione ed eventualmente modificare la strategia. Ai fini di indirizzo generale, come accennato, la direzione conservazione della natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha predisposto un manuale di orientamenti gestionali modulati per tipologia di sito. La logica impiegata per identificare le tipologie di siti e attribuire loro le direttive di gestione è stata quella di riunire entità caratterizzate da fattori ambientali dominanti omogenei su base vegetazionale, individuare tutte le zoocenosi e fitocenosi associate, prospettando indicazioni focalizzate alla salvaguardia delle emergenze naturalistiche (habitat e specie) che costituiscono la ragion d'essere del sito. Sono state riconosciute 24 tipologie di sito, per ciascuna delle quali nel manuale citato vengono proposti orientamenti gestionali ad hoc. La tipologia fornisce quindi un primo riferimento gestionale anche se sarà essenziale verificarne la funzionalità sul caso reale. Infatti l'eterogeneità all'interno della tipologia comporta comunque un'attenta verifica per passare dall'analisi tipologica al caso specifico. Nel caso di un sito di vaste proporzioni può inoltre essere utile verificare oltre al carattere principale, legato alla tipologia di appartenenza, l'eventuale presenza significativa (anche se non maggioritaria) di habitat che a loro volta hanno dato luogo ad altre tipologie, ai fini operativi, sarà pertanto necessario identificare le possibili tipologie presenti in ciascun sito ed implementare le specifiche indicazioni modulando l'insieme di prescrizioni proposte in funzione delle loro peculiarità.

 

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 3 settembre 2002

 

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